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Autore: Ghost Writer TNCS    02/06/2018    3 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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3. Strumento del Clero

Il carro procedeva spedito in mezzo alla città, sobbalzando di tanto in tanto a causa delle irregolarità della strada. A trainarlo erano due ippolafi[5] dal manto bruno, animali simili a robusti cervi senza corna. Altri uomini con le medesime cavalcature accompagnavano il mezzo: due in testa al gruppo e altri due al seguito.

Tenko viaggiava nel carro, incatenata e sorvegliata da due guardie. Non era lì per essere giustiziata, al contrario: indossava anche lei i robusti abiti dei militari, e presto sarebbe stata costretta a combattere in nome degli dei. La sola idea le faceva venire il voltastomaco. Ma meglio il voltastomaco dell’atroce dolore inflitto dal veleno.

Quando era ancora in cella, aveva atteso deliberatamente che la tossina cominciasse a fare effetto, così da valutarne gli effetti. Era stato devastante: ogni fibra del suo corpo aveva cominciato a urlare di dolore, al punto che non era stata più in grado di muoversi. Aveva perfino temuto di non riuscire a chiamare aiuto. Per fortuna il carceriere era arrivato quasi subito e le aveva fatto bere l’antidoto. Ma il sollievo sarebbe durato solo un giorno: doveva pianificare bene la sua fuga.

D’un tratto il carro si fermò. Tenko provò a guardare all’esterno, ma dalle piccole feritoie per la luce riusciva a scorgere solo tracce di edifici. Non aveva idea di dove fossero.

Qualcuno aprì la porta dall’esterno, la liberarono dalle catene e la fecero scendere.

Ad accoglierla trovò il comandante del gruppo, un muscoloso faunomorfo con due orecchie feline, un felidiano[6] dunque. Aveva la pelle ambrata e gli occhi risoluti, in cui si vedeva la fierezza di un leone. «Allora, eretica, sei pronta a espiare i tuoi peccati?»

La demone avrebbe voluto sputargli in faccia, ma si sforzò di trattenersi. «Sì, capitano.»

Fin dal primo momento quel tipo non le era piaciuto. Del resto era un uomo del Clero. Poi però aveva capito quanto facesse bene a disprezzarlo.

Ancora in cella, Tenko finì di indossare l’uniforme da guardia, operazione svolta interamente sotto lo sguardo fin troppo attento di due militari. Una volta pronta, gli uomini sbloccarono la serratura e, senza proferire parola, la scortarono fuori dalle segrete.

Rivedere il cielo fu una piccola conquista per la demone, ma durò poco: ad attenderla nel cortile della canonica c’erano altre quattro guardie.

Il Clero era di fatto la principale autorità giudiziaria, quindi non era strano che le prigioni si trovassero nei sotterranei della loro dimora. Oltretutto la casa degli ecclesiastici era costruita in mattoni e poteva vantare diverse guardie armate, quindi era uno dei luoghi più sicuri in cui rinchiudere i fuorilegge.

Uno dei militari le andò incontro. «Sono il capitano Leonidas Cardea. Tu devi essere l’eretica. Sei pronta a espiare i tuoi peccati?»

Lei lo fissò senza proferire parola.

Il felidiano non si scompose. Prese la sua bacchetta e lanciò un incantesimo. Tenko venne investita in pieno dalla scarica elettrica, lanciò un grido acuto e cadde a terra, scossa da spasmi, incapace anche solo di pensare.

Il capitano si chinò su di lei. «Eretica, sei pronta a espiare i tuoi peccati?» ripeté, impassibile.

Di nuovo lei lo guardò in cagnesco, decisa a non cedere. E di nuovo lui la colpì con una scarica elettrica.

Così come gli ecclesiastici, quasi tutte le guardie facevano voto a un dio o a una dea in particolare, ricevendo in cambio determinati poteri. Più il rango era alto, maggiore era la benedizione della divinità.

Per i non maghi poteva essere difficile convogliare al meglio i poteri ricevuti dagli dei, infatti proprio per loro erano state create le bacchette.

«Se preferisci morire, ti faccio riportare in cella» le disse Leonidas, inflessibile.

«No.»

Un’altra scarica la fece urlare di dolore.

«È “no, capitano” oppure “sì, capitano”. Hai capito, eretica?»

Tenko si sforzò di ricacciare indietro le lacrime, «Sì, capitano.»

