Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    30/06/2018    3 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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26. Riposo
 
Sulla strada di ritorno, tentai come meglio potessi di liberare la mia mente dalla valanga di informazioni apprese quel pomeriggio. Ma fu assai difficile ignorare una verità così sconvolgente: appartenere al clan d’Oriente mi aveva reso molto inquieta e ancora più turbata.
Da quel che constatai sulla carrozza che ci avrebbe accompagnato al Quartier Generale dei ricognitori, anche i restanti presenti parevano allo stesso modo preoccupati o semplicemente scossi. I miei occhi sorprendevano in continuazione Levi, Erwin e Lex a fissare il vuoto ogni qual volta li osservassi.
Conoscendo tanto bene mio fratello, ero convinta che questo stesse cercando con tutte le sue forze di non piangere davanti gli ufficiali del Corpo di Ricerca, i quali non si degnavano tantomeno di scambiare due parole come erano soliti fare.
-Credo sia stato abbastanza choccante ciò di cui siamo venuti a conoscenza oggi – parlai. –Ma non vedo cosa possiamo fare noi.
-Infatti la nostra missione rimarrà invariata: scopriremo a tutti i costi il segreto dei giganti combattendoli sul fronte – disse Erwin. –E’ questo il nostro compito, e noi continueremo ad assolverlo.
-Quel maledetto ha davvero creduto che potessimo fare i ribelli di turno – tuonò la voce di Levi. –Che stolto, ma forse ha solo il cervello annebbiato da tutte quelle porcherie.
-Non ha senso discuterne, - rispose il biondo, -abbiamo già detto la nostra a riguardo.
-Cos’è quell’espressione? – Levi lo guardò. –Sembra che l’idea in un certo modo ti ecciti, Erwin.
Quest’ultimo alzò lo sguardo, fissando per un attimo quello indifferente del corvino. Ebbi modo di studiare meglio l’intesa tra i due soldati proprio in quegli istanti e non mancai di constatare ancora una volta quanto fosse grande la profonda fiducia che i due nutrivano l’uno nei confronti dell’altro. Molto spesso, anche durante le spedizioni che avrei avuto modo di affrontare nel corso del tempo, avrei scoperto come entrambi ragionassero alla medesima maniera, e l’uno non prendeva decisioni senza aver prima conosciuto l’opinione del secondo. In altre parole, capitava di rimando che le loro menti fossero interconnesse.
–Anche io vorrei cambiare le cose – disse il capitano di divisione. –L’ho sempre desiderato, da che ho deciso di arruolarmi molti anni fa. Ma non è il momento opportuno, non ancora.
Levi incrociò nuovamente le braccia. –Sempre che ci sia, il momento opportuno.
Concluso quel discorso, mi occupai di Lex. Era doloroso, per me, vederlo in quello stato, peraltro non c’era nulla che potessi fare in quel momento. Anche una parte di me era profondamente delusa e impietosita per la fine che aveva fatto l’unico nostro genitore che, così avevamo creduto fino a quel giorno, poteva essere rimasto in vita. Inoltre, non avevamo fatto tantomeno luce sulla verità dietro la morte di nostra madre.
-Penso sia la prima volta che un normale civile dorma nella caserma dell’Armata Ricognitiva – ruppi di nuovo il silenzio, sorridendo ai tre uomini. –Al posto tuo, sarei super eccitata, Lex.
-Non vorrei causarvi alcun disturbo – ammise, guardandosi i piedi con aria leggermente sollevata. –Potrei sempre tornare a Karanes stanotte.
-Non sei per niente un disturbo, Lex – gli sorrise Erwin. –Siamo stati noi a coinvolgerti in questa faccenda, è bene che ci prendiamo cura di te almeno per questa notte. Domattina potrai tranquillamente partire senza fretta per Karanes.
Lex ricambiò lo sguardo. –La ringrazio infinitamente, Comandante. Eppure, continuo a credere che riservarmi una stanza degli ospiti nei dormitori degli ufficiali, come mi ha rivelato Claire, sia alquanto eccessivo.
-Certamente non potevamo lasciarti dormire negli alloggi comuni – ribattei, ridacchiando.
-La nostra caserma è sempre semivuota – aggiunse Levi. –Erwin gongola ogni volta che qualcuno si aggiunge a noi. Nessuno è sgradito, per lui.
