Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    23/06/2018    3 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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25. Una nuova speranza
 
A seguito di quel lunghissimo giorno, non vi furono ulteriori novità nel Corpo di Ricerca. La squadra di Levi, cui io facevo sempre parte, continuava ad allenarsi e a sperimentare nuove tecniche di manovra utili per la missione a venire, quella ideata da Hanji Zoe, che sarebbe stata messa in atto da lì a pochi giorni; quest’ultima lavorava incessantemente sulle trappole per giganti più all’avanguardia, e non aveva affatto ignorato il mio suggerimento di sfruttare l’effetto della luce solare per catturare uno quei mostri, il che mi rendeva personalmente assai orgogliosa. Erwin Smith si era recato diverse volte nei territori interni per ottenere, ancora una volta dopo due anni, il mandato per poter transitare nella famigerata città sotterranea: certamente, la cittadinanza nei territori del Wall Sina ottenuta al momento della sua promozione a comandante di divisione giocò a suo favore in quell’impresa. A tal proposito, risparmio al lettore la descrizione delle pratiche legali che quest’operazione aveva richiesto: meriterebbe una spiegazione più precisa e accurata che io, che manco tutt'ora di esperienza negli affari burocratici, non sarei mai in grado di trasporre in queste memorie.
Non rimarrò molto tempo a raccontare la reazione di mio fratello il giorno in cui l’avevo incontrato in caserma e, aiutata anche da Levi, al campo d’addestramento (l’unico luogo deserto che trovammo quel dì) gli avevo parlato per la prima volta delle opinioni sul nostro mondo che i nostri genitori condividevano col signor Smith e che non avevano mai voluto rivelarci.
Come d’altronde avevo fatto io, rimase assolutamente attonito e incredulo, e si domandò più volte se effettivamente avesse avuto modo di sentir parlare di Smith o di Conrad, alla ricerca del quale saremmo partiti a breve.
Al lettore basta sapere che, dopo un paio di settimane, tenendo all'oscuro i restanti membri del Regime Esplorativo, io, il Comandante Erwin, il caporale maggiore Levi e mio fratello Lex partimmo dal Quartier Generale dell’Armata Ricognitiva per i territori interni, alla volta della città sotterranea.
Non ero convinta di condurre in quel luogo miserevole anche Lex, soprattutto perché anche io, nonostante mi fossi battuta poco con giganti e mai con esseri umani, vantavo di un addestramento durissimo e intenso durato ben tre anni, mentre mio fratello non disponeva di una grande quantità di forza per autodifendersi. Eppure, se Levi, a cui tanto importava la mia incolumità, aveva acconsentito ad accompagnarmi e ad appoggiare la mia decisione, allora io non potevo certamente impedire a mio fratello di vivere in prima persona un incontro di straordinaria importanza per lui quanto per me.
 
In ogni caso, dopo esserci messi in marcia, Lex pareva assai preoccupato. Nonostante le sollecitazioni di Erwin, ci ripeté che non aveva mai avuto modo di venire a capo di tutte quelle ipotesi che i nostri genitori sostenevano, tantomeno dell’esistenza di Loris Conrad.
Nella carrozza che ci stava conducendo verso la capitale, strinsi la mano di mio fratello, seduto accanto a me.
-E’ davvero così terribile, lì sotto? – ansimò lui.
-E’ il posto più schifoso di questo mondo, puoi contarci – disse con sincerità Levi, evitando di incontrare il suo sguardo. Quest’ultimo, inoltre, ci aveva precedentemente messo al corrente dello stile di vita malfamato che persisteva in quello spazio chiuso e soffocante. Il suo racconto, come quello che mi serbò durante il pomeriggio passato insieme mesi addietro nel bosco, mi aveva fatto nuovamente accapponare la pelle.
-Posso capire la vostra preoccupazione, - aggiunse Erwin, -non è stato facile tantomeno per me mettere piede per la prima volta in quel luogo sprezzante.
-Ma andrà tutto bene – esordii. –Lex, non ti succederà niente se ci sono io, te lo prometto.
