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Autore: mallveollos    01/07/2018    8 recensioni
Il suo sguardo grigio, ancora puntato sulla rivista, divenne improvvisamente vacuo, come se avesse smesso di vederla davvero, e una verità dolorosa ma impossibile da negare lo travolse con una forza inaspettata.
Regulus non era come lui e, soprattutto, non era una vittima.
Regulus non era più il bambino bisognoso di protezione.
Regulus aveva fatto una scelta. E Sirius, d’altro canto, aveva fatto la sua molto tempo prima.
La foto con i Malandrini, assicurata magicamente al muro tra i poster babbani, era il costante promemoria di quale fosse davvero la sua famiglia e chi i fratelli, i compagni di vita, che avrebbe tenuto accanto per sempre. Perché sopportare ancora quella prigionia allora? Perché restare se anche l’ultimo appiglio era venuto meno?
*
One shot dedicata a Sirius, il Malandrino ribelle per eccellenza, e al momento più delicato della sua adolescenza.
{ Prequel di Everlong }
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Everlong'
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NOTE MALANDRINE:

Buona domenica a tutti voi, cari Malandrini :)
Questa FF, abbastanza breve, è un prequel della mia “Everlong”, long dedicata all’epoca dei malandrini da cui ho preso anche un estratto che troverete qui sotto. Il protagonista è Sirius, il mio amatissimo Felpato, e il fulcro della trama è la sua fuga da Grimmauld Place: ho provato a immaginare come si sentisse o cosa lo avesse portato infine a prendere il coraggio di cambiare totalmente la sua vita… e spero di essere riuscita a rendere l’idea! La parola finale spetta a voi, quindi mi astengo da qualsiasi commento eheh
Questa storia vuole anche essere un piccolo “regalo” ai seguaci della mia long (temporaneamente sospesa per colpa di vari impegni universitari) e in realtà l’ho scritta mesi fa, aspettando il momento giusto per pubblicarla… credo che sia arrivato, no? ;)
Vi auguro una buona lettura e spero di tenervi piacevolmente compagnia in questa monotona domenica.
Un abbraccio malandrino,
Mallve.








Blood traitor 







Gennaio 1978
Hogwarts






« Hai mai pensato a come la vita si prenda gioco di noi a volte? »

Sirius scrutò il fratello, intento a toccarsi con le dita il taglio procurato dal suo pugno, lo sguardo puntato per terra e un’espressione stranamente pensierosa, come se avesse improvvisamente abbassato qualsiasi tipo di difesa.

E vederlo così, gli fece immancabilmente venire una stretta dentro. Sembrava quasi un tuffo nel passato, ai giorni in cui erano bambini, e Regulus stava davanti a lui con l’espressione afflitta di chi ne aveva combinata una troppo grossa da confessare perfino al complice più fidato.

Sirius, all’epoca, si sarebbe preso la colpa, avrebbe smezzato con lui qualsiasi onere o fardello, ma le cose erano inevitabilmente cambiate.

In quel momento, il Malandrino sentiva un muro invalicabile tra loro, perché a volte condividere lo stesso sangue non bastava per essere davvero fratelli e il legame che lo univa a James ne era la prova vivente.

Nonostante tutto, però, Sirius non riuscì a trattenersi dal chiedergli un chiarimento, dall’avere un indizio su ciò che gli stava passando per la testa.

Nonostante tutto gli interessava ancora sapere cosa provocasse quell’espressione, e fu quella consapevolezza a farlo arrabbiare maggiormente.

« In continuazione » gli rispose freddo, facendo un passo indietro.« L’ho pensato ogni giorno passato a Grimmauld Place, ogni volta che mi hai girato le spalle nonostante le nostre promesse, ogni volta che ti ho visto andare in giro con i tuoi degni compari per il Castello, ogni volta che i tuoi genitori mi punivano quando coprivo le tue marachelle. E guardati, guardaci. Come vedi, la vita ha il suo spiccato senso dell’umorismo ».

Regulus, nel sentire quelle parole, girò il capo e lo fissò come mai aveva fatto prima: i suoi occhi erano intrisi di risentimento e rabbia, un rancore latente che era stato reso manifesto solo dopo aver udito un discorso che evidentemente non si aspettava.

« Hai tralasciato la parte in cui tu mi hai voltato le spalle» gli ricordò, abbassando lentamente la mano sporca di sangue. «Quando hai scelto di lasciarmi indietro per i tuoi amici, quando James Potter è diventato il tuo vero fratello, quando te ne sei andato senza più guardarti indietro. Ma tu, il santo tra i Black, ti sei sempre preso il meglio, compresa la ragazza che ora è in Infermeria. La stessa che difendi con le unghie e con i denti solo perché si è avvicinata troppo a me, come se fossi un mostro. Credo anche qui ci sia molto senso dell’umorismo, non trovi? Sai perché? Perché fai di tutto per cancellare il tuo passato, ma ricordati una cosa Sirius… abbiamo lo stesso sangue nelle vene e, anche se la cosa ti disgusta, sarò sempre parte di te ».










