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Autore: JEH1929    30/05/2018    1 recensioni
"Perché, per quanto si cerchi di fuggire dal passato, di lasciarselo alle spalle, quello è sempre lì dietro l’angolo, pronto a richiamarti indietro alla minima deviazione.
Non posso sfuggire all’attrazione fatale di Neptune."
Fanfiction ambientata 5 anni dopo la fine della terza stagione, senza tenere conto del film e dei libri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Echolls, Un po' tutti, Veronica Mars
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando riprendo conoscenza tutto si sta muovendo. Ho la vista sfocata e la testa mi pulsa terribilmente sul lato destro, probabilmente quello dove ho sbattuto. Chiudo di nuovo gli occhi. Cerco di fare mente locale per capire quali parti del corpo sono sane e quali no, ma il mal di testa è troppo forte.
- Signorina, signorina!
Qualcuno mi tocca la spalla, distraendomi dal mio autoesame. Riapro gli occhi e lentamente riesco a mettere a fuoco il volto di una donna, sconosciuta.
- Ricorda quello che è successo?
La macchina, l’incidente, adesso devo trovarmi in un’ambulanza.
Annuisco e le rughe sulla sua fronte si rilassano.
- Ha subito un trauma cranico, la stiamo portando all’ospedale per un controllo. Ma, per il resto, sta abbastanza bene. Non si è rotta niente.
Annuisco, per farle sapere che ho capito. Ecco spiegato il dolore alla testa e perché non riesco a sentire nessun’altro dolore abbastanza forte.
- L’altro autista? – riesco a chiedere, con un filo di voce.
Lei contrae le labbra e penso che possa essere morto.
- È scappato. – dice, invece.
Scappato? Non ha alcun senso. A meno che… Il pensiero è così orribile da farmi rabbrividire. Il paramedico mi tocca la fronte e il polso per sentire se c’è qualcosa che non va. A meno che non mi sia venuto addosso apposta. Una sorta di avvertimento. Ma un avvertimento per cosa?
- C’è qualcuno che vuole che chiamiamo?
Papà. Il mio primo pensiero va a lui, vorrei che fosse qui. Apro la bocca per pronunciare il suo nome, ma qualcosa mi blocca. Mio padre non c’è, è via da Neptune e sta indagando sul caso di Duncan. Una mia telefonata o, peggio, una telefonata da un ospedale, lo farebbe saltare immediatamente sul primo aereo verso casa. L’immagine di una bambina bionda somigliante a Lilly e a Meg mi balza davanti agli occhi. Non posso chiamarlo. Non posso distrarlo in un momento simile. E poi, se non è niente di grave, non c’è bisogno di farlo preoccupare, soprattutto considerando l’ipotesi che qualcuno abbia causato l’incidente volontariamente. Devo prima capirci qualcosa.
- Logan Echolls. – dico, prima di riuscire a fermarmi.
La donna spalanca gli occhi, stupita. Deve sembrarle parecchio strano che una donna non residente a Neptune chieda di chiamare una star di Hollywood accusata di omicidio. Forse adesso si starà chiedendo se la botta in testa è stata più forte del previsto. Tendo a dimenticarmi che Logan è una famosa star e che sembra strano che io voglia chiamarlo.
- Siamo amici d’infanzia. – spiego, - Gli dica che lo cerca Veronica Mars. Verrà sicuramente.
Almeno lo spero.
Lei annuisce, ancora un po’ incerta.
 
 
Logan non ha ancora fiatato. Sono appoggiata al finestrino della sua auto, cercando di diminuire il mal di testa con il fresco del vetro. Mi hanno dato degli antidolorifici e mi hanno detto che avrei avuto mal di testa per qualche giorno, ma che non c’è niente di cui preoccuparsi.
 - Veronica, che è successo?
Mi guarda allarmato, con la coda dell’occhio. Ricordo ancora chiaramente l’espressione terrorizzata sul suo volto quando è entrato nella stanza d’ospedale dove mi avevano piazzata e poi la tensione che si allentava e il sorriso che compariva sulle sue labbra, quando aveva visto che ero sveglia e che stavo bene. Gli avevo sorriso anche io, stranamente contenta di vederlo. E per un attimo avevo smesso di pensare al fatto che qualcuno aveva appena cercato di uccidermi, o almeno di farmi molto male. Era una fortuna se non mi ero fatta niente di più grave di un leggero trauma cranico, avevano detto i medici. Il colpo era stato forte.
