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Autore: Shainareth    30/06/2018    5 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO




Alya la fissò con due occhi pieni di stupore. Non avrebbe voluto far pesare la cosa alla sua migliore amica, ma sul serio le riusciva difficile credere a ciò che Marinette le aveva appena chiesto. Per essere più precisi, non era solo la domanda in sé ad averla lasciata basita, quanto il modo e l’espressione con cui lei gliel’aveva posta.
   Approfittando del pomeriggio libero e del bel tempo, le due amiche si erano concesse una passeggiata allo Champ de Mars ed era stato allora che Alya aveva chiesto a Marinette come mai avesse quell’aria mogia e distratta, quel giorno. L’altra aveva temporeggiato nella risposta da darle, ridacchiando nervosamente, ma poi si era di colpo rabbuiata e aveva abbassato lo sguardo, arrestando il passo e costringendola a fare la medesima cosa.
   «Ehi… tutto bene?»
   «Cosa senti quando sei con Nino?»
   Era stata una curiosità dettata da cosa, esattamente? Alya l’aveva guardata esterrefatta e allora lei si era affrettata ad aggiungere: «Scusa, so che può sembrare una domanda scomoda… è solo che… non pensi anche tu che forse…» La voce le era venuta meno, gli occhi le si erano fatti lucidi e la ragazza aveva dovuto mordersi il labbro inferiore per farsi forza prima di continuare. «…forse Adrien non è il ragazzo giusto per me…?»
   A cosa era dovuto quel pessimismo improvviso? Cos’era accaduto per far sì che Marinette si torturasse con un dubbio del genere? Alya le si fece vicina, le passò un braccio attorno alle spalle e le sorrise con tenerezza. «Ti va di sederci e di gustarci un buon gelato, mentre ne parliamo?»
   Non finì di dirlo che Marinette si lasciò sfuggire una lacrima, poi un’altra, mentre con le mani già nascondeva il viso alla sua vista. Alya l’abbracciò, carezzandole affettuosamente la schiena. «Piangi pure, se ne hai bisogno», le sussurrò all’orecchio, certa che la sua amica fosse soltanto confusa e che necessitasse di sfogare in qualche modo. Non l’avrebbe giudicata e questo Marinette lo sapeva. Ecco perché subito si aggrappò a lei e si lasciò andare in singhiozzi silenziosi contro la sua spalla, cercando un conforto che forse soltanto lei poteva darle.

«Quindi… è per questo che sei arrivata alla conclusione che Adrien possa non essere il ragazzo giusto per te?» chiese Alya, leggendo sul cellulare della sua amica la citazione che le aveva tolto il sonno. «In tutta onestà, credo che l’amore sia diverso per ognuno…»
   «Ma se così non fosse?» mugolò Marinette, seduta accanto a lei sulla panchina, le ginocchia al petto e il viso nascosto. «Ricordi cos’è successo l’altra volta, quando io e Adrien ci siamo tenuti per mano durante i provini per il videoclip di Clara Nightingale? Ero tremendamente in imbarazzo. Come sempre, del resto.»
   «Mi pare lo fosse anche Adrien», le fece notare Alya, attenta ai dettagli come al solito. L’altra levò su di lei due occhioni da cucciolo che le fecero scappare una risata. «Forse non te ne sei accorta, ma lo stesso Adrien sembrava andato quasi nel pallone, quel giorno. Ho anche delle riprese che lo testimoniano», le assicurò, restituendole il cellulare per recuperare il proprio e mostrarle le immagini di quel giorno. Alya aveva ragione, si disse Marinette con non poco stupore: guardandole ora, a mente più fredda, non poteva non notare come il giovane si fosse comportato in modo assai simile al suo. Lo imbarazzava prenderla per mano? Anche lui avvertiva le farfalle nello stomaco?
   «Oltretutto», stava continuando Alya, mentre le immagini continuavano a scorrere sotto ai loro occhi, «dopo che si è tolto il costume, è rimasto dietro alla porta del tuo camerino ad aspettarti.»