Levi fu in grado di strappare una risata al ragazzo e di tranquillizzare momentaneamente anche me.
Dopo un po’ di tempo, il nostro viaggio terminò. Approdammo in caserma quando il sole era già tramontato. Il coprifuoco era addirittura iniziato, ma promisi a me stessa di non fare ritorno da Petra finché non avessi accompagnato Lex nella sua camera, al sicuro.
Erwin si congedò per recarsi nella sua abitazione, mentre Levi si offrì di farmi compagnia.
-E’ grandissima, e… elegante! – aveva esclamato Lex, non appena vi aveva messo piede. Con gli occhi fuori dalle orbite, osservava l’arredamento raffinato della sua stanza. –E’ troppo per me, non me lo merito affatto.
-Sì, invece! – esclamai, abbracciandolo. –E’ il minimo che la Legione Esplorativa possa fare per te.
-Sei un ricognitore a tutti gli effetti adesso, Claire – ridacchiò.
Non gli risposi, ma tentai di rassicurarlo come meglio potessi con quell’abbraccio.
-Ora andrà tutto bene. Il peggio è già passato – spiegai.
-Lo so. Ma tu fatti viva a Karanes, di tanto in tanto. So che qui hai Petra, e soprattutto Levi, – sussurrò, guardando il diretto interessato, che attendeva il mio ritorno sull’uscio della porta, -cerca di trovare sempre un po’ di tempo per me, d’accordo?
Annuii. –Sai bene che lo farò senz’altro – gli carezzai i capelli. –Contaci.
Ero sul punto di tornare dal caporale, ma la sua voce mi fermò: -Claire, quei giganti che io ho visto in sogno… fanno parte anche loro di uno dei ricordi di cui parlava Conrad? – chiese timoroso lui.
Sospirai. –Sì, penso sia molto probabile.
-Ma allora perché c’eri anche tu? Insomma, non fai parte di questi ricordi.
-E’ stato il tuo inconscio, - risposi. –Io ho sognato il mare mentre ero in compagnia dei vecchi amici di Levi, senza averli nemmeno visti. Anche noi siamo esseri dotati di fantasia, a modo nostro.
Gli sorrisi, e lui ricambiò. Lo salutai con affetto, dopodiché mi diressi dal mio amato.
Ero lieta che anche quella giornata ricca di novità e, se volessimo considerarli in questo modo, traumi vari fosse quasi giunta al termine. Avevo rassicurato, anche se di poco, mio fratello Lex, malgrado fosse rimasto turbato e deluso. Infine, potevo ancora contare sulla presenza di Levi al mio fianco. Nonostante tutto, sarebbe stato eccessivo lamentarsi più di tanto.
-Stai bene? – mi chiese finalmente il corvino, mentre percorrevamo il corridoio.
-Non è stata un’esperienza consuetudinaria, soprattutto per lui. Mi sentivo in dovere di consolarlo un po’ – gli rivolsi un sorriso. –Comunque grazie per avermi supportata anche stavolta.
Egli non rispose, continuando in silenzio il tragitto. Decisi di fare altrettanto.
Mi portai le mani dietro la testa, sbadigliando. –Ora che Lex è sistemato, posso finalmente concedermi un meritato riposo – giudicai.
-Non tornare ai dormitori – mi ordinò lui, con un tono quasi supplichevole. Non disse niente per qualche secondo, mentre io, mezza interdetta, riflettevo su quel comando un po’ bizzarro.
–Cioè…Ti andrebbe di restare da me, Claire? – concluse, un po’ in imbarazzo.
Un grande sorriso si impossessò del mio viso. Non risultò difficile, per me, alzare da terra la sua piccola massa per stringere il suo corpo al mio. –Davvero lo vuoi, Levi? Che dolce! – esclamai, prima di ricevere un pugno sulla schiena dal piccolo soldato.
Indolenzita, lo lasciai andare. –Che modi! – commentai, massaggiandomi il punto in cui mi aveva colpita.
-Vedi di comportarti da persona matura, sei ridicola – disse lui.
Scoppiai a ridere. –Non posso prenderti in braccio? Che c’è di male?