I nostri sguardi si incontrarono. Sebbene egli non sembrasse tanto confortato, giurai nuovamente a me stessa che avrei fatto di tutto per proteggerlo quel giorno.
Molto presto, scendemmo dalla carrozza e ci addentrammo nell’ingresso del luogo peggiore che potesse mai esistere. Posso dire, a differenza di molti tra quelli che leggono queste cronache, di aver visto "l'Inferno" di cui si è sempre parlato: i territori dominati dai giganti. Eppure, chi stia prestando attenzione al mio racconto sappia che quel posto ripugnante e abominevole era assai più atroce.
Quella gigantesca caverna era profonda e lugubre, oltre che eccessivamente buia e maleodorante. Ben presto mi domandai se fosse effettivamente possibile per un umano riuscire a trascorrere più di ventiquattro ore in quella cella sotterranea. Eppure, la figura di Levi, incappucciata nel suo anonimo mantello verde, che camminava davanti a me mi garantì che, ahimé, di povera gente costretta a vivere in quel luogo ce n’era.
Decidemmo di seguire Levi, che non pareva particolarmente a disagio in un luogo tetro e malfamato come quello. Ci faceva strada negli antri più bui di quella città rivoltante, gremito di uomini ubriachi, prostitute e gente di mezz'età dallo sguardo perverso o semplicemente offuscato da droghe scadenti di ogni tipo. Strinsi Lex al mio fianco, voltandomi per assicurarmi che alle mie spalle ci fosse anche Erwin, uno scudo alto circa un metro e novanta.
Esclamazioni sgradevoli e bestemmie di ogni genere pervenivano al mio orecchio. Stavo letteralmente tremando dalla paura, e il fatto che lo stesse facendo anche mio fratello non mi aiutò affatto a tranquillizzarmi. Saremmo mai stati in grado di uscire vivi da lì?
Che discorsi patetici facevo? Tuttavia, sapevo bene che era solo la vista di quel luogo trasandato e orrido a farmi ragionare in quel modo, e dovetti riflettere più volte sul fatto che la costruzione della città sotterranea rappresentava solo una conseguenza di ciò che era accaduto circa cento anni addietro prima di convincermi che, in fondo, la gente in cui ci imbattevamo non era l’unica responsabile degli innumerevoli reati e crimini che prendevano luogo lì sotto: mancavano le terre, mancava da mangiare, e quelle povere persone morivano di fame mentre, esattamente qualche metro sopra le loro teste, nobili e aristocratici vivevano ignorando del tutto quelle condizioni miserevoli che opprimevano quasi due terzi del popolo delle mura.
-Come faremo a trovare Conrad qui? – domandai. –Ci sono così tanti cittadini…
-I miei referenti hanno detto che dovrebbe abitare nei pressi di un bordello nella parte occidentale della città – ci informò Erwin. –Levi, potresti cortesemente…?
-Lo sto già facendo – rispose inorridito lui. Il suo tono di voce si era fatto decisamente più aspro e infastidito, e non potei fare a meno di pensare al dolore da lui provato per aver fatto ritorno in quel posto dopo due anni senza la compagnia dei suoi due più cari amici.
Decisi lentamente di affiancarlo. Levi non parve quasi accorgersi della mia presenza, continuando a guardare davanti a sé concentrato ma anche apprensivo. Cercai il palmo della sua mano sotto al mantello e molto presto intrecciai le sue dita tra le mie. –Va tutto bene? – chiesi, sapendo benissimo quanto in realtà gli facesse male vivere quella situazione.
-Un po’ meglio sì – la sua risposta fu del tutto inaspettata, per me! –Rimani vicino a Lex, okay?
Annuii, seguendolo al fianco di mio fratello, continuando a percorrere in silenzio il nostro tragitto.
La tensione si faceva sempre più alta, man mano che il percorso proseguiva nella parte ovest del borgo: gli strepiti e le urla divennero più fitti e un gruppo di ragazzini mi stuzzicava al mio fianco, uno di loro tentò di allungare una mano sul mio torace, motivo per cui fui costretta ad allontanarlo con la forza dopo avergli bloccato il braccio.
