Fumetti/Cartoni americani > RWBY
Segui la storia  |       
Autore: Manu_00    23/06/2018    8 recensioni
Il mondo è un luogo molto grande, e in un luogo molto grande sono presenti tanti, tantissimi individui, alcuni comuni, alcuni singolari, e alcuni estremamente particolari.
E poi ci sono io, che non saprei dire con certezza in quale di queste categorie inserirmi.
Se me lo avessero chiesto all'inizio di questa storia, avrei risposto senza esitare di appartenere alla prima, ma il tempo ti cambia, e anche se adesso dubito di potermi definire una persona particolare, di certo, quel che è successo, la mia storia, di “particolare” ne ha da vendere, o almeno così mi piace pensare.
Forse la risposta è che sono una persona comune a cui sono successe cose particolari, ma lascerò a voi che leggete il compito di giudicare, io, d'altro canto, mi limiterò a raccontare.
[Storia presente anche su Wattpad: https://www.wattpad.com/590152446-jiid-story-of-a-thief-prologo]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo III


Lasciai l'albergo quando il sole era ormai calato oltre l'orizzonte grigio degli alti edifici.
Era una notte senza stelle, rese invisibili dalle numerosi luci a led che illuminavano la città nelle sue ore buie.
Dovevano essere appena le undici, una buona parte dei cittadini si giaceva assopita nei propri letti, ma un'altra buona parte di loro, se non più grande, era ancora in strada, animando così la notte della città.
Ovunque mi giravo potevo vedere bar pieni di gente in procinto di ubriacarsi, individui pesantemente vestiti aggirarsi per le strade con fare circospetto, e numerose donne di strada in cerca di clienti, alcune delle quali si avvicinarono con fare ammiccante al sottoscritto, sfoggiando sorrisi maliziosi che poco lasciavano all'immaginazione.
Rifiutai le loro avances con un cenno della mano e allungai il passo fino a che non smisero di seguirmi, l'ultima cosa che volevo era portarmi una prostituta all'appuntamento.
Mi trovavo nel distretto commerciale, lontano dalle zone residenziali.
La differenza non stava solo nella posizione del luogo, alla periferia della città, ma anche l'aspetto degli edifici mutava, case ben tenute lasciavano il posto a edifici a basso reddito (come l'hotel in cui soggiornavo) fatte di metallo e cemento spoglio.
In queste aree il controllo della polizia si affievolisce, le strade diventano meno sicure e la presenza di ubriaconi, criminali e prostitute aumenta vertiginosamente, e quella notte non faceva eccezione.
Continuai a camminare fino a quando non giunsi all'entrata di un ampio edificio in cemento, da fuori sembrava spoglio, quasi deprimente a guardarlo, l'unica eccezione la facevano le decorazioni attorno all'entrata, sorvegliata da due buttafuori appoggiati schiena contro il muro con le braccia incrociate.
Ebbi un sussulto quando li guardai, e mi diedi dell'idiota per non esserci arrivato prima, quegli uomini li avevo già visti da tempo, ma mi ero accorto solo adesso che erano loro (o dei loro affiliati) ad avermi investito questa mattina.
Infilai una mano sotto la giacca e strinsi istintivamente il plico dei documenti, nascosto in una tasca interna dell'abito.
Poi presi in bel respiro e mi feci avanti, come mi avvicinai uno dei due buttafuori porse la mano verso di me per chiedere dei soldi, sfilai una ventina di lien dalla tasca e li posai sul palmo del buttafuori, l'omaccione fu soddisfatto e mi permise di entrare, il mio contraente mi aspettava.
Come varcai la porta mi portai una mano sul viso per proteggere i miei occhi dai led e dalle luci stroboscopiche, davanti a me si estendeva un'enorme pista da ballo piena di gente, con i mezzi a loro vari individui simili a quelli che avevo visto sta mattina in strada e un attimo fa fuori dalla porta, erano ovunque, intorno alla pista e imboscati fra gli ospiti.
Ma nessuno di loro indossava il gilet, vestivano tutti in nero, con vestiti eleganti, e si aggiravano fra gli ospiti, ci controllavano.
