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Autore: Dira_    05/05/2018    6 recensioni
Sono trascorsi cinque anni da quando Al, Tom e Lily hanno messo fine alla vicenda terribile che ha segnato la loro adolescenza. Grazie al mondo fuori da Hogwarts sembrano essersi lasciato tutto alle spalle. Chi è un promettente tirocinante, chi si è dedicato alla ricerca e chi, incredibilmente, studia.
Un'indagine trans-continentale, il ritorno di un vecchio, complicato amico e una nuova minaccia per il Mondo Magico li porteranno ad affrontare questioni irrisolte.
"Perchè quando succede qualcosa ci siete sempre di mezzo voi tre?"
Crescere, per un Potter-Weasley, vuol dire anche questo.
[Seguito di Ab Umbra Lumen]
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo LXIX
 
 
 
 
 
Don't you dare quit so easy
(Don’t give in, Snow Patrol)
 
 
 
Londra, San Mungo.
 
 
Gli ospedali erano non luoghi e il San Mungo non faceva eccezione.
Lily in quei due anni di Accademia aveva imparato a chiamarlo casa, ma erano in momenti come quello che percepiva quanto fosse in realtà un luogo di attesa.
Per questo dopo che Tom ed Al erano “tornati” sulla nave lei aveva lasciato Hugo a far loro da guardia ed era sgusciata nell’Ala Thickley. In quel momento i suoi colori e l’architettura accogliente erano la cosa più simile ad un porto sicuro che avesse.
A quell’ora di notte soltanto le due MagiInfermiere di turno erano sveglie mentre il reparto era illuminato fiocamente dalle candele sul soffitto. Aveva accettato una tazza di the e dopo qualche chiacchiera insonnolita aveva deciso di andare da Alice Paciock; amando sonnecchiare di giorno era di notte che la strega era più inquieta, e prima dell’insediamento della Patil era stato spesso necessario sedarla. La Capo Psicomaga aveva risolto installando un carillon sopra il suo letto, incantato perché muovesse l’intero sistema solare a ritmo di alcuni pezzi di musica leggera contemporanei alla gioventù della donna. Adesso stava suonando Stairway to Heaven dei Led Zeppelin.
L’ho fatta ascoltare a Ren, e lui si è comprato l’intera discografia.
Dominò le lacrime strofinandosi il viso con le mani: aveva portato con sé l’intera corrispondenza tra lei e Luzhin ed era sua intenzione finire di leggerla e trovare qualcosa che avrebbe potuto essere utile a suo padre.
Una parte di sé era conscia di quanto fosse inutile a blitz iniziato, ma doveva tenere le mani occupate e così riprese a leggere, mentre sopra di sè continuava l’eterno moto di stelle e piccoli pianeti di legno. Alice, sveglia, canticchiava a bocca chiusa il motivetto.
Non ne posso più …  
Sentì le dita magre di Alice insinuarsi tra le sue. Si voltò per guardarla, ma la strega continuava a fissare il carillon rapita.
Sorrise, stringendo la presa. “Grazie.” Disse, perché da qualche parte in quella mente frammentava era arrivato una richiesta d’aiuto, e la persona che la abitava aveva risposto.
È per questo che lavoriamo …
Ricordò la prima volta che Alice aveva fissato negli occhi zio Neville, suo figlio, e gli aveva fatto una carezza. O quando Frank aveva regalato una rana intagliata nel legno al piccolo Cedric e come da allora non avesse mai dimenticato un compleanno dei nipoti, sebbene non sapesse ancora pronunciare il suo nome. O quando Gilderoy si era invece ricordato il nome della sua prima ragazza e l’avesse ripetuto come una formula magica per ore.
Non quello che vogliamo, ma ciò di cui abbiamo bisogno.
Cantò piano le ultime parole della canzone, mentre Alice si arrendeva al sonno, la mano stretta alla sua.
“Immaginavo che ti avrei trovata qui. Di nuovo.” Disse la voce della Patil. Si voltò e la trovò sullo stipite della porta, i lineamenti severi che all’inizio le avevano ricordati quelli della professoressa McGrannitt, solo in versione più giovane.
Era un po’ suo destino essere salvata da donne rigorose e apparentemente inscalfibili.
Forse perché io sono l’esatto opposto? Stimolo il loro sopito istinto materno?
“… Scusi?”
Padma sbuffò ironica; a differenza sua era andata a casa a riposare dopo aver istruito Tom su come effettuare l’incantesimo. Col senno di poi aveva fatto la cosa giusta.  
“Ci sono novità?” Le domandò.
“Tom e Al sono di nuovo sulla nave. Mio padre è al salvataggio con zio Ron e le squadre di Auror. Sören … è disperso.” Si risolse a dire, anche se quella parola le risultava amara alla bocca.
Disperso … vuol dire perso. Che nessuno sa dov’è.
Non è con me. Dovrebbe essere con me.
“Come ti senti?”
Con la Patil non poteva giocare l’eterno rimpiattino della noncuranza: era la sua terapista, non le avrebbe creduto. “Vorrei prendere a pugni chiunque … me stessa inclusa.” Mormorò. “Almeno qui mi illudo di far qualcosa.”
“Non ti illudi. Ad Alice piace sentirti cantare, la calma molto.”
Avrebbe voluto ribattere con qualche arguzia auto-celebrativa, ma non ne aveva la forza. “È la musica.”
“E la tua presenza.” Soggiunse la strega staccandosi dallo stipite e aggirando il letto per starle davanti. “La prima volta che ti ho visto in Accademia pensavo non saresti durata una settimana.” Continuò poi dal nulla.
“ … ero così disastrosa?”
“Piuttosto una Bombarda Maxima pronta ad esplodere.” Ribatté nel suo famigerato tono tranciante, che tanti allievi aveva ridotto alle lacrime. “Eri un fascio di nervi, chiacchiere inopportune e distrazione. Onestamente, non capivo cosa ti avesse spinto a studiare Psicomagia.”
Oh, wow, grazie.
Non aveva mai chiesto alla propria capa nulla che fossero le consuete valutazioni accademiche e, da paziente, la sua opinione da professionista, ma le era sempre rimasta la curiosità di sapere cosa pensasse di lei come persona.
Ora non ne sono più tanto sicura.
“E ora lo ha capito?” Domandò incerta.
La Patil le sorrise. Era il bello delle persone austere, pensò, come Ren. Quando sorridevano sembrava che il resto del mondo lo facesse con loro.
“Riesci a vedere oltre.” Ossservò la strega addormentata tra di loro. “Vedi le persone per come sono, e al tempo stesso come potrebbero essere. E non riesci a rimanere zitta. Grazie alle tue capacità senti il loro dolore, la loro gioia, ma ne vedi anche il potenziale.” Fece una pausa. “ Questo, Potter, ti renderà un ottima Psicomaga un giorno.”
“Grazie.” Mormorò. “… è una cosa che mi ha detto anche il mio ragazzo.” Serrò le labbra. “Che l’ho reso una persona migliore.”
“Credi che sia vero?”
“Penso che entrambi ci siamo resi persone migliori.”
Lasciarono la stanza per andare a bersi l’ennesima tazza di the. Non aveva idea del perché la Capo Psicomaga fosse tornata a quell’ora antelucana, ben lontana dai suoi soliti giri di visita, ma lo comprese quando lo sentì.