Ciò provocò un commento assai offensivo da parte dei ragazzi, facendomi sentire in colpa per aver attaccato un adolescente come loro.
Vi badai finché il passò di Levi notevolmente accelerò: ad un certo punto, si diresse a un vicolo cieco, dove potemmo chiaramente osservare un tale intento a derubare le tasche di un uomo senza vita, appena sgozzato dal famigerato.
Con passo felpato, il caporale si mosse in avanti, strattonò l’uomo, costringendolo a voltarsi nella sua direzione. Con poca gentilezza, Levi gli domandò informazioni su Loris Conrad, e io, preoccupata per il corvino, fui sollevata dalla risposta immediata del tale, il quale indicò la casa di Conrad come la penultima sulla stessa strada.
Levi lo liberò di scatto dalla sua presa e tornò indietro, senza concederci un solo sguardo. –Conrad è laggiù – proferì, continuando a farci strada.
Pochi secondi successivi, ci trovammo davanti a una porta in legno verde scuro vecchissima e consumata. Ero così agitata che cercai di bussare, ma, ancora una volta, Levi mi si parò davanti, precedendomi.
-Sta’ indietro, Claire – inveì lui.
Attendemmo che qualcuno venisse ad aprirci, subito si presentò sull’uscio un uomo basso, alquanto sovrappeso, completamente calvo. Le sopracciglia parevano quasi completamente assenti, gli occhi nerissimi.
Non fui in grado di comprendere se fosse rimasto spaventato dall’espressione burbera di Levi o dall’altezza di Erwin; la mano dell’uomo posata sul lato della porta consumata tremava, la sua fronte subito divenne imperlata di sudore.
-Voi chi siete? – si limitò a chiederci.
-Conrad, vero? – domandò Erwin. –Tranquillo, non siamo qui per indagare sulle tue attività commerciali.
L’agitazione dell’uomo, benché confuso, presto si attutì. Ancora una volta ci chiese chi fossimo.
-Inutile agitarsi troppo. I crimini non sono di competenza dell’Armata Ricognitiva. Almeno questo dovresti saperlo– rispose Levi.  
Ben presto, io mi rivelai, facendomi spazio tra i due ufficiali massimi del Corpo di Ricerca.
Ci vollero pochi istanti perché uno stupore improvviso si impadronisse del volto di Conrad. –Catherine?! – esclamò alcuni attimi dopo.
Il mio cuore sobbalzò nel sentire il nome di lei. Cosa poteva significare quell’esclamazione? Mi domandai poi se la somiglianza tra me e mia madre fosse davvero tanto evidente.
-Volevo dire… tu sei sua figlia, vero? – continuò lui.
Deglutii, incapace di rispondere.
-Hai qualcosa da dire, Conrad? – continuò Levi.
Egli non se lo fece ripetere una seconda volta, facendoci entrare.
L’interno era freddo e scuro, affatto accogliente. Tenni ancora al mio fianco mio fratello, che osservava Conrad con un’aria spaesata.
L’uomo continuava a guardarmi, facendomi sentire alquanto tesa. Essendo ancora sconvolta dall’aver sentito il nome di mia madre uscire dalla sua bocca, non me la sentivo ancora di proferire parola.
-Che ci fa la figlia di Hares con l’Armata Ricognitiva? – chiese lui.
-I figli di Hares, - corresse Erwin, -qui c’è anche Lexander.
Quest’ultimo tremò, ma non rimase troppo a lungo in silenzio, al contrario della sottoscritta. –Mio padre… - iniziò Lex. –Sai dov’è?
-Non ho notizie di Ivàn da diversi anni – confessò l’uomo. – Penso che quei bastardi che fanno parte del Corpo di Gendarmeria abbiano preso anche lui.
Il volto di Lex si incupì, ma io invece desideravo saperne di più. –La Gendarmeria? – ripetei.
-Vedo che sei un militare anche tu… Claire, dico bene? Sappi, ragazza mia, che i soldati non sono sempre così onesti e per bene come può sembrare.
-Cosa c’entra la Gendarmeria, Conrad? – ribadì Levi.
