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Autore: time_wings    12/06/2018    1 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IDEE SESSISTE E STUPIDE
 
“Devo davvero mettere la camicia?” Domandò Percy, cercando di intenerire sua madre con i suoi tipici occhi da cucciolo bastonato. Sally Jackson, però, non abboccò alla trappola di suo figlio. Non quella volta. Gli arruffò per bene i capelli corvini e girò sui tacchi, diretta alla cucina: “Sì, se non vuoi farmi fare una figuraccia. E tu non vuoi rovinare una serata tanto importante per tua madre, mi sbaglio?” Percy alzò gli occhi al cielo: “Non mi permetterei mai,” iniziò il moro sorridendo ironico: “ma non trovi che il codice che ti costringe a mettere, durante una cena in casa, una camicia ed un pantalone eleganti non siano altro che costrizioni sociali?” Domandò Percy appoggiandosi con i gomiti al top della cucina. Sally emise uno sbuffo, mentre controllava che l’aragosta cuocesse senza problemi: “No, davvero. Questo Paul non penserà certo che quando giro per casa metta la camicia.” Sally sorrise, dirigendosi verso la stanza di suo figlio: “Perché non resti in mutande, allora?”
“Ottima idea.” Disse Percy ridendo a sua volta.
“Dio, Percy, metti a posto la tua stanza. Sembra che qui sia scoppiata una bomba.” Sentenziò Sally prendendo una camicia dall’armadio del ragazzo e tirandogliela addosso. Percy rise sonoramente. Qualche secondo dopo il campanello trillò spegnendo ogni possibilità da parte del moro di replicare.
“METTILA. ADESSO. PERCY.” Sally Jackson corse alla porta mentre fissava il figlio armeggiare con la sua camicia con uno sguardo tutt’altro che dolce. Quando il campanello trillò di nuovo Percy stava ancora cercando di aprire gli ultimi bottoni per infilare quell’aggeggio infernale. Al terzo trillo, Sally alzò gli occhi al cielo e si preparò per aprire la porta, quando un pensiero le sfiorò la mente, congelanola sul posto; come aveva fatto a dimenticarsi di avvertirlo? Sarebbe stata più dura del previsto. “Percy?” Chiamò girandosi lentamente.
“Sì, ho capito, ci sto provando, dammi un momento.” Rispose il corvino senza alzare gli occhi dalla sua camicia.
“No, intendevo… Non dare di matto, okay?”
“Come sarebbe a dire? Che significa, ma…” Ma Percy non ebbe mai il tempo di finire quella frase, perché un attimo dopo si ritrovò seminudo, alla porta di casa sua (perchè non aveva pensato di andare in bagno, invece che rimare lì impalato?), davanti a Paul Blofis, il professore di inglese dei suoi amici.
“Cazzo… Cioè, voglio dire…” Paul alzò un sopracciglio, vagamente divertito: “accidentaccio… Io… Lei cosa ci fa, qui, professor Blofis? Abbiamo gente a cena.” Continuò Percy, deciso più che mai a mettere quella dannata camicia.
“Immagino di essere la tua gente, Percy.” La cosa non gli piaceva. Si prospettava una serata… particolare.
Qualche minuto e pezzo di aragosta dopo, l’argomento ‘scuola’ uscì fuori inevitabilmente.
“È assurdo che io e Paul ci siamo conosciuti solo quest’anno e nel mio negozio, non è vero? Voglio dire, sono venuta a scuola infinite volte.” Disse Sally non notando per niente la reazione di puro imbarazzo che aveva scatenato quella frase in suo figlio.