Avanzi con cautela verso il balcone posto dietro la pista da ballo, mi muovevo con lentezza, temevo che da un momento all'altro qualche mazza mi colpisse in testa, o che qualcuno tirasse fuori un'arma e mi assassinasse lì sul posto.
Non che avessi un motivo logico per temere un aggressione, ma quel posto non mi piaceva, non dico che mi stavo pisciando addosso, ma diciamo che avvertivo una calda sensazione di paura strisciarmi lungo l'inguine.
Ero abituato a transitare per luoghi non particolarmente rispettabili, ma quella sera mi sentivo particolarmente a disagio, non vedevo l'ora di intascare la ricompensa e tornarmene nella mia camera d'albergo.
Dovevo solo avere pazienza.
Arrivato al balcone, mi sedetti come da accordo.
Avevo concordato con il mio contraente di incontrarlo qui, dovevo sedermi al balcone e aspettarmi che lui (o un suo tramite) mi si avvicinasse, io avrei consegnato il plico e lui mi avrebbe consegnato i soldi, così tutti sarebbero stati contenti ed io avrei potuto lasciare questo postaccio.
Iniziai a guardarmi attorno, e mi soffermai a guardare i muri agli angoli del locale, molti erano pieni di crepe e alcuni con segni di riparazioni recenti, anche gli sgabelli parevano nuovi e di ottima fattura, come appena comprati.
Anche lungo la pista da ballo scorgevo delle sezioni danneggiate, come se qualcuno (o qualcosa) le avesse prese a pugni fino a farle crepare.
Chiunque era stato doveva essere una specie di mostro!
Le riparazioni erano recenti, e mi chiesi come fosse questo posto dopo il disastro, gli stessi scagnozzi parevano tesi.
Rimasi assorto nei miei pensieri fino a quando non mi accorsi che ero rimasto seduto per un quarto d'ora, iniziai a preoccuparmi.
Forse il mio contraente mi aveva dato per morto, forse non c'era nessuno lì a cercarmi, temevo di essere giunto in quella topaia per niente, che l'accordo fosse saltato.
Cominciai a innervosirmi e ripresi a guardarmi attorno sperando di incrociare lo sguardo giusto, di scorgere qualcuno che guardava nella mia direzione, ma smisi subito, oltre a me almeno una dozzina di persone era seduta al balcone, chi a bere, e chi già sprofondato in un coma alcolico.
Mi colpirono particolarmente due ragazze sedute a pochi posti dal mio.
Se escludiamo i vestiti e i capelli, erano praticamente due gocce d'acqua, la più vicina a me era vestita di bianco, portava al collo una sciarpa di piume e dei guanti anch'essi bianchi.
Quella vicina aveva i capelli più corti, ed era vestita di rosso e portava delle piume rosse e bianche sopra l'orecchio sinistro, a mo' di decorazione.
Entrambi i loro abiti erano senza spalline, i loro visi truccati, e i loro occhi, verdi per entrambe, mi suggerivano che dovevano essere gemelle.
Ma il dettaglio che mi colpì di più furono gli stivali della bianca: avevano delle lame innestate sui talloni.
Proprio in quel momento la bianca si accorse di me.
<< Cerchi qualcuno? >>
Cercai di mantenere un'espressione neutra, probabilmente mi stava osservando anche lei, e si era accorta del mio costante guardarmi attorno (non che volesse molto).
<< Può darsi, voi? >> << Noi lavoriamo >> rispose la sorella, quella vestita di rosso.
Se non fosse per le lame della bianca, avrei pensato che fossero delle ballerine, o al massimo, delle prostitute.
<< Oh, è arrivato >> non feci in tempo a chiedermi di chi stesse parlando che sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla, lottai per non trasalire, ma dalla mia faccia si intuiva che ero stato preso di sorpresa, come mi suggerì la risata della bianca.
Mi voltai, forse più velocemente di quanto avrei voluto, dovevo dissimulare il mio nervosismo.
Faticai a non strabuzzare gli occhi quando lo vidi, davanti a me si ergeva un omaccione la cui altezza superava i due metri, ma non fu quello il dettaglio che mi fece rabbrividire, bensì il suo abbigliamento: gilet nero e camicia bianca.