   Questo Marinette lo ricordava bene. Dopo che Chloé era tornata sul luogo del provino e aveva cercato di mandare tutto a monte ricorrendo all’aiuto di suo padre il sindaco, lei e Adrien erano stati costretti a cambiarsi, togliendosi di dosso i costumi di Ladybug e Chat Noir. Era stata una salvezza – non soltanto per lei, benché Marinette non potesse saperlo – perché questo aveva impedito agli altri di scoprire la vera identità dei supereroi di Parigi; soprattutto aveva tratto d’impaccio i due ragazzi anche da un’altra situazione di chiaro imbarazzo: il doversi esibire fianco a fianco, mano nella mano. E nonostante ciò, Adrien era rimasto appena fuori dal suo camerino mentre lei finiva di cambiarsi, come se avesse avuto qualcosa di importante da dirle, che non potesse essere rimandato in alcun modo. O forse era stata solo la sua immaginazione, fervida come sempre quando si trattava del suo rapporto con lui?
   «Hai notato che quando Adrien è in imbarazzo tende a portarsi una mano…»
   «…dietro alla nuca, sì», completò Marinette per l’amica, gli occhi ancora fissi sulla figura del giovane che vestiva in nero e aveva due graziose orecchie da gatto fra i capelli biondi. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma con se stessa stava pian piano cedendo il passo ad una constatazione più che oggettiva: Adrien assomigliava molto a Chat Noir.
   «Ce l’aveva anche mentre ti stava aspettando», le rivelò Alya, non riuscendo ad indovinare il flusso dei suoi pensieri. «È chiaro che tu, mia cara, stia iniziando a piacergli.»
   «Lo credi sul serio?»
   Dal tono della voce, Marinette non le sembrava entusiasta come lei si era aspettata; pertanto la ragazza tornò a sbirciare nella sua direzione, scorgendole sul viso un’espressione tutt’altro che allegra. «La notizia ti lascia così indifferente?» domandò a quel punto, perplessa e anche un po’ spaesata.
   Vide l’amica tornare a nascondere il viso contro le ginocchia con fare sconsolato. «Se anche fosse come dici, e cioè che io stia iniziando a piacergli… il fatto che si imbarazzi in quel modo, proprio come accade a me… non vuol forse dire che non siamo fatti per stare insieme?»
   «Cosa…?»
   «Sì, insomma, non arriveremmo da nessuna parte… Io davanti a lui balbetto, lui davanti a me potrebbe iniziare a fare lo stesso… e a quel punto tutto quello che saremmo in grado di dirci sarebbe un confuso: gna ghe bleh muuu
   Alya trattenne una risata, quasi isterica, e si portò una mano alla fronte, gli occhi rivolti al cielo a testimonianza della tanta pazienza che ci voleva con la scarsa autostima e la tanta insicurezza della sua migliore amica. «Marinette, non è detto che accada.»
   «Tu e Nino avete mai avuto problemi di comunicazione, in quel senso?»
   «Beh… forse per i primi due minuti», fu l’onesta risposta che diede.
   «E avverti anche tu le farfalle nello stomaco?»
   Strinse le labbra e trattenne il fiato, prima di ammettere: «Non mi è mai capitato.»
   «Quindi non ti succede mai di sentirti confusa?»
   «Beh… no. Ma sai, credo dipenda dal carattere…»
   «E il batticuore? Lo hai mai sentito?»
   «Quello sì», le garantì. «Ogni volta che fa o dice qualcosa di dolce.»
   «Ma non quando ti è semplicemente vicino.»
   «Marinette…»
   «Avverti un senso di sicurezza, con lui?»
   «Sì, certo. È normale, no?»
   Anche Marinette era convinta che lo fosse; eppure non le capitava di provare la stessa cosa con Adrien. O meglio, si sentiva bene con lui, certo, ma l’agitazione dovuta alla sua vicinanza era forse maggiore e questo le rendeva difficile sentirsi del tutto a suo agio. Alle volte riusciva a vincere le emozioni e a parlargli in modo naturale, questo lo riconosceva, ma ciò capitava soprattutto quando era troppo presa da altro per concentrarsi sui propri sentimenti e sull’effetto che Adrien aveva su di lei.
   La cosa che la spaesava più di tutto il resto, però, era ben altra.
   «Sai?» ricominciò Alya, interpretando il suo silenzio come uno dei suoi soliti viaggi introspettivi dai risvolti tragicomici. «Sono convinta che tu abbia solo bisogno di trascorrere più tempo con lui. Abituandoti alla sua presenza, sono certa che inizierai a tenere a bada le emozioni e a renderti esattamente conto di come stanno le cose.»
   «Ci ho già provato a chiedergli di uscire, ricordi? Più di una volta, oltretutto. Ed è sempre finita male.»
   «Beh… almeno non ti ha mai detto no.»