Egli arrossì. –Tch. Perché ti comporti da stupida come Hanji?
-Finiscila di avercela con lei – sorrisi. –Ma davvero vuoi che resti con te?
Malgrado conoscessi già la risposta, non potei privare me stesse di avere le sue dita intrecciare amorevolmente le mie; è un momento che valeva la pena riportare anche in queste memorie.
-Sai bene che non mi secca – mormorò autorevole, accompagnandomi fino alla porta di camera sua.
Una volta lì, mi liberai della giacca, poi sedei alla sua scrivania e mi sciolsi i capelli, lisciandomeli con la punta delle dita. Notai che lui, nel frattempo, aveva iniziato a togliersi con molta cura il suo immancabile fazzoletto, riponendolo poi nell’armadio.
Con quanta attenzione egli curava il suo aspetto! Avevo sempre criticato la sua apprensione maniacale per gli indumenti giusti da indossare; invece, dopo essermi addentrata nelle fogne della capitale, in mezzo alla sporcizia e al lerciume di qualsiasi tipo, mi ero resa conto quanto quel ragazzo avesse sempre desiderato vivere in condizioni un po’ meno disagianti. Magari era tanto riconoscente a Erwin anche perché questi gli aveva permesso una vita che, nonostante pesante e tragica per le continue lotte con i giganti, era in ogni caso migliore di quella trascorsa in quel buco di terra.
-Levi, mi presteresti una spazzola? – chiesi con gentilezza.
Egli rovistò nel suo guardaroba, tornando da me con una spazzola in legno. Allungai la mano per accettare l’oggetto, ma non sembrò molto intenzionato a rendermelo.
-Voltati, ci penso io – annunciò, con un modo di parlare che trovai assolutamente calmo e confortevole alle mie orecchie.
Feci come mi aveva detto, poi iniziò a passare la spazzola sui miei capelli, facendo attenzione a non spezzarmeli. Anche con così poco, Levi mi fece toccare il cielo con un dito! Il suo tocco era incredibilmente delicato e meraviglioso.
Dopo un po’, Levi poggiò la spazzola sul tavolo, poi mi chiese: -Vuoi che ti aiuti a toglierti l’imbragatura?
Solitamente, era Petra quella incaricata a slacciarmi buona parte delle fenditure di quella fastidiosissima legatura, ma accettai comunque di essere aiutata da lui. Mi slegò ben presto tutti le cinture di cuoio, fino a che le sue dita non si avvicinarono a quella principale, sistemata all’altezza del seno.
Le sue mani si fermarono lì. Potei notare il rossore dipinto sulle sue guance, un colorito che contagiò presto anche il mio viso. Levi, tuttavia, non si perse d’animo, e mi liberò anche di quell’impedimento.
Lo ringraziai ed egli tornò indietro di un passo, poi sedette sul bordo del suo letto, iniziando a slacciare le sue cinture.
Mi sistemai accanto a lui. –Lascia che ricambi, almeno. No? – ridacchiai, preoccupandomi di quelle che gli avvolgevano le gambe; mi venne in soccorso, appoggiando prima la destra, poi la sinistra sulle mie cosce, così che potessi aiutarlo più facilmente.
Lasciò l’imbracatura completamente slacciata provvisoriamente sul letto, portando una mano sul colletto della camicia per iniziare a slacciarla. Ancora una volta mi offrii di aiutarlo, protraendomi verso di lui.
-Grazie – mormorò, coprendosi una porzione di volto col braccio. Rimase in quella posizione finché non gli avevo scoperto completamente il torace. Abbastanza imbarazzato, si lasciò svestire, rimanendo di nuovo a petto nudo davanti ai miei occhi. Eppure, non mi fermai qui: una volta finito, sedetti dietro di lui, cingendogli il bacino con le gambe; iniziai a massaggiargli il retro del collo.
Ero così felice di averlo nuovamente tutto per me! Soprattutto, eravamo entrambi usciti vivi da quell’inferno sotterraneo. Compresi quanto quella visita potesse averlo turbato. Quel luogo era stato teatro di così tanti orrori, per lui, e io, che lo avevo conosciuto solo pochi mesi prima, nemmeno potevo comprenderlo del tutto.
-Va bene così?