-Sarò sincero, l’esercito l’ho sempre schifato. Voi del Corpo di Ricerca siete gli unici che mi fate un po’ pena. Morire inutilmente contro i giganti vi fa senz’altro più onore. Giusto, caporale maggiore Levi? Sei passato dall’altra sponda. Combattere contro quei mostri è senz’altro meglio che rimanere qui a fare il malvivente.
-Già, io sono la puttana della situazione – ribatté il corvino. –Ma stavolta non ti ho portato solo gli Hares – indicò Erwin. –Qui c’è anche il figlio di Smith. Lo conoscevi, no? È morto anche lui per colpa dei gendarmi?
Conrad osservò il biondo, poi incrociò le braccia. –Fatevi due domande. Gli Hares e Smith erano in buoni rapporti, pensate davvero che, per una fatale coincidenza, siano stati tutti ammazzati da ladri o criminali di vario genere? Sono bravi, quelli, a nascondere la verità.
-Anche tu avevi buoni rapporti con loro, non è così? – chiese il biondo. –Ci piacerebbe tanto conoscere ciò che avete sempre tramato segretamente.
-Mio padre scriveva incessantemente al signor Smith di te. Qual è il segreto che mia madre e mio padre non hanno rivelato nemmeno a noi? – ribadii.
Conrad sospirò, per poi andare alla ricerca di una sedia malconcia, dove sedette. Tossì rumorosamente, come solo chi ha i polmoni torbido di fumo può fare. Nel mentre, noi quattro non attendevamo altro che il suo discorso.
-Ivàn era più giovane anche di te quando lo conobbi. Tuo nonno era un ottimo medico, un giorno lo avevo convinto a visitare mio fratello e si portò anche tuo padre con sé. Io e mio fratello all’epoca vivevamo in un piccolo villaggio del Wall Maria, fu un’impresa condurli laggiù. Tuttavia, Hares riuscì a curarlo, il che fu un grande sollievo per me, che non ero ancora in grado di controllare l’attività che avevamo ereditato da nostro padre senza il sostegno di mio fratello. Pensate che mi sia piaciuto essere costretto a divenire trafficante? Io amavo conoscere, desideravo ricevere una buona istruzione, invece mi toccava gestire i traffici di coderoina [Nota dell’editore delle cronache: una droga illegale ampiamente diffusa nei distretti interni] dei nostri soci nel Wall Sina. Questo mestiere mio fratello sapeva farlo tanto bene, è un peccato che sia morto proprio per aver fatto un uso abusivo delle stesse merci.
-Avevo sorpreso tuo padre a frugare nella nostra libreria, - continuò Conrad, - e venne attirato proprio da uno di quei libri che uno dei nostri collaboratori aveva fottuto da un nostro ricco cliente di Stohess. Dentro vi erano scritte cose che chi aveva abitato da sempre nelle mura non era in grado di riconoscere. Un’enorme montagna di nome vulcano da cui fuoriusciva spesso un liquido incandescente rosso chiamato lava. Dove poteva essere trovato?, mi aveva domandato quel ragazzo tanto interessato. Per un momento, avevo pensato di strappargli il libro di mano, essendo in possesso di qualcosa che mai avrebbe dovuto conoscere, ma avreste dovuto vedere i suoi occhi: da essi traboccava una curiosità smisurata. Gli parlai di quello ed altri cento fenomeni naturali che solo gli uomini vissuti prima delle mura potevano aver visto. E perché non ne sapevo niente?, chiese ancora.
-Non ero certo di dover coinvolgerlo in quello da cui io ero sempre stato attratto: sapevo che le massime autorità che governano questo mondo ci vietavano di far chiarezza sul perché la maggior parte degli uomini fosse  improvvisamente scomparsa dalla faccia della terra, e intendevo illuminare la coscienza del popolo, affinché potesse opporsi a quel sistema così contraddittorio. Ma sentivo di poter fidarmi di Ivàn, me lo suggeriva quello sguardo di desiderio che lo contraddistingueva. Il mio intuito non sbagliò: conobbi Smith, poi successivamente Hares conobbe una ragazza proveniente dalle montagne a nord del Wall Rose. Si chiamava Catherine, e raccontava a Ivàn di avere una strana immaginazione, che molto spesso la portava a sognare cose tutt’altro che improbabili, paesaggi misteriosi e oggetti inesistenti. Ivàn la incitò a incontrare me. Mi parlò di lei, della sua famiglia, che non poteva vivere al di fuori di quel villaggio sconfinato, e mi resi conto che quella giovane era discendente del clan Orientale.