   «Certo, ma solo perché non ha avuto il tempo di sentire la mia proposta!» s’infervorò improvvisamente Marinette, tornando a guardare l’amica, le guance rosse per l’imbarazzo e il disappunto. «Sono una causa persa, Alya! Dovrei gettare la spugna!»
   «Hai davvero intenzione di rinunciare al grande amore della tua vita?» stentò a crederci l’altra.
   Era proprio questo, il punto. Marinette tornò ad abbassare lo sguardo. «A quanto pare… Adrien non lo è mai stato.» La voce le si spezzò di nuovo e i suoi occhi tornarono a farsi lucidi per le lacrime trattenute.
   «Marinette…» sospirò Alya, avvertendo tutta la tristezza dell’amica. Le afferrò le guance fra le dita e gliele pizzicò, tirandogliele per costringerla a sorridere. «Di’, vuoi forse diventare preda di una akuma
   Giusto, si riebbe subito la ragazza, sforzandosi di ingoiare tutta la propria frustrazione. Se Papillon l’avesse presa di mira, chi mai avrebbe potuto fermarlo? Sì, certo Chat Noir avrebbe sicuramente fatto la sua parte in modo impeccabile, ma di certo lei gli avrebbe reso le cose difficili.
   «Il fratello di Juleka non c’entra niente, con tutto questo, vero?»
   Quella domanda la riscosse da tutti quei pensieri nefasti e Marinette avvampò. «Certo che no!» le giurò, portandosi una mano al cuore. «È vero, Luka mi piace», ammise per la prima volta con Alya, «ma Adrien è Adrien e…»
   «…e tu continui ad essere innamorata persa di lui, in barba a qualunque frase letta su internet», la interruppe l’altra, posando il polpastrello di un dito contro la fronte di lei e spingendola scherzosamente indietro. Rise per l’espressione che ricevette in cambio di quel gesto e scosse le spalle. «Marinette, fatico davvero a credere quale sia il problema. Di’ la verità, sei sotto ciclo.» Lei aprì la bocca, come se volesse protestare, ma finì col richiuderla quasi di scatto. Alya incrociò le braccia sotto ai seni formosi. «Lo sapevo», concluse, alzando di nuovo gli occhi al cielo, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
   Sì, forse stava davvero ingigantendo il tutto, riconobbe Marinette fra sé – maledetti ormoni. Eppure… eppure il vero problema era un altro: non era la confusione dovuta alla vicinanza di Adrien a preoccuparla, quanto il fatto che a trasmetterle sicurezza e protezione era qualcun altro.

Con una semplice torsione del braccio, Chat Noir fece leva sui muscoli delle gambe per sollevare il malvivente e scaraventarlo con forza sulla pila di delinquenti ammucchiati da lui e dalla sua collega, al termine di quello che aveva tutta l’aria di essere stato un tentativo di rapina ad opera di un commando armato. A dare l’allarme era stata una telefonata anonima, nella quale era stato detto che un gruppo di uomini dall’aria sospetta era stato avvistato nei pressi di una strada periferica, proprio lungo il percorso che avrebbe dovuto compiere un furgone portavalori. La polizia era stata cauta nelle sue mosse, permettendo ai due eroi di Parigi di intervenire prima che si arrivasse ad uno scontro a fuoco.
   E mentre Ladybug, le mani sui fianchi, contemplava l’entrata in scena delle forze dell’ordine, pronte finalmente ad ammanettare i malfattori, Chat Noir le si avvicinò con aria dubbiosa. «Credo che dovremmo assumere un avvocato.» Lei gli rivolse un’occhiata stranita e lui spiegò: «Per i nostri diritti d’immagine, intendo. Quei disgraziati portavano in volto delle maschere con le nostre fattezze. Non mi va di essere associato a gentaglia del genere.»
   «Neanche a me», rispose con calma la ragazza, «ma temo che per noi sia impossibile, al momento, assumere un legale. Tanto per cominciare, nessuno conosce la nostra identità.» E poi c’era la questione dell’età anagrafica. Marinette non sapeva quanti anni avesse il suo partner, ma lei era ancora minorenne e dubitava di poter fare qualcosa del genere senza il consenso dei suoi genitori.
