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Autore: Ghost Writer TNCS    19/05/2018    3 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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2. Uccidere o venire uccisi

Era notte fonda e la foresta sembrava un luogo spettrale. Solo di tanto in tanto si udiva qualche rumore: il fruscio delle foglie, il verso di un animale, oppure l’imprecazione di un criminale.

Anche Tenko era decisamente stufa di quell’attesa. Erano lì da almeno due ore, eppure del carro con le bacchette non si era vista nemmeno l’ombra. Qualcuno se n’era già andato, tuttavia – stando agli uomini che li avevano riuniti – erano ancora abbastanza numerosi da portare a termine il furto.

«Aspettiamo ancora un po’, sarà qui tra pochi minuti» continuavano a ripetere, ma la loro stava diventando una filastrocca oltremodo fastidiosa.

Poi, finalmente: «Vedo delle luci!»

«È il carro!»

«Silenzio! Ci farete scoprire!»

«Fatelo arrivare nel punto stabilito!»

Tenko sguainò la spada e impugnò la frusta, pronta a reclamare il sangue di qualche servo del Clero. Aveva nascosto il suo zaino su un albero, abbastanza lontano dalla battaglia, ma anche abbastanza vicino da ritrovarlo subito dopo lo scontro. Era impaziente di mettere le mani sul bottino, e non era certo l’unica. L’accozzaglia di fuorilegge lì riunita non spiccava certo per disciplina: molti di loro stavano facendo troppo rumore, e questo non poté non allertare gli uomini della scorta.

«Fermi!» ordinò una delle guardie con un marcato accento del nord. «C’è qualcuno qui.»

Il carro si fermò, e subito dopo partì un grido: «All’attacco!»

I malviventi non aspettavano altro. Molti si gettarono alla carica urlando, avventandosi sui militari. In breve anche gli altri si fecero avanti, e la stessa Tenko si gettò nella mischia.

Individuò una guardia a qualche metro di distanza e la colpì con la frusta. Uno zampillo di sangue sprizzò dal viso dell’uomo, che lanciò un grido di dolore. Lei lo raggiunse e lo finì senza difficoltà con la spada.

Un’altra guardia la attaccò, ma lei riuscì a parare il fendente. Fece un salto indietro e roteò la frusta. Con un movimento del braccio fece scattare la robusta corda verso la spada dell’uomo e allo stesso tempo vi infuse un po’ della sua energia magica. La punta della frusta si avvolse saldamente intorno alla lama dell’uomo, che la tirò indietro per cercare liberarsi. Tenko non aspettava altro: con un balzo felino gli fu addosso e lo trafisse al cuore.

I criminali avevano già ucciso la maggior parte delle guardie, ma proprio in quel momento un rombo scosse la foresta: una delle guardie aveva suonato un corno. Il rumore profondo scosse gli animi dei fuorilegge, mettendo in dubbio la loro sicurezza.

«Presto, finiamoli!» gridò qualcuno.

Alcuni criminali urlarono, e tutti quanti parvero ritrovare l’impeto.

Tenko fece scattare la sua frusta contro una guardia di spalle, avvolgendogli il collo. Tirò con forza e il malcapitato cadde all’indietro, soffocato dalla stretta improvvisa. D’istinto lasciò la spada per liberarsi, ma la demone fu più svelta e lo trafisse senza pietà.

Era da tanto che non uccideva degli uomini del Clero, e la cosa la galvanizzò. Il fragore della battaglia, il cozzare delle armi, le grida dei feriti: tutto questo la costringeva a dimenticare il passato, a concentrarsi sull’uccidere o il venire uccisa. Ormai era questa la sua vita.

Dei sibili destarono le sue orecchie a punta.

La prima freccia si conficcò nel terreno a meno di un metro da lei. La seconda centrò un fuorilegge, che urlò di dolore. Poi arrivarono le altre: decine di frecce che colpirono chiunque, dalle guardie ai criminali. Tenko cercò riparo dietro un tronco, ma non fu abbastanza rapida: un dardo le perforò un’ala, e un altro la centrò a una gamba.

Strinse i denti: non si sarebbe arresa senza combattere.

