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Autore: Miryel    01/07/2018    11 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Feed your need for AUs'
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenica. Sperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 3592
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain



Capitolo VI.

 

Tony si svegliò in tarda mattinata, proprio mentre zia May era giusto intenta a preparare il pranzo con zio Ben. Quest’ultimo insieme a Peter, aveva deciso di accendere un barbeque e mangiare fuori, visto e considerato che il cielo pareva sgombro di nuvole quindi il rischio di pioggia era minimo, se non inesistente.

Peter aveva passato l’intera mattina in attesa che Tony lo raggiungesse in giardino, con la paura di non riuscire a contenere la propria felicità riguardo a ciò che era successo la stessa notte. Più che altro per non mettere la pulce nelle orecchie degli zii riguardo loro due ma allo stesso tempo sapeva che era quasi impossibile potessero accorgersi di qualcosa. Bastava mantenere un profilo basso e Peter scoprì con sua grande sorpresa che non sarebbe stato difficile farlo, specie dopo il buongiorno che ricevette dall’uomo, quando questo si presentò.

«Buongiorno», lo salutò Tony, sbadigliando e lui si voltò a guardarlo con un sorriso che gli partiva da un orecchio all’altro, mentre con un pezzo di cartone cercava di mantenere vivo il fuoco del barbeque, sventolandolo.

«Buon pomeriggio, vuoi dire», lo redarguì scherzosamente e quantomeno si aspettava un gesto affettuoso da parte sua, visto e considerato che zia May e zio Ben erano in cucina a preparare le tartine al salmone che lui stesso aveva richiesto e non li avrebbero di certo visti.

Tony invece lo superò e raggiunse la sdraio, dove si buttò a peso morto e si infilò gli occhiali da sole che soleva tenere di solito attaccati al colletto della maglietta. Lanciò distrattamente le infradito sull’erba e si mise a prendere il sole.

Peter rimase con il pezzo di cartone a mezz’aria, immobile a guardarlo come se l’uomo fosse appena sceso da un’astronave e, alzando un sopracciglio, si sentì un po’ deluso.

Aveva passato tutta la mattina in attesa di rivederlo, ed era stata l’attesa più lunga della sua intera esistenza e ora Tony lo aveva sbolognato con una mezza risposta e si era allontanato.

E… tutto quello che era successo la sera prima? Tutte quelle parole dolci? Tutte quelle coccole, effusioni? Persino lo sfiorarsi delle mani era stato importante, ed ora?

Peter vide il muro che proprio qualche ora prima erano riusciti a rompere, tornare a ricomporsi davanti ai suoi occhi, più forte e duro di prima, a quanto pareva e a Tony non sembrava importare un granché di quel fatto, comunque.

«Va… tutto bene, Tony?», gli chiese, incerto, senza abbandonare la sua postazione, siccome ci aveva messo una vita per accendere la brace.

L’uomo annuì, senza aprire gli occhi poi si mise più comodo sulla sdraio e sospirò: «Certo. Non dovrebbe?», gli chiese e gli sembrò scocciato.

Peter ebbe una sorta di tuffo al cuore, poi fece per avvicinarsi con il solo intento di prenderlo di petto e chiedergli cosa accidenti stesse succedendo ma zio Ben comparve dalla portafinestra della cucina e, con una ciotola piena di patatine, si avvicinò.

Peter sorrise, cercando di non dare a vedere che si era incupito, così si affrettò a domandare: «Hai portato l’antipasto?».

«Lo chiamerei più aperitivo. Tony, ne gradisci?», chiese zio Ben, allungando all’uomo la ciotola e quello prese una manciata di patatine e sorrise, «Hai proposto a Tony quella cosa, Peter?».

«No, non… non ho avuto ancora modo di farlo. Si sta rilassando e non ho voluto disturbarlo», rispose lui, lanciandogli uno sguardo che Tony parve non comprendere ma in cui Peter sapeva di aver palesato totalmente il proprio disappunto e la propria delusione riguardo al comportamento che stava tenendo nei suoi confronti.

Immotivatamente, poi.

«Mi sono perso qualcosa?», chiese Tony, mettendo poi in bocca una manciata di patatine e Peter tornò a sentire quel fastidio che aveva provato il primo giorno che si erano conosciuti; quello stesso fastidio che aveva smesso di provare quando avevano cominciato a conoscersi meglio.

Quel fastidio che lo opprimeva persino quando l’uomo apriva bocca, ora amplificato all’ennesima potenza siccome sembrava un tono da tra di noi non è successo niente.

Zio Ben lo guardò, confuso.