Luglio 1976
Grimmauld Place




Ciao cagnaccio rognoso,
come va la tua prigionia?
Io sono in crisi, crisi nera. Ho scritto una decina di lettere alla Evans e lei non mi ha mai risposto, credi che le sia successo qualcosa?
Scarlett non vuole rivelarmi il suo indirizzo ma io sono convinto che andare a controllare sarebbe il minimo, no? Lunastorta dice che sono pazzo e che probabilmente lei non vuole rispondermi perché non ha piacere a farlo… pazzesco! Come si fa a resistere al mio fascino o alle righe dense di sentimento che le ho spedito?
Ormai credo che sia ufficiale: è morta o prigioniera di qualche mago oscuro.
E tu, in qualità di mio migliore amico e fratello, devi aiutarmi salvarla.
Rispondimi quanto prima.
R


Sirius,
ignora James. E’ totalmente impazzito e spero che sia per il caldo, anche se ho come il sospetto che la sua demenza sia permanente e in continuo peggioramento. Ad ogni modo, spero che tu stia bene (per quanto bene tu possa stare in quella casa).
Resisti… ci vediamo presto,
Remus



Caro Felpato,
hai ricevuto anche tu una strana lettera da Ramoso? Mi è sembrato di capire che parlasse di una missione di salvataggio e della Evans prigioniera di un drago… ma mi rifiuto di indagare ulteriormente a riguardo.
Ti ho inviato, insieme alla lettera, i biscotti di mia madre e qualche altra schifezza… ne avrai sicuramente bisogno.
A presto,
Coda




Sirius scosse divertito il capo e increspò le labbra in un sorrisetto, le lettere strette tra le mani e gli occhi grigi che ripercorrevano le poche righe scritte dagli amici. Hogwarts gli mancava ogni secondo, ma considerando che era a Londra da solo una settimana avrebbe dovuto stringere i denti ancora a lungo prima di varcarne nuovamente la soglia. L’estate, per quasi tutti gli studenti, era sinonimo di vacanze, divertimento, amici e famiglia. E sarebbe sicuramente stato così anche per lui, se solo non si fosse chiamato Sirius Black.
Grimmauld Place era senza ombra di dubbio il luogo che più detestava sulla faccia delle terra: tutto in quella casa era rivoltante, tetro e cupo, una perfetta rappresentazione dell’aridità interiore dei suoi genitori. E Sirius, che ormai si sentiva sempre più oppresso da quella situazione, percepiva l’autocontrollo vacillare e una rabbia pulsante pervaderlo sempre di più. Perché doveva sopportare ancora di essere trattato come se fosse lui quello sbagliato? Perché doveva stare in un posto dove nessuno lo amava?
Quando abbandonò camera sua e iniziò a scendere le scale, le mani in tasca e la testa bassa, pregò con il tutto il cuore di non incontrare nessun membro della sua famiglia nel tragitto da percorrere per arrivare alla cucina. Ma, sfortunatamente, quando arrivò al quarto gradino vi trovò una presenza anche più irritante.
« Oh padrone! » esordì Kreacher, inchinandosi in modo ridicolmente profondo. « Piccolo sudicio traditore, canaglia, spostato. Oh, la mia povera padrona… »
Sirius roteò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente ma poi, dopo aver superato l’irritazione iniziale dell’incontro, si chiese istintivamente una cosa: perché quel piccolo e odioso essere era lì, fuori dalla sua stanza? Perché non era alle calcagna di sua madre a fare tutto quello che gli ordinava?
L’occhiata glaciale che gli rivolse, dopo aver messo insieme i pensieri a riguardo, valeva più di qualsiasi altro insulto.
« Cosa ci fai qui? » sibilò, inarcando scettico un sopracciglio. « Volevi spiarmi, piccolo lurido verme? »
L’elfo alzò appena il capo dal suo inchino e gli scoccò uno sguardo che era una perfetta crasi di disgusto, rabbia e colpevolezza.
« Oh ma padrone, Kreacher voleva solo pulire il pianerottolo. La padrona gli ha ordinato di lustrare tutto il piano e… »
« E di vedere che cosa stesse combinando il suo detestabile primogenito immagino » concluse Sirius per lui, incrociando furente le braccia al petto. « Vattene. »
L’elfo, nell’udire il suo ordine, inclinò gli angoli della bocca verso il basso e assottigliò gli occhi, come se si stesse trattenendo dal rivolgergli mille insulti.
« Come desidera, padrone » sibilò poi, la voce gracchiante impregnata di un labilissimo velo di disprezzo. E, una volta dategli le spalle per scendere le scale, Sirius notò un qualcosa che gli gelò il sangue nelle vene e fece salire la sua rabbia a livelli mai esplorati prima.
« Cosa sono quelle? » scattò, agguantandolo rudemente per la veste sgualcita, e afferrò un paio di buste che sporgevano appena nascoste tra i lembi di stoffa. L’elfo impallidì all’istante e lo fissò, per la prima volta, con gli occhi gonfi di terrore.
« E’ la posta, padrone » gracchiò, cercando di divincolarsi appena dalla sua presa ferrea. « Kreacher pensava di portargliela. »
Ma Sirius non aveva l’aria di volerlo ascoltare e, dopo aver constatato che quelle due lettere fossero indirizzate a lui, gli rivolse un’occhiata talmente carica di odio da paralizzarlo.
« Non osare mai più fare una cosa del genere! » tuonò, alzandolo per la veste ancora stretta in un mano. « Giuro che se ti ripesco ancora quassù a ficcare il naso o a prendere le mie cose per conto di mia madre io… ti uccido. »
Kreacher fece per replicare, visibilmente agghiacciato da quelle parole, ma Sirius non gli diede modo di aggiungere niente e lo lanciò senza pietà giù dalle scale, senza curarsi affatto dell’eventualità di fargli male. L’elfo rotolò per qualche rampa, emettendo gridolini striduli e acuti, finché non urtò un mobile del secondo piano. Il ragazzo udì chiaramente il rumore di qualcosa che andava in frantumi, seguito dai pianti disperati di Kreacher, e capì subito che l’antico vaso centenario con lo stemma dei Black doveva essere andato in mille pezzi.
« Ma che diamine è successo?! » sbottò Regulus, mentre si affacciava da camera sua, e fissò Sirius palesemente scocciato. « Cos’hai fatto? »
Il Grifonodoro, ancora furente, non si diede nemmeno pena di rispondergli e rientrò in camera con passo di guerra, per poi sbattersi violentemente la porta alle spalle. La voce gelida e furiosa di sua madre non si fece attendere troppo, così come le suppliche disperate di Kreacher per invocare il perdono e i commenti taglienti di ogni singolo quadro della casa circa l’umiliazione che Sirius infliggeva costantemente alla nobilissima e antichissima casata dei Black.
Ma lui, troppo infiammato per prestare attenzione a ciò che aveva fatto, gettò le vecchie lettere per terra e si lasciò cadere a peso morto sul letto, con un sospiro che sembrava più un ringhio represso.
Le vacanze estive erano davvero uno schifo.