Alzo gli occhi verso di lui e cerco di fargli un sorriso rassicurante, ma una fitta alla testa mi fa uscire piuttosto una smorfia.
- Ho parlato con i medici all’ospedale. Mi hanno detto che la persona che ti è venuta addosso è scappata. Non sono uno stupido, so cosa potrebbe significare.
Il sorriso, o la smorfia, mi muore sulle labbra. Sapevo che non sarebbe stato facile ingannarlo.
- Cosa potrebbe significare? – chiedo alla fine, tanto per dire qualcosa.
Lui mi guarda di nuovo con la coda dell’occhio.
- Non dirmi che non ci sei arrivata anche tu.
Non rispondo.
- Qualcuno ha cercato di ucciderti.
- Non è detto che abbiano proprio cercato di uccidermi. – protesto.
Non so perché sto reagendo in questa maniera, cercando di negare l’ovvio, forse perché è la prima volta che mi trovo in una situazione così vicina alla morte da anni. Eppure ho rischiato diverse volte di morire, con Aaron Echolls, con Beaver… Ma sono trascorsi così tanti anni. Forse tornare a Neptune non è stata una buona idea.
- Forse tornare a Neptune non è stata una buona idea. – dice Logan.
Nel momento in cui lo dice, mi rendo conto che invece è stata l’idea migliore degli ultimi anni. Salvare Logan, rivedere mio padre, aiutare e parlare con i miei amici.
- Penso che dovresti lasciar perdere il mio caso.
Giro bruscamente la testa verso di lui, mentre una fitta violenta di dolore mi scuote, ma non ci faccio caso. Cosa? Vuole che abbandoni la ricerca del vero assassino di Lara Crane?
- Logan, non…
- Sai che ho ragione. Anche tu pensi che la persona su cui stiamo indagando, il vero assassino di Lara Crane, abbia capito che mi stai aiutando e abbia deciso di toglierti di mezzo.
- Può essere stato qualcun altro. – protesto, debolmente, ma io stessa non credo molto a quello che ho appena detto.
- Non posso permettere che ti succeda qualcosa per colpa mia. – dice, con un dolore inaspettato nella voce.
Per qualche secondo non trovo niente da replicare e lui continua.
- Troppe volte ti sei trovata in pericolo per colpa mia, adesso basta. Voglio che te ne torni a San Diego, riprenda la tua vita e dimentichi questi ultimi giorni.
- Ma tu finirai in prigione, se non peggio… - l’idea di Logan sulla sedia elettrica mi scuote nel profondo.
- Mi daranno l’omicidio colposo e mi farò un bel po’ di anni in prigione. Non è colpa tua, hai fatto il possibile.
La sua determinazione mi sconvolge. Non l’ho mai visto così determinato prima d’ora.
- Ti accompagno a casa di tuo padre. Poi farai le valigie e partirai per San Diego.
Mi sta trattando come una bambina. Potrei davvero fare le valigie e tornare a San Diego, alla mia vita, dai miei colleghi, ai miei pranzi settimanali con Leo. La mia tranquilla vita monotona di San Diego. Potrei perfino tornare con Piz.
Ma… la vita di una ragazza di ventuno anni, distrutta. La vita di sua madre, distrutta. I suoi occhi persi, disperati, la sua casa pulita, impersonale, con un alone di morte a circondarla. La vita di un uomo innocente, distrutta. La vita dell’uomo che è stato l’amore della mia vita e che adesso vuole sacrificare la sua libertà per salvarmi.
- No. – dico, a bassa voce.
- Cosa?
- No, non me ne vado. – ripeto a voce più alta.
- Ma, Veronica, non puoi…
- Invece posso. Ho deciso di rimanere a Neptune e di dimostrare che non sei un assassino ed è quello che ho intenzione di fare.
- Ti licenzio. – dice.
- Non mi sembra che mi stessi pagando e, anche se non vuoi più aiutarmi, non importa, continuerei ad indagare da sola.
- Tuo padre vorrebbe che smettessi.
Ha usato la sua ultima arma. Sa che mio padre è il mio punto debole, che non farei mai niente per farlo soffrire. E so anche che lui non vorrebbe mai vedermi in pericolo di vita. Ma so anche che lui non ha mai smesso di indagare sull’omicidio di Lilly, proprio come me, perché era importante scoprire la verità.
La verità. Mio padre mi sosterrebbe alla fine, come ha sempre fatto, come sempre farà. E rispetterà le mie decisioni.
- Non importa. Ho intenzione di arrivare in fondo a questa faccenda.