Peter cercò di sorridere, perché sapeva di aver palesato una strana allegria quella mattina a colazione quando gli aveva parlato dei suoi piani ed ora invece sembrava come se avesse cambiato idea e forse un po’ era così.

«Peter voleva chiederti di andare in visita al paese e voleva farti vedere la spiaggia Parker ma… c’è qualcosa che non va?», esordì zio Ben e sembrò davvero destabilizzato da quella strana atmosfera che si era creata.  

Sapessi quante cose non vanno, zio Ben…, pensò Peter e represse l’istinto di alzare gli occhi al cielo. Alzò semplicemente le spalle e scosse la testa.

«No, va tutto bene. Ho solo pensato che Tony non ne avesse molta voglia, così ho evitato semplicemente di chiederglielo. Te l’ho detto, non volevo disturbarlo».

«Possiamo andarci un altro giorno, magari tutti assieme», propose Tony, lapidario, mentre quel sorriso odioso e spocchioso tornava ad illuminargli quel viso dannatamente affascinante e contornato da quella barba fatta al millimetro che curava sicuramente in modo maniacale, conoscendolo.

Certo, tutti insieme, pensò Peter, reprimendo l’impulso insano di scoppiare a ridere per l’assurdità di quella situazione. Come no!

«May ha una specie di repulsione per il paese, per via di… persone che sparlano, credo sia una sorta di invidia tra… donne?», spiegò zio Ben e Peter si sentiva a disagio solo a ricordare le volte in cui sua zia aveva immaginato che tutte le donne del paese ce l’avevano con lei e lo aveva fatto loro presente, preferendo di gran lunga il chiudersi in casa o frequentare spiagge poco affollate, se non deserte.

Tony alzò un sopracciglio di fronte a quella spiegazione astrusa, annuendo semplicemente e Peter non poteva metterci la mano sul fuoco, ma vide del panico negli occhi nocciola dell’altro, sebbene coperti dagli occhiali da sole.

«A quanto pare sono la tua unica compagnia, Tony. Mi dispiace molto, credimi», ma è la vita, avrebbe voluto aggiungere ironicamente Peter, ma lasciò perdere e si voltò di nuovo verso il barbeque tornando a  sventolare il pezzo di cartone con una certa energia, senza attendere nemmeno una risposta.

Erano di nuovo punto e a capo? Erano tornati addirittura al primo giorno, quando si erano conosciuti?

Se c’era una sola parola con cui Peter avrebbe potuto apostrofare Tony - a parte colorite parolacce - era vampiro. Sì, perché la notte prima era stato di una dolcezza quasi difficile da credere; lo aveva rassicurato, gli aveva confidato i motivi per cui lo aveva attratto tanto e gli aveva dato appuntamento al giorno dopo come se avesse milioni di cose da fare insieme a lui ed ora, con la luce del giorno… il nulla. Come se nulla fosse successo. Come se fosse un vampiro, più incline a mostrare la sua vera natura di notte.

Sembrava come se avesse fatto un enorme, gigantesco passo indietro.

Persino a pranzo fu ostile; non lo guardava, nemmeno gli rivolgeva la parola e Peter decise di fare semplicemente lo stesso.

Mi sono tolto lo sfizio, aveva pensato, mentre tagliava la sua carne e quella grondava sangue siccome gli piaceva mangiarla quasi cruda, ho baciato un uomo che mi interessa e forse io non interesso a lui. Mi passerà.

Già, o almeno ci sperava ma sapeva di essere una frana nel dimenticare ogni qualsivoglia delusione, per quello odiava esporsi. Per quello aveva pochi amici. Per quello non chiedeva mai niente a nessuno.

Meglio niente che essere delusi da tutto.

 

♦♦♦

 

Il pomeriggio arrivò e con esso l’afa estiva di una giornata di sole post pioggia.

Il terreno era quasi una fonte inesorabile di calore e zio Ben e zia May avevano occupato la piscina insieme a Tony, il quale aveva passato tutto il tempo prima e dopo il pranzo a prendere il sole.

La furbizia con la quale aveva cercato di evitarlo, faceva sentire Peter uno stupido. Come se non si fosse accorto che il tentativo di Tony di rilassarsi era l’unico modo per evitare discussioni, visto che sapeva quanto Peter fosse rispettoso nei confronti di chi si voleva godere un momento di pace, colpa di quell’educazione fin troppo all’antica che gli zii gli avevano impartito e che spesso malediceva.