Sussultai. –Il clan Orientale? – ripetei. –Non capisco.
Conrad si allontanò da noi, ritornando con dei fogli in mano. –Mi appropriai di questi documenti non appena iniziai a lavorare nei territori interni. Tali informazioni non sono tanto semplici da reperire, ma con un po’ di buona volontà sono riuscito a impossessarmene. Si menziona di un gruppo sociale proveniente dai territori dell’estremo est del mondo che, a quanto è parso, sono gli unici ad aver conservato, tra tutti i cittadini delle mura, diverse notizie riguardanti la storia dell’umanità precedente la storia delle mura. Questa dovrebbe essere la ragione per cui siano tanto ostili al governo, che, a quanto sembra, detesta la divulgazione di questi fatti. Il clan Orientale si è disperso nei vari ordini di mura, si dice che i superstiti siano quasi completamente assenti, soprattutto perché alcuni hanno preferito dimenticare e confondersi tra il resto della popolazione. Però, cari Claire e Lexander, è stato proprio grazie a Catherine se sono venuto a conoscenza di qualcosa di sorprendente: frammenti dei ricordi dei primissimi membri del clan Orientale vissuto nelle mura sono stati tramandati “geneticamente” nelle varie generazioni. In altre parole, quello che vostra madre vedeva in sogno…
-Erano parte dei ricordi della prima generazione – comprese Lex.
-A quanto è sembrato, la ragazza orfana che viveva in un villaggio nei pressi delle montagne era in grado di vedere cose assolutamente sconosciute a noi, che però sembravano avere concordanza con i paesaggi incantevoli custoditi nei miei libri. Tuttavia, per lei non era affatto semplice comprenderlo, essendo figlia di un solo discendente del clan Orientale. Eppure…
-Su cosa ti basi per raccontarci questa storiella comoda? – domandò stizzito il capitano. –La loro madre sarà anche discendente di questo clan, ma tutto ciò è improbabile…
-Aspetta, Levi – lo interruppi. -Questi genere di sogni, penso di averli fatti anche io.
Parlai a tutti di quella bizzarra visione onirica che aveva iniziato a perseguitarmi, di quella grandissima distesa d’acqua che terminava su una riva ghiaiosa e che avevo avuto modo di vedere la notta in cui avevo sognato i due amici del mio amato.
-Hai visto il mare, ragazza mia – disse incantato Conrad.
-Il che?
-Il mare – ripeté Erwin, anche lui meravigliato. –Penso di averne sentito parlare. Lo lessi da qualche parte: una grande distesa di acqua salata che coprirebbe una vastissima superficie del nostro mondo.
-Io invece non ne ho mai sentito parlare, Comandante – ribadii, assai confusa.
-Questo giustificherebbe le affermazioni di Loris – terminò Lex. –Capitano Levi, credo che tutto ciò sia plausibile.
Il piccolo soldato parve ancora abbastanza scettico. –-Come me lo spieghi il campanile, allora? – ciò che in quel momento provavo era un misto di frustrazione e di confusione, eppure il mio istinto mi portava a credere in quello che Conrad ci aveva illustrato. Potevo mai aver immaginato il mare senza prima aver ottenuto nozioni a riguardo? Non sarei mai stata capace di spiegare un evento simile con il mio intelletto, dunque era chiaro che un potere sovrannaturale avesse determinato un fenomeno come quello.
-Quel campanile ossessionava Catherine quanto Ivàn – continuò Conrad. –Non siamo mai stati in grado di capire da dove provenisse.
