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Autore: AdhoMu    22/05/2018    3 recensioni
[Leanne/Montague]
Montague (Kain? Craig? Graham?) e Leanne (di cognome?).
Due personaggi dalle identità confuse e di cui sappiamo pochissimo.
Un incontro inaspettato darà vita ad un rapporto che si svilupperà nei mesi precedenti allo scoppio della Seconda Guerra Magica e che li porterà, con un po' di fortuna, a trovare se stessi l'uno nell'altra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kain Montague, Leanne, Mary MacDonald, Mulciber
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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7. I gioielli di famiglia e altre questioni tutt'altro che irrilevanti.
 
- Sono nata il 14 aprile 1979 in un luogo imprecisato. La data invece, la conosco con esattezza: quando mi portarono all'orfanatrofio, le persone che si trovavano con me dissero che avevo solo un giorno di vita. Er avvolta in una copertina di lana. Le suore se lo ricordano bene perché, quell'anno, la domenica di Pasqua cadde proprio il 15 aprile.
I due ragazzi sedevano a gambe incrociate sulla brandina (messa a dura prova dalla taglia di Graham), uno di fronte all'altra. Leanne, con una tazza di Caffelatte Corroborante stretta fra le mani, aveva appena cominciato a parlare. Lui l'ascoltava con attenzione. Moriva dalla voglia di seguire il racconto fumandosi una bella Hermes Senza Filtro, ma un'infermiera corpulenta e dall'aria intransigente che, entrando, l'aveva sorpreso nell'atto di aprire il pacchetto azzurrino, l'aveva seriamente minacciato di farlo sbattere fuori.
- Pare fossero in due – proseguì la ragazza. - Due donne. Una era bionda; l'altra aveva la pelle più scura. Rimasero a Capulet Drive per un paio di giorni e poi... se ne andarono.
- Una bionda e una bruna.
- È quanto mi hanno riferito.
- E tu pensi che la bionda... - cominciò Graham, alludendo ai capelli chiari di Leanne.
- ...potesse essere mia madre? Ci ho pensato anch'io. Tante volte. Ma francamente, non saprei.
- Continua.
- Non c'è molto da aggiungere, Graham – la ragazza scosse la testa. – Dissero solo che mi chiamavo Leanne. Non specificarono nessun cognome. “Kaplett” mi fu dato della direttrice di allora, Madre Gertrude. Pare si sia ispirata dalla toponomastica dell'Istituto. E, come avrai capito, non mi piace.
- Un nome è solo un nome. Non definisce l’essenza...
- In che senso?
- Beh, ma è evidente: l'Amortentia profumerebbe di... sapone bianco anche se si chiamasse, che ne so, Pimpinella Anisum.
Leanne lo squadrò facendo tanto d'occhi.
- Ma lo sapevi che c'è un dramma babbano in cui la protagonista dice più o meno quello che hai appena detto tu?
- Oddio, che rivelazione.
- Scemo. Ma dicevi del sapone bianco...
- Lascia perdere. Torniamo a noi. Due donne. Aprile 1979. Nient'altro?
- Purtroppo no. Madre Gertrude entrò in clausura due anni dopo il mio arrivo. Io non ebbi mai l'opportunità di farmi dire qualcosa di più. Tutte le notizie di cui dispongo sono di seconda mano, se non addirittura di terza.
- Capisco – sbuffò Graham, un po' deluso. - Effettivamente è poco, molto poco...
- Ah, che sciocca - aggiunse Leanne, dopo un attimo di riflessione. – Stavo per dimenticarmi di questa. Si sporse verso il comodino e afferrò la mollettina a forma di fenice con cui soleva tenere indietro i capelli.
Raffigurava una fenice in miniatura, con le ali aperte e la coda divisa in cinque lunghe penne, sulle cui punte erano stati incastonati piccoli rombi di Corallo di Fuoco. Era un oggetto delicato e dall'aspetto leggermente datato; Graham glielo aveva visto portare così tante volte che quasi non ci faceva più caso. A guardarlo bene, gli parve prezioso, ma non avrebbe saputo dire di quale metallo fosse fatto. Il colore era simile a quello dell'argento, ma di una tonalità più... calda. Graham lo rigirò fra le dita, pensoso. Sotto alla forcina (la parte che si fissava sui capelli), si scorgeva una sorta di minuscola incisione.
Proprio mentre cercava di capire di che cosa si trattasse, si accorse che la forcina era fatto di un metallo diverso da quello della piccola fenice. Aveva tutto l'aspetto di essere stato saldata in un secondo tempo.
- Questa molletta... – chiese allora, intrigato. – Ha sempre avuto questo aspetto?
Leanne lo guardò sorpresa
- No – gli rispose subito, aggrottando la fronte.
– Prima era una specie di ciondolo. Aveva un anellino, qui dietro, che poi si è spezzato perché io lo tiravo sempre. Sono stata io a trasformarla in una molletta per i capelli.
- C'è scritto qualcosa, qui sotto al fermaglio.
- “MM”.
- "MM”?
- Sì. Non so che cosa voglia dire.
- Ti dispiace se le do' un'occhiata?
- Non distruggermela, eh – lo pregò lei.
Sulle sue labbra passò l'ombra di un ironico sorriso. Graham le rivolse un'occhiata volutamente seccata, ma quel rapido lampo di allegria gli scaldò il cuore. Quella era Leanne, la sua Leanne, per Salazar.
Agitata delicatamente la bacchetta, pronunciò un rapido Relascio. Il fermaglio si staccò dal corpo della piccola fenice, rivelando esattamente quello che Leanne gli aveva già anticipato. Il rovescio dell'uccellino recava incise due minuscole M, strette l'una accanto all'altra.
- E la copertina in cui eri avvolta, ce l'hai ancora? – le domandò poi, incuriosito. – Potrebbe essere importante.
- Sì. È ad Hogwarts – rispose lei, infilando la molletta fra i capelli.
– Ma è solo una copertina di lana, non ha nulla di che.
 
