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Autore: __roje    08/05/2018    2 recensioni
YUGEN. Seconda parte di Ikigai
Questa è la seconda parte e continuo di Ikigai dove appunto ritroviamo Aki e Hayato alle prese con i loro problemi. Due ragazzi che si sono scoperti innamorati, ma sono dei semplici adolescenti e intorno a loro c'è chi vuole dividerli.
Riusciranno i due ragazzi a stare insieme andando oltre il loro passato?
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo [8]

“Hayato no...” mugugnai mentre con le sue labbra mi baciavano delicatamente il collo.
“Cosa no?” rispose lui seducente.
Strizzai gli occhi. Perché stava succedendo ciò che non doveva accadere. Dentro di me combattevo una guerra: la parte che voleva tutto ciò e quella che invece sapeva che era sbagliato. Così raccogliendo tutta la mia forza mentale riuscii a liberarmi dalla sua presa e a cacciarlo via.
Ci ritrovammo faccia a faccia, io ero confuso mentre Hayato mi fissava con quei suoi occhi glaciali chiaramente indispettito dal mio rifiuto.
“Che diavolo fai!” gridai confuso per ciò che era successo.
Hayato sorrise bieco “Cosa faccio? Volevo consolarti, visto che le mie parole ti hanno ferito così tanto.”
Inarcai un sopracciglio perplesso “Cosa?!”
“Quanto ancora vuoi fingere di non provare niente per me? Io posso continuare questo gioco ancora per un po’ ma mi chiedo quanto resisterai tu con questa farsa.”
“Stavi fingendo di voler essere mio amico?”
Scoppiò a ridere, “Sei sempre stato un credulone ma non credevo fino a questo punto. Secondo te, dopo che mi hai scaricato in quel modo, potrei mai esserti amico?”
Mi domandai chi fosse la persona che avevo ora davanti. “Mi hai preso in giro allora!”
“Ehi ehi ci sei arrivato. Sei sempre il solito ritardato.” Improvvisamente era ricomparso Hayato, lo stesso di cui mi ero innamorato e che mi era mancato, e la maschera del ragazzo cambiato era crollata lasciando posto alla sua vera faccia. “Allora?” fece.
“Allora cosa?”
Mise le mani in tasca e cominciò a camminare per la stanza rivolgendomi ogni tanto un occhiata. “Per quanto ancora vorrai far finta di niente, per quanto vorrai giocare a questo gioco del – non voglio stare con lui ma lo amo pazzamente? – ”
“Io non ti amo!”
Scoppiò a ridere “Ma per favore! Prima per poco non piangevi quando ti ho parlato delle persone con cui sono andato a letto. Bugiardo.” Scandì l’ultima parola con un velo di rabbia e mi fissò in cagnesco. “Sai, inizialmente quando sono tornato avevo in mente di vendicarmi in qualche modo, ma nel rivederti come uno stupido ho riprovato quelle maledette sensazioni e continuo a volerti così dannatamente al punto da odiarmi. Non hai fatto che ferirmi da quando ci siamo conosciuti, e mi hai preso in giro alla grande facendomi credere che mi avessi lasciato perché non provavi lo stesso. Li per li ci ho creduto perché non ho mai avuto alcuna certezza da te ma poi pensandoci attentamente in questi ultimi mesi, l’unico motivo che avevi per farlo era un altro..” Si avvicinò abbastanza da trovarmelo faccia a faccia e con le mano mi afferrò il mento sollevandolo verso di lui, “Tu mi ami al punto da rinunciare a me.”
Sbiancai per l’ultima frase visto che aveva colto a pieno tutto ciò che avevo fatto in quei mesi per lui.
“T-ti sbagli...”
“Sei stato egoista, non hai pensato affatto a me ma solo a te stesso. Mi ha fatto vivere dei mesi terribili, mi hai illuso che andasse tutto bene e non posso non odiarti per questo.”
Era ovvio che mi odiasse, lo meritavo eccome. Restai in silenzio sentendomi quelle accuse, e le giustificavo tutte. Ero stato spregevole, egoista come diceva lui e ancora desideravo che mi andasse dietro perché non volevo proprio lasciarlo andare.