   «Ti rendi conto che i nostri volti e i nostri nomi sono dappertutto?» riprese l’altro, allargando le braccia ai lati del corpo per rimarcare il proprio disappunto per l’essere stato associato in qualche modo  ad una banda di criminali. «Pubblicità, action figures, poster, gadget di ogni tipo… Ho scoperto che esistono persino delle fanfiction, su di noi.» Ladybug sgranò gli occhi e lui corrucciò la fronte. «Non ti piacerebbero», borbottò con un vago senso di disagio nello sguardo. «Oltretutto, nella maggior parte di quelle storie, io vengo dipinto come un mandrillone dai lombi infuocati.»
   Marinette non riuscì a trattenere una risata né si curò di nasconderla troppo all’amico, che, piccato, la fissò in tralice, le braccia conserte. «Potrei offendermi, sai?»
   «Scusa, scusa…» annaspò l’altra, pur non riuscendo a contenere il divertimento.
   «Ridi, ridi pure», la provocò Chat Noir, deliziandosi in realtà del suono della sua risata. «Ti assicuro, però, che nella fervida fantasia dei nostri fan la cosa ti rende molto felice.»
   Ladybug s’irrigidì di colpo e, rossa in viso, lo fissò con orrore. «Hai… Hai davvero letto…?»
   Lui scosse le spalle. «No, i particolari li ho saltati a piè pari», bofonchiò con aria visibilmente imbarazzata, gli occhi che rifuggivano quelli della collega.
   Quest’ultima tornò a sorridere, intenerita da quella reazione che smentiva appieno la fantasia dei fan riguardo alla vera natura di Chat Noir. «Se solo sapessero che non sei altro che un gattino fastidioso…» lo prese bonariamente in giro.
   L’altro schioccò la lingua sotto al palato con stizza. «Sono anche molto affascinante», ci tenne a ricordarle per dovere di cronaca. La sentì ridacchiare e si lasciò andare anche lui ad un’espressione divertita, lieto che Ladybug non se la fosse presa per l’opinione che alcuni dei cittadini francesi avevano su di loro. Ad Adrien non piaceva, ma si era convinto che rivelare la faccenda all’altra diretta interessata fosse giusto, così che anche lei prendesse coscienza di quanto, alle volte, la notorietà potesse nuocere alla propria immagine. Quando non portava la maschera ci pensavano i legali di suo padre a tutelare la sua persona, senza contare che aveva soltanto quattordici anni e nessuno che fosse abbastanza intelligente si sarebbe sognato di infangare il suo nome senza rischiare grosso. Per Chat Noir e Ladybug, però, le cose stavano diversamente: nessuno sapeva quale fosse la loro età né quale fosse il loro vero aspetto, e questo stuzzicava non poco la curiosità e la fantasia dei fan.
   «Questo affascinante gattino può avere l’onore di riaccompagnarti a casa?»
   «Mh», ci pensò su Marinette, indecisa sul da farsi. «Ti concedo la mia deliziosa compagnia fino a Place du Châtelet, non di più», stabilì infine, sentendosi particolarmente magnanima, quel giorno.
   Sorpreso da quella grazia insperata, Adrien aprì le labbra in un sorriso abbagliante, gli occhi verdi che brillavano di gioia. «Prima magari potremmo passare per…»
   Ladybug allungò il braccio e posò la punta delle dita sulla sua bocca, impedendogli di proseguire. «Dritti a Place du Châtelet, senza deviazioni. O finiremo per alimentare i pettegolezzi.»
   Non aveva tutti i torti, ragionò l’altro, arrendendosi davanti a quella verità. Sospirò e scrollò le spalle. «Giusto, hai ragione.»
   «Come sempre.»
   «Non ci allarghiamo, my lady…» la smentì in tono paziente, facendola ridere di nuovo. Si esibì in un lezioso inchino e si spostò per cederle il passo. «Dopo di lei, mia signora.»
   «Merci, chaton», rispose lei, avanzando e lanciando il proprio yo-yo in direzione di uno dei tanti comignoli dei palazzi attigui. Chat Noir le fu subito dietro e lei accelerò la corsa sui tetti, dandogli a intendere che avesse voglia di giocare. Quella che avrebbe dovuto essere una semplice passeggiata si trasformò ben presto in un gioioso e infantile acchiapparello, puro e ingenuo, così terribilmente in contrasto con l’opinione che molti avevano dei due supereroi di Parigi che, in realtà, erano poco più che due bambini sulle cui spalle gravavano responsabilità enormi.
   La sfida fu vinta da Ladybug, che arrivò per prima accanto alla fontana al centro della piazza e attirò l’attenzione dei presenti, che subito misero mano al proprio cellulare per riprendere l’inatteso incontro. «I gatti non dovrebbero essere più agili?»