Lanciò una rapida occhiata oltre il tronco per capire con quanti nemici avessero a che fare. E di colpo tutta la sua risolutezza svanì.

«Di là, non fateli scappare!»

«Ce n’è uno da quella parte!»

«Catturateli tutti!»

Nella foresta erano apparse decine e decine di fiaccole. Non c’erano dubbi: il Clero sapeva del loro attacco e aveva teso loro una trappola. Affrontarli sarebbe stato un suicidio: doveva fuggire.

Tenko cercò di muoversi nell’ombra, attenta a non fare rumore. Ma doveva anche sbrigarsi.

«Da quella parte!»

Una freccia la ferì all’orecchio destro, strappandole un gemito. Cominciò a correre, ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato inutile. La vista si fece annebbiata, e solo in quel momento capì che le frecce erano intrise di veleno.

Incapace di controllare il suo stesso corpo, cadde a terra.

Era finita. Il Clero l’aveva catturata e sicuramente l’avrebbero giustiziata.

“Mamma, papà, fratelli miei… presto saremo di nuovo insieme.”

In un momento del genere, con la mente offuscata e a un passo dalla morte, si rese conto di quanto fosse stata insignificante la sua vita. Da quando la sua famiglia era stata uccisa, si era concentrata solo sul sopravvivere, usando la vendetta come scusa per giustificare le sue azioni più spregevoli.

Ne era valsa la pena?

Non ebbe tempo di trovare una risposta: la tossina completò la sua azione e tutto divenne nero.

***

La prima cosa che avvertì fu l’odore di sangue. E poi delle voci: parlavano la sua lingua, ma era così stordita da non riuscire a comprendere le parole.

Una secchiata d’acqua gelida la fece urlare di spavento. Si guardò intorno. Provò a muoversi, ma era incatenata.

Capì di essere in una cella. No: a giudicare dal sangue a terra, quella doveva essere una stanza delle torture.

Solo allora si accorse degli uomini davanti a lei. Erano in tre, e quello al centro indossava la tipica veste sacerdotale.

«Ben svegliata» la salutò l’ecclesiastico in tono melenso. «Dormito bene?»

Tenko gli sputò in faccia. O meglio ci provò: la saliva riuscì appena a macchiare l’abito giallo ocra.

Il faunomorfo di tipo lince schioccò alcune volte la lingua e scosse il capo. «È così che mi ringrazi per averti risparmiata?»

Lei continuò a guardarlo in cagnesco. Non avrebbe abboccato alle sue provocazioni. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

«Sai, quando ti ho vista, ho pensato che sarebbe stato un peccato ucciderti» proseguì il priore. «Certo, sarebbe quello che ti meriti. Hai ucciso le guardie e disonorato gli dei. E poi, ma guardati: il tuo modo di vestire è oltremodo indecoroso.»

Ancora la demone non rispose.

Lui le si avvicinò. Le accarezzò la guancia con un dito. «In effetti però non stai così male…»

Lei rimase impassibile. All’improvviso si mosse e gli azzannò il dito. Il sacerdote si ritrasse di scatto, spaventato. Guardò la ferita sanguinante e le tirò un violento ceffone.

Lei non batté ciglio e continuò a fissarlo dritto negli occhi. Se pensava che bastasse così poco a spaventarla, si sbagliava di grosso.

«Ho deciso di essere magnanimo e di risparmiarti la vita, ma devi comunque pagare per i tuoi crimini contro gli dei.» Il priore la guardò dall’alto in basso come un predatore che pregusta il suo pasto. «Tagliatele le ali.»

Questa volta Tenko ebbe uno scatto istintivo, ma le catene le bloccavano mani e piedi. I due uomini che erano col sacerdote fecero un cenno d’assenso e andarono dietro di lei.

«No! Fermi! Non potete farlo!» Provò a girarsi, ma riusciva a malapena a intravederli con la coda dell’occhio.

Incuranti delle sue grida, gli uomini cominciarono a disporre i loro strumenti, producendo dei terrificanti tintinnii metallici.

«No!» La demone si dimenò con più forza, ma non servì a nulla. «Non mi toccate! Non provate a toccarmi!»

