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Autore: AdhoMu    22/05/2018    3 recensioni
[Leanne/Montague]
Montague (Kain? Craig? Graham?) e Leanne (di cognome?).
Due personaggi dalle identità confuse e di cui sappiamo pochissimo.
Un incontro inaspettato darà vita ad un rapporto che si svilupperà nei mesi precedenti allo scoppio della Seconda Guerra Magica e che li porterà, con un po' di fortuna, a trovare se stessi l'uno nell'altra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kain Montague, Leanne, Mary MacDonald, Mulciber
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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8. L’habitat naturale delle Fenici è...


[Stralcio di esame di specializzazione in Cura delle Creature Magiche, livello M.A.G.O.]
Come habitat naturale, le Fenici allo stato brado prediligono:
(    ) L’acqua.
(    ) La terra.
(    ) L'aria.
( X) Il fuoco.

 
E ottobre passò in un lampo.
E così novembre, per non parlare delle prime settimane di dicembre.
Leanne, tanto per cercare di fare qualcosa di utile, aveva chiesto alla professoressa McGranitt e al professor Vitious di dare un’occhiata alla sua piccola fenice; la cosa, però, non aveva sortito alcun risultato. Entrambi avevano concordato sul fatto che non sembrava trattarsi d’argento, ma non erano stati in grado di dire nulla di più. A lei sarebbe piaciuto interpellare anche il professor Silente ma, purtroppo, questo non le fu possibile perché il Preside, in quegli ultimi mesi del 1996, si trovava spesso in viaggio, lontano da Hogwarts.
In una delle lettere che aveva spedito a Graham, la ragazza l’aveva informato circa l’insuccesso dei suoi tentativi. Nel gufo successivo, lui si era limitato a rispondere:
“Ho già in mente come procedere a riguardo, ma preferisco non anticiparti niente. Tu, nel frattempo, fatti trovare a King’s Cross il 22 dicembre. Ti vengo a prendere io”.
 