-E se Claire ha ereditato i ricordi da sua madre, allora anche lei fa parte del ceppo d’Oriente. Dico bene? – continuò Erwin.
Spalancai gli occhi. Mi sfiorai una guancia con una mano. –Non ho mai pensato di avere i tratti somatici di quegli uomini. Me li hanno sempre descritti con gli occhi a mandorla e i capelli neri come quelli di mia madre.
-In effetti, mamma somigliava molto di più agli uomini d’Oriente – aggiunse Lex, riflettendo probabilmente sulla lunga chioma corvina e la magrezza di nostra madre. –Ma non ho mai pensato che…
-E’ probabile che momentaneamente siate gli unici discendenti. E il fatto che i vostri genitori non vi abbiano detto nulla a proposito certifica che il loro obiettivo sia stato sempre quello di proteggervi. Gli uomini d’Oriente sono stati perseguitati da sempre per questa loro particolarità. Assieme ad un altro gruppo sociale chiamato Ackerman.
-Ackerman…
-Stando sempre ai documenti reperiti, questi avrebbero deciso contrariamente di allearsi inizialmente con il governo – Conrad diede un’occhiata ai fogli di prima. –Ma anche questi scritti sono pieni di contraddizioni e di errori. Forse nel corso del tempo avranno cambiato opinione a riguardo.
La testa mi scoppiava. –E perché proprio loro? Cosa ne è stato del resto?
-La domanda a cui sempre abbiamo cercato di rispondere: Smith credeva che la realtà in cui crescevamo e invecchiavamo fosse un enorme palcoscenico. I giganti minacciano l’umanità, benché, stupidi come si dimostrano, è difficile credere, almeno per me o per lui, che agissero di loro iniziativa. Comunque, anche se effettivamente fossero una punizione divina, come si racconta, a nessuno importa sapere ciò che è accaduto prima dei famosi centosette anni. Ciò di cui eravamo completamente convinti era che, da sempre, il governo ha cercato di farci dimenticare la causa per cui l’umanità, tutta d’un tratto, fosse stata costretta a vivere in quelle cinta murarie. La calamità naturale della comparsa dei giganti non è mai stata chiarita, e sono state uccise così tante persone il cui unico desiderio era quello di svelare una volta e per tutte la verità. E, ribadisco, sono morte a causa di quegli stessi che ci parlano costantemente di pace e ordine. Anche tuo padre, caro Comandante Smith, è stato vittima di questa ingiustizia.
-La Gendarmeria è un corpo dell’esercito come i restanti – ribatté Erwin.
-Il loro compito è sempre stato quello di mantenere l’ordine, si dice. Pensate che qualcuno che inizia a farneticare cose anomale sulle mura e sui giganti possa passare inosservato ed essere ignorato dai buzzurri che vivono le nostre terre? Io credo di no. Scoppierebbe il caos. Ma voi… voi fate parte dell’esercito. Voi potreste essere in grado di cambiare le cose.
Guardai interdetta i miei compagni.
-Voi riuscireste più di me o di altri a manovrare il sistema. Il governo si fida di voi, non è così? Claire ha una dote che probabilmente nessuno ha più, e ciò la rende una persona speciale, che potrebbe coinvolgere molte altre in questa impresa: lei potrebbe essere la nostra nuova speranza.
Prima che potessi io stessa controbattere, fu Levi a obiettare freddamente: -Non esiste. La nostra posizione di merda rispetto agli altri corpi militari è già alquanto complessa. Dovremmo sacrificarci per una stronzata simile?
-Non potremmo mai fare una cosa del genere in questo momento – aggiunse Erwin. –Non disponiamo delle forze, né dell’appoggio di qualcuno.
Conrad tacque. Sospirò, accendendosi un sigaro. –Allora c’è poco da fare – sentenziò. –Sono lieto di aver fatto la conoscenza dei figli di Hares.
Lex abbassò il capo, deluso. Avevo compreso che la ragione primordiale per cui egli si fosse deciso a seguirci in quel posto misero era quella di ottenere informazioni riguardanti nostro padre, e la quasi certa morte di quest’ultimo era stato un grande colpo da incassare.