Roteai gli occhi in modo da non guardarlo dritto in faccia.
“Guardami fottuto bastardo!” tuonò scuotendomi e costringendomi a guardarlo, “Per colpa tua ogni volta che ho tentato di andare a letto con qualcuno non sono riuscito a fare nulla perché avevo sempre te davanti agli occhi. Per colpa tua sono stato via da qui per disintossicarmi ma non ha funzionato. Potevamo essere felici e tu hai rovinato tutto e se devo essere infelice farò in modo che lo sia anche tu.”
Che cosa intendeva dire. Più lo ascoltavo, più sentivo che aveva già fatto qualcosa, e dal primo giorno che era tornato non aveva fatto altro che raccontare bugie come suo solito.
“Hayato...” lo guardai dritto negli occhi nella speranza che la lucidità gli tornasse ma ormai la sua espressione era un misto di rabbia e frustrazione.
“Non guardarmi così Aki, la tua punizione non è così male come tu credi. Se io non posso avere nessun altro, allora neppure tu potrai avere altri all’infuori di me.”
Sgranai gli occhi per quella affermazione. E senza preavviso Hayato catturò le mie labbra in un bacio prepotente, infilò la sua lingua e fui investito in pieno dal suo profumo così familiare, ma piuttosto che esserne felice mi resi conto che tutto ciò era sbagliato e che non lo stava facendo perché mi amava ma perché mi odiava al punto da ferirmi in quel modo.
Quando mi lasciò andare ghignò soddisfatto della cosa. “Sarai ancora mio che ti piaccia o no.”
Nel dirlo mi tirò a se per la cravatta e mi investì con quel suo sguardo così magnetico. Fui ancora una volta catturato da tutto ciò che rappresentava, sebbene con un diverso significato era successa la stessa cosa di mesi fa. Sempre in quel luogo ancora una volta Hayato mi aveva fatto suo.
Non restai ulteriormente ad ascoltare quella assurda conversazione e quasi di scatto corsi fuori dalla biblioteca. Hayato tuttavia non mi seguì e prima di lasciare la stanza mi parve di sentirlo ridacchiare, ero incredulo che la persona che un tempo aveva così tanto tenuto a me ora volesse farmela pagare in quel modo. Aveva detto che sarei stato ancora suo che mi piacesse o no, ma questo significava niente amore, e niente sentimenti. Era la mia punizione per tutto il male che gli avevo fatto in passato e un po’ sentivo di meritarmelo, non avevo giustificazioni al riguardo, e qualsiasi cosa avessi detto non avrebbe cambiato ciò che avevo fatto. Come avevano fatto le cose a prendere quella piega, mesi fa in quello stesso posto ci eravamo messi insieme, ora cos’eravamo? Nè amici, nè innamorati. Eravamo tornati agli inizi, a quando lui fingeva di odiarmi e ora sembrava essere vero.


Trascorse una settimana da quel confronto e nulla era cambiato tra di noi. La famosa punizione che aveva annunciato non sembrava essere cominciata, e Hayato continuava a comportarsi in maniera finta. Sorrideva, e si rendeva disponibile a parlare con chiunque illudendo le persone di essere diverso da prima. Per un momento pensai anch’io di essermi immaginato ogni sua singola parola ma poi la conferma arrivava ogni qual volta che i nostri sguardi si incrociavano e mi propinava un ghigno divertito.
Dentro di me non sapevo proprio come affrontare la cosa. Io non lo odiavo, e il mio senso di colpa non faceva che farmi accettare tutto ciò perché sentivo di dover pagare.
“Ti ho detto mille volte di non stuzzicarla, può essere molto suscettibile” sentii Yoshida avvicinarsi accompagnato da Oija che probabilmente si stava ancora lamentando di qualcosa. Il mio amico notò la mia presenza e notò dalla mia espressione che c’era qualcosa che non andava, “Aki ti senti bene? Sei pallido.”
“Sì sto bene, ho solo dormito poco stanotte.”
“Forse dovresti andare in infermeria e riposare un po’” propose Oija cingendomi una spalla.