Faccio una pausa.
- Però voglio che mi prometti una cosa. – dico.
- Di che si tratta?
- Non devi dire niente a mio padre di quello che è successo.
Logan storce la bocca, non sembra molto d’accordo.
- Ok, ma in cambio, voglio che tu prometta qualcosa a me.
- Sentiamo.
Adesso stiamo contrattando.
- Vieni a stare a casa mia fino a quando tuo padre non sarà tornato. Non andare in giro da sola. E soprattutto stai attenta.
- Queste sono tre cose. – ribatto.
Lui mi fa un cenno, come per dire che, se voglio che lui non dica niente a mio padre dell’incidente, devo esaudire tutte e tre le sue richieste.
- D’accordo. – acconsento alla fine.
 
 
La camera degli ospiti a casa di Dick e Logan sembra una camera d’albergo, tanto è ampia. Il letto è comodo e confortevole e le lenzuola profumate, ma mi agito, non riuscendo ad addormentarmi.
Continuo a ripensare a quello che è successo. Il dolore alla testa non è più persistente come lo era prima, anche a causa degli antidolorifici che ho ingerito. Tuttavia, invece che farmi venire sonno, sembra che queste pastiglie abbiano la capacità di agitarmi ancora di più. Sono tesa come una corda di violino, neanche un muscolo del mio corpo è davvero rilassato. Potrei scattare come una molla al minimo rumore sospetto, ma la casa è silenziosa e tranquilla e una lieve brezza entra dalla finestra socchiusa, agitando lievemente le tende bianche. Dick, per fortuna, non è qui, visto che aveva una serata al Club e Logan mi ha lasciata in pace, quando, dopo cena, ho balbettato qualche scusa sull’essere distrutta e sull’aver voglia di dormire, per allontanarmi dal suo sguardo indagatore e preoccupato.
Ricordo chiaramente quello che stavo pensando nel momento in cui l’automobile ha colpito la mia. L’altra persona coinvolta nel caso, al di fuori di Logan, Lara e il vero assassino, sono io. Certo, quello che è successo sembra ancora più confermare la mia teoria. Il mio coinvolgimento è diventato fin troppo profondo. Tuttavia c’è qualcosa che non torna. Quando l’omicidio di Lara è stato commesso, io non vivevo a Neptune da cinque anni, non parlavo e non vedevo Logan da altrettanto tempo e non avevo la minima intenzione di fare ritorno qui o di incontrare qualcuno della mia vecchia vita con cui non ero in contatto da anni. Non torna. Certo, potrebbe essere che l’incidente sia stato causato soltanto per il fatto che sto aiutando Logan a scagionarsi e che, per qualche motivo, mi stia avvicinando troppo alla verità. Forse l’assassino ha saputo dei miei interrogatori alle persone presenti quella notte, del mio viaggio a New York da Ann Carley, della mia visita alla madre di Lara Crane, oppure l’assassino potrebbe proprio essere una di queste persone, contrariamente a quanto ho pensato fino ad ora. “Veronica, stai ficcando il naso dove non dovresti e queste potrebbero essere le conseguenze”, forse è questo il messaggio che l’assassino di Lara Crane mi sta mandando, non sarebbe la prima, né sarà l’ultima volta che qualcuno lo fa. Questa è una teoria molto probabile. Tuttavia c’è questa sensazione sgradevole, che mi sento alla base del collo, sulla nuca tesa per la tensione, che non riesce ad abbandonarmi. Possibile che qualcuno sapesse che mi sarei precipitata in aiuto di Logan in questo modo? Possibile che tutto questo riguardi anche me? Forse sono troppo egocentrica in questo, ma in questo momento è mio diritto esserlo, d’altra parte ho appena rischiato di morire.
Dei passi leggeri, come di qualcuno che non vuole farsi sentire, davanti alla mia camera, mi fanno sobbalzare. La stanza di Logan si trova dall’altra parte della casa, quindi non avrebbe senso che lui passasse di qui, però non ho neanche modo di chiedere il suo aiuto. È troppo presto perché Dick sia tornato, inoltre non credo che si farebbe tutti questi scrupoli per non disturbarmi. Che l’assassino sia venuto a terminare quello che ha iniziato oggi? Ma come ha fatto ad entrare? Ho visto chiaramente Logan istallare l’allarme, quando siamo entrati in casa. Mi devo ricordare, però, che l’assassino è riuscito già una volta a entrare nella proprietà di Logan per rubare la sua auto e poi rimetterla a posto, quindi potrebbe non avere grandi problemi a fare lo stesso con l’allarme. La persona fuori dalla stanza esita qualche secondo, poi apre la porta, piano, lentamente, per evitare di svegliarmi. Quello che non sa è che io sono perfettamente sveglia, i muscoli tesi, pronta ad attaccare. Il taser è sul comodino, dove l’ho lasciato prima di mettermi a letto, per sentirmi più sicura. La sorpresa è l’unica arma dalla mia parte.