Sören. Era lì.
Per poco non lasciò cadere la tazza, riuscendo all’ultimo secondo ad appoggiarla alla scrivania in saletta infermiere.  
“Cosa succede?” La Patil le fu subito a fianco. “Lily?”
Come aveva sentito freddo nel pub, prima che Hugo la trovasse, adesso una fitta di dolore, come una lama incandescente, le si irradiò sul petto concentrarsi sulla spalla e poi sul braccio.
… Sto avendo un infarto?
No, non io. Questi sono i miei poteri. Non è il mio dolore, è … il suo.
Come era venuto, lasciandola per un attimo senza fiato, sparì.
Allora voltò i tacchi e corse verso gli ascensori. Troppo tempo, erano troppo lenti. Spalancò la porta delle scale e scese a rotta di collo, ringraziando Morgana di aver scelto di indossare scarpe da ginnastica per quelle lunghe ore di veglia.
Spalancò la porta che portava al piano terra e dava sull’accettazione: era attiva a tutte le ore, ma in realtà durante la notte i ritmi rallentavano.
I maghi di notte dormono.
Aveva sentito dire a qualcuno. Eppure adesso c’era movimento. Camici verdi dei  Guaritori, le uniformi bianche di due MagiInfermieri di Lesioni, che conosceva perché giocavano a Quidditch con suo fratello …
… E dietro di loro una barella che veniva caricata di un corpo.
Sören!” Gridò.
La sua esclamazione fece girare più di qualche testa e riuscì quindi a vedere il viso del suo ragazzo. Una macchia dai lineamenti cerei, con i capelli arruffati e incrostati sulle tempie. Gli occhi erano chiusi.
Aveva visto troppe volte quel colore addosso alle persone per non conoscerne il significato. “Sören!” Gridò terrorizzata prima che le braccia della Patil la trattenessero dal gettarsi sul suo petto.
“È vivo.” La fermò. Si voltò cercando un appiglio e lo trovò nell’espressione salda dell’altra. “Lily, lascia lavorare i Guaritori.”
“Voglio …”
Toccarlo, abbracciarlo, baciarlo … Toccarlo. Merlino, voglio toccarlo! Ha bisogno di me, ha … Ti prego, fammi…
“Dopo. Adesso non potresti essergli di alcun aiuto.” La anticipò prima che potesse vomitarle addosso quelle parole. “Inoltre sei troppo agitata. Rischieresti di usare i tuoi poteri e assorbire il suo dolore, come prima.” Aggiunse perché era la sua mentore e aveva fatto due più due.
Trattenne un singhiozzo mentre il lettino veniva portato via in tutta fretta.  
… se servisse a farlo stare meglio, Morgana, mi prenderei tutto.
“Ehi … se la caverà Piccola Potter, okay?” La voce di Malfoy fu così inaspettata che la costrinse a ritornare presente, se non altro per capire da dove proveniva. Era di fianco a lei: da quanto era lì?
“Non eri sulla nave?” Domandò come un’idiota. Accanto a lui c’era anche la Gillespie che la contemplava con aperta esasperazione.
… Devo aver proprio dato spettacolo.
“Io e l’Agente Malfoy ci siamo occupati del recupero e messa in sicurezza dell’Agente Prince.” Si risolse a dire con tono antipatico. Poi corrugò ulteriormente le sopracciglia. “Abbiamo fatto il possibile perché arrivasse cosciente, ma è svenuto prima che attivassimo la Passaporta. Noi …” Iniziò, e poi le labbra le tremarono. Rimase in silenzio, arrabbiata con sé stessa e con il resto del mondo.
Di colpo a Lily non sembrò più così insopportabile.
“Ha attivato il Gps tutto da solo … però aveva bisogno di un passaggio a terra, e così ci abbiamo pensato io ed Ama!” Blaterò Scorpius con enfasi, quasi stesse raccontando di gesta epiche e vittorie sicure. Avrebbe voluto abbracciarlo.
Lo hanno salvato. 
“Grazie.” Disse ad entrambi. “… grazie per averlo riportato indietro.”
“Era nostro dovere.” Disse Ama succinta prima di far crollare finalmente la posa marziale. “ … Dio, ho bisogno di bere qualcosa di forte.”
“Io di affogarmici!” Convenne Scorpius.  
Lily inspirò lentamente mentre la Patil le lasciava le spalle. Doveva averla trattenuta con una certa forza perché erano indolenzite.  
“Ha bisogno di me…” Disse, perché non poteva combattere al suo fianco e non aveva potuto salvarlo, ma quello lo poteva fare. “Deve capire che sono qui.”
“Vuoi entrare in sala operatoria?” Chiese la Gillespie con una nota di incredulità nella voce che sarebbe stata comica, se fossero state altre le contigenze.
“Non entrerai in sala operatoria.” Affermò la Patil perentoria, poi vedendo la sua espressione aggiunse. “Non ce ne sarà bisogno. Come lo hai percepito a piani di distanza, lo stesso è stato per lui.”
Non aveva indagato troppo sulle sue percezioni in quelle ore, ma supponeva non fosse normale, neppure per gli standard di una LeNa, avvertire il dolore o la presenza di qualcuno che non si aveva davanti.
Per attivare i miei poteri tra l’altro le persone le dovrei toccare.
“… Cos’è successo prima? Non lo stavo toccando, eppure…”
“Magia, delle più antiche.” La Patil le sorrise. “Non serve che ti dica quale, immagino.”
L’amore.
Lo stesso immenso, sotterraneo ed immutabile potere che aveva permesso una madre di proteggere un figlio da un mago immensamente più forte di lei. La stessa che aveva permesso ad un adolescente spaventato di sconfiggere quello stesso nemico.  
A volte persino i Babbani riuscivano a crearla, e la chiamavano vero amore, o miracoli.
“Quello che devi fare adesso è riposare.”
Col cavolo!
La Patil lesse ancora una volta le sue intenzioni e sospirò. “Credo non ti sarà difficile chiedere di poter attendere nella stanza che gli sarà destinata.” Fece una pausa. “Sören non morirà stanotte e tu hai bisogno di essere in forze per quando si sveglierà … e quando arriverà il resto della tua famiglia. Avranno bisogno di te e tu potrai aiutarli.”
Lily capì perché la Patil era lì, quando non avrebbe dovuto esserci. Così la abbracciò di slancio.
“… se la caverà davvero?” Mormorò Scorpius prima di mordersi la lingua e scoccarle un’occhiata colpevole. “Cioè, è bello che ne sia sicura, perché anche io sono sicuro che…”
“Ho letto la sua cartella, Signor Malfoy. Non è mio costume lanciarmi in affermazioni affrettate. ” Ribatté Padma con tono pratico e Lily dovette trattenere una risatina all’esplosione di rossore che invase il viso dell’amico. “La prognosi non è delle migliori, ma il Guaritore Smethwyck è già stato chiamato. Lo rimetterà in piedi.”
Lily si avvicinò a Scorpius e gli prese una mano tra le sue. “Padma ha ragione, il San Mungo si prenderà cura di lui. Io mi prenderò cura di lui.” Sorrise quando lo percepì rilassarsi. “Ce la caveremo ragazzone.”
Non era una guerriera o una Guaritrice, ma c’erano battaglie che poteva combattere e ferite che poteva curare.
E diavolo, se lo avrebbe fatto.
 