“Sì, conosco Percy. Lo trovo spesso fuori la mia classe, ad aspettare…” Il moro lo fulminò con lo sguardo. Sapeva benissimo che avrebbe iniziato a parlare di Annabeth. Non che non volesse che sua madre sapesse di lei, è solo che se avessero iniziato a parlarne come fosse la sua fidanzata avrebbero reso la cosa veramente seria e lui non era sicuro che le cose stessero proprio così: “i suoi amici.” Lo salvò Paul, con un’occhiata complice. Percy sentì un’ondata di gratitudine infinita verso il professor Blofis. Forse non era così male come credeva. Forse avrebbe potuto rendere felice sua madre. D’altro canto, Annabeth gli aveva parlato spesso di quanto il suo professore di inglese fosse un uomo immensamente intelligente, colto ed interessante.
“Allora, Percy,” Iniziò Paul, tanto per cambiare discorso, visto che Sally aveva già lo sguardo da cosa-mi-nascondete-voi-due: “com’è la professoressa Sprout?”
“Non male. Un po’ scoppiata, a volte, ma sarà l’età.” Si limitò a rispondere il corvino, piluccando la sua aragosta alla griglia. Paul si lasciò andare ad una sonora risata: “Ho sentito dire che è molto competente e a volte un po’ severa, ma mai che fosse una… be’ una scoppiata.”
“Di certo i colleghi non le avranno detto che a volte si trasforma in una pazza, professor Bl…”
“Paul, ti prego.”
“Paul, certo.” Si corresse Percy non del tutto certo che la sua stessa frase fosse priva di sarcasmo.
“Ad ogni modo immagino di no. Mi pare di capire, quindi, che siano le tue parole il giudizio unico e vero.” Disse Paul rispondendo al sarcasmo col sarcasmo. Percy alzò gli occhi e gli sorrise appena. Quel Paul non era niente male.
Dall’altra parte del tavolo Sally sorrise raggiante: “Preparo la frutta! Percy, perché non prendi quei dolci che ho preso oggi dal negozio?”
“Immagino di non potermi rifiutare.” Disse alzandosi e guadagnandosi un’occhiataccia da parte della madre. Paul, però, non sembrò turbato.
Il resto della serata sembrò procedere bene, salvo commenti inappropriati di Percy ed occhiatacce di Sally e Paul si esibì in infiniti complimenti per la cucina fantastica e che lasciava sempre tutti a bocca aperta di Sally.
“Grazie, Sally, era tutto buonissimo.”
“Grazie a te per essere venuto.”
“Non dirlo nemmeno. Sai che ci tenevo a conoscere tuo figlio.” Disse Paul arruffando i capelli di Percy. Il moro lo guardò confuso e leggermente infastidito: “Ti chiamo domani.” Promise mentre Sally apriva la porta: “Ci vediamo a scuola, noi due.”
“Non vedo l’ora.” Replicò Percy lasciando a Paul il dubbio se si riferisse all’andare a scuola o a lui, in particolare.
“Ciao.” Salutò ancora, prima che Sally chiudesse la porta d’ingresso.
“Allora?” Domandò impaziente lei seguendo il figlio nella sua stanza.
“Non è male. Sembra simpatico.” Rispose Percy sbottonando, finalmente, quella dannata camicia.
“Tutto qui?”
“Be’, sì, è il mio professore”
“Non è il tuo professore.”
“Okay, tecnicamente non lo è, ma…”
“Percy, ti prego, sii sincero.” Incalzò Sally, che sentiva tutta la gioia svanire in una manciata di secondi.
“Sei felice con lui?”
“Sì.” Rispose semplicemente lei, senza esitare.
“Lo sei davvero? Non come l’ultima volta che mi hai detto di essere felice?”
“Sì, lo sono davvero.” Ripeté decisa. Un largo sorriso si dipinse sul volto di Percy. Guardandolo, pochi secondi prima, Sally non aveva visto traccia di quel sorriso. La donna gli gettò le braccia al collo senza troppe cerimonie, coinvolgendolo in un abbraccio che esprimeva appieno tutta la gioia che era scoppiata in lei alla vista di quel sorriso: “Grazie.” Gli sussurrò all’orecchio prima di lasciarlo andare.