   «Sì», ammise Chat Noir, atterrando di fronte a lei e facendo ritornare il proprio bastone alle sue consuete dimensioni, «ma le coccinelle possono volare.»
   «Credevo ti trovassi a tuo agio sui tetti.»
   «Quando mialogo alla luna, certo», confermò ancora lui, strappandole l’ennesima risata della giornata. Il suo sguardo oltrepassò le spalle dell’amica e si posò sulla villa di suo padre, che con la sua fredda imponenza risaltava alla vista rispetto agli edifici vicini. L’idea di dovervi fare ritorno di lì a poco smorzò il suo entusiasmo e lo indusse di nuovo a spostare la propria attenzione sulla ragazza davanti a lui. Amava stare con lei, amava la sua voce, la sua risata, il suo profumo. «Prima che tu vada via, volevo darti una cosa.»
   Lei lo fissò stupita e lui la prese gentilmente per mano, iniziando a camminare verso il limitare della piazza. «Chat Noir…»
   «Ci vorrà solo un momento, promesso.»
   Marinette non protestò oltre e abbassò lo sguardo sulle dita artigliate che ghermivano le sue, gentilmente, con tenera possessione. Sapendo ciò che Chat Noir provava per lei, avrebbe dovuto preoccuparsene, forse; eppure l’unica cosa che riusciva a comunicarle quella presa era sicurezza. Ancora una volta il suo pensiero tornò alle parole che aveva letto un paio di giorni prima, e ciò la turbò non poco.
   Non ebbe tempo di riflettere oltre, perché il giovane si fermò e quando lei alzò di nuovo gli occhi lo vide parlare con una signora dall’aria familiare. Marinette la conosceva, si trattava della fioraia che gestiva un chioschetto ambulante e che alle volte passava da quelle parti con i suoi vivaci colori ed i meravigliosi profumi. Un attimo dopo, Chat Noir la trascinò di nuovo lontano da lì e infine si fermò, mettendole una margherita bianca sotto al naso. «Per te, buginette.» La ragazza schiuse le labbra ma, incapace di esprimere subito un concetto di senso compiuto, da esse non uscì alcun suono. Ciò autorizzò l’altro a lasciarle andare la mano e a continuare: «La margherita bianca è il simbolo della purezza e della modestia, ma è anche simbolo dell’amore paziente e fedele», le spiegò in tono dolce, mentre spezzava il gambo del fiore.
   «Chat Noir…» Marinette avvertì un tuffo al cuore, come tutte le volte che lui faceva o diceva qualcosa capace di commuoverla. Proprio come succede ad Alya con Nino, si ritrovò a pensare, arrossendo appena.
   «Credo che un po’ di sana gelosia farà bene al tuo innamorato», si sentì dire, inaspettatamente, mentre il giovane infilava lo stelo della margherita alla base di uno dei suoi codini. La voce di Chat Noir era rassegnata e tesa al contempo, segno che era in evidente conflitto con se stesso: se da una parte si augurava solo il bene dell’amata, dall’altro non voleva e non riusciva affatto a rinunciare ai propri sentimenti per lei.
   Quell’onestà, quella dolcezza che lui non si stancava mai di donarle, non poteva più essere a senso unico. Non doveva. «Non…» Marinette si fece coraggio. «Non è il mio innamorato», ammise infine, pur avvertendo una morsa al centro del petto. Vide l’altro mutare espressione e, abbassando lo sguardo con aria vergognosa, fu costretta ad andare fino in fondo. «L’unica ad esserlo, fra i due, sono io. Lui mi considera soltanto una buona amica.»
   Fu come una secchiata d’acqua gelida, ma Adrien non seppe dire se fosse stata del tutto spiacevole. Se da un lato non poteva che provare fin troppa empatia nei confronti della collega, relegata come lui al semplice, odioso ruolo di amico, dall’altro il suo amor proprio gli faceva presente che la speranza di veder realizzato il suo sogno romantico era tutt’altro che sepolta.
   Prese fiato e domandò: «Che problemi ha, quel tipo?» Ladybug tornò ad alzare di scatto lo sguardo su di lui, che ora aveva inalberato un’espressione assai contrariata. «Forse dovrei essere contento che lui sia così… cieco, ma la tua felicità è più importante e io…» Lei sorrise con affetto, commossa ancora una volta dalla purezza dei suoi sentimenti. Chat Noir tacque per un attimo, cercando di dominare le emozioni; quando ci riuscì, tornò a parlare: «Scusa, è solo che… non mi capacito del fatto che ti abbia rifiutata.»