****
 
Mare del Nord.
Coordinate: N°61 61’ 66 43
E009° 17’ 44 94
Ultimo aggiornamento alle 2:30 UTC
 
“Cosa facciamo Harry?”
Quella domanda se l’era vista porre fin dall’adolescenza, ma non si sarebbe mai abituato a rispondere con sicurezza.
Essere a capo di qualcosa. Non l’ho mai voluto, eppure è tutto ciò che sono.
Forse era vera quella massima secondo cui il potere arrivava non a chi lo desiderava, ma piuttosto a chi ne era degno.
Sperava di esserlo. Lo sperava da una vita.
Si stavano compiendo gli ultimi preparativi per l’assalto, alla luce artificiale di uno dei magazzini, quello immediatamente adiacente al laboratorio di fortuna che adesso era il quartier generale di Luzhin: corpetti venivano controllati, efficienze delle bacchette venivano misurate, il tutto nel più completo silenzio.
Per questo fu facile udire lo scalpiccio di una mezza dozzina di passi in avvicinamento.
Gli uomini si misero in immediata posizione di allerta, dislocandosi dietro singoli container. Fu Ron, con un cenno convenuto, a dare il cessato allarme: era la squadra di Savage.
Harry non vide Scorpius e Ama con loro ma prima che potesse preoccuparsi fu lo stesso Sergente a spiegare quanto accaduto. “La Passaporta per portare in sicurezza Prince è stata attivata venti minuti fa.” Disse accettando la borraccia di James e sorseggiandola esausto; l’intera squadra sembrava uscita dagli Inferi, i volti tesi, sudati e striati di una polvere color metallo.
Devono essere esplosi parecchi incantesimi.
“Siete stati attaccati?”
“Da un Infetto, Capo.” Convenì Bhatt. “Ma Scorpius e il Sergente Gillespie sono riusciti a raggiungere l’agente Prince mentre noi siamo rimasti indietro per coprirli. Quando siamo arrivati nel locale del GPS non c’era già più nessuno.”
“E l’Infetto?”
“Siamo riusciti a neutralizzarlo e metterlo in stasi.” Intervenne Savage. “Lo abbiamo ficcato dentro una Cabina e piazzato una bella Barriera di Livello 6, giusto per star sicuri.”  
Harry notò che l’uomo aveva una fasciatura sulla spalla, ma questo, al suo sguardo interrogativo, scosse la testa. “È solo un graffio, posso ancora combattere. Sono tosti, quei bastardi, ma non imbattibili.”  
Non imbattibili … ma complicati da buttare giù, questo è sicuro.
“Sedetevi e bevete qualcosa, ci muoviamo tra poco.” Lo congedò. Poi, una volta fuori dalla portata del resto degli Auror, chiamò a sé Ron. “Albie aveva ragione. Luzhin sa che siamo qui ed ha mandato i suoi a stanarci.”
L’amico emise una robusta imprecazione. “Quindi si aspetta un nostro attacco … Se entriamo dalla porta frontale potrebbe far fuori gli ostaggi!”
“È l’unico accesso?”
Ron indicò la planimetria della nave, che il Sergente Gillespie si era fatto spedire direttamente dal suo contatto al porto di Grangemouth, e che avevano appuntato al fianco di uno dei container con un Incantesimo di Adesione. “Solo un entrata, questa qui. L’unica.” Guardò di nuovo la carta, poi fece una smorfia meditabonda. “Potremo mandare la squadra di sfondamento nel locale della caldaia … è dall’altra parte, ma dovrebbero comunque far saltare almeno venti centimetri di metallo per farci passare tutti e non uno alla volta.”
“Che ne dici di Bombarda Maxima?” Suggerì. “E poi la Buiopesto Peruviana per dare tempo a tutti di entrare dentro il laboratorio?”
Ron scosse la testa. “Gli Infetti percepiscono le auree magiche, la Buiopesto sarebbe inutile. Il rumore dell’esplosione li farebbe precipitare tutti lì prima che anche solo due di noi possano farsi strada. No, ci prenderebbero come topi …” Poi parve realizzare di colpo qualcosa. “Aspetta. Il locale della caldaia potrebbe confinare con il posto in cui tengono Albus?” Si sbattè una mano sulla fronte, come se si ritenesse un idiota per non averci pensato prima. “Lo tiriamo fuori da lì e poi con il resto delle squadre irrompiamo dall’entrata!”
“Niente Bombarda, tagliamo direttamente il metallo.” Convenne. “Usiamo la squadra di estrazione.”
Guglani!” Tuonò Ron e l’Auror che aveva il compito di mettere in salvo Albus si staccò immediatamente dagli altri.
Mentre l’amico illustrava il piano al giovane Sergente, Harry notò che James aveva allungato il collo per ascoltare. Sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi.
“Comandi!” Esordì suo figlio e non si sarebbe mai abituato a vederlo obbedire così rapidamente.
Visto che ha passato tutta l’infanzia e adolescenza a fare il contrario.
“Jamie, vorrei che seguissi il team di Guglani e ti occupassi del recupero degli ostaggi.”
James serrò le labbra ed eccola, l’ostinazione Weasley. “Se non ti dispiace, Capo, preferirei stare con le squadre di sfondamento.”
“Albus …”
“Albie se la caverà anche senza di me.” Lo anticipò. “Sonny e i suoi ragazzi sanno il fatto loro.” Esitò, poi le spalle si raddrizzarono nella posa marziale che ormai era diventata una seconda natura come lo era per lui e Ron. “Voglio combattere al tuo fianco papà. Sono pronto.”
Harry si frenò dall’abbracciarlo, perché in quel momento non erano padre e figlio, ma due agenti che avrebbero rischiato la vita l’uno per l’altro.
O in fondo, siamo entrambe le cose.
“Forse sono io a non esserlo.” Confessò aggiustandosi gli occhiali per tenere le mani occupate. “Se ti dovesse succedere qualcosa …”
“Avresti dovuto pensarci prima.” Sbuffò il suo splendido, coraggioso ragazzo.  “Sono un Auror, papà. Sono pronto a guardarti le spalle finalmente.”
Stavolta, diversamente da cinque anni prima, non aveva scuse per lasciarlo indietro.
Harry mandò al diavolo ogni codice di condotta, che dopotutto non aveva mai granchè seguito, e lo abbracciò, felice di essere ricambiato con altrettanta forza.
“Sta’ al mio fianco e non perdermi di vista.” Gli raccomandò mentre Ron dava le ultime consegne a Guglani, fingendo al tempo stesso di non aver ascoltato la conversazione.
“Comandi!”
 