Quella sera, quando Percy si mise a letto, milioni di pensieri contrastanti si dibatterono nella sua mente, accompagnati dalla stanchezza che l’aveva condotto a mettersi a letto alle undici di sera, il che era piuttosto strano per i suoi standard. Era stato sincero con sua madre. Era davvero felice per lei e vederla gioire era stato come respirare dopo mesi di apnea, un’apnea pressante ed angosciosa che tornava a tormentarlo ogni volta che rientrava in casa e la sentiva reprimere i singhiozzi. Nonostante le sensazioni positive di quella sera, però, Percy sentiva una nuova ed urgente responsabilità. Se sua madre si fosse lasciata troppo andare alla gioia, se avesse creduto di aver superato definitivamente il dubbio continuo che continuava, giorno dopo giorno, a costringerla a chiedersi se il padre di suo figlio fosse morto o solo egoisticamente sparito per il troppo peso che un’innocente vita gli avrebbe messo sulle spalle, allora sarebbe stato compito suo assicurarsi che questo Paul venisse controllato. Non intendeva spiarlo, assolutamente no, non si sarebbe mai abbassato ai livelli di Gabe, questo era poco ma sicuro; ma sarebbe stato lui a conservare la diffidenza che sua madre aveva perso. Percy Jackson, quella notte, nel suo letto, dopo una giornata piena di sorprese, promise a se stesso che avrebbe protetto sua madre ad ogni costo. I pensieri nuovi lasciarono lentamente il posto alla stanchezza accumulata lasciando che le palpebre decidessero autonomamente di serrarsi per lunghi secondi, finché, un trillo deciso quanto fastidioso, squarciò il nuovo silenzio assonnato. Percy grugnì frustrato mentre la luce accecante del cellulare gli segnalava un nuovo messaggio. Ormai quel rumore l’aveva svegliato, tanto valeva leggerlo.

 ‘Non abbiamo il diritto di sapere?’
‘Sapere cosa, scusa?’
‘Se lo sapessi non chiederei, Hazel, ma qualcosa mi dice che questa storia ha qualcosa a che fare con il meraviglioso ragazzo dagli occhi verdi e quello che si ritrova tra le gambe.’
‘Aspetta, davvero?’
‘Non lo so, ma vorrei tanto saperlo.’
‘Be’, sì! Allora sono con te. Non abbiamo il diritto di sapere?’
‘Già, diglielo!’
Annabeth iniziava a stressarsi davvero. Il suo cellulare non era mai impazzito tanto. Tutto ciò che avrebbe voluto fare era studiare in santa pace, ma ignorare a dovere il suono delle continue notifiche era diventato impossibile.
Ragazze, sto cercando di studiare. E poi qualsiasi cosa sia successa non posso certo raccontarla qui.’
‘1. CHI STUDIA ALL’INIZIO DELLE VACANZE DI NATALE?’
‘Piper, lascia fare a me: 2. AMMETTI CHE SIA SUCCESSO QUALCOSA!’
‘Non è un problema vostro se voglio avere il resto delle vacanze libere e no, non ho detto nulla del genere.’
‘L’hai detto, invece. Allora è deciso: stasera serata donne da te.’
‘Pips, è sessista e stupida l’idea della serata donne.’
‘Allora non sarà imbarazzante raccontare tutto ai nostri amici, mi sbaglio? A tutti i nostri amici.’
‘Dannazione, Hazel, va bene. Tra mezz’ora qui.’
Annabeth alzò gli occhi al cielo. Erano incredibili, ma doveva ammettere che l’idea di passare una serata insieme le metteva un’innegabile felicità e continuare a studiare si era rivelato improvvisamente inutile e poco interessante. Nonostante ciò, però, la vita e le opere di Oscar Wilde restavano comunque l’unico modo per ammazzare il tempo (e per assicurarsi, magari, un buon voto del professor Blofis.)
‘Non ci crederai mai. Indovina chi è la nuova fiamma di mia madre?’
Al diavolo la letteratura. Ormai era chiaro che l’intero universo le stesse urlando di comportarsi come una normale adolescente.