Brontolò qualcosa, prima di lasciarsi scappare un piccolo gemito. Una smorfia di orgoglio si impossessò del mio volto, il mio cuore batté ancora più di prima. Stuzzicarlo in quel modo risultava eccitante per entrambi.
Poco dopo, però, iniziò ad ignorare le mie attenzioni: addirittura allungai il collo per osservare il suo volto; sembrava abbastanza nervoso.
-Quanto sei teso, Levi – osservai dopo. –Mi dispiace per averti fatto vivere tutto questo. So che sono stata io a causare il nostro viaggio nei latifondi di Mitras.
Posò una mano sulla mia coscia. –Ti preoccupi troppo.
–Non è questo.
-Me lo hai promesso: io rimarrò sempre al tuo fianco. Ricordi?
Mi morsi il labbro. –Tieni davvero tanto a me?
–Smettila di fare domande tanto scontate – ribatté seccato.
Scoppiai a ridere. –Lo prenderò come un sì.
-Posso rivelarti una cosa? – ruppe il silenzio. –Quando mi sei venuta vicino, poco dopo il nostro arrivo lì sotto, ho smesso di essere così preoccupato – confessò. –Se ci sei tu dimentico persino di essere in apprensione per te, o per il fatto di essere ritornato in quel posto di merda dopo tanto tempo.
-Stai dicendo che non eri preoccupato? Ma allora cosa ti rende così agitato?
-Quell’uomo: ha parlato del clan Orientale, ma anche di un altro gruppo chiamato Ackerman. L’hai sentito, vero?
Annuii, tornando a sedermi accanto a lui. –E allora?
-Subito dopo che mia madre è morta, ho vissuto per un po’ di tempo con un uomo di bruttissima fama. Sì, è stato lui che mi ha insegnato a sopravvivere in quel luogo putrido. Lui mi ha aiutato a tenere in mano un pugnale e a colpire tutti quelli che nella mia vita da criminale ho fatto fuori. Lui ha influenzato il mio modo di vedere la realtà, facendomi disprezzare tutto quello che mi circondava. Si presentò a me come Kenny, e molti lo conoscono come Kenny lo Squartatore. Ma ricordo bene che in tanti lo chiamavano col suo cognome. Era proprio Ackerman.
Rimasi impietrita da quell’ennesimo discorso, e inizialmente avevo ipotizzato di chiedergli il perché non me ne avesse parlato in precedenza, ma ignorai l’idea subito. –Kenny lo Squartatore? Ce ne parlò il signor Ral qualche anno fa. Lui è il famoso killer che avrebbe squarciato le gole di più di cento soldati, non è così?
-La storia è vera, lui è davvero un assassino, e mi ha reso tale finché, grazie ad alcune circostanze, non sono riuscito a cambiare il mio modo di essere e di pensare.
La sua voce era divenuta davvero malinconica, simile a quella assunta durante il nostro pomeriggio nel bosco di diverso tempo prima. Ancora una volta, stentavo a credere che quel giovane potesse aver vissuto anni così dolorosi e negativi per la sua formazione. Ancora una volta, sentivo crescere dentro di me il desiderio di porre fine ai suoi dolori.
-Quel maiale. Mi ha portato via dal luogo infernale in cui vivevo con mia madre, dopo che questa era morta. Mi ha allevato come un malvivente. Poi mi ha abbandonato, andandosene senza proferire parola.
-Ti ha portato via? Vuol dire che…
-Sicuramente crebbi con quel minimo in più di comodità che mia mamma non è mai stata capace di darmi – spiegò. Poi strinse i pugni, furioso. –Quello sporco bastardo si era presentato a me come un suo conoscente, chissà se non l’aveva addirittura violentata come tutti gli altri pezzi di merda che vivono lì sotto.
Temevo un suo possibile scatto d’ira, ma al contempo provavo una grande pietà nei suoi confronti. –E sei convinto che questo tizio facesse di cognome Ackerman? – tentai di sviare leggermente il discorso.
-è probabile. Ecco che lui rappresenta uno dei motivi per cui non credo alle parole di quel Conrad. È assurdo pensare che quel pezzente che mi ha allevato come un animale possa conoscere la verità dietro questo mondo. Somiglia ad una barzelletta.