 
 
Veronica è salita in camera sua da circa un’ora. Ormai probabilmente starà dormendo, dopo la giornataccia che ha passato.
Non riesco a scacciare un terribile peso a livello dello stomaco. Ho davvero fatto bene ad accettare che proseguisse nelle indagini sull’assassino di Lara? In realtà non credo di aver avuto molta voce in capitolo, come sempre, nelle cose che riguardano Veronica. È così cocciuta, che non c’è mai verso di farle fare quello che voglio, anche se è per il suo bene. Non ci sono mai riuscito. Ma, in fondo, lo so che è per questo che mi sono innamorato di lei: la sua determinazione, la sua forza, il suo coraggio, che però hanno sempre celato una sorta di dolcezza e di vulnerabilità, che lei raramente mostra. Sono stato davvero fortunato ad aver visto questo lato di lei, almeno qualche volta.
Ripenso a quando ho ricevuto la telefonata dall’ospedale e mi hanno detto che una certa Veronica Mars aveva avuto un incidente e che chiedeva di me, per un attimo è stato come se tutta l’aria mi fosse stata aspirata fuori dai polmoni e qualcuno mi avesse tirato un forte pugno nello stomaco, sensazione che non è del tutto scomparsa neanche adesso. Soltanto quando sono entrato nella camera d’ospedale e ho visto che era sveglia e stava bene, sono riuscito a respirare di nuovo con regolarità. Se poi penso che tutto questo è successo per colpa mia, la mia ansia non fa che aumentare. Perché non faccio altro che mettere in pericolo le persone che amo da tutta la vita? Prima Lilly, poi Veronica. So che non sono mai stato direttamente io a fare loro del male, almeno non fisicamente, però non posso fare a meno di pensare che, almeno in parte, sia lo stare vicino a me a causare tutto il dolore che i miei due amori hanno provato, a causare la morte di una delle due e la quasi morte dell’altra, innumerevoli volte.
In fondo, per quanto il pensiero mi deprima, sarebbe stato meglio che non avessi rincontrato Veronica, magari sarebbe ancora a San Diego, sana e salva, magari con il ragazzo perbene che si merita, magari con Piz, invece che con il suo ex-ragazzo incasinato, accusato così tante volte di omicidio da averne perso il conto. Ci dovrà pur essere un motivo se tutti mi accusano di omicidio, ci dovrà pur essere qualcosa che non va in me.
Eppure Veronica è qui, al piano di sopra, che dorme nella camera degli ospiti della mia camera. Questo mi fa star bene e male contemporaneamente e in più modi diversi. Sono contento che sia disposta a rischiare tanto per me, perché questo significa che, almeno un po’, tiene ancora a me, ma allo stesso tempo non voglio che le facciano del male. Non desidero altro che stare vicino a lei il più possibile, inutile cercare di negarlo ulteriormente, eppure vorrei che fosse il più lontano possibile, a San Diego, o dall’altra parte dell’America, o dall’altra parte del mondo, perché quello stronzo che ha ucciso Lara potesse tenere le mani lontane da lei. Anche se questo significherebbe non vederla mai più.
In questi cinque anni ho sempre pensato di poterla in qualche modo lasciare da parte. Non dimenticare, quello sarebbe stato letteralmente impossibile, ma almeno riuscire in qualche modo ad andare avanti. Ne sono stato davvero convinto. Ma adesso a che cosa serve negare l’evidenza? Ho passato cinque anni ad aspettarla, ad aspettare un segno da parte sua, un messaggio, una chiamata, qualcosa che indicasse che non si era completamente dimenticata di me. Ho passato cinque anni in attesa di questo momento. Di Veronica vicina a me, come lo era un tempo.
Prima di riuscire a pensare lucidamente a quello che sto facendo, mi alzo e salgo le scale. Ma, invece di andare verso la mia camera, svolto verso quella degli ospiti. Ho il bisogno impellente di vederla, di capire se sta bene, di guardarla dormire. Dopo aver rischiato di perderla e dopo aver capito di averla aspettata per tutto questo tempo, non posso semplicemente andare a letto, così. Voglio solo controllare che tutto vada bene.
