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Autore: Ghost Writer TNCS    16/06/2018    3 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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4. Avrò la mia vendetta

Chiusa nella sua cella, Tenko fissava con aria torva il sudicio muro di fronte a lei. Le segrete erano fredde e umide, per non parlare degli animali che vi passeggiavano tranquillamente alla ricerca di cibo. Le era già capitato di trovare una di quelle bestiacce sul suo letto di paglia, ma il piccolo animale era riuscito a schivare il suo calcio e a sgattaiolare via tra le sbarre.

Per ingannare l’attesa decise di fare un po’ di stretching. Era una pratica che teneva viva fin dal tempo del circo per mantenere agile e flessibile il suo corpo.

Gli abiti che indossava di solito erano molto comodi sotto questo aspetto: il top e i pantaloncini corti seguivano senza sforzo ogni suo movimento, permettendole di compiere qualsiasi acrobazia. Certo, in battaglia non offrivano quasi nessuna protezione, in compenso le garantivano un utile “vantaggio tattico” attirando gli sguardi dei suoi avversari.

Provò a piegarsi in avanti, ma la ruvida veste che indossava sfregò contro i tagli sulla schiena. Non voleva rischiare di riaprire le ferite, così decise di cambiare esercizio.

L’amputazione delle ali era stato un duro colpo, ma doveva farsene una ragione. Come sempre. Per sua fortuna, dal punto di vista fisico stava recuperando in fretta. E il merito era anche di una guarigione accelerata alimentata dalla magia.

Sia la sua forza mentale che i poteri magici le erano stati dati dai suoi genitori per renderla una persona e una circense migliore: di certo non pensavano che le sarebbero stati d’aiuto anche in quella cella.

Pensare a loro era doloroso, ma a volte sentiva il bisogno di tornare bambina e riabbracciarli. Era questo il motivo che l’aveva spinta a usare la Memento Gaudia. Tale sostanza risvegliava i ricordi sopiti, permettendo di rivivere momenti passati e di risvegliarne le emozioni positive. Ma aveva anche un effetto collaterale: più la si usava, più diventava difficile rammentare quegli stessi momenti. Ormai le restavano quasi solo ricordi dolorosi della sua famiglia: alcune sgridate, delle esercitazioni in cui si era ferita, gli attacchi di banditi alla carovana.

In quel momento le venne da pensare a quando per la prima volta aveva bevuto una pozione per sviluppare la magia. Non lo considerava un ricordo felice, ma di sicuro era meno spaventoso di altri…

Finito l’esercizio di equilibrismo, Tenko scese dalla trave per riposarsi insieme ai suoi fratelli e sorella maggiori. Aveva anche un fratello minore, ma era troppo piccolo per quel tipo di allenamento.

«Tenko, vieni qui» la chiamò sua madre.

La bambina fece un mugugno di assenso e, seppur stanca, la raggiunse.

«Io e papà ti abbiamo detto molte volte di non rivelare i segreti agli estranei, giusto?»

La piccola demone annuì.

«Ecco, questo è il segreto più importante di tutti. Prometti di non rivelarlo mai a nessuno fuori dal circo, ok?»

«Ok. Che segreto è, mamma?»

La donna le mostrò una boccetta di vetro. Il liquido all’interno era denso ed emanava un leggero bagliore azzurro. «Grazie a questo liquido potrai sviluppare dei poteri magici. Piccoli poteri, ma col tempo potrai svilupparli, proprio come e me e papà. Anche i tuoi fratelli più grandi l’hanno bevuto.»

«Ma perché devo berlo?»

«Vedrai, ti aiuterà a fare tutti i numeri. E guarirai anche più in fretta.»

«Ma mamma, io non voglio fare spettacoli. Io voglio fare le mappe!»

«Tenko, il tuo posto è qui con noi, con il circo. Quindi, da brava, bevi la pozione.»

«Ma…»

«Niente ma» la interruppe la madre. «Coraggio, ti farà bene.»

La bambina era titubante, così la demone aprì la fiala e la portò alla bocca della figlia. Solo allora Tenko si rassegnò a mandarla giù. Il liquido le bruciò la gola e il sapore la fece storcere il naso.

«È cattiva» piagnucolò con una smorfia.

«Lo so, ma devi fare un piccolo sforzo e berla tutta. Lo sai che non bisogna sprecare le cose.»

La piccola guardò con disgusto il contenuto rimasto nella boccetta, alla fine però si lasciò convincere e bevve fino all’ultima goccia.

«Ecco, bravissima. Ora ti sentirai un po’ strana, ma è normale.» La donna potrò l’indice davanti alle labbra. «E mi raccomando: non dire niente a nessuno.»

Tenko annuì. «Promesso.»

Quello delle pozioni era il più grande segreto del loro circo, nonché la causa della sua fine. Dal momento che la magia era riservata al Clero, le pozioni erano proibite, e produrre pozioni per sviluppare la magia era uno dei crimini più gravi.

Nel loro circo c’era una famiglia in particolare che si era specializzata nello studio della magia: la famiglia Biisto. Ufficialmente erano dei semplici guaritori e domatori, ma in realtà si occupavano soprattutto di creare pozioni.

Quando il circo visitava un villaggio, le offerte non erano sempre generose – anche per via delle ristrettezze dei paesani – così si erano dovuti arrangiare, dando vita a un rischioso ma anche molto redditizio commercio di pozioni.

Alla fine il Clero era venuto a sapere delle loro pratiche illecite, e così aveva attaccato il circo e aveva giustiziato tutti quanti. Per pura fortuna Tenko era riuscita a scampare al massacro, ma da allora era stata costretta a sopravvivere da sola, rubando e lottando con le unghie e con i denti solo per vedere un altro giorno.