*
 
E così Leanne, un po’ esitante, si era recata ad Hogsmeade ed era salita a bordo del treno per Londra.
Era la prima volta che lasciava Hogwarts per Natale. Ed era la prima volta che avrebbe trovato qualcuno ad aspettarla alla stazione. La professoressa McGranitt si era un po’ sorpresa quando aveva notato che il suo nome non figurava nella lista di coloro che sarebbero rimasti a scuola durante le vacanze ma, dato che Leanne era maggiorenne, non trovò nulla da obiettare.
Durante il viaggio, la ragazza tentò di rilassarsi chiaccherando con la sua amica Eloise, anch’essa di ritorno per trascorrere le Feste a Cardiff col padre. Ma concentrarsi era molto, molto difficile.
Man mano che l’Espresso di Hogwarts si avvicinava a Londra, Leanne sentiva crescere l’agitazione. Non solo perché, in breve, avrebbe rivisto Graham, ma anche perché i due avevano stabilito che, durante le vacanze, si sarebbero dedicati alla questione della molletta. Graham le aveva fatto sapere di avere un piano, ma non si era scucito oltre. Leanne moriva di curiosità.
Fu con un certo qual sollievo, quindi, che sentì il treno decelerare e, alla fine, fermarsi accanto alla piattaforma del binario 9 e ¾.
La ragazza aspettò che il convoglio si fosse completamente arrestato; poi, si avviò verso la porta della carrozza. Una volta a terra salutò Eloise, che si diresse verso la fila di camini collegati alla metropolvere, e si avviò verso l'uscita della stazione. 
Graham le aveva detto che l'avrebbe aspettata vicino alla barriera; Leanne sporse la testa per cercare di individuarlo fra la piccola folla di studenti. E infatti, eccolo là, in piedi vicino al muro in capo al binario, proprio come aveva promesso.
Gli corse incontro allegramente, trascinandosi dietro una piccola borsa nella quale aveva riposto le sue cose per le vacanze (trattandosi di sole due settimane, non c'era certo bisogno di fare il baule); lui le sorrise, quando la vide, e mosse qualche passo verso di lei.
Leanne avrebbe ricordato quell'abbraccio per molto tempo.
C'erano tanta nostalgia in quel gesto, tanta spontaneità, tanta voglia di rivedersi; soprattutto, però, quello stringersi l'uno all'altra nel bel mezzo della folla vociante esprimeva la felicità che loro due provavano nel trovarsi nuovamente insieme.
Tuttavia, mentre si staccavano lentamente, per guardardi e sorridersi, furono interrotti da una voce che chiedeva:
- Questo tizio ti sta importunando, Leanne?
Lei si voltò e si trovò davanti Cormac McLaggen.
Di solito, in occasione delle vacanze di Natale, il ragazzo raggiungeva casa sua direttamente dalla scuola (il regolamento prevedeva che gli studenti provenienti dal Nord non avessero l'obbligo di recarsi fino a Londra); quell'anno, però, McLaggen si era imbarcato sull'Espresso di Hogwarts per andare al San Mungo a trovare Katie, che era una sua cara amica d'infanzia.
Leanne si accorse che il ragazzo guardava Graham con diffidenza; e il Serpeverde, dal canto suo, aveva già cominciato ad assottigliare gli occhi e a ricambiare lo sguardo con aria strafottente, il che non era assolutamente un buon segno.
A Leanne, McLaggen non era mai stato molto simpatico (e, oltretutto, sentirgli chiedere se qualcuno le stava dando fastidio era quantomeno bizzarro, visto il soggetto, che viveva importunando le ragazze), ma voleva evitare a tutti i costi che quei due si accapigliassero in piena King's Cross, richiamando indebitamente l'attenzione.
- No... no, McLaggen, va tutto bene. Tranquillo - si affrettò a rispondere, per poi afferrare Graham per un braccio e trascinarlo via attraverso la barriera.
Mentre uscivano dalla stazione, Leanne non poté fare a meno di pensare che, una volta di più, ad essere prevenuta nei confronti di Graham era stata una persona che faceva parte della sua schiera (per quanto lei e Cormac non fossero esattamente amici), e non il contrario.
- Dove andiamo? - buttò lì, tanto per alleggerire la tensione.
- A casa mia.
Leanne lo guardò, spalancando gli occhi.
- Vuoi dire... dove vive la tua famiglia?! - gli chiese, un po' preoccupata all'idea di trovarsi al cospetto dei signori Montague, così, senza alcun preavviso.
- Sì. Ma non ti agitare. I miei genitori sono andati in vacanza in Angola - rispose lui, con noncuranza. - Avremo la villa tutta per noi.
- Non c'è nessuno, quindi? - domandò lei, leggermente sollevata.
- No. Beh, ci sono gli elfi domestici di mio padre. Ma, per ora, ho proibito loro di parlare di te.
- Ah, quand'è così...
 