‘Sentiamo.’
‘Il tuo amatissimo professore di inglese.’
‘…Stai scherzando.’
‘Gelosa? Credevo di piacerti più io.’
‘Continuo a non crederci.’
‘Continuo a non credere al fatto che tu non abbia confermato.’
‘Ma dici sul serio?’
‘Sì, dico sul serio.’

Il campanello trillò e Annabeth quasi cascò dalla sedia della sua scrivania tanto era presa dalla conversazione. Si avviò, infatti, ancora con il cellulare stretto in mano e quando aprì la porta alle sue amiche, le due la guardarono un tantino allarmate: “Tutto bene? Sembra tu abbia visto un fantasma.”
“Tutto a posto.” Confermò non accennando alla novità. Ciò che sapeva sulla vita di Percy era davvero poco, ma andare in giro a raccontare quel poco che sapeva e che era costato tanto al ragazzo le sembrò una scarsa prova di fiducia.
‘Sono arrivate Hazel e Piper. Devo andare,’ digitò velocemente, prima che Piper le si fiondasse addosso, strappandole il telefono di mano.
“Prima raccontaci tutto. Poi risponderai al tuo dio del sesso, qui.” Disse Piper con un sorrisino che non accennava a svanire presto.
“Dio del sesso? Ma cosa…”
“Oh, andiamo, per tenerti così attaccata allo schermo deve aver fatto qualcosa di molto, molto, molto…”
“Va bene!” L’interruppe Annabeth prima che la sua amica potesse andare oltre.
“Salve, signor Chase!” Salutò al vento Hazel come a far notare a Piper che non era il luogo né il momento per fare certe allusioni.
“È a fare la spesa, tranquilla.”
“Non servirà a molto. Abbiamo queste!” Disse Hazel estraendo da una busta tre pizze fumanti: “Andiamo di là?” Propose avviandosi verso quella che doveva essere la stanza di Annabeth, seguita da Piper. La bionda sorrise e si ritrovò costretta a seguire le sue due folli amiche.
“Ebbene? Non puoi più sottrarti, signorina.” Esordì Piper puntato la sua pizza mezza mangiucchiata verso Annabeth.
“E va bene.” Concesse la ragazza, prendendosi qualche secondo per guardare le due ragazze: “Diciamo che non siamo andati alla discoteca.” Sentenziò riferendosi alla serata della folle scampagnata alla quale Percy aveva costretto tutti a prendere parte.
“Ma non mi dire.” Disse Piper sarcastica, aspettando descrizioni più dettagliate dall’amica. Quando fu chiaro a tutti che Annabeth non avrebbe di nuovo aperto bocca di sua spontanea volontà fu Hazel a prendere in mano la situazione: “Sii più specifica.”
“Non c’è molto da dire. È successo quello che è successo.”
“Aspetta un attimo… Mi stai dicendo che l’avete fatto sulla spiaggia?” Annabeth annuì impercettibilmente, ma quel gesto bastò ad entrambe. Hazel spalancò la bocca sconcertata e lasciò cadere la sua fetta di pizza nel cartone, mentre Piper alzò un sopracciglio ironica: “Ma non mi dire. Hai capito la mia amica?” Disse assestandole una pacca sulla spalla.
“Com’è stato?” Domandò curiosa Hazel riappropriandosi della sua pizza.
“Non male, credo.”
“Ma come credo?” Domandò Piper.
“Non lo so, non ho termini di paragone.” Dichiarò Annabeth alzando le mani.
“Saprai se ti è piaciuto.” Intervenne Hazel.
“Dopo un po’ sì. All’inizio direi di no. Assolutamente no.” Ammise lei, mentre Hazel annuiva comprensiva.
“È normale. L’importante è che alla fine sia riuscito... insomma, a farti arrivare dove sarà certamente arrivato lui.” Disse quindi la riccia, un po’ in imbarazzo a chiamare le cose con il loro nome.