La brama di vendetta non l’aveva mai abbandonata, così come i sensi di colpa per essere l’unica superstite. La prima la spronava a combattere sempre e comunque, la seconda invece la attanagliava nei momenti di solitudine, o magari dopo un successo. Si sentiva indegna di provare gioia, e in effetti non ricordava nemmeno l’ultima volta in cui era stata davvero felice.

Aveva commesso moltissimi errori della sua vita, e per molti di questi ne pagava ancora le conseguenze. Eppure doveva andare avanti, doveva farlo per la sua famiglia e per tutte le altre famiglie del circo. Non le importava di quello che dicevano i sacerdoti: lei era l’unica in grado di dare pace alle loro anime.

Un rumore di passi la distolse dai suoi pensieri. Guardò verso le sbarre e vide arrivare i secondini con la cena. Prima diedero il rancio agli altri detenuti – le persone che lei stessa aveva aiutato a catturare quella mattina – dopodiché arrivarono dalla demone.

Le diedero la ciotola con il pasto, un bicchiere con dell’acqua e anche una piccola boccetta contenente un liquido verde smorto. Doveva trattarsi dell’antidoto, anche se in realtà lo ricordava di un colore diverso.

«Bevila» le ordinò uno dei due con fare burbero.

La demone avrebbe voluto cominciare dal rancio per il puro gusto di fargli un dispetto, ma la poltiglia aveva un’aria talmente disgustosa che decise di cominciare dalla fiala. Avrebbe preferito mettere da parte un po’ di liquido per la fuga, ma i secondini la stavano fissando, e in ogni caso non aveva nessun contenitore in cui conservarla.

Bevve il liquido tutto in un sorso, dopodiché si concentrò sul pastone puzzolente.

Avvertì un capogiro. Le venne da pensare che fosse dovuto all’odore della sua cena, ma poi la vertigine aumentò.

Prima ancora di rendersene conto, era stesa a terra. Non aveva perso del tutto i sensi, ma ogni cosa le appariva confusa, e soprattutto non riusciva a muovere il suo corpo. Uno sgradevole déjà-vu.

Uno dei carcerieri aprì la cella, dopodiché la presero e la trascinarono fuori dalle segrete. Seppur stordita, Tenko cercò di guardarsi intorno. Non riconosceva gli angusti corridoi e le scale strette, ma intuì che si trovavano nella canonica.

Imboccarono un corridoio, probabilmente al primo piano, fino a raggiungere una porta priva di segni distintivi.

Una delle guardie bussò.

«Avanti.»

Alla demone parve di riconoscere la voce dall’altra parte, e i suoi sospetti trovarono conferma quando il battente si aprì.

«Mettetela lì» ordinò il priore indicando il letto.

Pur stordita, Tenko non ebbe difficoltà a capire quello che sarebbe successo da lì a poco.

«Potete andare» affermò il faunomorfo di tipo lince, e le due guardie lasciarono la stanza chiudendosi la porta alle spalle.

L’ecclesiastico girò la serratura, quindi tornò da Tenko.

La demone fece tutto ciò che era in suo potere per cercare di tornare lucida. Implorò il suo corpo di muoversi, ma non servì a nulla.

«Rilassati» le disse il sacerdote con quel suo tono odiosamente conciliante. «Vedrai, andrà tutto bene.»

Tenko lo fulminò con lo sguardo. Lo avrebbe sgozzato a mani nude se solo non fosse stata paralizzata.

Lui le sfilò la veste da prigioniera e poi la mise prona.

«Sai, mi spiace per l’altro ieri» proseguì. Le accarezzò la pelle vicino alle ferite, ma lei riuscì a malapena a percepirlo. «Credimi, a me non piace la violenza. Purtroppo però è necessaria per il bene superiore.» Fece una breve pausa. «Se vuoi, puoi considerare questo come il mio modo per farmi perdonare. Ah, e quando avremo finito, avrai il tuo antidoto.»

Tenko non sapeva che fare. Dentro di sé avvertiva un’eruzione di rabbia, ma non aveva modo di sfogarla. Sentiva che stava per impazzire, poi improvvisamente un pensiero le rimbalzò nella mente: era così che sarebbe fuggita. Se fosse riuscita a eludere la droga, sarebbe stata in grado di uccidere il priore e poi sarebbe scappata. Con ogni probabilità era al primo piano, quindi sarebbe stato facile per lei saltare dalla finestra.

Poteva farcela. Doveva farcela. Ora però doveva resistere, e per farlo si focalizzò su un unico, saldo pensiero: “Lo ucciderò. Lo ucciderò, e poi avrò la mia vendetta sul Clero. Costi quel che costi, avrò la mia vendetta.”


Note dell’autore

Ben ritrovati!

In questo capitolo abbiamo scoperto qualche dettaglio in più sul passato di Tenko, sul perché usa la Memento Gaudia e quali sono le conseguenze della droga.

Purtroppo è ancora prigioniera, e la sua situazione è peggiorata ulteriormente. Molte persone si sarebbero rassegnate alla disperazione, ma lei no. Anche quando non c’è speranza, lei non si dà per vinta.

In realtà avevo qualche dubbio sul mantenere quest’ultimo pezzo, ma se l’avessi tolto non sarebbe stata più la stessa storia. Sono il dolore e l’ingiustizia che plasmeranno la futura Tenko, e la sua evoluzione ne sarà la prova.

Dunque cosa succederà? Non voglio spoilerare, ma ci tengo a dire che Eresia non diventerà uno sword and sex o robe del genere. Una cosa è certa: la storia di Tenko è solo all’inizio e lei combatterà fino alla fine.

Grazie per aver letto e appuntamento al prossimo capitolo!


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