Erwin e Levi erano già usciti dalla sua casa, ma io non mi ero mossa di un millimetro. –Ci sono due domande che vorrei porti – enunciai laconica.
-Mi ricordi tantissimo Catherine. È un peccato che sia morta in maniera tanto violenta – commentò. –Cosa vuoi sapere, ragazza mia?
-Quanto tempo è passato dall’ultima volta che hai rivisto Ivàn? Ti prego di essere sincero.
-Quattro anni fa, dopo che aveva scoperto della morte di lei. Sperava davvero che, una volta fuggito, non vi prendessero, invece…
Mi morsi il labbro, trattenendomi dal piangere. Nel frattempo, avvertivo il rumore dei passi di mio fratello, che aveva fatto ritorno all’interno della dimora. –Così pensava di salvarci se si fosse levato dai piedi…
-Ivàn era stato tenuto sempre d’occhio dopo la morte di Smith da “quelli che mantengono l’ordine”. Avevano capito che c’era un rapporto tra i due, e che anche lui era una minaccia. Ma mentre io sto qui senza che nessuno riesca a beccarmi, tuo padre era molto più a rischio in una città tanto controllata come Karanes. Quei bastardi, poi, hanno deciso di prendersela con Catherine. Voi due, invece, siete riusciti a sopravvivere.
Una lacrima mi bagnò la guancia. –Infine, - continuai, amareggiata, -vorrei chiederti delle musiche che i miei suonavano e cantavano. Le conoscevi?
-Non bene quanto te – si grattò il capo. –Ma sapevo che a tuo padre piacesse scrivere quel genere di diavolerie. Era bravo con la chitarra.
Annuii. –Lo è sempre stato – mormorai, osservando il volto triste di Lex. –Ti ringrazio.
Subito dopo, lasciai la casa di Loris Conrad per ritornare a casa, profondamente scossa da ogni parola fuoriuscita dalla bocca dell’uomo che avevamo appena conosciuto.
Avevo fatto un po’ di chiarezza sulla storia dietro la morte di mia madre e della scomparsa di mio padre, malgrado ne fossi rimasta alquanto addolorata, inoltre sentii un grosso peso aggravare su di me: il potere che custodivo dentro di me sembrava così fiabesco (difficilmente si poteva contraddire lo scetticismo di Levi, d’altronde), ma sapevo bene che non avrei potuto affatto rinnegare la spiegazione di Conrad: il ricordo di quel gigantesco lago chiamato mare si fece strada in maniera sempre più vivida nella mia mente, assieme all’immagine dello strano campanile.
Osservai Levi ed Erwin, infine Lex, mentre ci incamminavamo verso l’esterno di quel luogo grottesco. Dimostrare a tutti come stavano le cose, come ci aveva suggerito Conrad, sarebbe stato impossibile, tuttavia, nonostante tutto, credevo fermamente nella forza dell’Armata Ricognitiva. Avrei continuato ad ogni costo a sacrificare il mio tutto per poter cercare la risposta alle nostre domande anche nei territori controllati dai giganti. Questo era il mio compito, quello di Erwin Smith e del caporale maggiore Levi, e lo sarebbe sempre stato. Finché non avremmo scoperto finalmente la verità.
 
 
Spazio Autore: ciao a tutti! Malgrado il caldo, sono riuscita a finire uno dei capitoli più complicati che abbia mai scritto: ho dovuto fare centinaia di schemi per ordinare i discorsi di Conrad affinché avessero coerenza, ed è stato faticoso, benché comunque interessante… è uno dei capitoli più discorsivi, ho tralasciato quasi completamente le descrizioni, soprattutto a partire dalla seconda parte. Nonostante tutto, sono felice di aver concluso :).  
Il nome della droga menzionata è stato preso in prestito dall’OVA dedicato a Annie Leonhart “Wall Sina, Goodbye” e prodotta dal personaggio di Carly (mi sfugge il cognome, sono desolata!).
Ringrazio infinitamente ancora una volta le ragazze che prontamente recensiscono ogni volta.
Alla prossima!
 
  
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