“Intendi dire…” Iniziò Annabeth, prima che Piper esasperata non la interrompesse con un pragmatico: “L’importante è che tu sia venuta.”
“Ah, voi intendete…”
Gli occhi di Piper minacciarono di uscirle dalle orbite: “Aspetta, vuoi dire che non ha…”
“No.”
“Ah.” Esalarono Piper e Hazel all’unisono. Annabeth le guardò preoccupata: “Tranquilla, era solo la prima volta.” La rassicurò Hazel.
“Sì, ma, comunque sia, il problema è che mi sono lasciata andare. Non so se posso fidarmi.” Iniziò Annabeth finendo la sua pizza. Il suo chiodo fisso tornato a disturbarla.
“Annabeth, Percy è cambiato.” Iniziò Hazel.
“E poi lasciarsi andare non è per forza un male. Tu pensi troppo, ragazza.” Aggiunse Piper.
“E tu chi saresti? Una specie di dea dell’amore?”
“A metà.” Disse Piper. Hazel ed Annabeth si lasciarono andare ad una sonora risata.
 
Ti è arrivata la notizia? Hazel, Annabeth e Piper si sono viste per una certa serata donne, ti rendi conto?’
‘Non capisco cosa ci sia di tanto assurdo, Jason. Stavo per addormentarmi.’
‘C’è di assurdo che noi non stiamo facendo lo stesso! Serata uomini da me. Adesso. Leo e Frank stanno già venendo.’
‘Jason, come ti ho già detto, stavo per addormentarmi.’
‘Dormirai quanto sarai morto. Vengo lì io se non ti trovo da me tra dieci minuti.’ Percy sbuffò e si alzò di scatto. La stanchezza gli intimava di lasciar perdere, ma quando l’innocente, legato alle regole, giovane Jason gli scrisse un semplice: ‘Porta dell’erba', il moro non potè fare a meno di cogliere l’occasione al volo.
 
“Ebbene?”
“Ebbene cosa?” Domandò Percy
“Vogliamo sapere cos’è successo la sera della mitica avventura con Annabeth.” Chiarì Jason premurandosi di utilizzare un tono palesemente ironico sulla frase: ‘mitica avventura’.
“Be’, nulla di che abbiamo solo…”
“Solo?” L’interruppe Leo troppo impaziente anche solo per lasciarlo parlare.
“Ah, al diavolo, non c’è ragione per cui debba tenervelo nascosto. Abbiamo fatto sesso.” Disse Percy ed un sorriso ebete gli comparve sul volto.
“Questo lo sappiamo, Percy, credo che Jason voglia più dettagli. Non che io sia della stessa idea, eh.” Si unì Frank piuttosto certo di non voler conoscere i dettagli della notte focosa che il suo amico aveva trascorso con la bionda.
“Non c’è molto da dire. È stato bello. Molto bello e lei è bellissima, davvero. Era perfetta, in ogni cosa.”
“Sei proprio innamorato.” Sussurrò Jason sorridendo sornione.
“Io… Cosa? No, è stata solo una gran bella scopata. Ecco tutto.”
“E sentiamo… Sei riuscito nel meraviglioso intento?” Domandò Leo curioso.
“Che intento?”
“L’hai fatta venire?” Aggiunse con lo sguardo di chi deve spiegare proprio tutto ad un bambino. Percy scoppiò a ridere: “Certo, Leo, è ovvio.” Disse alzando gli occhi al cielo.
“Be’ non è mica così ovvio. Io non ne sono mai stato sicuro con Hazel.” Si intromise Frank un po’ preoccupato.
“Credimi Frank, quando accade te ne accorgi eccome.” Disse Percy gonfiando il petto.
“Be’, se lo dici tu…”
“Lo dice lui, lo dice lui. Sei un grande, amico.” Si unì Leo assestando a Percy una sonora pacca sulla spalla, prima di aggiungere: “E adesso, chiarimenti fatti, credo sia ora che Percy apra il regalino che ci ha portato.”
