In una città in bianco e nero, fatta di cemento e smog, Hamphrey camminava sul marciapiede ricoperto di giornali e immondizia.
Una mano volò all’ accendino, l’ altra alla sigaretta.
Inspirò lentamente il fumo scaldandosi la gola per un momento. Tossì, ormai aveva troppo catrame nei polmoni.
Prima o poi sarebbe morto, lo sapeva questo. Si stava firmando la condanna a morte da solo.
Passava nella via, scivolando tra lo sguardo indifferente delle persone. Le vetrine sporche di alcuni negozi riflettevano il suo volto tra l’ impermeabile e il cappello.
Occhiaie sotto occhi scuri e stanchi, barba trascurata per il troppo lavoro, la bocca leggermente asimmetrica per il vizio del fumo.
Alzò gli occhi al cielo. Neanche il sole riusciva a trapassare quella pesante coltre inquinata e grigiastra che copriva la città.
I colori si erano estinti da tempo, Hamphrey non si ricordava nemmeno più come fossero.
Un musicista ceco di strada che suonava il sax, una nota stonata in quella nebbiolina indifferente che attorniava tutto.
Ascoltava per un momento quella melodia, fermo sul marciapiede. Nella tasca aveva qualche spicciolo.
Le monetine risuonarono cadendo nel barattolo, un gesto del musicista di gratitudine.
Hamphrey si ributtò nella strada, tra il bianco e nero della città.