*
 
Non ebbero il tempo di divagare oltre perché, improvvisamente, udirono un baccano infernale provenire dal corridoio. Allarmati, i due ragazzi balzarono in piedi e corsero fuori. Il ragazzo col kilt e la strega con la crocchia si sporgevano dalla stanza di Katie Bell e chiamavano aiuto mentre qualcuno, all'interno, faceva una scenata degna della stagione drammatica del Magiteatro Tragico.
- Carbry! – urlò Leanne, atterrita, rivolgendosi al giovane scozzese. – Ma che... che cosa...
- È appena arrivato Oliver... – rispose quello, affannato – L'ho portato qui io poco fa. Ma non pensavo... cioè, neanche la mamma ha...
Leanne si precipitò nella stanza.
- Kitty! Kitty!
Oliver Baston si chinava su Katie urlando come un pazzo e la chiamava, disperato.
- Oliver! – Leanne gli si avvicinò di corsa, cercando di tirarlo via.
Le ferite che segnavano il corpo di Katie non erano certo una vista adatta a qualcuno che si trovava così palesemente sull'orlo di una crisi di nervi. E oltretutto, con tutto quello scomposto agitarsi, Oliver rischiava seriamente di divellere le flebo e i tubicini di pozione che tenevano in vita la sua sventurata fidanzata. Il ragazzo, però, non voleva sentire ragioni; continuava a sbraitare, completamente fuori di sé (si udì distintamente l'anziano Capoguaritore che, passando in corridoio, commentava qualcosa del tipo: “Ma allora è un vizio! Dovrebbero impedirgli l'accesso, a gente così!”).
Leanne rischiò seriamente di beccarsi una gomitata in faccia; indietreggiando per schivare il colpo, poco ci mancò che la ragazza andasse a travolgere la teca di vetro sotto la quale i Guaritori, in attesa di effettuare ulteriori analisi, avevano sistemato la collana di opali maledette che aveva quasi ucciso Katie.
A quel punto, Graham decise di intervenire. Avvicinatosi ad Oliver, lo afferrò con fermezza per le spalle e lo trascinò via (missione tutt'altro che facile, perché neanche il Portiere del Puddlemere United era esattamente uno scricciolo). Lo tenne poi fermo, mentre quello cercava disperatamente di divincolarsi e tornare al capezzale di Katie. Graham lasciò che si dimenasse quanto voleva, per dargli modo di sfogarsi.
 In campo, lui e l'ex-Portiere del Grifondoro non si erano mai sopportati, ma in quel momento Graham si sentì sinceramente dispiaciuto per Baston. Poteva capirlo: lui stesso, il giorno prima, aveva provato lo stesso tipo di angoscia. Solo che lui, grazie a Salazar, era stato fortunato. 
- Cerca di darti una una calmata, Baston - gli suggerì quando lo lasciò  andare.
Non che si fosse aspettato un ringraziamento, beninteso. Tuttavia, quando Oliver si voltò verso di lui e lo riconobbe, reagì malissimo.
- Tu?! – gli disse, guardandolo incredulo. – Cosa cazzo ci fai tu, qui, Montague?!
- Oliver... – s'intromise Leanne, tentando di suonare conciliante. Ma Oliver non era in sé, non era in grado di controllarsi. In quel momento di tensione, tutta la vecchia rivalità fra le loro Case gli si riversò fuori come lava vulcanica particolarmente fluida.
- Non l'hai già malmenata abbastanza dentro al campo, durante le partite? Sei venuto a finire il lavoro? – lo aggredì, ringhiando. Evidentemente, non gli perdonava i troppo numerosi falli commessi su Katie nel corso degli anni.
- Baston – cominciò lui, sforzandosi di mantenere la calma.
- Fuori di qui, Serpeverde di merda! – urlò quello, facendoglisi sotto e sguainando la bacchetta. – E non ti azzardare mai più a rimettere piede in questa stanza!
- Bada a come parli, coglione di un Grifondoro! – rispose Graham, sfoderando a sua volta la bacchetta. Cominciava ad incazzarsi sul serio (nessuno insultava impunemente la Casa di Salazar, grande o piccolo che fosse); strinse gli occhi, minaccioso, e si fece avanti fronteggiando Oliver.
La mamma di Katie osservava la scena a bocca aperta, con un'espressione a dir poco scandalizzata. Leanne era impietrita. Non aveva mai visto Oliver comportarsi così. Non lo riconosceva, e il suo comportamento (per quanto minimamente comprensibile, date le circostanze) aveva avuto il potere di folgorarla. Si era aspettata reazioni avverse alla loro nascente relazione, ovviamente. I Serpeverde più radicali non le avrebbero certo perdonato l'incertezza del suo stato di sangue. Ma, fino ad allora, non aveva mai immaginato che i pregiudizi potessero provenire anche da parte dei suoi, di amici.
- Fianto Duri!
Una forma opalescente si allargò, improvvisa e provvidenziale, all' interno della stanza. Carbry Bell aveva creato una bolla protettiva intorno al letto della sorella.
- Adesso basta! - urlò, furioso. - Uscite immediatamente di qui, tutti e due!
Leanne prese Graham per un braccio e tentò di tirarlo via.
– Andiamo.
Mentre uscivano dalla stanza, Oliver rivolse all'ex-Cacciatore Serpeverde un'occhiata di profondo disprezzo.
- E portati via quella cazzo di magia oscura che  rasuda da ogni dannato poro della tua stramaledettissima casa!... - ringhiò, col fiato corto, per poi voltare loro le spalle.
 