Chiusi gli occhi, pensando ancora una volta ai dolori che erano stati inferti a quell’uomo: mi sentii per un attimo rabbrividire, e riconoscevo il fatto di non essere capace di fargli dimenticare le atrocità che mi aveva descritto.
Non trattenni un lungo sospiro, rivolgendo il capo all’ingiù. –Non è giusto. Hai passato tutto questo, e io non ti sono di nessun aiuto. Mi sento così impotente, Levi. Potrò mai riuscire a fare qualcosa per te? – riflettei ad alta voce.
Il corvino mi scostò dolcemente i ciuffi di capelli che mi coprivano il volto, carezzandomi una gota. –Mi basti tu. Mi basta proteggerti.
Commossa, il cuore riprese a battermi più forte del solito. Reagivo sempre in questo modo quando Levi, in assenza degli altri membri del corpo d’Armata, cambiava improvvisamente atteggiamento, trascurando il ruolo di soldato freddo e burbero per manifestare il lato più umano e dolce della sua personalità, che riservava solo ed esclusivamente alla mia persona.
Riuscì a farmi tornare il sorriso. Levi mi cinse la vita, avvicinandomi a sé e costringendomi a guardarlo. Le punte dei nostri nasi si toccarono, i nostri occhi si incontrarono. Come sempre, reputai meravigliosi i suoi; ad esser sinceri, era proprio il suo aspetto ad essere considerato da me una bellezza unica, particolare e fuori dal comune.
Ero già arrossita quando le sue labbra cercarono le mie; inizialmente, mi ero sentita così sorpresa da tutte quelle attenzioni che di colpo mi aveva concesso da restare impalata e incapace di reagire a quel bacio. Levi stava stringendo il mio corpo al suo con una tale foga! Oltretutto, non si dimentichi il lettore che la camicia che egli aveva indossato era adesso aperta e distesa sullo stesso letto, e le mie mani ora poggiavano sul suo petto nudo.
Ben presto, tuttavia, riuscii a tornare in me: socchiusi gli occhi, sorridendo spontaneamente per il modo in cui le mie labbra fossero perfettamente incastrate tra le sue. Una mia mano iniziò a carezzargli i capelli neri e morbidi, e contribuii affinché lo stesso bacio divenisse sempre più passionale.
-Quanto tempo ho dovuto aspettare, prima di averti di nuovo – rivelò lui, sorridendo.
Com’era complicato, per me, dargli torto: ogni giorno, ripetutamente ci ignoravamo a vicenda, limitandoci a parlare solo nei casi in cui dovevamo discutere sulle manovre d’attacco per cui io e i miei compagni fidati ci esercitavamo; in queste situazioni, inoltre, ero costretta a rivolgermi a lui chiamandolo “capitano”, un appellativo a cui non ero mai riuscita ad abituarmi dopo il nostro primo bacio, motivo per cui, distrattamente, ero solita chiamarlo semplicemente Levi nonostante la presenza di qualcun altro. Ecco perché, quando potevamo godere finalmente della nostra agognata intimità, non occorreva che ci scambiassimo troppe parole per intendere che avevamo reciprocamente bisogno l’uno dell’altro; difatti, sempre più frequentemente passavo le notti nella sua stanza, rimanendo abbracciata a lui sotto le coperte calde e ben lavate, per quanto egli non sempre si addormentasse con me, per timore che, come accadeva ogni notte, potesse sognare qualcosa di altamente spiacevole mentre io riposavo al suo fianco.
Gli stampai un bacio sulle labbra. –Adesso sai cosa provo quando devo astenermi dall’assalirti nel mezzo di un addestramento – ridacchiai. –E’ terribile, vero?
Mi sorrise un’altra volta, poi mi avvolse ancora tra le sue braccia, baciandomi come prima. Non avevo idea di cosa gli fosse accaduto quella sera, ma presi la decisione di non farci più caso, lasciando che Levi potesse meglio esprimersi con tutte quelle “cortesie”.
Non posso fare a meno di raccontare il mio stato d’animo non appena la sua lingua cercò un varco tra i miei denti. Ero sempre stata convinta che a lui, un uomo costantemente alla ricerca del pulito assoluto di qualsiasi oggetto e persona, non interessassero baci di quel tipo, quelli che mi aveva descritto sempre la mia fonte più attendibile, ossia la mia compagna dai capelli ramati. In quell’istante, il mio stupore era oltre ogni misura, e avrei contestato apertamente se la lingua del mio amato non avesse già iniziato ad esplorare la mia bocca, facendomi completamente perdere la testa.
