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Autore: Giovievan    09/05/2018    3 recensioni
Quarantasei racconti tragicomici, drammatici, horror, noir, fantascientifici. Quarantasei frammenti di realtà e immaginazione che narrano più storie e, talvolta, costringono ad andare oltre. Che sia una critica alla società, una presa in giro, un differente punto di vista o un viaggio nella mente umana, ognuna di queste storie trasporta una riflessione e, perché no, mira a suscitarne.
Benvenuti in Dandelion, un viaggio nella mente e negli incubi. Mettetevi comodi e ricordate... nulla è come appare!
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Sezioni:
I - Nulla è come appare [tragicomici]
II - Guardare oltre [drammatici]
III - Brividi [horror/thriller]
IV - Indagini e misteri [gialli/noir]
V - Un futuro lontano (?) [sci-fi/distopici]
VI - ?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non poté far altro che avvolgersi nelle coperte e sospirare.
Era stata una giornata come mille altre. E non lo pensava con enfasi: quella, nel vero senso della parola, era stata una giornata proprio identica a mille altre. Chissà perché, però, stavolta non se n'era sorpreso: Gianni lo aveva saputo fin dal momento in cui aveva aperto gli occhi quella mattina. Aveva pensato:
Questa sarà un'altra giornata monotona”.
Non avrebbe potuto essere altrimenti: lo aspettavano la solita ricca colazione, le solite ore in ufficio, la solita corsa a casa, la solita cena calda, qualche programmino stupido in tv e poi il letto, il sonno e la sveglia per ricominciare.
Routine.
Gianni non era mai stato un tipo abitudinario, ma la vita gli stava sfuggendo di mano tanto da iniziare ad assuefarsi a quell’esistenza tutta uguale, anche se molto spesso se ne lamentava. Ultimamente più del solito.
«Non mi accade mai nulla di interessante» disse a sua moglie quella mattina.
«Meglio così» annuì lei. «Interessante non è sempre sinonimo di positivo.»
«Ma mi piacerebbe che qualcosa sconvolgesse la mia giornata. È sempre tutto così uguale, mi sembra di vivere in loop» si lamentò.
Lei sorrise, afferrando le chiavi e dirigendosi verso la porta di casa.
«Piuttosto ringrazia che non ti accada niente, idiota.» disse, con sorriso affettuoso. Poi uscì, pronta a gettarsi nel mondo.
Quindi, anche quella mattina, Gianni preparò la ricca colazione: inserì due fette di pancarré nel tostapane e attese pochi minuti prima di sfilarle via. Non si accorse che mentre staccava la spina una scintilla volava fuori dalla presa: se fosse stato un po' più vicino forse avrebbe preso la scossa. Ma non accadde: non c’era motivo di notarlo.
Gianni si limitò a prendere i suoi toast e portarli a tavola, addentandoli mentre leggeva il giornale, poi uscì di casa, la valigetta stretta in pugno. Andava a lavoro a piedi perché l’ufficio era a soli tre isolati da casa sua: prendere l’auto sarebbe stato uno spreco e in fondo non avrebbe neanche saputo dove parcheggiarla.
Avanzava immerso nei suoi pensieri, con la testa bassa e le auricolari infilate nelle orecchie. Premette un tasto e partì Clementino, sparato a tutto volume.
Meraviglioso.
Era così perso nel suo ascolto che non si accorse che, proprio dov’era appena passato, uno stormo di piccioni aveva ricoperto il marciapiede di guano fresco e biancastro. E perché avrebbe dovuto vederlo? Gianni era troppo assorto nella sua canzone. L’hip hop lo rilassava.
Attraversò la strada canticchiando. Da Clementino il lettore mp3 era passato a riprodurre Rocco Hunt.
Stupendo.
Menomale che stava camminando a ritmo, perché un secondo dopo che ebbe messo piede sull’ultima striscia pedonale un motorino sfrecciò alle sue spalle, quasi travolgendo una vecchietta che attraversava appena dopo di lui. Ma Gianni non percepì altro che un fruscio di vento, quindi non immaginò neanche lontanamente di aver scampato la morte per un soffio.
Fa freddino oggi, pensò.
Eccolo approdato sull’altro marciapiede sano e salvo. Fece alcuni passi e girò l’angolo proprio nel momento in cui, alle sue spalle, cadde un vaso di fiori che si frantumò sul marciapiede in mille pezzi e seimila zolle. Gianni però non poté vederlo, come non vide la signora che, dall’alto del suo balconcino al quarto piano, tirava un sospiro di sollievo per averlo mancato d’un soffio.
Pochi passi e fu al lavoro. Entrò nell’edificio, salutò tutti, prese posto; passò le successive dieci ore davanti alla sua scrivania, compilando moduli e sbuffando, lamentandosi di quanto monotona fosse la sua vita. Quando a fine giornata guardò l’orologio, l’aggeggio digitale gli regalò una piccola gioia.
Devo ammettere che la giornata è proprio volata.
Ma durò poco, il tempo di ricordarsi che le cose per cui gioire erano ben poche. Sbuffò ancora e salutò tutti con poca convinzione, poi uscì richiudendo la porta. Gli parve di scorgere un po’ di agitazione alle sue spalle, ma Guè Pequeno cantava più forte delle urla che strillavano «C’è un allarme incendio! Questa non è un’esercitazioneeee!» che provenivano proprio da lì.
L’unica cosa che Gianni notò fu che, appena mise piede fuori dal palazzo, iniziò a piovere.
Pioggia. In cima alla lista dei modi facili e veloci per trasformare una giornata monotona una giornata di merda.
Ovviamente non aveva l’ombrello, quindi dovette correre come un disperato fino a casa. Quando arrivò l’acqua lo impregnava dalla testa ai piedi, ma almeno era finalmente a destinazione.
Appena entrò la moglie gli andò incontro, salutandolo con un bacio. «Allora, amore, com’è andata oggi?»
«Nulla di che» rispose Gianni. «È stata un’altra giornata monotona.»
   
 
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