****
 
Al si risvegliò sul pavimento della nave. Voltò lo sguardo verso destra, dove ricordava di aver visto l’ultima volta Sophia e quasi gli prese un colpo; un Mercemago, uno di quelli risvegliati da lui e Löher, se ne stava impalato di fronte alla barriera di magia che separava il laboratorio di pozioni dal resto della stiva. Dalla postura era abbastanza chiaro cosa gli fosse stato ordinato di fare.
Monta … la guardia? A chi?
 
A noi.
 
Si alzò a sedere, felice nonostante tutto di essere ancora nel solito posto e soprattutto vivo.
Significa che la madre di Ren aveva fatto ciò che aveva promesso. “ … Sophia?” Chiamò.
“Sono qui Signor Potter.” Rispose facendosi localizzare. Era seduta a terra, le mani e i piedi legati da un fascio di magia.
 
Incantesimo Incarceramus.
 
“Ehi, ma  …” E poi realizzò di essere legato anche lui: mani e piedi. Udì Tom soffocare un insulto. “… che è successo?”
Herr Loher ci ha fatto legare da … quello.” Disse indicando con un leggero cenno della testa il Mercemago che perseverava nella sua posizione da statua di gesso.
“Non le hanno creduto?”
La strega inarcò le sopracciglia come se l’ipotesi di aver fallito neanche la sfiorasse. “Löher lo ha fatto. Ha detto però che non si fidava a lasciarla libero di trafficare in un laboratorio di pozioni, visto che chiaramente non è dalla loro parte.” Concluse.
Fantastico.
 
C’era da aspettarselo … mi sembrava assurdo che non ci avessero ancora neutralizzato.
 
Al inspirò; doveva capire come liberarsi, visto che in quelle condizioni era completamente alla mercè di chiunque avesse voglia di usarlo come carne da bacchetta o eventuale scudo umano.
 
Ho un’idea.
 
Si domandò che diavolo avesse in mente, poi realizzò che Tom poteva fare una cosa che a lui era preclusa, ma che poteva capovolgere completamente la situazione.
Gli incantesimi senza bacchetta!

Posso sciogliere l’Incarceramus. Lasciami il controllo.
 
Al esitò: per quanto fosse un ottimo piano Tom aveva mostrato di non essere in grado di tenere a freno la lingua in presenza di Luzhin o eventuali, e questo perché dietro l’atteggiamento sfidante e rabbioso era spaventato.
E quando era spaventato perdeva di lucidità.
 
Non ti metterò nei guai. Potresti morire.
 
Il tono in cui lo disse lo fece vergognare di aver pensato una cosa del genere.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì si percepì mormorare qualcosa: Tom stava recitando una formula per spezzare l’incantesimo.
Il Mercemago aggrottò di colpo le sopracciglia. Era sotto Imperius, lo vedeva dagli occhi, ma Luzhin doveva avergli ordinato di notare eventuali comportamenti sospetti.
Gli rivolse un paio di parole in una lingua che non comprese; sembrava tedesco.
Tom guardò verso il mago che avanzava minaccioso verso di loro e poi gli rispose nella stessa lingua.
 
Okay, è tedesco. Che gli hai detto?
 
Che sto pregando.
Gli rispose senza ironia. Al suo malgrado sbuffò divertito perché l’uomo si fermò e parve bersela. Gli abbaiò comunque qualcosa a cui Tom rispose con tono seccato.
 
Tom! Avevi promesso!
 
Vuole che mi metta accanto alla Von Hohenheim. Gli ho risposto che non posso muovermi dato che mi ha legato le gambe.
Mentre glielo stava spiegando il Mercemago si mosse e senza troppe cerimonie li afferrò – entrambi, perché lo percepì con fastidio anche lui – e li trascinò fino alla strega, ribattendo qualcosa che fece fremere di rabbia il compagno.
 
Non …
 
Non reagire, lo so.  
Tom continuò la sua litania e Al ebbe modo di notare che Sophia li guardava con interesse. Non poteva essersi accorta dello scambio e non poteva sapere che davanti aveva suo nipote, eppure …
“Conosce il tedesco Signor Potter?”
 
Merda! No che non lo conosco!

Tom gli fece assumere la sua miglior faccia di bronzo. “L’ho imparato a scuola.”


Ma non è vero! Ad Hogwarts non si insegnano le lingue!

E una strega che non l’ha mai frequentata come può sbugiardarmi?
Checché ne dicesse Tom, Sophia non parve bersela. “Cosa sta cercando di fare senza bacchetta?”
Tom a questo non rispose, ma c’era da aspettarselo. Quando era concentrato su un obiettivo dimenticava totalmente il mondo attorno a sé. Faceva così fin da quando erano bambini.
“Mi risponda Signor Potter.” Incalzò con un tono perentorio che sì, indubbiamente l’amore della sua vita aveva ereditato a piene mani.
Peccato non ami sentirselo rivolgere.
“Sta’ zitta.” Ribattè infatti innervosito. “Vuoi uscirne viva o no?”
Sophia serrò le labbra in una linea scontenta. “Non posso dire di apprezzare questo suo cambiamento di registro.”
 
Tom, la stai apostrofando nella maniera sbagliata. Dalle del lei!
 
No. Non se lo merita.
L’avrebbe preso a calci se fosse stato qualcosa di diverso da una voce incorporea. “Mi ha chiesto di aiutarla.” Continuò. “L’ho fatto. Gradirei però continuare a pensare che ho lavorato a mio favore.”
Tom fece un sorrisetto sprezzante. “Spiacente di non poterti dare questa soddisfazione.”
Un fremito di collera le passò nell’espressione che aveva imparato a classificare come imperturbabile. Era la prima volta che le vedeva fare una faccia del genere – o una faccia per quel che valeva.
 
Sta’ calmo. Si rende conto da sola che la sua salvezza dipende da noi.
 
“Le conviene che rimanga dalla sua parte, Signor Potter.” Mormorò smentendo le ipotesi dell’altro. “Potrei avvertire il nostro carcerie del suo piccolo bluff di poco prima.”
“E perché? Speri di ottenere qualcosa?”
“Il ragazzo che ci ha presi prigionieri è un uomo dopotutto. E gli uomini…”
“Non sei stanca di dovere sottostare all’ennesimo psicopatico?” Tom fece un sorrisetto odioso. “Se odi le gabbie come dici, forse dovresti cercare di finirci dentro.”
 