Mai, nemmeno durante la sera trascorsa dopo la mia riappacificazione con Petra, ci eravamo baciati in quel modo: un po’ per la nostra totale inesperienza, piuttosto non volevo farlo sentire eccessivamente in imbarazzo per una situazione tale, benché con lui ci fossi solo ed esclusivamente io. In ogni caso, quella sera era stato proprio lo stesso Levi a prendere l’iniziativa, lasciandomi letteralmente di stucco.
Le sensazioni che stavo provando erano le più forti e intense di sempre. Con grande rapidità, egli trovò il modo di accovacciarsi su di me, senza interrompere alcun contatto.
Istintivamente, il mio busto indietreggiò, fino a che mi adagiai completamente sul materasso, mentre lui era sopra di me. Non appena gli sfiorai la guancia, pensai a quanto avessi bramato quella posizione, a causa della quale ora migliaia di farfalle svolazzavano nel mio ventre.
Sorrisi involontariamente accorgendomi che un rigonfiamento dei pantaloni del ragazzo stava premendo in maniera prorompente contro di me all’altezza del pube. Pregai affinché Levi ignorasse quella reazione che, a quanto capii, non poteva affatto essere controllata dal cervello maschile; le mie preghiere furono comunque vane, in quanto, di scatto, le sue labbra si allontanarono dalle mie.
-Levi, va tutto bene – gli bloccai un polso. –Non permetterti di andartene, o ti do un calcio proprio lì – lo minacciai, tentando di comunicargli come in realtà quell’inconveniente non fosse affatto imbarazzante, anzi, mi eccitava notevolmente.
-Ma come? – era arrossito.
-Non mi dà fastidio – ribadii, accarezzandogli un braccio. –L’autocontrollo per cui siamo abituati in queste circostanze è del tutto inutile. Finiscila di pensare e avvicinati.
Non fui in grado di convincerlo, ma non gli offrii ulteriore tempo per riflettere: lo avevo nuovamente fatto distendere su di me dopo che lo ebbi richiamato tirandogli la collana, un oggetto che si dimostrava ai miei occhi davvero utile soprattutto per quei casi.
-Tutto questo maledetto raziocinio… - commentai. –Dimenticalo per un po’, ok?
Le guance di Levi divennero rossissime. Eppure, pareva finalmente intenzionato a lasciarsi “concedere” una volta per tutte, credetti. Tuttavia, alcuni secondi più tardi, per l’ennesima volta, non sentii più le sue mani che mi avvinghiavano o le sue labbra sulle mie.
-Non ci siamo ancora fatti il bagno.
Arrossii. -Vuoi farlo ora? Io e te...?
L’idea mi intrigava parecchio, al contempo la trovavo abbastanza imbarazzante. In ogni caso, fu atroce il momento in cui mi accorsi di aver completamente frainteso.
-No! Volevo dire che siamo andati in quel posto lurido e portiamo addosso indumenti pieni di germi!
Levi si era alzato; nel frattempo, mi ero coperta il viso con le braccia, tentando disperatamente di non imprecare.
-Che cazzo stai dicendo, Levi? - sbottai. -Perché hai interrotto un momento così per una stronzata simile?!
Incrociai le braccia, guardandolo furente, iniziando a detestare ancor più del solito la sua caratteristica ossessione.
-Sai come la penso, Claire – disse.
Furiosa, mi alzai, osservandolo a braccia conserte. –Tu sei fuori di testa – giudicai. Stizzita, agguantai distratta la sua camicia, iniziando a ripiegarla con la maggior cura possibile. -La sistemi tu, Levi? Altrimenti mi dai della buona a nulla.
Appena mossi lo sguardo su di lui, notai che era intento a calarsi i pantaloni. Come appena si ritrovò con indosso solamente un paio di slip neri, i quali mettevano perfettamente in risalto la sua corporatura tonica e perfetta, seppur rovinata dai quei fastidiosi tagli e cicatrici causati dall’uso assiduo di lame e imbracatura, la camicia che tenevo poggiata sulle mani scivolò a terra. Nel riprenderla frettolosamente, avevo sbattuto il gomito contro il letto, trattenendo l’ennesima imprecazione.