Cammino a passo leggero fino alla porta, per non svegliarla. Esito qualche secondo prima di aprire, potrebbe essere sveglia e pensare che voglia aggredirla. Ma sicuramente starà dormendo, dopo l’incidente e dopo tutti quegli antidolorifici.
Apro piano la porta ed entro nella stanza, la finestra è lievemente aperta, le tende bianche ondeggiano, per la lieve brezza salmastra che proviene dall’Oceano. Veronica è immobile, ma è girata verso il comodino e non riesco a vederle il viso. Mi avvicino lentamente, per vederla in volto.
Prima che riesca a realizzare cosa sta succedendo, il suo braccio scatta verso il comodino, ad afferrare un oggetto scuro, scatta in piedi e me lo punta contro. Riesco a scartare velocemente di lato, evitando la scarica elettrica del taser di Veronica.
- Sono Logan! – riesco a dire, prima che lei torni all’attacco.
Veronica si immobilizza, abbassa lentamente il braccio con l’arma. Allungo una mano nella sua direzione e le tocco un braccio. È teso come una corda di violino, i muscoli completamente contratti. Mi accorgo che sta tremando. Allora mi avvicino ancora un po’ e lei crolla.
Tutto quello che riesco a sentire sono dei singhiozzi soffocati contro la mia camicia, che comincia lentamente a bagnarsi, mentre continuo a sussurrare che mi dispiace, che non dovevo piombare in camera sua in questo modo, e la stringo fra le braccia, dopo così tanto, e sono così felice che si stia aggrappando a me in questo modo, e così triste che sia successo di nuovo tutto per causa mia.
Dopo quelli che potrebbero essere secondi, minuti o ore, Veronica si stacca da me, tirando su col naso.
- Mi dispiace di averti fatto paura. – ripeto, come un idiota, poi mi volto per uscire dalla stanza.
- Logan…
La guardo, stringe il polsino della manica del suo pigiama, mi accorgo che è un vecchio pigiama largo, per niente sexy, ma la fa sembrare così piccola, ancora più piccola di come sia in realtà. Ed è così carina.
- Sì? – le chiedo.
- Potresti rimanere con me?
 
 
Sono sdraiato sul letto della camera degli ospiti di casa mia, con la mia ex ragazza di cui forse sono ancora innamorato e che forse non ho mai smesso di amare in cinque anni, mentre lei continua a tremare. Non è esattamente una situazione ideale, eppure mi sento così felice.
Veronica rimane rannicchiata dal suo lato del letto, ma mi ha permesso di entrare sotto le coperte insieme a lei, quindi riesco a percepire il calore del suo corpo, come lei probabilmente percepisce il mio. Chissà se la mia presenza la fa sentire come io mi sto sentendo in questo momento. Probabilmente non le fa nessun effetto e mi ha chiesto di rimanere solo perché ha paura che qualcuno tenti di ucciderla, forse per lei in questo momento una persona vale l’altra.
Finalmente il suo respiro si fa regolare e smette di tremare, evidentemente è riuscita ad addormentarsi. Io, al contrario, rimango immobile a fissare il soffitto della stanza. Sono fermo al mio posto, anche se ogni cellula del mio corpo mi sta gridando di avvicinarmi a Veronica, ma non lo farò, non sarebbe giusto e probabilmente lei non lo vorrebbe.
La brezza della sera si è un po’ calmata e le tende non sono più in movimento adesso, ma l’aria è comunque fresca e nella stanza si sta bene.
Dopo un po’ di tempo lei si muove e mi si avvicina. Mi irrigidisco, ma poi mi rendo conto che è ancora addormentata. Allungo lentamente un braccio nella sua direzione e le sfioro una guancia, in ansia perché potrebbe svegliarsi, urlarmi contro e poi cacciarmi, ma lei continua a dormire e anzi avvicina il naso al mio collo, inspirando leggermente. Avvicino il viso ai suoi capelli e respiro il suo profumo, miele, limone e poi marshmallow e speranza. Il suo solito profumo.
Un sorriso spontaneo mi compare sulle labbra. Era così tanto che non le stavo vicino che il bisogno fisico di toccarla di più si fa sempre più intenso, quasi viscerale. Ma mi trattengo, non so come, ma riesco a rimanere immobile, senza sfiorarla, il suo viso a pochi centimetri dal mio collo e il mio a pochi centimetri dai suoi capelli.