«Visto? Non è stato difficile.» Il felidiano si alzò e si rivolse alle guardie: «Mettetela sul carro e incatenatela. Abbiamo perso fin troppo tempo.»

«Il tuo compito è entrare in quell’edificio e sbloccare la porta» le spiegò il capitano. «Abbiamo stimato una dozzina di persone all’interno: puoi uccidere chiunque provi a fermarti.»

Tenko valutò rapidamente il palazzo in questione. Era di due piani, costruito in solidi mattoni. Le finestre erano abbastanza grandi da permettere il passaggio di una persona, tuttavia gli uomini sotto assedio avevano provveduto a sbarrarle con delle assi di legno. Dai sottili pertugi rimasti partivano di tanto in tanto delle frecce, segno che i fuorilegge erano decisi a resistere fino alla morte. Il portone riportava delle vistose bruciature, ma ancora le guardie non erano riuscite a fare irruzione.

«Sono un’eretica, non un fantasma» brontolò la demone. «Come dovrei fare a entrare?»

«Sfonderemo una finestra, a quel punto Tharasios ti aiuterà ad arrivarci.»

Tenko squadrò nuovamente l’edificio. «Sembra tanto un suicidio.»

«Sei qui per espiare i tuoi peccati, non per premio. Se gli dei lo vorranno, sopravvivrai.»

“Si fottano i tuoi dei” pensò Tenko, ma per sua fortuna ebbe l’accortezza di non dirlo ad alta voce.

«La spada» le disse una guardia porgendole l’arma standard dei militari. Era molto simile a un gladio, tranne per la guardia più pronunciata.

Lei la prese. «La mia frusta?»

«Fatti bastare la spada» tagliò corto Leonidas. «In posizione» ordinò a tutti i presenti.

Subito un’imponente guardia si piazzò sotto una finestra, si piegò leggermente in avanti e incrociò le dita, pronta a fare da trampolino. Nel frattempo un’altra guardia si preparò a scagliare un incantesimo: aprì le mani e, senza bisogno di una bacchetta, evocò una palla di fuoco.

«Pronta?»

Tenko cercò di rilassare le spalle. Le ferite sulla schiena le causavano ancora un leggero fastidio, ma sarebbe riuscita a combattere. Se non altro i guaritori avevano saputo fare il loro dovere.

Girò la spada per avere la lama verso l’esterno e annuì in direzione del capitano.

«Fuoco!»

Il mago scagliò il globo fiammeggiante, che colpì con assoluta precisione. Un gorgo scarlatto bruciò le assi di legno e dall’interno partirono delle urla di dolore.

Tenko non perse tempo e corse verso l’imponente guardia. Mise un piede sulle mani dell’omone e questi la scagliò verso l’alto. La mancanza delle ali minò leggermente il suo equilibrio, ma riuscì ugualmente a tuffarsi nella finestra.

 L’interno era avvolto nella penombra, ma riuscì a individuare quasi subito i nemici. Ruotò la spada e infilzò il primo, agonizzante a terra con il viso pieno di ustioni, a quel punto altri tre la aggredirono. Schivò, parò e scattò di lato per cercare una posizione favorevole.

Colpì un uomo al volto, si abbassò fulminea ed eseguì un perfetto affondo contro il suo aggressore. Usò il cadavere come scudo, dopodiché con un calcio lo gettò contro un nemico.

Adesso era circondata da sei uomini armati e furiosi. Le mancavano la frusta e la bacchetta, ma poteva farcela.

I sei l’aggredirono all’unisono, menando fendenti potenti ma imprecisi. Lei riuscì a pararne un paio, ne schivò altrettanti, i restanti due vennero attutiti dai robusti abiti da guardia. Suo malgrado, dovette ringraziare quell’uniforme simbolo del potere ecclesiastico.

In un attimo contrattaccò, veloce come non mai. Colpi rapidi e precisi, volti a ferire più che a uccidere. Riuscì a disarmare tre nemici, tagliò la gola al quarto e ferì gli altri due. Doveva finirli, ma altri quattro uomini arrivarono dal piano di sotto.

Individuò un arco e con un balzo lo raggiunse. Scoccò una freccia e il primo nemico cadde a terra urlando. Ne scoccò un’altra, ma questa volta senza fortuna.

Scagliò l’arco contro gli aggressori per guadagnare qualche istante e riprese la spada.

Provò qualche fendente, ma i suoi nuovi avversari potevano vantare delle robuste protezioni. Indietreggiò, cercando di elaborare una strategia.