Non so se mi riconobbe, era improbabile che mi avesse visto bene quando mi aveva investito in strada, ma, se invece si ricordava di me, non lo diede a vedere.
Ricordo che si chinò verso di me, la musica costringeva la gente a parlare ad alta voce per farsi sentire, ma lui preferì non correre il rischio di farsi sentire e optò per sussurrarmi all'orecchio.
<< Qualcuno ti vuole parlare, seguimi >> non era una minaccia, ma il modo in cui pronunciò la frase, con il tono di chi non ammetteva repliche, la fece suonare come tale.
Mi invitò ad alzarmi con un cenno de viso, e si avviò lungo il balcone, la bianca e la rossa si alzarono all'istante, ma non si mossero finché non iniziai a seguire l'uomo con il gilet (da ciò intuii che fossero delle sue sottoposte).
Ci spostammo fra i posti e aggirammo il balcone, poi passammo per la porta da dove il barista andava e veniva per servire.
Giunsi in quello che sembrava un magazzino, ovunque guardassi c'erano riserve di alcolici e casse sparse qua e là contenenti bicchieri per il bar, decorazioni... e armi.
In fondo alla stanza era presente una di quelle case, era chiusa, e sopra la cassa, un uomo.
<< Grazie, Junior >> disse lo sconosciuto quando l'uomo con il gilet si avvicinò, per poi allungargli una manciata di lien.
Junior intascò la somma con un sorriso compiaciuto stampato sulle labbra e abbandonò la stanza seguito dalle due ragazze, rimanemmo solo io e l'uomo sulla cassa.
<< Accomodati >> presi una sedia appoggiata al muro e la posizionai di fronte a lui, poi mi accomodai, ormai non avevo dubbi sul fatto che fosse il mio contraente, o il suo intermediario.
Ero più propenso a credere nella seconda opzione, non avevo idea di chi fosse lui o chi potrebbe essere il suo mandante, considerando la missione che mi aveva affidato, cioè di sottrarre informazioni alla White Fang, potevo teorizzare che si trattasse di un uomo d'affari o del proprietario di una miniera colma di fauni sfruttati, qualcuno che potesse avere motivo di preoccuparsi sulle loro attività.
Ma non me ne poteva interessare di meno, ero lì per i miei soldi!
Iniziai a osservare il mio contraente, era un uomo sui cinquanta o i sessanta anni, dal volto rugoso e il naso aquilino.
Vestiva un impermeabile color beige, di quelli vecchi, di quelli che vengono indossati dai cattivi nei cartoni animati per i più piccoli.
Era curvo e stempiato, sotto il naso spuntava un paio di baffi biancastri, simili ad una vecchia spazzola sfilacciata.
Non riuscivo a vedere bene i suoi occhi nella penombra della stanza, la stanza era ampia e mal illuminata dalle poche luci al led.
Rimasi a fissarlo, aspettai che parlasse.
<< Hai i documenti? >> non risposi ed estrassi il plico dalla giacca per poi porgerglieli, lo sconosciuto afferrò i documenti con lentezza, aprì il plico e cominciò ad esaminarli
Iniziò a sfogliarli con una lentezza quasi meccanica, e andò avanti per minuti, non perché avesse bisogno di leggerli proprio adesso, ma solo ed esclusivamente per stuzzicare la mia pazienza, o almeno questa fu l'impressione che mi trasmise.
Passò un quarto d'ora ad analizzare i fogli, pensai seriamente che volesse irritarmi, quell'individuo iniziava a starmi antipatico.
Quel quarto d'ora passò così lentamente da farmi pensare che fosse passato il doppio del tempo.
Quando concluse la lettura, riposa i documenti nel plico, che non tardò a far sparire sotto l'impermeabile.
Rimase in silenzio a guardarmi, immobile, speravo che avrebbe tirato fuori i soldi e che me ne sarei potuto andare, invece stava lì ad aspettare che glieli chiedessi, sapevamo entrambi che avrei avanzato quella richiesta.
Trovai questo suo silenzio estremamente irritante, e decisi di rompere il ghiaccio.