   «Non l’ha mai fatto.» E allo sguardo interrogativo di lui, Marinette si strinse nelle spalle. «Non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi», spiegò. «Anche se… credevo l’avesse ormai capito, visti tutti i miei tentativi di approccio», confessò con un filo di voce.
   «Mettigli sotto al naso il regalo che ti ho fatto, magari si sveglierà e sarà roso dal tarlo della gelosia per davvero», si sentì consigliare di cuore.
   «Dubito accadrà», fu la sincera risposta che diede al compagno di battaglia, reprimendo l’impulso di abbracciarlo.
   «Beh, allora digli ciò che provi», insistette Adrien, certo che se solo quell’idiota che le aveva rubato il cuore fosse stato a conoscenza di cosa rischiava di perdere, avrebbe cambiato subito idea. Era ben consapevole di darsi la zappa sui piedi, però…
   «Non credo di avere molte speranze, al momento.»
   Cos’era tutto quel pessimismo? Dov’era finita la Ladybug sempre positiva che tanto amava? Possibile che quel tipo avesse tanto potere su di lei? Sul serio, non poteva sopportare di vederla in quello stato.
   «Se dovesse deluderti e tu dovessi avere bisogno di una spalla su cui piangere, ricordati che questo mandrillone sarà sempre pronto a consolarti», si sentì in diritto di dirle, fra il serio ed il faceto. Ottenne l’effetto desiderato, perché la ragazza scoppiò a ridere e i suoi occhi tornarono a splendere. Adrien avvertì tutto il peso che l’umore di lei aveva sul suo, di cuore, e si rese conto di quanto entrambi fossero nei guai fino al collo: prigionieri di un amore che non aveva vie d’uscita.
   «Grazie, Chat Noir», mormorò Ladybug, guardandolo da sotto in su con riconoscenza.
   «Sempre al tuo servizio, my lady», giurò lui, tornando ad inchinarsi ancora una volta al suo cospetto.












Anzitutto voglio ringraziare tutti voi dal più profondo del cuore per la comprensione ed il sostegno: siete meravigliosi. Non mi aspettavo tanto affetto, mi sono letteralmente sciolta. ♥
In secondo luogo, ci tengo a tranquillizzarvi: sono riuscita ad approfittare di questa settimana di ferie per scrivere e ho pronti i primi cinque capitoli. In più, ho un quadro più chiaro di questa storia e non vedo l'ora di proseguire con la scrittura.
Di contro, da lunedì tornerò al lavoro e mi hanno già comunicato che dovrò sostituire una collega per le ferie, indi per cui ciò avrò meno occasioni per scrivere. Ragion per cui, eccezion fatta per oggi, mi prenderò la libertà di far passare un maggior lasso di tempo fra un aggiornamento e l'altro, e per questo vi chiedo scusa. Ma penso che sarebbe peggio se io postassi un capitolo a settimana e poi, di punto in bianco, mi ritrovassi senza aggiornamenti e vi lasciassi aspettare chissà quanto per avere altro da leggere. Preferisco dare comunque una cadenza regolare all'uscita dei capitoli, così da andare avanti con la scrittura con tutto comodo. Questo anche perché anche un semplice aggiornamento porta via del tempo, tra revisione del capitolo e inserimento del codice html. Spero dunque che sarete d'accordo con me se posterò i prossimi capitoli con una cadenza quindicinale, più o meno.
Prima di concludere, ci tengo a rispondere a chiunque mi abbia posto la domanda: chiedo venia a tutte/i le/i fan di Luka, ma al momento questa storia non prevede la sua presenza per due motivi. Il primo, perché è un personaggio che conosco troppo poco, essendo apparso in un solo episodio, e per questa ragione non mi sembra il caso di inserirlo in una fanfiction, magari col rischio di snaturarne il carattere; il secondo, perché il mio obiettivo principale è un altro e credo si sia capito già sul finire di questo primo capitolo.
Detto ciò, vi ringrazio ancora per il vostro interesse per questa storia; dal canto mio, mi impegnerò per non deludere le vostre aspettative.
Un abbraccio a tutti e buon fine settimana! ♥
Shainareth





  
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