Tom! Che diavolo….
 
Le ho dato qualcosa su cui ragionare. Ora chiuderà il becco.
Irritante a dirsi, ma l’altro ebbe ragione; Sophia infatti chiuse la bocca fissando ostinatamente di fronte a sé. Nella ruga d’espressione che le solcava le sopracciglia Al rivide, per la prima volta, Sören.
Quindi qualcosa di Ren ce l’ha …
Percepì anche le corde che gli bloccavano le gambe allentarsi; erano fatte di magia pura e non si sfilacciavano come quelle materiali, ma piuttosto si slargavano come elastici troppo abusati.
Ci sono quasi.
“E quale scelta mi sarebbe offerta in alternativa?” No, non aveva finito. Albus si chiese il perché di quell’improvvisa loquacità in una strega che gli era sempre sembrata totalmente chiusa in sé stessa.
La osservò come Guaritore, più che come vittima: e notò le pupille dilatate e le mani raccolte in grembo, strette tra di loro quasi a cercar calore.
Peccato che lì dentro facesse un caldo infernale.
 
Ha paura, Tom. È spaventata, credo che a questo giro abbia capito di essere nei guai. La morte di Doe deve averle dato una bella scossa …
 
Preferivo il mutismo shockato di prima.
“Quale alternativa, Signor Potter?” Li incalzò con la voce vibrante di emozioni mal trattenute. “Non posso usare la magia come lei.”
… Cosa? Sta dicendo la verità?
Al non ribatté. Non l’aveva vista usare una bacchetta, ma non vi aveva dato troppo peso: aveva semplicemente supposto che non avesse il desiderio di usarla, dato che Doe la seguiva come un’ombra pronto ad anticipare – o presupporre – ogni suo bisogno. 
Tom battè le palpebre. “È una Maganò?”
“Non dica sciocchezze, sono nata strega.” Ribatté sdegnata. “Ma non è stato ritenuto utile insegnarmi ad usare le mie capacità. Mio fratello si è occupato della mia educazione e per lui bastava fossi in grado di portare avanti la casata dei Von Hohenheim. Per quello non serviva magia.”
“E Doe?”
Sophia fece un sorriso amaro. “Lui amava servirmi … in tutto e per tutto. La mia indipendenza sarebbe stato un ostacolo alla nostra relazione.”
Un analfabeta della magia. Facile da controllare se non ha modo di sopravvivere in un mondo in cui non può neanche scaldarsi una tazza di the.
Al non voleva provare simpatia per una donna che di fatto era stata complice di uomini orribili, ma pena… quella sì.  Era inevitabile.
“Mi dispiace.” Mormorò mentre Tom si ritirava in un angolo nella sua testa. In quelle cose era più bravo lui. “Perché non ha cercato Sören? L’avrebbe aiutata … è pur sempre suo figlio.”
“L’aveva cresciuto Alberich.” Fece un mezzo sorriso, quel pallido sorriso senz’anima con cui l’aveva conosciuta. Probabilmente una delle sue difese. “Non sono mai stata sua madre. L’ho lasciato a mio fratello perché non lo sentivo mio. Sören era solo l’ennesima vita da manipolare e mettere a servizio della Thule.” Fece una pausa. “Invece era diverso.”
“Sì, lui …”
“Si è offerto di dividere l’eredità dei Von Hohenheim con me.” Lo interruppe. “Credevo fosse per convincermi a consegnargli Johannes, ma adesso mi chiedo se non fosse sincero. Sembrava preoccupato ... per me.”
“Sören era preoccupato perché le vuole bene.” Confermò mentre Tom emetteva uno sbuffo non impegnativo: stava cominciando a spazientirsi, desideroso di tornare all’opera.
“Pensa che mio figlio mi voglia bene Signor Potter?”
Prima che potesse rispondere il compagno lo batté sul tempo. “Ogni figlio ama la propria madre … È inevitabile.” Lo disse con una sicurezza tale che Al capì che si stava riferendo a Robin. “Si chieda invece se per lei è lo stesso.”
 
Tom …
 
Al percepì un rapido sfrigolare alle caviglie: l’Incarceramus che gli costingeva le gambe si era dissolto. Tom si rannicchiò in modo che il Mercemago non potesse vedere che si era liberato.
“Mettiti davanti a me.” Ordinò a Sophia. “Se copri la visuale potrò pensare ai polsi.”
“Sta cercando di scappare?”
“Se collabori ti porterò con me …” Inarcò un sopracciglio. “O preferisci cercare di convincere Luzhin a prenderti con sé?”
Sophia scivolò di fronte a lui senza emettere un suono, ma con una presa di posizione che fece sorridere entrambi.
Non è una stupida, dopotutto.
 
È tua zia, alla fine qualcosa avrete in comune, no?
 
Prima però che Tom potesse passare alle mani Al percepì un rumore scoppiargli in testa. era come quando era addormentato e un rumore esterno rischiava di svegliarlo.
Fu in effetti l’esatto contrario. Il rumore, il suono di più voci, si fece più forte e poi venne strappato dalla realtà sulla nave.
 
****
 
Londra, San Mungo.
 