Dopo essermi rialzata, egli ignaro di quanto appena accaduto, allungò il braccio verso di me, chiedendomi di porgergliela. Il mio volto divenne completamente rosso non appena lo riebbi tanto vicino a me, soprattutto in quell’istante. Levi sistemò l’indumento sulla sedia riposta sotto lo scrittoio, prima di allontanarsi per riempire la vasca da bagno.
-Senti, nanerottolo, - intervenni, prima che potesse chiudere la porta dietro di sé. –Non provare a fare il vigliacco, perché dopo si ricomincia da dove si è fermati.
Il suo volto era sconvolto, non saprei dire se dal modo in cui mi ero rivolta a lui o per quello che io gli avevo appena comandato. Non rispose, mi osservò qualche istante prima di lasciarmi completamente sola nella stanza.
Non avendo ancora sbollito la rabbia, stufa di indossare quell’ammasso di tessuto, mi liberai velocemente del suo pullover e dei classici pantaloni bianchi della divisa.
Ripensai ai baci che ci eravamo scambiati, alla posizione in cui di colpo ci eravamo ritrovati. Davvero doveva finire tutto così in fretta?
Levi certamente non fu molto veloce a preparare la vasca, ad immergersi e lavarsi. Mi accasciai sfinita e annoiata sulla sua poltrona, stupendomi di come in realtà fosse parecchio comoda. Non fu difficile, per me, farmi prendere da un attacco di sonno, e presto mi ci addormentai.
Non fu un caso che, quella sera, sognai esattamente la distesa marina di cui ero venuta a conoscenza. Sulla riva, non sedevano Levi, Furlan e Isabel come era accaduto precedentemente. Da lontano, riconobbi le figure dei miei genitori, intenti a osservare la superficie d’acqua davanti a loro.
Ben presto, si voltarono all’unisono, osservandomi meravigliati. Sorrisero, invitandomi con lo sguardo a seguirmi.
L’avrei fatto. Mi sarei seduta accanto a loro per poi chiedergli spiegazioni riguardanti il segreto delle mura. Eppure mi sentii scuotere da qualcuno: fu così che, aperti gli occhi, ritrovai successivamente il corvino inginocchiato davanti a me.
-Levi? – domandai abbastanza stordita.
-Claire, mi è venuto un colpo, cazzo – confessò. –Perché ti sei messa a dormire qui all’improvviso?
Mi rannuvolai all’improvviso, rattristita dal ricordo della mia famiglia e di un segreto custodito dentro di me che ancora non si era rivelato del tutto nemmeno alla sottoscritta.
Una mano del ragazzo raggiunse la mia testa, carezzandomi i capelli. Egli sospirò, mormorandomi di perdonarlo.
Benché ancora malinconica, mi allungai per abbracciarlo. Sentii i suoi capelli neri ancora gocciolanti sul mio collo e sulle guance, mentre stringevo la sua pelle scoperta ancora inumidita. –Scusami tu per averti parlato con un tono così offensivo. Non credo di stare tanto bene, la storia del clan Orientale mi ha un po’ abbattuta.
-Non devi preoccuparti così – rispose, appena lo lasciai. –Penso che tu sia troppo scombussolata per farti un bagno, vero?
Si rialzò, e io feci altrettanto. Ma non appena lo osservai, bello da morire ai miei occhi, non resistei a lungo: lo avvinghiai ancora una volta a me.
Avere le sue dita strette attorno alla mia vita, non più avvolta dalla stoffa, mi fece dimenticare ogni tipo di turbamento: un brivido mi pervase e mi ricordò il motivo per cui eravamo lì.
-Noi avevamo un conto in sospeso, dico bene? – gli sussurrai, lasciandogli un bacio sulle labbra.
Levi, per quanto vantasse di una forza sconfinata, si lasciò spingere verso i bordi del letto, dove, un po’ preoccupato, sedette.
-Prima non ha funzionato – riflettei, sistemandomi sopra di lui, incrociando le braccia dietro il suo collo. –Se provassimo a invertire le cose?