*
 
La villa dei Montague - un'enorme e lussuosa residenza risalente al periodo vittoriano - si trovava sulla collina di Greenwich, immersa nel parco omonimo, proprio accanto al famoso osservatorio astronomico. I babbani non potevano vederla perché era protetta da una serie di potentissimi incantesimi repelli-babbani, ma Leanne, man mano che risalivano lungo il viale, l'avvistò immediatamente. Graham aveva insistito perché vi si recassero in metropolitana, tanto per avere la scusa di strapazzarla un po' (cosa che, a lei, non era dispiaciuta affatto).
Quella sera, seduti sul morbido e peloso tappeto della sala grande davanti al camino scoppiettante, i due ragazzi misero a punto un piano per l’indomani.
Prima di tutto, sarebbero andati al San Mungo per vedere come stava Katie. Dopo la visita, avrebbero raggiunto il luogo scelto da Graham per dare inizio alle investigazioni (lui, per il momento, si era categoricamente rifiutato di svelare a Leanne che cosa avesse in mente).
Ogni tanto, anticipati da un secco crack, facevano la loro comparsa nel salone gli elfi domestici al servizio di casa. Al suo arrivo in compagnia di Graham, Leanne li aveva trovati nell’atrio della Villa, schierati in fila e vestiti in pompa magna (ossia, con strofinacci scrupolosamente candeggiati e inamidati per l’occasione). La ragazza ne aveva contati ben cinque ma Graham, con estrema noncuranza, l’aveva informata che sua sorella, dopo il matrimonio, si era portata via i suoi due, e che gli altri sei si trovavano in vacanza al seguito di sua madre (“Non muove un passo senza i suoi preziosi servitori, quella”). I rimanenti appartenevano al signor Montague, tranne uno, Brisby, che era stato assegnato a Graham.
Probabilmente, Leanne aveva fatto loro una buona impressione, perché quelli continuavano a comparire e scomparire, fra sorrisi e riverenze, cercando di farle assaggiare l'ennesima fetta di torta ai mirtilli. Il che era un po' un problema, perché i due ragazzi, dopo aver stabilito i programmi per il giorno successivo, si stavano metodicamente dedicando al recupero del tempo perduto, baciandosi con molto entusiasmo davanti al camino. E quelle continue interruzioni, di certo, non giovavano minimamente al clima romantico della serata.
Alla fine, Graham si scocciò a tal punto di tutto quell'indiscreto via vai che, digrignando i denti, intimò agli elfi di levarsi di torno.
- Ma poverini - commentò Leanne, contrariata da tanta malagrazia.
- Poverino sono io - rispose lui, mettendo su un inquietante sorriso da lupo - che non posso neanche starmene un po' in santa pace con la mia ragazza.
A Leanne piacque molto sentirsi definire così. Aveva un che di affettuosamente ufficiale che le scaldò il cuore. Sorridendo, scivolò fra le gambe piegate del ragazzo e lo abbracciò, accostando il naso al suo collo e facendolo rabbrividire con il tocco leggero del suo respiro.
Per Graham, controllarsi divenne una missione impossibile.
Leanne era il suo pensiero fisso da... da quanto tempo, ormai? Non lo sapeva esattamente neanche lui ma, di certo, gli si era insinuata nella testa fin dai tempi dell'infermeria. E poi c'era stata l'estate, e poi il modo in cui si erano salutati ad ottobre, quando le cose fra di loro erano state definitivamente chiarite, e poi i baci che si erano scambiati poco prima... Ed ora, averla lì fra le mani, Leanne, la sua dolce ossessione; no: per un tipo naturalmente esplosivo come lui, resistere alla tentazione era qualcosa di assolutamente intollerabile.
Mandando all’aria i suoi buoni propositi, allungò le braccia e la catturò  in una stretta solida come l'acciaio; poi, chinatosi, cominciò a baciarle lentamente il collo. A quel contatto, la sentì fremere di piacere; tuttavia, dopo poco, la ragazza scattò indietro.
- Graham – sospirò Leanne, un po' a disagio. – Potrebbe... potrebbe arrivare qualcuno...
- Ho ordinato a chiare lettere  a Brisby di presentarsi se, e solo se esplicitamente interpellato...
Crack.
- Ha chiamato, padroncino Craig?
- NO! Ma per la miseria, Brisby!
- Ah... pensavo di dover andare a preparare la stanza della signorina...
- La signorina dorme con me, va bene?! - ruggì Graham, imbestialito - Ed ora, fuori di qui!
L'elfo domestico si smaterializzò, un po' imbarazzato.
Graham si voltò nuovamente verso Leanne.
- Dove eravamo rimasti?
- Ehi, tu. Cosa ti fa pensare che io... - finse di ammonirlo lei, puntandogli contro la bacchetta con fare accigliato.
Lui le si avvicinò lentamente, guardandola fisso.
- Non costringermi a disarmarti - la provocò, per poi sussurrare al suo orecchio una breve sequenza di paroline meravigliosamente magiche. Di quelle che, Leanne ne era sicura, sarebbero state in grado di far aprire anche una camera blindata della Gringott.
Figuriamoci la cerniera di una felpa.
 
*
 
[Conversazione al buio].
- Perché non me lo hai detto?
- Detto cosa?
- Guarda che me ne sono accorto. Non sono uno stupido.
- È che... non credo siano affari tuoi.
- Vorrai scherzare?!...
- Assolutamente no.
[Silenzio].
- Io avevo pensato che, con Davies...
- Ma neanche per idea!
- Ma lui, non ha mai...?
- Certo. Ma io gli ho sempre detto di no.
- E quindi...
- Ma che differenza fa?!
- Una differenza enorme. È ovvio.
- Non vedo in cosa.
[Silenzio].
- Magari, se lo avessi saputo...
- Non sarebbe cambiato niente.
- E invece sì. Avrei potuto essere più... delicato, per esempio.
- Delicato, tu?! Ma fammi il piacere, Graham!
[Silenzio].
- Leanne.
- Hmm.
- Hai il romanticismo di un Platano Picchiatore, lo sai?
- Che palle, Graham...
[Silenzio].
- Graham.
- Dimmi.
- È che... stavo solo aspettando la persona giusta. Tutto qui.
[Risata bassa, inequivocabilmente compiaciuta].
- Cosa ridi?!
- Ah, beh. Modestia a parte, non potevi finire in mani migliori.
- Ma piantala! Oh, per Godric, quanto te la meni!
- Osi dubitare? Vieni qui, che ti rinfresco la memoria.
 