Chiudo gli occhi, continuando ad aspirare ed espirare lentamente il suo profumo, avvolto nel suo calore, senza poterla toccare. La sento muoversi di nuovo e penso che si stia muovendo nel sonno. Non voglio che si allontani, ma non posso fare nulla per trattenerla. Mi limito a tenere le palpebre serrate. Stranamente però non sento il suo calore allontanarsi e allora apro piano gli occhi. Veronica è sveglia e mi guarda. Sussulta leggermente, quando vede che non sto dormendo.
- Scusa…
- Scusa.
Sussurriamo nello stesso momento. Lei si scosta dal mio cuscino, per appoggiarsi al suo.
Il silenzio si protrae per diversi minuti. Lei fissa il soffitto, mentre io continuo a guardare verso la finestra, la tenda bianca ormai immobile.
- Ti ricordi quando ti dissi che volevo arrivare con te ad un punto in cui potessimo essere davvero intimi? – chiede.
Fa una pausa. Certo che me lo ricordo, eravamo al primo anno alla Hearst, avevo lasciato Veronica e lei era tornata da me. E poi era di nuovo successo il disastro. Per colpa mia, ovviamente. Madison, uno degli errori della mia esistenza. Uno dei tanti, ma sicuramente uno dei più stupidi.
- Certo, ti risposi che era quello che dice la mantide religiosa al maschio prima di staccargli la testa.
Veronica abbozza un sorriso.
- Forse quei giorni sono stati gli ultimi in cui siamo stati bene. – commenta.
Non dico niente. Non lo so.
- Forse no. Non sono mai riuscita del tutto a fidarmi di te.
- Lo so. – mi affretto a dire, - ma per me lo eri davvero.
Mi lancia un’occhiata interrogativa.
- Una mantide religiosa, intendo.
- Eh?
Le parole fluiscono prima che io abbia il tempo di fermarle.
- Ho sempre avuto paura di te, in fondo.
- Paura di me?
- Già. Non ho mai incontrato qualcun altro come te, in realtà. L’unica che abbia provato il mio stesso dolore, ma di questo dolore ne hai fatto la tua forza. Niente ti ha mai fermato in vita tua. Anche adesso… rischi la vita per una persona come me, che ti ha deluso così tante volte, solo in nome della verità. Ti ammiro, ma mi fai anche un po’ paura.
- Anche adesso?
- Anche adesso. – ammetto.
Veronica si volta verso di me e mi guarda negli occhi.
- Ti rivelo un segreto. – dice.
Alzo un sopracciglio.
- Quando mai mi riveli qualcosa?
Lei mi tira un leggero pugno su un braccio, ma poi torna seria.
- Sto morendo di paura. Tante volte ho avuto così tanta paura da essere sul punto di rinunciare, ma non è nella mia natura, lo sai. Mi mostro sempre forte, ma in fondo ho paura anche io, come tutti.
- Hai paura? – la mia voce suona stupita.
- Già.
Veronica si avvicina un altro po’.
- Non riesco a dormire. – dice dopo un po’.
Io non commento, limitandomi a rimanere immobile.
- Ti va di abbracciarmi? -  chiede poi.
Spalanco leggermente gli occhi, stupefatto. So quanto questa ammissione e, ancora più, questa richiesta le stiano costando.
Vedendo che non reagisco, abbassa gli occhi.
- Scusa. – dice, voltandosi dall’altra parte.
- No. – la fermo, - mi va.
Mi avvicino e, esitando leggermente, le passo un braccio attorno ai fianchi. Sono rigido e lo è anche lei.
- In fondo siamo amici no? – dice.
- Già. – rispondo.
A quel punto lei si rilassa e lentamente lo faccio anche io. Solo quando il suo respiro si fa regolare per il sonno, mi accorgo che stavo trattenendo il mio. Espiro piano e poi inspiro, mentre il suo profumo di speranza invade di nuovo le mie narici.
Siamo davvero amici? È davvero quello che lei vuole? È davvero quello che io voglio? Potremmo mai essere davvero amici?
 
 
Sorseggio lentamente il bicchiere di spremuta di arancio e osservo il pane bruciacchiato disposto in un piatto davanti a me. Sorrido per l’impegno che Logan sembra aver messo nel preparare questa roba. Ha detto che ha preferito non far venire la persona che gli prepara i pasti perché pensava che non avrei voluto che qualcuno sapesse della mia presenza, per questo ha cercato di cimentarsi nella preparazione della colazione, cosa che non sembra essergli riuscita molto bene, ma io sono contenta così. Stamattina mi sento proprio allegra.