Rimase a fissare la piscina dalla porta finestra del salotto per un tempo infinitamente lungo, con le braccia incrociate al petto e una spalla appoggiata allo stipite. Ogni tanto gli veniva l’impulso di raggiungerli, di fare il bagno con zio Ben e giocare a tuffarsi dal trampolino come quando era bambino ma la presenza di Tony bloccava ogni tentativo di interagire persino con i suoi zii e Peter si sentiva dannatamente solo.

Si voltò, sospirando e raggiunse il centro del salotto, dove l’imponente e antico pianoforte a coda di sua madre campeggiava lucido e ben tenuto poco lontano da lui.

Aveva iniziato ad imparare a suonare quello strumento solo per mantenere il ricordo vivo e reale dei suoi genitori, siccome si erano conosciuti proprio durante un concerto e questo un po’ manteneva il legame con loro di cui Peter ricordava poco e niente e se ne faceva sempre una colpa.

Si sedette sullo sgabello in legno massello e si sistemò più vicino per raggiungere la tastiera, poi poggiò le mani sui tasti dell’ottava centrale e arricciò le labbra.

Non suonava da un po’; a dirla tutta dall’arrivo di Tony ed erano quasi due settimane. Peter soleva esercitarsi ogni giorno, anche solo per qualche minuto e non era mai successo che avesse saltato più di un paio di giorni di pratica.

«Sei qui per rovinarmi la vita, non è così?», bofonchiò, arrabbiato con se stesso e, senza esitazione iniziò a suonare con una tale ira in testa e nelle dita che il polso gli fece quasi male e la schiena, di solito dritta e rilassata, era tesa come una corda di violino.

Il Notturno n°3 di Liszt riempì l’aria, e la cattiveria con cui la suonò le fece perdere ogni traccia di romanticismo che ne caratterizzava la melodia e più si rendeva conto di aver appena snaturato un’opera dolce, più continuava a suonarla a quel modo, deluso da se stesso e dalle sue capacità.

Deluso dal fatto che ogni fottuta cosa veniva rovinata dalla sua incapacità di saper gestire le emozioni quando queste rimanevano per troppo tempo sopite dentro di lui.

Le dita scorrevano veloci, al doppio del tempo con cui avrebbe dovuto pigiare i tasti d’avorio e in qualche modo sembrò quasi liberatorio procedere in quel modo e quando decise di fermarsi, con quel senso di insoddisfazione dato dalla melodia suonata a metà che continuava a echeggiare nell’aria per colpa del pedale ancora premuto, sospirò e si strofinò le mani sudate sui pantaloncini.

«Esiste qualcosa che non sai fare?», gli chiese la voce di Tony e lui nemmeno si voltò a guardarlo, troppa era la delusione che avrebbe voluto sputargli contro, come un veleno e fargli male. Almeno tanto quanto gli stava facendo del male lui. «Non sapevo sapessi suonare anche il piano», continuò l’uomo, di nuovo come se nulla fosse. Come se di nuovo si fosse resettato il tempo, come il giorno della talpa, come un deja vu.

Peter si alzò in piedi, lanciandogli uno sguardo di puro odio e dissenso e si incamminò verso la direzione opposta, cercando di raggiungere la porta che lo avrebbe portato alle scale e scappare nella sua stanza per poi non uscirvi più.

Che altro voleva da lui? Altre umiliazioni? Altre prese in giro?

«Peter!», esclamò Tony, prendendolo per un braccio e bloccandolo e lui di tutta risposta si ritrasse, come se si fosse scottato o come se un acido lo avesse appena colpito.

Si voltò leggermente a guardarlo e seppe di avere gli occhi pieni di rabbia ma anche di lacrime e fu per quel motivo che, tirando via il braccio, si incamminò con passo svelto sulle scale e sentì l’uomo seguirlo ancora fin sopra al piano superiore, dove si fermarono a metà del corridoio delle stanze da letto; Zia may e zio Ben ridevano ad alta voce ignari di tutto, ancora impegnati a nuotare in piscina e quelle risate echeggiarono nel vuoto della sua cassa toracica.

«Lasciami in pace», gli disse Peter, quando lo raggiunse e lo prese di nuovo per un braccio e lo fermò, costringendolo a voltarsi. «E’ quello che vuoi anche tu, no? essere lasciato in pace».

«Peter…», sospirò Tony, esasperato, come se fosse lui quello che aveva subito il torto, «Tu non vuoi essere lasciato in pace», constatò.