Hugo stava dormendo – per quanto potesse farlo su una maledetta poltrona visitatori del San Mungo – quando un concerto di voci lo svegliò.
Aprì la bocca per dar voce a tutta la sua incazzatura ma si morse la lingua quando vide Ama entrare seguita da Malfoy e l’Auror di sorveglianza.
Scorpius e il tizio palestrato poteva anche coprirli di insulti, nessun problema, ma l’americana …
“E-ehi!” Balbettò strofinandosi gli occhi. Non credeva l’avrebbe rivista e onestamente non era sicuro se la cosa gli facesse piacere o meno.
Cioè, mi ha baciato e l’ho tipo baciata e … cioè.
“Dobbiamo parlare con Potter.” Replicò sbrigativa.
Ovvio che fosse in pieno assetto da battaglia, però ci rimase comunque male. Per far qualcosa guardò l’orologio digitale che aveva al polso: aveva dormito sì e no una mezz’oretta.
Grandeee.
“Si è appena addormentato …” Tentò ma Scorpius, pur con una smorfia di dispiacere, scosse la spalla di Tom.
“È per il suo bene.” Lo scrollò ancora. “Wow, sembra in coma!”
“Credo che tipo … lo sia?”
La strega estrasse la bacchetta senza troppe cerimonie. “Innerva.” Recitò con un energico movimento di polso.
Tom saltò sul letto come se fosse appena ripescato dal concreto di rischio di affogare. Tirò un ampia e rumorosa boccata d’aria e li fissò allucinato.
“Che diavolo state facendo?” Ringhiò ed era la sua voce, non quella di Al. “Non è il momento!”
“Albus Potter sta per essere estratto e portato in salvo, direi che lo è invece.” Replicò Ama senza lasciarsi impressionare dal ringhio con cui era stata omaggiata. “Ovunque ti trovi mettiti al riparo.”
“Siamo controllati a vista da un Mercemago e legati come salami.” Disse la voce di Al. “… stiamo cercando di liberarci, ma…”
“Quale parte di subito non hai inteso?”
Al, o Tom, o entrambi, strinsero le labbra e poi annuirono … ? Annuì?
Non vedo l’ora che tornino ognuno nel proprio corpo, miseriaccia.  
“C’è anche Sophia Von Hohenheim con noi … cosa dobbiamo fare?”  
“Taglieranno il metallo della paratia con un Recido. Quando la squadra di recupero entrerà tu e la Von Hoheneim dovrete essere fuori dalla linea di tiro, mini-Potter.” Gli spiegò Scorpius. “A maggior ragione se c’è un Mercemago.”
Tom sbuffò e Hugo capì che era lui perché aveva di nuovo la faccia di chi aveva morso un limone. Quando c’era Albus non teneva le sopracciglia contratte come un pugno. “Siete sicuri che riuscirete a portare Al fuori prima che se ne accorgano?”
Ecco, appunto.
“Ci hanno appena chiamato dalla nave, la squadra di sfondamento agirà pochi secondi dopo quella di Sonny … avranno l’attenzione rivolta altrove.” Lo rassicurò Scorpius. “Tom, sappiamo quel che facciamo.”
“Me lo auguro.”
Hugo soffocò un sorrisetto quando notò Ama alzare gli occhi al cielo e mordersi la lingua. Intercettò il suo sguardo e questa lo distolse di nuovo.
… ma che ho fatto?
Si sentiva proprio scemo ad aver gongolato qualche ora prima con Lily.
Magari mi ha baciato così, in botta di adrenalina.
Scorpius si strinse nelle spalle. “Beh, se non noi almeno il Capo Potter, giusto?”
Tom a questo non ribatté, perché anche se faceva tanto lo stronzo appena si nominava l’autorità di zio Harry diventava mansueto come un agnellino. “Con tutte le volte in cui Al è svenuto potrebbero cominciare a sospettare qualcosa …” Non riuscì però a trattenersi. “Per fortuna il Mercemago è sotto Imperio e la Von Hohenheim è dalla nostra parte.”
“Lo è?” Domandò Ama con tono da Grande Inquisitore.  
“Il nemico del mio nemico è mio amico.” Scrollò le spalle. “Doe è morto. Tra Luzhin e gli Auror credo sceglierà loro pur con l’opzione arresto in ballo. Vuole vivere.” Si stese di nuovo sul lettino.  
Aspetta!” Lo fermò Scorpius dato che aveva già chiuso gli occhi e si era puntato la bacchetta alla tempia, pronto a scivolare di nuovo nell’incoscienza. “Abbiamo trovato Prince, è qui al San Mungo … non è messo benissimo, ma secondo i Guaritori se la caverà.”
Hugo contemplò l’espressione dell’altro rischiararsi di puro sollievo. E pareva proprio lui, non Albus. “Bene. Grazie per avermelo riferito.” Ribatté con una certa rigidità. “Può essere un’ulteriore leva con sua madre. Non credo tenterà colpi mancini, ma meglio prevenire.”
“In bocca agli Inferi.” Sorrise Scorpius. “ … e tenete duro, è quasi finita.”
“Non gufarcela, Malfoy.”
Quando Tom fu di nuovo nel mondo dei sogni – o roba del genere – Scorpius tirò un profondo sospiro. “Non ci resta che incrociare le dita.”
“Già.” Convenne Ama e ad Hugo parve trovasse un po’ troppo interessante il vaso da notte accanto al letto. “A proposito di quel whiskey incendario Malfoy…”
“Oh, sicu…” Poi si bloccò. Lo fissò … e fece un’espressione buffa, una delle sue, scuotendo rapidamente la testa. “Mi sa che dovrà aspettare, Gillespie. Vado a vedere come stanno …” Gonfiò il petto. “… mia moglie e il mio fagiolino! Mi aspettano!”
“Il tuo … cosa?”
“Ci teniamo aggiornati con gli Specchi Comunicanti! Sayonara!” Trillò dandosela letteralmente a gambe.
… lo ha fatto per lasciarci soli?
Hugo non fece in tempo a chiederselo perché Ama si schiarì la voce. “Meglio che vada controllare che non siano arrivate nuove comunicazioni dalla nave.” Proclamò come se dovesse obbligarlo a fare cinquanta flessioni.
Oh, okay, chiaro.
Non avrebbe dovuto sentirsi così deluso, se ne rendeva conto. Teoricamente erano soltanto due sconosciuti che avevano passato qualche ora allucinante assieme e si erano scambiati un bacio in mezzo al casino.  
Giusto?
Questo non lo faceva sentire meno da schifo. “Non è che mi devi niente.” Borbottò un po’ a caso.
Ama battè le palpebre. “In che senso?”
Non sarebbe mai stato bravo a gestire quelle situazioni. “Che non devi sentirti obbligata a trovare una scusa se non hai voglia di avermi attorno.”
Doveva aver di nuovo detto la cosa sbagliata perché Ama gli scoccò un’occhiata sbalordita. “E chi ha detto che non voglio stare in tua compagnia?”
Hugo boccheggiò. Quindi aveva preso una cantonata? Non avendo idea di come fare dietrofront optò per la verità. “Da quando sei qui non mi hai guardato neanche in faccia neanche una volta ed è tipo è il sottotesto per…”
“Non è il sottotesto per niente.” Lo fermò secca. Poi, a sorpresa, si sedette sul letto davanti a lui. “Scusami Hugo.” Disse sciogliendo l’espressione in un sorriso.
Di colpo si trovò nella scomoda posizione di volerla toccare. Quindi gli parve doveroso strofinarsi le mani sudate sui pantaloni. “E … ehm, per cosa?”
“Quando lavoro cerco di non distrarmi e, nel farlo temo di diventare un po’ … brusca.”
“Ti ho … distratto?”
“Da quando sono entrata.” Mormorò con una smorfia imbarazzata così carina che se la sarebbe baciata di nuovo.
E lo fece. Aveva sempre pensato che Lily fosse un po’ matta a pomiciare con gente appena conosciuta o saltare allegramente addosso a qualcuno senza controllare che il momento fosse quello giusto o meno.
Forse però non era una cattiva idea perché Ama ricambiò passandogli le braccia attorno al collo con un certo trasporto. Hugo dovette puntellarsi per non crollarle addosso e, di striscio, non buttare giù Tom a pochi centimetri da loro.
Si staccò per controllare e okay, gli stava sorridendo. “… non sei servizio davvero, eh?”
Ama ridacchiò. “No … direi che il mio turno è finito salvando la pelle a Prince.” Sospirò. “Vorrei rimanere qui per restare aggiornata sul blitz però. Non era una scusa.”
“Che ne dici di un caffè schifoso della caffetteria allora? Possiamo aspettare … uhm, assieme.” Offrì aiutandola a tirarsi su. Aveva la testa leggera e doveva essere per la deprivazione di sonno, garantito. Magari sarebbero arrivate anche le allucinazioni.
Ama gli strinse un braccio. “Mi piacerebbe molto.”
… se però avevano il viso di Ama Gillespie, diavolo, a lui andava benissimo.
 