 
“Visto che ci stiamo aprendo, credo di dover raccontare anch’io qualcosa a voi.” Iniziò Hazel visibilmente a disagio.
“Spara.”
“Prima dell’inizio delle vacanze di Natale anche Leo mi ha fatto un regalo.” Iniziò Hazel fermandosi per lasciare che le sue amiche commentassero. Il fatto che rimasero a fissarla senza fiatare, però, le fece capire che forse sarebbe stato meglio limitarsi a continuare a parlare: “Be’ niente di serio, eh, assolutamente. È solo che era molto in imbarazzo e, per qualche motivo, il suo comportamento ha imbarazzato anche me.”
“In che modo?” Domandò Piper che sembrò essersi ripresa dal suo periodo di momentaneo stupore per tornare all’attacco.
“Non lo so. Ma quando ha detto di avere qualcosa per me il cuore ha preso a battermi all’impazzata e ho iniziato a sudare. Come se…”
“Come se ti piacesse.” Concluse Annabeth per lei, sospirando solidale appena Hazel annuì impercettibilmente. Un silenzio carico di nervosismo scese tra loro, prima che la bionda si decidesse a portare i loro animi su ben più leggeri argomenti: “Be’, tocca a te, mezza-dea-dell’amore.” Scherzò Annabeth, alzando lo sguardo in direzione di Piper.
“Cosa volete sapere?”
“Con Jason?” Domandò Hazel, felice che non stessero più parlando del suo complesso triangolo amoroso.
“Tutto bene.”
“Ovviamente ci riferivamo ad altro.”
“Oh, non mi guardate così. Io qui sono l’unica casta e pura.”
“Che cosa?” Domandò incredula Hazel.
“Sono seria. Io e Jason abbiamo giocato un po’, sì, ma sono ancora intatta.” Disse Piper tradendosi appena le sue guance divennero un più rosate.
“Non capisco. E con Luke?” Domandò Hazel mentre Annabeth la guardò come se avesse appena detto una cosa tanto assurda quanto spaventosa.
“Neanche per sogno. Mai e poi mai!”
 
Poco più lontano da casa di Annabeth, Frank, Leo, Percy e Jason si godevano la tranquillità che l’erba del moro era stata capace di infondere in ognuno di loro. A parte la piccola gaffe di Leo prontamente salvata da Jason che lo vedeva protagonista di una quasi-confessione sui veri sentimenti che il messicano provava per la ragazza di Frank, la serata passò tranquilla. Gli argomenti di conversazione si spostavano velocemente tra le loro ragazze, la misera condizione sentimentale di Leo, qualche battuta amara sui loro familiari o sulla loro situazione personale ed i risultati delle ultime partite di football. Quando gli argomenti furono terminati ed un sonno generale si diffuse tra loro, Percy si alzò con un colpo di reni dal tappeto su cui si era steso ed annunciò ai suoi amici che quella era stata davvero una folle giornata e che aveva davvero bisogno di riposare. Frank e Leo dichiararono che sarebbero rimasti da Jason ancora un po’, prima di ritirarsi e Percy si decise a lasciare il bel caldo della casa del biondo per tornare al letto che gli era tanto mancato. Come previsto, le fredde strade di New York lo costrinsero a stringersi nel giubbino per cercare un po’ di calore ed a focalizzarsi sul momento in cui sarebbe stato sotto le sue coperte, al sicuro dal gelo che lo stava attaccando per le strade. La verità, però, è che le cose non andarono del tutto così. Mentre il moro era totalmente assorto nei suoi pensieri e, perché no, ancora un po’ intontito dall’erba che aveva fumato, un ragazzo alto e smilzo, dal volto nascondo dal cappuccio, gli passò vicino e non sembrò intento a proseguire per la sua strada. Al contrario fece dietrofront ed aumentò il passo per ritrovarsi Percy di nuovo di fronte. Prima che il moro potesse anche solo pensare a come reagire si ritrovò un pugno in pieno viso ed un secondo nello stomaco, che lo fece piegare in due. Lo stato di torpore della sua mente gli impedì di reagire per i primi due calci, ma quando il misterioso ragazzo si abbassò su di lui rivelandosi finalmente come Ottaviano, un ragazzo del gruppo di amici che frequentava appena un anno prima, Percy riuscì a trovare tutta la rabbia per contrattaccare e per assestargli un pugno sullo zigomo, non riuscendo, però, a schivare uno schiaffo: “Ma che problemi hai?” Iniziò il moro cercando di allontanarlo.