Peter scoppiò a ridere, puntandogli un dito contro rendendosi conto solo dopo qualche istante che stava piangendo nervosamente e avrebbe voluto non farlo per non dargli anche quella soddisfazione: «No, non voglio ma non mi piace. Non mi piace quello che stai facendo, non mi piace come ti stai comportando. Avresti dovuto dirmelo chiaramente ieri sera, Tony o avresti… avresti semplicemente dovuto fingere che non te ne fregava niente e basta. Avresti evitato tutto questo. Io avrei finto di non provare interesse per te, poi l’estate ci avrebbe divisi e ti avrei dimenticato», spiegò, mentre cercava di dimenarsi dalla stretta salda della mano di Tony intorno al suo braccio, che se lo tirava contro per fermarlo dal fuggire via e Peter avrebbe voluto dirgli che era lui, quello che non aveva fatto altro che fuggire tutto il giorno.

«Ne abbiamo già ampiamente parlato ieri sera».

«E tu hai voluto baciarmi comunque e…», si bloccò e Tony lo lasciò andare probabilmente conscio del fatto che ora non sarebbe più scappato via. «senti, è difficile, okay? Per te… per te è semplice, per te non è la prima esperienza e io… non so che cosa sta succedendo tra di noi, non capisco cosa sento, non so cosa voglio realmente da te e tu mi rendi le cose ancora più difficili», pianse e distolse lo sguardo, mentre si passava una mano tra i capelli e sospirò affranto, col cuore in gola.

«Pensi davvero che per me sia semplice?», gli domandò Tony, fermo immobile di fronte a lui; a differenza sua aveva messo su uno sguardo sicuro e quasi spavaldo che Peter avrebbe volentieri preso a pugni ma non lo fece. Era troppo addolorato per lasciarsi sopraffare dagli istinti.

«Se non lo è… perché hai deciso di ignorarmi di nuovo? Perché hai deciso che le cose debbano cambiare ancora?».

«Perché io non sono capace di rendere felici le persone, Peter e tu… sei l’ultima persona a cui voglio fare del male, ed io sono davvero bravo a far soffrire la gente, credimi», rispose Tony, poi sospirò e si posò le mani sui fianchi, stringendo gli occhi; tornando l’uomo della notte prima, quello a cui importava qualcosa di lui. «Ed è per questo motivo che sono qui, a casa tua e dei tuoi zii. Perché non sono stato in grado di comprendere cosa realmente voleva la mia compagna e ho pensato superficialmente che chiederle di sposarmi avrebbe risolto ogni problema e invece ho continuato a farla soffrire senza rendermene conto e lei… ha giustamente preferito troncare sul nascere l’idea di passare la vita con un uomo incapace di immedesimarsi e di amare senza rovinare ogni cosa», spiegò, e tutto ciò che Peter riuscì a fare fu guardarlo senza smettere un solo istante di piangere, seppur in silenzio, scosso da quella situazione che sembrava paradossale e basta.

Non gli aveva mai parlato di quella donna, era la prima volta che approfondivano l’argomento e fino a quel momento pensava semplicemente che si fossero lasciati per altre ragioni, diverse dal fatto che fosse proprio Tony il problema.

Era un uomo particolare, e Peter aveva imparato a conoscere quella sua… dualità? Quel suo essere sempre estremamente premuroso e a volte estremamente menefreghista e aveva accettato la possibilità che questo poteva essere motivo di grandi sofferenze ma era cosciente anche che dopotutto loro due non avevano nemmeno cominciato niente, il che rendeva quel difetto ancora un dogma da scoprire.

«Quindi hai preferito allontanarmi, senza dirmi quali fossero le tue intenzioni. Hai preferito ignorarmi, mettermi da parte, sperando che io potessi capire l’antifona e fare lo stesso, fingendo che nulla fosse successo… no?», chiese conferma, poi incrociò le braccia al petto e annuendo con disappunto, al sol pensiero.

«No, Peter. Ho solo cercato di convincermi che tu non fossi importante come stavo cominciando a credere… e invece lo sei e ho paura di farti molto male», rispose Tony e lo spiazzò.

Tutto di quella risposta lo lasciò senza parole; dal tono quasi addolcito con cui glielo aveva detto, fino all’espressione morbida e quella leggera smorfia di pentimento che era comparsa sul suo viso.

«C-che cosa vuoi da me, allora Tony? Che cosa vuoi che faccia? Vuoi che ti dimentichi? Vuoi che finga che non esisti, che non sei qui? Vuoi fingere che quello che è successo stanotte non sia mai accaduto? E’ impossibile e ti sembrerà stupido ma per me è stato importante».

«Come puoi pensare che non sia stato importante anche per me?».

Peter rise ancora nervosamente, mentre un singhiozzo quasi gli mozzò il respiro. Si sentiva esposto e preso in giro, ma sapeva anche che non era totalmente così; né uno né l’altro. Aveva semplicemente le idee troppo confuse per riuscire a capire cosa dire o fare.