****
 
 
Accadde tutto in pochi attimi e, avendo passato giorni in quella nave, gli sembrò quasi un allucinazione.
Avendo lasciato il controllo a Tom vide tutto da dietro le quinte: udì il compagno dire a Sophia di spostarsi e poi la risposta della donna, che giustamente gli fece notare di non potersi muovere.
“Ovviamente.” Ringhiò. E poi con un ultimo, rabbioso grumo di frasi ruppe finalmente l’Incarcerarmus che bloccava le mani; afferrò Sophia come una bambina e la tirò su.
 
Ringrazia i miei muscoli!

Il Mercemago si mosse immediatamente, tirando fuori la bacchetta e intimandogli qualcosa in tedesco.
Tom lo ignorò, perché come lui sentì le vibrazioni del pavimento. La squadra di sfondamento era a pochi centimetri di distanza. Con Sophia tra le braccia schivò lo Stupeficium dell’uomo, scivolò contro uno scaffale di ingredienti ma riuscì a mantenere l’equilibrio. Sophia gridò.
E poi un cigolio, uno schianto e la parete di metallo si aprì come un fiore gigantesco, rivelando la prima fila di Auror che scaricò sul Mercemago un arsenale di incanti. Questo sbattè contro la parete liquida di magia dietro di lui e non si mosse più.
Forza, forza, forza!” Intimò quello che riconobbe come Sonny Guglani, tre anni avanti a loro ad Hogwarts, ex-Grifondoro ora Sergente Auror fresco di nomina. “Potter, muoviti!”
Tom corse verso gli Auror, passando ad uno di loro Sophia. “Lei viene con noi.” Disse senza troppe cerimonie. Poi si fece aiutare a scavalcare la paratia divelta.
Al trattenne il fiato mentre vennero circondati dai mantelli rossi degli Auror e iniziarono a correre. Dietro di loro lo scoppio di incantesimi e grida gli segnalò che dall’altra parte del laboratorio avevano visto tutto e si erano mossi per fermarli.
Sperò che tra di loro non ci fosse Luzhin.
 
E poi sarei io il gramo.
Al serrò gli occhi, lasciando che Tom lo conducesse via di lì: fino all’ultimo non ci credeva, non voleva credere. Fino all’ultimo aveva il terrore che Luzhin si palesasse di fronte a loro e li uccidesse tutti.
Se la sarebbe tenuta a lungo quella paura, aveva idea.
Poi ad un grido di Guglani si fermarono. Al aprì gli occhi: erano sopra coperta, la luce lattiginosa dell’alba si rifletteva sul mare.
È l’alba …
Percepiva il respiro mozzato gonfiargli i polmoni e il sudore scendergli lungo la schiena: per Tom era lo stesso mentre gli Auror si disponevano in posizione di difesa attorno a loro.
“Ci siamo.” Sonny gli si avvicinò. “Adesso attiviamo la Passaporta, ma qualsiasi incantesimo tu stia usando devi scioglierlo. È troppo pericoloso tenerne uno attivo durante il viaggio.”

Come? Di che sta parlando?
 
Intende l’incantesimo delle Anime Comunicanti. Devo andarmene.
Non voleva. Il panico lo invase come una brutta febbre e il risultato fu relegare Tom al ruolo di spettatore mentre scuoteva concitatamente la testa. “No, devo…”
Al, ha ragione. Dobbiamo scioglierlo. Sei al sicuro, posso andarmene adesso.
Non lo era affatto. Luzhin poteva piombare su di loro da un momento all’altro, uccidere tutti gli Auror e trascinarlo di nuovo sotto coperta.
“Albus!” Lo richiamò Guglani mettendogli una mano sulla spalla. “Non c’è tempo, più stiamo allo scoperto più diventa pericoloso!”
Aveva ragione naturalmente ma non riusciva a muovere un dito.
… e quindi Tom lo fece per lui. Prese la bacchetta e se la puntò alla tempia.
No!
No, non andartene, non …

Aveva sopportato tutto fino a quel momento perché prima Sören, e poi Tom, erano rimasti con lui. Se l’avesse lasciato solo …
 
Me ne vado per averti qui con me, cretino di un Potter.
Va tutto bene.
 
Il mondo doveva essere andato davvero a rovescio se era Tom che lo riportava alla ragione e non viceversa.
 
Torna da me.
 
Va bene. Sto arrivando.
Prese il controllo della bacchetta. “Finitem incantatem.” Pronunciò e fu come sciogliersi da un abbraccio che l’aveva tenuto avvolto fino a quel momento: non fu piacevole per niente. La cosa lo sbilanciò anche perché dovette afferrare il braccio di Guglani per inciampare.
“Ci sei?” Gli domandò questo con urgenza.
Gli sorrise. “Sbrighiamoci.”
L’Auror annuì e lo afferrò per un braccio. “Non mollare la presa.”
Al chiuse gli occhi perché aveva imparato che era il metodo migliore per non star male durante l’uso di una Passaporta. E poi, perché era stufo di quel maledetto paesaggio marino.
 