*
 
- Non l'ho mai visto comportarsi così, te lo giuro.
- E se ti dicessi che me ne sbatto?
- Sei il solito insensibile.
- Al contrario. Se non gli ho fatto il mazzo, è proprio perché sono sensibile e, in parte, lo giustifico.
- Ma quanto sei magnanimo! - lo schernì Leanne.
Voleva proprio vederlo, Graham, a fare il mazzo ad uno come Oliver Baston.
Oliver era alto e ben piantato quasi quanto lui, ed era sempre in forma; come mago, era molto capace e, per di più, poteva contare su di un surplus protettivo offerto dai simboli magici celtici e runici che aveva tatuato addosso nel corso degli anni. Subito dopo, però, divertita dalla consueta espressione upponente del ragazzo, Leanne gli sorrise, scuotendo la testa. Non c'era nulla da fare: oramai amava la sua spocchia daSerpeverde; e su questo, Graham Montague non si smentiva mai. Faceva parte di lui.
I due si trovavano in piedi davanti ai cancelli di Hogwarts.
Tutt'intorno a loro, il paesaggio innevato ricordava un presepio ricoperto di glassa e, nonostante fosse solo metà ottobre, lo strato di fiocchi era già bello alto. Il giorno prima, il professor Silente aveva pregato Graham di riaccompagnare Leanne a scuola e lui, chiaramente, era stato ben lieto di accontentarlo ("Non ti faranno storie, in banca ?" "Ma che cazzo me ne frega!). Per permettere loro di raggiungere Hogwarts, il Preside aveva predisposto una Passaporta (un vecchio vaso da notte di stagno, che il ragazzo aveva inizialmente guardato con ribrezzo), dato che nessuno dei due era ancora in grado di smaterializzarsi su distanze così lunghe.
- Oltretutto, in quel momento ero impegnato ad osservare un'altra cosa - aggiunse Graham, pensoso.
- E sarebbe?
- La tua molletta. La Fenice.
Leanne lo guardò stupita. Ricordava solo di averla infilata fra i capelli mentre si fiondava nella stanza di Katie. Nulla di eccezionale.
- Che cos'ha la mia molletta?
- Ad un certo punto, si è illuminata ed è diventata azzurrina.
- È diventata azzurrina?! – Leanne era bigottita.
Graham la guardò fisso. Era davvero carina, con quell'espressione così confusa. Facendo bene attenzione a scegliere le parole giuste, sganciò la bomba:
- Senti... ti è mai venuto il sospetto che possa essere un oggetto... dotato di proprietà magiche?
Lei si strinse nelle spalle.
- Le fenici compaiono molto raramente nell'iconografia babbana, per cui sì , qualche volta ho pensato a questa possibilità. Però, per dire il vero... la mia molletta non ha mai dato segni magia.
- Fino ad oggi.
- Se è davvero andata come dici.
- Esatto.
- Ma cosa potrebbe aver provocato il cambio di colore?
- Non ne ho idea. È stato un cambiamento veloce; dopo pochi secondi, era tornata normale.
- Io non ho mai notato...
- Credo dovremmo investigare.