«Quando avete finito, sbattetela in cella» ordinò il sacerdote, dopodiché le volto le spalle e si diresse verso l’uscita.

«Bastardo, dove credi di andare?! Te la farò pagare! Te la…» Un grido atroce spezzò le sue minacce. Sentiva le forbici che tagliavano le sue membrane alari, vicinissimo alla schiena: era un dolore terribile, così forte che cominciò a piangere.

Ma il peggio doveva ancora venire. Sentì il primo colpo di sega, poi il secondo. Resistere era inutile, e ormai non riusciva quasi più nemmeno a urlare. Capì che la coscienza la stava abbandonando, e non fece niente per opporvisi.

Non era mai stata così felice di perdere i sensi.

***

Una nuova secchiata d’acqua gelida la svegliò di colpo. Arretrò d’istinto, e solo dopo alcuni istanti si rese conto che non era più incatenata.

Era seduta, eppure ebbe la sensazione di perdere l’equilibrio. Mise le mani a terra, e un dolore acuto le fece ricordare.

Si trovava nelle segrete, e non si stupì minimamente nel trovare il sacerdote che la guardava da oltre le sbarre. Sembrava compiaciuto del suo dolore.

«Pagherete per ciò che avete fatto» gemette, ma il suo era più un piagnucolio che una minaccia.

«Suvvia, non essere così scontrosa. Ti ho salvato la vita, ricordi?» Il capo religioso le sorrise mellifluo. «D’altra parte, devi ancora espiare i tuoi peccati. D’ora in avanti farai tutto ciò che ti dirò. E, se farai la brava, potrei anche pensare di ricompensarti.»

Lei rimase in silenzio, rannicchiata in un angolo, tremante per il dolore.

«Oh, tranquilla: non devi accettare subito. Ti abbiamo avvelenata: se non prendi ogni giorno l’antidoto, proverai un dolore atroce e poi, dopo una lunga agonia, morirai.» Le sventolò davanti una fialetta piena di un liquido giallino. «Sentiti libera di chiamare la guardia quando avrai deciso di collaborare.»

Per sottolineare il concetto, il priore lasciò la fialetta nelle mani dell’uomo che era con lui, dopodiché se ne andò con aria soddisfatta.

Poco dopo anche la guardia si allontanò, lasciandola sola con il suo dolore.

Solo in quel momento Tenko lasciò finalmente scorrere le lacrime. Le ferite alla schiena le facevano malissimo, ma il suo era anche e soprattutto un dolore interiore. Il Clero aveva ucciso la sua famiglia, aveva cancellato i suoi sogni, e ora le aveva anche strappato una parte del corpo. Come se non bastasse, quel sacerdote voleva trasformarla nella sua schiava, negandole così perfino la libertà.

Forse era meglio lasciare che il veleno la uccidesse.

Continuò a piangere sommessamente in un angolo della cella, decisa ad abbracciare la morte, certa che nessun dolore sarebbe stato peggiore di ciò che provava in quel momento. Ma poi la sua risolutezza mutò: lasciarsi morire sarebbe stato solo un altro modo per arrendersi. Per darla vinta al Clero. E lei non poteva accettarlo.

Serrò i pugni. Doveva continuare a lottare. Aveva fatto cose orribili per sopravvivere: diventare la schiava del priore sarebbe stata solo l’ennesima umiliazione. Ma poteva sopportarlo. Poteva farlo, perché prima o poi sarebbe riuscita a fuggire. Non prima di aver ucciso il sacerdote, ovviamente.

La sua guerra non era ancora finita.


Note dell’autore

Ben ritrovati!


Che dire, le cose si sono messe proprio male per Tenko. Mi spiace di tutto quello che ha passato, ma data la sua situazione, era praticamente inevitabile che venisse catturata prima o poi. Il Clero è un nemico troppo forte, e ancora una volta lei l’ha provato sulla sua pelle.

Dunque è finita? Certo che no, al contrario: questo è solo l’inizio. Dovrà stringere i denti, ma lei è una che non si arrende. Possono piegarla, ma non spezzarla.


Il prossimo capitolo arriverò il primo weekend di giugno.

A presto!


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