Uno strappo, la sensazione di aria cacciata a forza nei polmoni e poi il mondo prese a vorticare attorno a lui come una girandola impazzita. Sentiva la mano di Guglani tenerlo con forza. Si domandò se Sophia fosse con loro.
Atterrò con malagrazia sul parquet lucido del San Mungo. Con tutte le volte che l’aveva calpestato ormai ne conosceva l’odore.
Riaprì gli occhi ed era proprio lì, nel suo ospedale: non era come essere a casa, ma ci andava maledettamente vicino.
Al!” La voce di sua madre lo fece scattare in piedi nonostante la nausea e la confusione. La vide dirigersi verso di lui, con i vestiti che usava per rilassarsi a casa, senza trucco e con i capelli raccolti sommariamente.
Mamma.
La riscontrò abbracciandola stretta e lasciando andare le lacrime.
“È tutto finito … sei al sicuro adesso.” Era finito ma non era tutto okay, ma andava bene comunque. Con la coda dell’occhio vide zia Hermione sorridergli e così Rose e Scorpius, che le teneva un braccio attorno alle spalle: era l’alba ma erano lì ad aspettarlo. Strinse forte la mano che la cugina gli porse, senza lasciare la presa su sua madre.
“Ti devo raccontare un sacco di cose.” Esordì Rose con gli occhi lucidi. “Te ne sei perse un po’.”
“In un paio di giorni?”
“Puoi giurarci mini-Potter!”
E Tom?
Dov’era?
Rose intuì perché si strinse nelle spalle. “È nell’ala Thickley. Conoscendolo sta urlando contro uno degli ascensori per farlo arrivare più velocemente.”
Sua madre gli asciugò le lacrime con un fazzoletto pulito; aveva il profumo del Mulino, di casa e mancò poco crollasse di nuovo. “Andiamo a cercarlo?”
Non fece in tempo a dirle che ci avrebbe pensato da solo che Tom uscì dalla porta di servizio: infuriato a morte a giudicare dalla faccia e con il respiro corto perché aveva la resistenza di un vecchio bisbetico che si era fatto tre piani di scale senza magia.
Gli corse incontro. Nei romanzi di amore una scena del genere era sempre corredata da una musica romantica e da un lento ma inesorabile gettarsi l’uno tra le braccia dell’altro.
Praticamente si placcarono come due giocatori di Quidditch particolarmente invasati e lui, che aveva decisamente più massa critica del suo scheletrico spilungone, rischiò quasi di sbatterlo contro un muro. L’altro, che in circostanze normali l’avrebbe maledetto, gli prese invece il viso tra le mani e rischiò di tirargli una testata sul naso nella foga di abbassarsi per far collidere le labbra.
Riuscirono comunque a baciarsi come se fosse la fine del mondo. O piuttosto, l’inizio.
Non si erano lasciati che da pochi secondi, sicuro, ma quello era il modo giusto per percepirsi. Non con una stramba magia sperimentale e pensieri connessi, ma con le mani, le labbra e l’intero corpo.
 
“Così questo è fare coming out?”
 
La voce di Scorpius, come al solito squillante, riscosse Al. Fece mente locale e quasi fece un salto indietro.
Per le sottane di Merlino!
Diventò paonazzo quando realizzò che aveva completamente scordato di dove si trovava, ma soprattutto davanti a chi.
Tom fece un ringhio non impegnativo, ma per fortuna non tentò di riacciuffarlo.
Per decenza davanti a zia Hermione, di sicuro.
Che però pareva l’unica sbalordita da quella loro performance: sua madre, a cui non aveva mai detto niente di niente e che però mai nulla aveva chiesto, aveva una singolare faccia assorta.
“Mamma …?” Tentò.
“Decisamente un coming-out.” Disse questa con tono quieto. Poi sospirò. “A tuo padre l’avete detto, vero?”
“Sì.” Rispose Tom a sorpresa. Alla sua aria sbigottita si strinse nelle spalle. “Comunque lo sapeva già.”
“Certo, lo sospettava come tutti.” Convenne sua madre scuotendo la testa con leggerezza, come se non avesse appena gridato ai quattro venti primo, la sua omosessualità, secondo, il suo coinvolgimento con Thomas Dursley.
“Io te l’avevo detto.” Borbottò Rose.
“Tra te e tuo fratello avete un modo tremendo di presentare le cose. Chissà da chi avete preso.”
“Io…”
Sua madre sorrise. Era il suo sorriso di sempre e non avrebbe dovuto esserne stupito, certo. Aveva digerito James, persino Lily e i suoi colpi di testa … eppure ne fu comunque sollevatissimo. “Lo amo …” Tentò più serio. “Io e Tom ci siamo sempre…”
“Amati.” Concluse zia Hermione con il tono di chi aveva tirato le somme ed era piuttosto insoddisfatta per non esserci arrivata prima. “Certo, l’incantesimo delle Anime Parlanti poteva funzionare solo qualora aveste avuto eventualmente un legame di sangue … ma non lo avete.”
“Ne riparleremo.” Ginny guardò Tom. “Portalo a casa.” Disse semplicemente. “Ne avete bisogno tutti e due.”
“Sì.” Convenne questo. “Harry?” Aggiunse.
“Farà il suo lavoro.” Tagliò corto. “Quando avrà finito vi farò mandare un Gufo…” Guardò verso i piani superiori. “Tua sorella è ancora qui per Sören. Resto con lei.”
“Voi due invece venite con me.” Interloquì Hermione con tono deciso rivolta a Scorpius e Rose. “Tu sei incinta e sei stata fin troppo in piedi e tu…” Lo guardò con malcelata simpatia. “Ora che sei di famiglia ho come l’impressione che debba tener d’occhio anche te.”
“Certo mamma Hermione!”
“Scorpius!”
Tom gli tese la mano senza una parola. Al ricambiò il sorriso di sua madre e la prese, lasciando che l’altro li Smaterializzasse.
 
Meike ancora dormiva quindi non si disturbarono a svegliarla. Tom si ripromise comunque di farlo a mattina inoltrata per farsi prepare la colazione.
Una colazione con tutti i crismi, come piaceva ad Al. Al, che senza neanche spogliarsi degli abiti sporchi e strappati della nave si buttò sul letto.
Rinunciò a farglielo notare quando capì che non era quello il punto. Non in quel momento.
Si stese invece accanto a lui, i visi alla stessa altezza.
“È strano…” Mormorò Albus socchiudendo gli occhi e passandogli una mano sulla guancia. “… averti davanti dopo averti avuto tutto il tempo nella mia testa.”
“Sì, lo è.”
“Molto meglio però. È assurdo, ma mi sei mancato.” Sorrise appena. “Mi è mancato toccarti.”
“Idem.”
“ … è finita? È successo tutto così in fretta…”
“È finita.” Lo rassicurò. “Harry penserà al resto.”
Tom non si illudeva che sarebbe passato tutto con una bella dormita e una lunga doccia; quello che Albus aveva passato avrebbe avuto strascichi per giorni, settimane e forse mesi.
Luzhin non sarebbe uscito tanto presto dalle loro vite, come non lo aveva fatto Von Hohenheim. Ma lo avrebbero affrontato assieme e questo faceva tutta la differenza del mondo.
 
 
Al gli si rannicchiò contro, come faceva quando erano bambini, nel letto che dividevano nelle lunghe estati alla Tana: Al era ancora quel bambino d’estate, che gli tendeva la mano tra i campi di orzo e gli salvava l’anima. Ogni volta.
“Rimani qui fino a che non mi addormento?”
“Non me ne andrò.” Ci pensò su. “Non me ne andrò mai.”
“… è una minaccia Signor Dursley?” Bisbigliò al suo orecchio, nel tono del sonno mischiato comunque ad una certa malizia. Eccolo, il suo Albus Severus.
“Mi hai voluto. Non puoi più liberarti di me Potter, sono persino nella tua testa adesso.”
Sentì le labbra di Al premergli un sorriso sulla pelle. “Tutto è andato secondo i piani allora…”
Tom lo strinse baciandogli la testa arruffata. “Bentornato a casa.”
E finalmente arrivò il sonno.
 
 
And in the morning I'll be waiting,
For your never-ending wave
 
****
 
 Note:

Qui la canzone nuovo capitolo e qui quella finale.
 
  
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