Non avevo idea di dove stessi trovando tale sfrontatezza, che non riuscivo affatto a frenare. In ogni caso, come appena compresi che egli non aveva niente da ribattere, la mia bocca cercò disperatamente la sua, e le sue dita si fecero presto strada verso il nodo che legava la fascia di pezza attorno al mio seno, indugiando sull’idea di districarlo o meno.
Tuttavia, per Levi non era semplice trovare il medesimo coraggio per slegarmi quel fastidiosissimo ostacolo. Necessitava, molto probabilmente, di essere stimolato.
Per questo, le mie labbra si allontanarono dalle sue, scendendo sul collo. I miei denti stuzzicarono la pelle della sua clavicola, facendolo gemere, per poi farlo esclamare il mio nome. Nel frattempo, con una mano non mancai di provocarlo, sfiorando con le dita il suo petto, poi l’addome, prima di scendere ancora un po’ più in basso. Levi gemette ancora una volta, non appena capì quali fossero le mie intenzioni.
Mi bastò appena minacciarlo di abbassargli con un dito l’unico indumento rimastogli per far sì che lui riuscisse eroicamente a spezzare la fascia di stoffa che mi avvolgeva il torace, lasciando i miei seni scoperti.
Sentii il bisogno di ridere per il metodo che lui aveva appena usato, aiutandomi a liberarmi di quell’odioso impedimento senza far ricorso a slacciare il nodo che lo chiudeva. Ma stavo letteralmente morendo dall’imbarazzo per come di colpo una parte della mia intimità fosse adesso davanti ai suoi occhi.
Iniziai a ridere in maniera nervosa, stringendomi a lui per nascondere il viso nell’incavo del suo collo.
-Claire, ti… ti domando scusa. Ma… ti ho fatto male? – mormorò lui, in preda all’ansia. Il suo viso andava letteralmente a fuoco, sentivo le sue guance scottanti su di me.
-Ahahaha, ma che dici?! – scoppiai di nuovo a ridere. -Questo sistema è... hai idea del tempo che ho impiegato nella mia… nella mia vita, per districare quel fottuto nodo?! E poi incontro te che… - non mi diede il tempo di continuare il mio insensatissimo discorso: mi aveva subito zittito con un dito, baciandomi ancora una volta.
Poco dopo, io e Levi finimmo col fare l’amore, un’esperienza assolutamente indelebile e del tutto nuova per me. Non avevo mai osservato come due persone potessero scambiarsi così tanto amore in una notte sola. Malgrado i nostri destini avrebbero potuto essere crudeli nei nostri confronti. Malgrado fossimo soldati dannati dell’Armata Ricognitiva, non avrei mai smesso di amarlo.
Qualche ora dopo, prima che la mia mente potesse concedersi un sereno riposo libero da incertezze e paure, abbracciata ancora al suo corpo caldo, cercai per l’ultima volta le sue labbra, augurandogli la buonanotte.
Lo guardai per l’ultima volta: con i capelli arruffati, le guance rosee, il volto stanco, ma sereno, mi rivolse un sorriso dolcissimo.
Qualche secondo dopo, convinto probabilmente che stessi già dormendo -perché, conoscendolo, sapevo che non sarebbe mai stato capace di dirmi una cosa del genere mentre io ero cosciente – sentii un’ultima volta la sua voce: -Sei bellissima – sussurrò, prima che potessi crollare una volta per tutte, come sempre, tra le sue braccia.
 
 
Spazio Autore: ah, ad essere sinceri non me la sento proprio di farmi sentire troppo, oggi… Claire e Levi, stavolta, hanno sciolto anche me XD.
Ci tenevo a fare solo un piccolo appunto, che fa riferimento a un minuscolo cambiamento della trama originale che ho apportato: Levi non verrà a conoscenza del cognome di Kenny prima degli avvenimenti dell’Arco della Rivolta, questo lo so bene. Ma ho pensato che avere qualche incertezza a riguardo nella mia storia potesse essere più interessante. Non credo di cambiare eccessivamente il racconto di Isayama, sinceramente.
Detto questo, vi saluto, anticipandovi che il prossimo sabato ci sarà un capitolo speciale, riguardante sempre questa storia ;).
Buon proseguimento !
  
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