“Forse dovrei fare così”.
Accolsi la sua proposta, era il momento giusto per allontanarmi un po’ per rifugiarmi lontano dalle occhiate di divertimento di Hayato. L’atmosfera era diventata insopportabile, ed ero stupito che da quando era tornato avesse pianificato ogni cosa per prendermi in giro in quel modo. Non sembrava più lui, eppure in parte era coerente a se stesso e potevo riconoscere un po’ di Hayato nelle sue parole.
L’infermiera acconsentì alla mia richiesta e mi lasciò occupare un letto, mi ci sdraiai sopra e la morbidezza del materasso mi cullarono in un sonno profondo che duro un oretta. Una volta sveglio mi sentivo di nuovo me stesso, potevo tornare in classe e affrontare tutta quella situazione.
Nell’andare a scostare le tende sentii però uno strano rumore di passi e mi accorsi che erano entrati nella stanza alcune persone. Qualcosa dentro di me mi disse di restare sdraiato e nascosto.
“Devono esserci degli antidolorifici da qualche parte.”
Riconobbi immediatamente quella voce, apparteneva a Kuro. La fortuna aveva voluto che per il terzo anno capitasse in un altra classe, quindi almeno un problema lo avevo sistemato ma non era del tutto sparito dalla mia vita e ora che era tornato Hayato, la sua presenza si faceva di nuovo sentire. Ma con chi stava parlando?
“Lo sai che non funzionano, lascia stare.”
Era Hayato, l’ultima persona che volevo mi trovasse li. Per un attimo smisi di respirare preso dall’ansia, nascosto sotto le coperte e dietro la tenda che mi separava di pochi metri da loro aprii bene le orecchie per sentire la loro conversazione.
“Dovresti farti vedere da un fisioterapista. Il dolore si fa sempre più forte in questo periodo dell'anno, vero?”
“E’ l’umidità, ci sono abituato ormai.”
Un po’ ero curioso, e in maniera molto cauta scostai leggermente la tende per ritagliarmi una fessura da cui guardare i due, e trovai Hayato seduto su uno sgabello che si toccava la spalla con una smorfia di dolore dipinta in faccia. Vederlo sofferente fu come ricadere nello stesso baratro, rammentai le parole di Hiroto, e della colpa che Kuro mi aveva dato per quella sua sciagura.
“Hai mai pensato di fare quell' operazione? Magari è la soluzione a tutti i tuoi problemi.”
Operazione?
“I medici non mi hanno mai garantito che la spalla tornerà del tutto a posto, perché dovrei farmi operare senza una speranza.”
Nella voce di Hayato percepii un senso di sconfitta. Doveva già aver affrontare l’argomento visto il modo in cui sospirava e il tono seccato che usava per rispondere all’altro.
“Hayato..” nell’espressione di Kuro vi lessi invece preoccupazione.
Hayato però ignorò la preoccupazione dell’altro, indossò nuovamente la giacca e aprì la porta per andarsene. Kuro di conseguenza fu costretto a seguirlo fuori e così entrambi sparirono.
La colpa era davvero mia quindi, di ogni cosa. Avevo accettato la cosa, ma quella storia dell’operazione era una novità e conoscendo quanto Hayato fosse testardo non avrebbe mai affrontato nulla del genere senza la certezza di tornare come prima. Ciò però non mi andava a genio, era l'ennesima cosa di cui non mi aveva parlato mentre Kuro ne era a conoscenza, tale pensiero mi irritò. Perché dovevo essere l’unico a pagare per tutto, amore e odio, erano gli unici sentimenti che Hayato aveva provato per me mentre i miei sentimenti erano molto più complessi e oltre l’amore, tenevo a lui come persona, come amico, fratello.
C’era un ultima cosa che potevo fare per lui e per me stesso, e dopo avrei seriamente chiuso con tutta quella storia. Dovevo convincerlo ad operarsi, a tentare quella strada ma come intendevo farlo se nemmeno ci parlavamo. Hayato aveva parlato di stare con me in un modo e nell'altro, forse dovevo approfittare di ciò e tentare in tutto per tutto.  



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