- Questa roba fa schifo, amico.
Qualcun altro non sembra molto contento del risultato. Dick osserva contrariato i toast. Ha delle occhiaie profonde sotto gli occhi, come se avesse dormito ben poco, ma non sembra preoccuparsene, come, in effetti, non sembra mai preoccuparsi troppo di niente. Non l’ho sentito rientrare, ma probabilmente stavo dormendo profondamente. Non ricordo di essermi mai svegliata più rilassata di stamattina. Cerco di scacciare il pensiero secondo cui il motivo di questo sia stato dormire con Logan. Probabilmente è stato così solo perché ero stanchissima, certo, solo per questo ho dormito così bene e profondamente.
Mi accorgo che Logan mi sta fissando, mentre Dick continua a borbottare il suo disappunto sulla colazione, alzo gli occhi dal piatto e incontro i suoi occhi nocciola. Lui mi sorride, molto gentilmente. Sento una fitta a livello dello stomaco, ma probabilmente è solo fame. Codardamente distolgo lo sguardo e mi fiondo sul toast bruciacchiato, iniziando a divorarlo. Non posso essere davvero arrossita. Andiamo, sono Veronica Mars l’imperturbabile.
Solo dopo diversi morsi mi rendo conto che Dick ha smesso di lamentarsi. Sta passando lo sguardo da me a Logan in alternanza, con uno strano sorrisetto sulle labbra.
- Ehi amico, quindi hai fatto centro di nuovo, eh? – dice in direzione di Logan.
Il solito idiota.
- Dick, sta’ zitto. – lo ammonisce Logan.
Dick scoppia a ridere, del tutto indifferente alla velata minaccia di Logan.
- Non posso credere che non riusciate a starvi lontani più di dieci minuti. – farfuglia, mentre ride come uno scemo.
- Dick… - lo ammonisce di nuovo Logan.
- Devo ammettere che ci avete messo anche più del previsto!
- Sei un idiota. – balbetto.
Ma la mia offesa sembra fargli ancora meno paura delle minacce di Logan e continua a ridere.
In quel momento mi suona il cellulare, distogliendomi dall’imbarazzo. Mi alzo, mi scuso, lancio un’occhiataccia a Dick, che ormai sembra essere vicino alle lacrime, ed esco dalla stanza.
Nel corridoio rispondo.
- Pronto?
- L’ho trovato, Veronica.
Riconosco all’istante la voce di mio padre.
- L’ho trovato e l’ho convinto a collaborare, dicendogli che abbiamo il video della confessione di Aaron e che siamo vicini a trovare altre prove. Gli ho detto che una sua eventuale collaborazione avrebbe portato ad una riduzione della pena, che invece sarebbe stata grave quando fossimo arrivati ad avere prove concrete della sua colpevolezza.
- Ma non abbiamo nessuna di queste prove. – protesto.
- Beh, lui però non lo sa.
Sorrido del tono innocente con cui mio padre dice questa cosa.
- Torno a casa domani.
- Okay.
- Lì va tutto bene?
Ripenso all’incidente e poi a ieri notte. Alle braccia di Logan intorno alla mia vita, a come mi sono sentita bene. E mi ritrovo di nuovo a sorridere. Nessuna di queste cose farebbe molto piacere a mio padre.
- A meraviglia. – rispondo.
- Allora ti lascio il compito di avvertire Duncan della bella notizia.
Riattacco dopo aver salutato mio padre e chiamo Duncan, ma scatta subito la segreteria telefonica. Gli lascio un messaggio, dicendogli di richiamarmi al più presto, e poi mi dirigo verso la cucina, dove Dick sta ancora ridendo a crepapelle e Logan lo sta offendendo, anche se riconosco un certo divertimento nelle sue minacce. Dopotutto penso che dovrei proprio pensarci, a come mi sono sentita bene fra le braccia del mio incasinato ex-fidanzato, è infantile scacciare il pensiero in questa maniera. Eppure non sono sicura che mi piacerebbe quello che potrei realizzare. In fondo è più facile non pensarci e godersi questa giornata perfetta. Sorrido, prima di rientrare nella stanza. Forse tutto può andare per il verso giusto.