Gli uomini rimasti non partirono all’attacco, al contrario sembravano voler temporeggiare: la stavano studiando prima di fare la loro mossa, e nel frattempo gli altri si stavano rialzando.

Se avesse avuto la frusta e la bacchetta probabilmente sarebbe riuscita a eliminarli, ma in quella situazione era in netto svantaggio.

Senza pensarci due volte corse verso la finestra sfondata e saltò sul parapetto. Si aggrappò con una mano e poi si lasciò cadere, attutendo la caduta con una precisa capriola.

«Spara!» gridò al mago. «Spara, cazzo!»

La guardia cercò conferma negli occhi del capitano, che subito annuì. Ricevuto il consenso, caricò una veloce palla di fuoco e la scagliò contro l’apertura.

Gli uomini nell’edificio fecero l’errore di affacciarsi per cercare la loro avversaria, ma tutto ciò che videro fu un globo fiammeggiante. L’incantesimo li centrò in pieno, scaraventandoli a terra e bruciandoli insieme alle loro protezioni di cuoio rinforzato.

Tenko rinfoderò la spada con un gesto plateale. «Prego, non ringraziatemi.»

«Ti ringrazieremo quando avrai aperto a porta» ribatté Leonidas, impassibile.

La demone accennò una smorfia ringhiante, ma lui la zittì: «Non mettere alla prova la mia pazienza, eretica.»

Lei ingoiò amaro. Quell’uomo sapeva far valere la sua autorità.

Di malavoglia, corse di nuovo verso l’omone e questi la fece arrivare alla finestra. Una volta all’interno, controllò che gli uomini ancora in vita fossero effettivamente inoffensivi, dopodiché scese al piano inferiore.

Le dispiaceva di aver dovuto eliminare dei nemici del Clero, ma non aveva avuto scelta. In ogni caso non avrebbe dimenticato quel giorno: il priore avrebbe pagato anche per quelle vite.

Aiutandosi con la spada, smantellò la barricata eretta davanti all’entrata, a quel punto aprì l’ingresso. Le guardie entrarono senza nemmeno guardarla in faccia, il capitano invece si fermò di fronte a lei.

«Ottimo lavoro» le disse in tono formale ma sincero. «Gli dei apprezzeranno il tuo impegno per redimerti.»

 Quelle parole, pronunciate in modo così convinto, la lasciarono interdetta. Lei disprezzava gli dei, allo stesso tempo però capì che il felidiano voleva in qualche modo incoraggiarla. Se non fosse stato un servo del Clero, avrebbe quasi potuto trovarlo interessante.

Fece un mugugno di assenso e restituì la spada.

Il capitano prese l’arma, quindi fece un cenno a due guardie. Gli uomini affiancarono la demone e in silenzio la ricondussero al carro.

Leonidas entrò nell’edificio per ispezionarlo insieme ai suoi subordinati, Tenko però non ne approfittò per cercare di fuggire. Mettere fuori gioco i due militari non era un ostacolo insormontabile, tuttavia restava il problema del veleno. Finché non capiva come neutralizzarlo, non poteva scappare.

A questo proposito, forse il capitano poteva rivelarsi un alleato prezioso. Se riusciva a convincerlo che si era pentita dei suoi crimini, magari lui avrebbe convinto il priore a liberarla.

Non voleva farsi illusioni, in ogni caso era fondamentale tenere aperta ogni possibilità: anche la più piccola occasione poteva rivelarsi decisiva.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

In questo terzo capitolo Tenko ha dovuto mettere da parte la sua vendetta per riuscire a sopravvivere. Anche senza la sua frusta è riuscita a tenere testa ai nemici, e alla fine il comandante Leonidas ha riconosciuto il suo buon lavoro: forse la sua situazione è destinata a migliorare?

Non voglio spoilerare nulla, quindi vi saluto e vi do appuntamento per il prossimo capitolo, che uscirà come sempre tra due settimane.

A presto! ^.^


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[5] Specie originale di Project Crossover. Il nome deriva dalle parole greche ippos (cavallo) ed elafos (cervo).

[6] Sottospecie originale di Project Crossover, appartenente alla specie dei faunomorfi (da “fauna”, ossia l’insieme delle specie animali). Il termine deriva dalla famiglia dei Felidae, che nella classificazione scientifica raggruppa i felini.
Per maggiori informazioni: tncs.altervista.org/bestiario.

   
 
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