«Beh, dimmelo tu se lo è stato, perché io proprio non lo so», mormorò, ridendo ancora e piangendo allo stesso tempo, e voleva solo andare via e mandarlo al diavolo, tutto lì.

Tony lo fissò intensamente per minuti interminabili, poi lo prese di nuovo per un braccio e se lo tirò contro. Gli prese il mento con una mano e lo baciò con una delicatezza quasi inesistente, così bruscamente che Peter perse un singhiozzo nella sua bocca, quando questa si schiuse per accoglierlo in modo più intimo.   

Non riuscì a ribellarsi sotto l’incantesimo di quel bacio e sapeva che la colpa era anche dell’attesa che aveva accumulato da quella mattina di ricevere quel contatto, come una ragazzina stupida che ha appena scoperto l’amore.

Si rilassò quasi totalmente dopo essersi rassegnato al fatto che non avrebbe mai capito quell’uomo ma che, forse, Tony lo riteneva importante per davvero ma a volte il suo carattere complicato e i suoi modi poco umani gli facevano annullare quella convinzione.

Era un uomo complicato, sicuramente. Smosso anche dalla recente delusione amorosa, forse confuso dal nuovo interesse che aveva iniziato a coltivare per lui e Peter sapeva che, da tutte e due le parti, c’era la paura di risultare inadeguati e questo, inesorabilmente, faceva scattare dei meccanismi di difesa a quanto pareva incompatibili.

Smise di piangere, calmato da quel bacio, dalla mano delicata ma decisa stretta intorno al suo mento e a quella carezza delicata delle labbra dell’altro sulle sue e quando si staccarono, Tony lo guardò incerto, ma non sembrò intenzionato a distogliere lo sguardo.

«So che mi ferirai, Tony ed io farò lo stesso con te ma… se non so che cosa significa provandolo sulla mia pelle, non posso decidere che cosa voglio da te», si sentì di dire, perché era una cosa su cui aveva rimuginato durante tutta la durata di quel bacio che era servito un po’ a risanare qualcosa che aveva rischiato di rompersi.

«Sei davvero deciso a voler correre il rischio di arrivare ad odiarmi, ad un certo punto?», chiese Tony, alzando una mano per passargli il pollice sotto un occhio e asciugarlo dalle lacrime.

Peter annuì, per un attimo inebriato da quel tocco, poi chiuse gli occhi e sospirò prima di riaprirli e esitare un attimo prima di aprire la bocca per rispondere.

«Sì e niente mi farà cambiare idea, Tony. Men che meno tu».

L’uomo lo guardò ancora, incerto, forse impaurito ma Peter sapeva di avergli dato la risposta che forse in cuor suo sperava di sentirsi dire e quando anche Tony sembrò rilassarsi, l’atmosfera parve cambiare.

Peter si fece inglobare in un abbraccio che lo risollevò leggermente da quel morale nero e incupito che si stava portando dietro da quando si erano rivisti quella mattina e sebbene non riuscì totalmente a sbarazzarsene, fu felice di sentirsi almeno un pochino meglio.

«Scusa se ti ho ignorato», gli disse Tony, mentre gli accarezzava i capelli e continuava a sospirare afflitto da troppe cose, così tante che Peter sapeva di non poter dare una spiegazione ad ogni cosa. «E se ti ho fatto piangere».

Chiuse gli occhi, premette la guancia contro il suo petto.

Era stata una giornata letteralmente di merda, complice anche il fatto che aveva immaginato sin dall’inizio un risvolto completamente diverso, più romantico, meno obbligato a fare i conti con la realtà dei fatti che, dopotutto, continuavano ad essere due esseri umani afflitti da problemi diversi, con una differenza di età abissale e che probabilmente alla fine dell’estate avrebbero dovuto accantonare quella cosa che stavano cercando di cominciare, con i dovuti ostacoli.

Stava male, sebbene il dolore che aveva provato fino a prima di quel bacio fosse imparagonabile a quello di quel momento ma non era del tutto felice. Sapeva però che sarebbe passato, ci voleva solo un po’ di impegno da parte di entrambi ed ebbe paura di dimostrarsi quello meno portato in quel compito.

«Non è niente», rispose infine, mentendo sul fatto che in realtà era stato terrificante.

Tony se lo tirò ancora più vicino, prendendolo per i fianchi e baciandolo di nuovo e Peter si chiese se, in qualche modo, quello fosse l’unico modo che aveva per chiedergli scusa col cuore e sapeva che, se era davvero così, allora forse lo avrebbe perdonato ogni volta e non sapeva quanto la cosa potesse essere positiva, dopotutto.

 
   
 
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