 
 
Veronica ed io trascorriamo la giornata a rianalizzare il caso. Ripartiamo da capo e ripercorriamo tutto quello che è successo quella sera. Veronica sembra di nuovo completamente in sé, anzi, sembra addirittura più sicura di sé del solito. L’imbarazzo della colazione è scomparso e, nonostante Dick continui a inserirsi nella conversazione punzecchiandoci a turno, lei gli risponde a tono e lo becchetta come fa sempre.
Ripercorriamo le dinamiche del mio litigio con Lara, poi il mio ritorno a casa da ubriaco, infine il momento dell’omicidio, così come è ripreso nel video. Ci concentriamo poi su quello che hanno detto gli agenti di sicurezza del Club 09, come è entrata Lara nel locale, le persone con cui ha parlato. La testimonianza di Sean e quella di Casey. Veronica è convinta che siano sinceri e, se è convinta lei, io non posso certo dubitarne. Infine parliamo di Ann Carley. Veronica si adombra leggermente quando mi racconta da capo e nei minimi dettagli quello che Ann le ha detto, ma non se ne esce fuori con frasi assurde come l’altra volta e forse mi sono solo immaginato il suo adombramento. Infine mi racconta, per la prima volta, quello che ha scoperto a casa della madre, prima dell’incidente. Dell’uomo con cui Lara ha parlato. Potrebbe non essere affatto qualcuno connesso al suo omicidio, ma Veronica sembra certa del contrario e qualcosa mi fa pensare che non abbia torto.
- Bene, adesso cosa facciamo? – le chiedo alla fine.
- Che ne dici di bere qualcosa? – propone, con un sorriso.
Sorrido di rimando e mi alzo per andare in cucina.
- No, non disturbarti, vado io. Stamattina hai preparato la colazione. – dice, alzandosi a sua volta.
Accetto e mi risiedo, mentre lei va in cucina. Urlando, mi chiede indicazioni su dove si trovino le varie cose, ma, francamente, non è che ne sappia molto più di lei, quindi, con una risata divertita, mi dice che sono inutile e continua da sola.
Ad un tratto il telefono di Veronica inizia a vibrare. Mi alzo e lo prendo in mano, pronto a portarglielo in cucina perché risponda. Ma poi lo sguardo mi cade sul nome sul display. E mi gelo. Il nome sul telefono di Veronica è “Duncan Kane”.
Per qualche momento rimango immobile a fissare il telefono. Veronica e Duncan sono ancora in contatto? Lo sono stati per tutto questo tempo, probabilmente. E lei non mi ha mai detto, neanche una singola volta, che il mio migliore amico stava bene. Non ho avuto modo di salutarlo, di dirgli addio, di aiutarlo. Non mi hanno permesso di far parte del loro piano sei anni fa. Mi hanno tenuto all’oscuro di tutto prima e lo sanno facendo anche adesso. Duncan è stato il mio migliore amico e Veronica la mia ragazza, eppure non sono mai davvero riuscito a essere con loro. Fra loro, mi ritrovo colpevolmente a pensare. Veronica si è messa con me la prima volta perché Duncan l’aveva lasciata, pensando che fossero fratelli, poi lei ha lasciato me ed è tornata con lui. La seconda volta si è rimessa con me perché Duncan era da qualche parte nel mondo con la figlia di un’altra. E adesso… ma cosa pensavo esattamente? Cosa ho pensato ieri notte? Cosa ho pensato per tutta la giornata? Veronica non mi ha neanche detto di aver parlato con Duncan, non mi ha neanche detto che stava bene.
Appoggio il telefono a testa in giù sul tavolo e mi siedo. Quando Veronica torna, è sorridente e sembra ancora felice, ma adesso so che probabilmente il motivo non era quello che pensavo io. Appoggia i bicchieri sul tavolo e si siede. Poi alza il telefono e vede la chiamata. Mi lancia un’occhiata ed io sono lì, come un idiota, a sperare che adesso me lo dica, che mi dica qualcosa. Ma lei sembra soltanto concludere che non ho visto niente, visto che il telefono era girato.
- Mi dispiace, Logan, devo andare.
Annuisco e spero che lo faccia il prima possibile. Non riesco neanche a guardarla negli occhi.
Lei esce in fretta dal soggiorno, sale di sopra a recuperare le sue cose e poi si chiude la porta dell’ingresso alle spalle, dopo aver salutato me e Dick. E io rimango lì, come uno stupido, mentre la mia speranza precipita sempre più in profondità.



Ciao a tutti e scusate per l'ennesimo ritardo.
Ringrazio come al solito L Ignis_46
   
 
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