<< Allora, se siete soddisfatto, io vorrei ritirare la mia ricompensa e andarmene... >>
Il vecchio alzò lo sguardo con una velocità da far invidia a un bradipo, non sembrava una persona lenta, ogni suo movimento pareva studiato per dilatare il più possibile
la conversazione.
<< Ah si, la tua paga >> sussurrò, come se la cosa non lo riguardasse << Stavo appunto per parlarti di questo >>
Quel bugiardo! Non avrebbe aperto bocca finché non gli avessi parlato, se stavo zitto come minimo sarei rimasto lì fino a domani!
Fece un'altra lunga, fastidiosissima pausa.
<< Dovrei parlarti in merito a qualcosa di importante >>
A quel punto strinsi i pugni, non avevo idea se mi stava prendendo in giro o se aveva qualche doppio fine di cui ero all'oscuro.
Ma dovevo dissimulare la mia impazienza, quella, e la voglia di schiaffeggiarlo.
<< Spero non ci siano problemi riguardo la paga che abbiamo concordato >> scandii per bene l'ultima parola, mi stavo pentendo di avergli dato il plico, giurai all'istante che se, e evidenzio SE, non avesse avuto intenzione di pagarmi, ribadisco: SE, non mi sarei trattenuto dal saltargli addosso e strappargli il plico dalla tasca.
Non avevo passato una settimana in una palude piena di grimm per prendermelo in nel sedere all'ultimo momento!
<< No no! >> mi rispose << Tutt'altro, ho i soldi con me >> sospirai sollevato a quella frase << Ma non qui, e non adesso >> per poi sentire la bile risalirmi lungo la gola.
<< Perché? >> chiesi, mascherando a stento il nervosismo, più quella conversazione andava avanti più mi esasperavo.
<< Vedi, ho un altro lavoro per te >> << Non vedo cosa abbia a che fare con il pagamento per quello precedente >> ribattei seccato.
Partì allora un'altra finta pausa di riflessione.
<< Perché sono certo che accetterai, quindi ho preferito darti questo secondo incarico e pagarti per entrambi allo stesso momento >>
Questa fra potrei tradurvela come “Perché voglio che tu faccia questa cosa per me, ragazzino, altrimenti quei soldi non li vedi finché non sarai vecchio la metà del sottoscritto.”
<< Sai, in città non è sicuro andare in giro con una valigia di soldi e preferirei limitare queste pericolose uscite, non trovi? >> Da tradurre come “Quindi, o tu fai come desidero, o la prossima volta potrei non essere presente per pagarti”.
Non dico che quell'uomo non mi piaceva, mi stava proprio sui coglioni!
Sta volta fui io a rimanere in silenzio, ma non di proposito.
Ero abituato a persone che non pagavano, ma in quei casi mi bastava fare una visita in casa loro e risarcirmi da solo alla vecchia maniera.
Ma in questo caso non avevo idea di chi fosse quest'uomo, l'avevo visto solo una volta prima di allora, quando avevamo contrattato il primo furto, ma lì era stata questione di attimi: “Ciao, so che sei un ladro, che ne dici se tu rubi qualcosa per me ed io ti pago profumatamente così che tu possa sparire dalla mia vista mentre mi trastullo con la refurtiva?”
Non erano state le parole esatte, ma la sintesi è più o meno questa.
<< Inoltre, ci terrei che questa commissione venga eseguita il prima possibile, questa stessa notte >>
Aggrottai le sopracciglia e lo guardai disorientato.
<< Questa sera? Da cosa deriva, se posso chiedere, tale urgenza? >> lo chiesi con malcelato sarcasmo, ma lui non si scompose.
<< Diciamo che ho l'impellente necessità di appropriarmi di qualcosa che mi sarebbe molto utile, e di appropriarmene il prima possibile >>
La cosa puzzava sempre di più.
<< Anzi, oserei dire che non posso aspettare domani, e che il furto deve essere eseguito appena uscirai da qui >>
Ero a disagio, cosa poteva volere di così importante?
<< Se è così urgente potevi parlarmene prima >> << Era mia intenzione chiedertelo non appena fossi arrivato, certo, non mi aspettavo che ritardassi così tanto >>
Non gradii quella frecciatina neanche tanto velata, ma neanche la raccolsi.