*
 
E, com'era prevedibile, tutti i loro piani per l'indomani andarono a farsi benedire. E anche quelli per il dopodomani. E anche quelli per il giorno ancora successivo.
 
Leanne non riusciva a smettere di chiederselo: era dunque quella, la gioia?
Rotolarsi fra lenzuola di seta (verde) con il più giovane membro di una tradizionalissima famiglia purosangue, in una stanza con pareti (verdi) ricoperte da stendardi col serpente d'argento (per Godric!) e manifesti truculenti dei Falmouth Falcons?
Amarsi così, anima e corpo, in maniera quasi disperata, instancabilmente, per cercare di sopravvivere al desiderio dirompente che li incatenava l'uno all'altra e che, da troppo tempo, covava sotto le ceneri?
Era troppo inverosimile, era troppo difficile crederci. Era troppo bello per essere vero.
E quando il dubbio si manifestava con troppa insistenza, ci pensava Graham, con i suoi perfidi trucchetti da serpe (maledettamente competente, accidenti a lui), a riportarla alla realtà. Il che significava, di solito, tornare immediatamente a smarrirsi fra le spire quasi oniriche di un piacere delirante.
Arrogante, impulsivo e scandalosamente pigro (cosa di cui, peraltro, si vantava assai), Graham adorava starsene disteso sul letto, a fumare con indolenza; nel frattempo, osservava Leanne con gli occhi socchiusi e l'espressione di un falcone che ha appena addocchiato una candida colomba. Lei, curiosa, girava per la stanza ficcando il naso qua e là, infilata in una di quelle camicie verdi troppo grandi (che, quasi sempre, le arrivavano a metà coscia), con lui che non le toglieva gli occhi di dosso. 
Quando si stancava di curiosare, lo raggiungeva e gli si sedeva vicino; ogni tanto, al puro scopo di indispettirlo, gli rubava di mano la Hermes e dava un rapido tiro.
E lui le rivolgeva un'occhiata impertinente, cercando di sbirciare fra i lembi della camicia semiaperta, e ridacchiava piano, pieno di intenzioni splendidamente cattive. Immancabilmente, le labbra di Leanne che si stringevano intorno alla sigaretta, altresì accarezzata dalle sue dita sottili, lo risvegliavano dal suo torpore, come ceneri ancora accese improvvisamente attizzate dalla brezza.
E allora si tirava su, le afferrava i polsi e la rovesciava sul letto; con la consueta insolenza, senza farsi troppi riguardi, le faceva scivolare via la camicia, per poi sporgersi in avanti e sussurrarle subdolamente all'orecchio ciò che aveva intenzione di farle. E Leanne buttava indietro la testa soffocando un grido e una risata, sommamente intrigata dall'affascinante paradosso che, a dispetto degli ammonimenti dispensati a piene mani dalle suore dell'orfanatrofio, vedeva le gioie del Paradiso indissolubilmente legate a pratiche inequivocabilmente degne del Secondo Cerchio dell’Inferno.
Graham, volitivo per natura, prediligeva condurre il gioco, ma amava oltremodo quando le cose gli sfuggivano di mano. Sotto alle sue dita, Leanne era rovente come la fiamma viva e sensibile come una scintilla costantemente innescata: una vera Grifondoro dalla sensualità esplosiva. Era sufficiente soffiare piano sulle sue braci assopite per farla divampare all'istante. 
E lui... beh. Aveva sempre adorato giocare con il fuoco.
Così come, in vita sua, aveva sempre avuto fame; era la sua corporatura ad imporglielo.
La fame che provava ora, però, era di un tipo molto, molto specifico.
Aveva fame di Leanne; fame della sua prorompente vitalià e della sua allegria contagiosa, fame della sua intelligenza sottile e della sua commovente generosità, fame del suo amore e sì, fame di quel corpo sottile per il quale andava matto, e che lui divorava, affannato, con gli occhi, con le labbra, con le mani e, chiaro, con tutto il resto, senza stancarsene mai.
   
 
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