“Io? Adesso vai davvero a comprare da Luke? Credi che lui non porti rancore? Che non ce l’abbia con te per come l’hai abbandonato, appena hai trovato quegli sfigati che reputi migliori? Dio, te la fai con Grace. Non te la farò passare liscia, Jackson, sono stato fin troppo permissivo.”
“Trovati un passatempo, Ottaviano, ho di meglio da fare.” Disse Percy cogliendo l’occasione per rialzarsi a fatica e per allontanarsi dal suo ex-spacciatore.
“Conosco lati di te che non vorresti mai far vedere ai tuoi stupidi nuovi amici. Ti rovinerò.” E con questo, Ottaviano si allontanò, lasciando tornare a casa un Percy sanguinante e confuso. Il biondo non mentiva quando diceva di conoscere cose che il moro non avrebbe mai voluto far circolare troppo, ma era sicuro che, pianificando meglio le sue prossime mosse e fingendo indifferenza, le cose sarebbero andate meglio. Questo, almeno, era quello che credeva.
 
Note di El: Ciaaaaao amici, sono passati esattamente due mesi. Posso dire che la cosa sia ormai quasi precisa? Comunque sia in questo periodo sono liberissima e particolarmente motivata. Quindi chissà, potrei sorprendervi in poco più di una settimanaaaa. Alloooora, fondamentalmente questo capitolo ha di importante l’inizio e la fine. Il resto meh, pure sciocchezzuole. Mi spiego meglio. Il tono leggero, finchè la bomba non scoppierà (il che accadrà prima di quanto crediate) cercherò di metterlo ovunque potrò. Ecco perché. In più il capitolo è ricco di dialoghi perché mi piaceva far vedere così le cose, questa volta. Poche chiacchiere. Volevo segnalare due piccoli regalini sciocchi. La professoressa scoppiata di Percy, Sprout, è il nome originale della professoressa di erbologia Sprite di Harry Potter. È un segno? Un’inutilità? Un trailer? Un indizio? Potrei avere in programma una ff sul fandom incriminato nel futuro prossimo? Voi mi direte “E che ce ne frega?” Eh, niente, effettivamente, quindi passiamo avanti. Non sono riuscita a contenermi nel far dire a Piper di essere una mezza dea dell’amore e ho adorato far dire ad Annabeth e Percy le due opinioni contrastanti, ma non temente, Percy riuscirà ad ottenere ciò che crede già di aver ottenuto. Forse.
Ora passiamo alle cose importanti. Come avrete immaginato la parte iniziale era uno sviluppo fondamentale e necessario che ci fa capire qualcosa in più sulla storia di Percy. Per quanto riguarda Hazel e Leo non posso dire niente, ma non vi aspettate che questi sentimenti rimarranno qui sospesi. Parlando di Ottaviano (yeee ora sapete chi era lo spacciatore. Come dite? Era ovvio? Be’ si, lo era, uff) la scena a cui avete assistito è veramente veramente veramente importante. Forse il vero punto di svolta. I prossimi capitoli saranno colmi di folli cose e credo anche piuttosto lunghi. Ringrazio infinitamente ­_Viola02_ per aver commentato e spero vivamente di ritrovarla anche qui. Dopo altri due mesi. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che continuano ad interessarsi a questa confusissima storia. A presto!
Adieu,
 
El.
   
 
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