<< Allora? Accetti? Vuoi sentire l'offerta? >>
Iniziò a fare domande a manetta, impedendomi di riflettere sulla situazione, ero confuso e indeciso, non ero certo se intendesse non pagare o meno, ma quali erano le mie scelte?
Potevo dire di no e tornare domani per prendere i soldi, rischiando che se la svignasse o accettare e fare questo “secondo furto” per avere la certezza di essere pagato e guadagnare un ulteriore ricompensa.
<< Allora? >>
Lo guardai storto, e parlai, dissi la prima cosa che mi venne in mente pur di zittirlo: << In cosa consiste? E quanto paghi? >>
Il vecchio sorrise, e non mi piacque, avevo il presentimento di aver detto proprio ciò che voleva sentire, o peggio, che avesse previsto la mia risposta.
Quando mi disse cosa dovevo fare e dove dovevo andare il mio cuore perse un battito.
<< Sei impazzito? Chiedi troppo... >> il vecchio sorrise << Un rischio grande per una grande paga, tu non capisci, ho intenzione di pagarti quattro volte la ricompensa per il tuo ultimo lavoro >>
Sgranai gli occhi, un brivido di pura emozione mi attraversò la schiena con la velocità di un fulmine.
<< Due milioni di lien!? >> quasi gridai nel dirlo, con quella cifra, più i cinquecentomila per il furto dei piani, avrei potuto sistemarmi per sempre, smettere di rubare e godermi la vita fino a quando le mia chiappe non sarebbero diventate rugose e flaccide e avrei avuto bisogno di una badante anche solo per raggiungere il bagno.
Cercai di darmi un contegno, di apparire indifferente, pacato, ma non ci riuscii, la sola idea di mettere le mani su una cifra simile mi faceva venire la bava alla bocca.
<< Quindi sei interessato? >> alzò un sopracciglio nel dirlo, certo di aver vinto << No, cioè si! Ma non mi stai chiedendo qualcosa di facile... è un luogo ben sorvegliato >>
<< Per questo mi sto rivolgendo a te, credo tu sia la persona perfetta per questo lavoro >> mi stava abbindolando con soldi e lusinghe, ed il peggio e che ci stavo cascando.
E ci cascai.
<< Accetti? >>
Ero estremamente indeciso, da una parte potevo prendere i miei soldi e accontentarmi (con il dubbio che magari non sarebbe apparso, ma probabilmente era tutta un'impressione che mi aveva dato lui per spingermi ad accettare), o rischiare tutto e, in caso di successo, passare il resto nella mia esistenza nella comodità più assoluta.
Ma, come al solito, le campanelle del mio cervello stavano tintinnando alla follia, ero emozionato, ma sentivo un brutto, bruttissimo presentimento.
Rimasi quindi seduto davanti a lui nel silenzio più totale, passai così qualche minuto e sta volta non venni interrotto, sentivo come un nodo alla gola, ma alla fine risposi.
Il vecchio non disse nulla, si limitò a guardarmi con espressione neutra.
Io scesi dalla sedia, strinsi la sua mano a mo' di commiato e mi avviai fuori da lì all'istante, senza mai guardarmi indietro.
Sapete, nella vita ci sono momenti in cui devi dire “basta”, in cui sai che devi fermarti e ti fermi, come vincere una piccola fortuna al gioco d'azzardo e ritirarti prima che i tuoi risparmi si dissolvano in due o tre lanci di dadi, in cui ascolti quell'istinto primordiale che ti urla di non rischiare, che va bene così ed è il momento di tornare a casa e farsi un riposino prima di mandare tutto a puttane.
E poi ci sono io.
Ed io sono un grande figlio di puttana.
Alzai lo sguardo al cielo, doveva essere mezza notte, quindi avevo dalle sei alle sette ore di buio per compiere il furto.
Abbozzai un sorriso nervoso e mi diressi ad est, verso la zona residenziale, verso la torre di comunicazione transcontinentale.
Lì dovevo portare al termine il colpo.
Ci andai con la consapevolezza che al termine di quella notte avrei passato il resto della mia vita in una villa, o in una cella.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > RWBY / Vai alla pagina dell'autore: Manu_00