- Io fino alle vacanze di Natale non posso muovermi da scuola, lo sai.
- E allora, che Natale sia - decretò Graham, serio.
Poi, si sentì un pochino in colpa. "Quello che voi chiamate mezzosangue" gli aveva detto Leanne la notte precedente. E lui le aveva risposto che erano tutte stronzate. Ma allora, perché la possibilità che la piccola fenice fosse un oggetto magico aveva destato così tanto il suo interesse? Avrebbe dovuto fregarsene. Aveva superato da un pezzo l'increscioso periodo della Squadra d'Inquisizione: ne era certo. Eppure, l'ipotesi che Leanne potesse essere figlia di maghi non smetteva di stuzzicarlo. "Certe baggianate sono dure a morire" si disse tristemente, un po' deluso da se stesso.
- Graham.
Era giunto il momento di salutarsi.
Leanne gli si avvicinò e infilò le braccia dentro al suo mantello. Abbracciandolo forte, lo ringrazò di essersi preso cura di lei. Questo semplice gesto lo rasserenò, facendogli dimenticare all'istante tutti i suoi crucci e le inopportune riflessioni di poco prima.
- Dovere - le rispose, chinandosi un poco e stringendola a sua volta.
- Fai la brava, bricconcella. Niente bellimbusti Corvonero fra le balle, intesi?
- Signorsì, signor Capitano! - sorrise lei con fare canzonatorio, fingendo di scattare sull'attenti. Lui stette al gioco e, guardandola con cipiglio, annuì tutto serio, con fare di approvazione.
 - E vedi di rispondere ai miei gufi. Non farmi incazzare, ok?
Per tutta risposta, Leanne lo guardò negli occhi e allungò la mano per accarezzargli la guancia. Poi si alzò sulle punte dei piedi e, fatte scivolare le braccia intorno al suo collo, avvicinò il viso al suo per baciarlo con dolcezza, premurandosi di assaporare lentamente quel suo gustoso aroma di tabacco, tanto a lungo desiderato.
 
*
 
Mezz'ora dopo, videro uno spazientito e sbuffante Gazza che scendeva urlando lungo il viale, seguito a ruota da Mrs. Purr. La povera gatta arrancava nella neve, con un'espressione assassina dipinta negli occhi di brace.
- La vogliamo finire, voi due?? Subito dentro, signorina Kaplett!
- Si chiama Leanne, Mastro Gazza - bofonchiò Graham, mollando a malincuore la presa.
- Oh, signor Montague. Non l'avevo riconosciuta. Come va l'eccellentissima famiglia?
Graham lo ignorò.
Rimase fermo per qualche minuto, osservando Leanne che, ridendo, si precipitava di corsa su per il viale innevato. Poi, con un certo disgusto, riprese in mano il vecchio vaso da notte che lo avrebbe riportato a Londra.
 
Alcune cosette:
1) La frase di Graham sull’Amortentia (poco azzeccata, peraltro, visto che questo Filtro cambia di aroma a seconda di chi lo annusa) è una libera citazione della frase di Giulietta [Atto II, Scena II]: Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?
   
 
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