« La mamma ti ucciderà questa volta, l’hai combinata grossa. »
Sirius, disteso sul letto con le gambe appoggiate alla testata, girò il volto annoiato verso il fratello, in piedi sulla porta della sua camera.
« Tremo di paura » annunciò, trasudando sarcasmo da tutti i pori, e posò nuovamente lo sguardo metallico sulla rivista di motociclette che aveva tra le mani, come se Regulus non avesse detto niente di nuovo o preoccupante.
« Ti riesce davvero così difficile non far piombare questa casa nel caos più totale? » sbottò l’altro, palesemente irritato dal suo atteggiamento irriverente. « Ogni estate è la stessa storia e io inizio a non sopportarti più, dico sul serio… te le vai a cercare e tutto questo nervosismo poi si riversa anche su di me. »
« Ti prego, Regulus, non sprecare fiato con queste inutili paternali » sbuffò Sirius, girando pagina con un gesto pigro « piuttosto continua a farneticare con loro sulle gioie di essere un Black o un Serpeverde. Credo che sia la tua vocazione renderli orgogliosi di te, o sbaglio? »
« E la tua quale sarebbe? Recitare la parte del ribelle incompreso? » lo schernì l’altro, scuotendo sprezzante il capo. « Sei ridicolo. Ti atteggi con quei tre stupidi Grifondoro come se fossi il padrone della scuola, quando in realtà la maggior parte della gente non fa che compatirvi. »
« Vuoi davvero criticare i miei amici? » chiese Sirius, con una risata del tutto priva di allegria, e gli scoccò un’occhiata assolutamente glaciale. « Il parere di uno che si accompagna a una feccia come Mulciber o Piton è davvero di vitale importanza, credo proprio che farà tesoro delle tue parole. »
« Io sono tuo fratello » sibilò Regulus, le labbra strette dal nervoso « e quello che penso dovrebbe importarti. Sono l’unico qui dentro che non ti ha giudicato per essere un Grifondoro e tu non hai mai mostrato riconoscenza, anzi. Ti diverti da morire a offendermi nelle tue stupide invettive con i nostri genitori e ti rende orgoglioso sottolineare sempre quanto siamo diversi! Ma credi davvero di essere così distante da me? Pensi sul serio di non avere niente a che fare con questa famiglia? »
Sirius, per la prima volta, distolse completamente l’attenzione dalla sua rivista e lo fissò con occhi indecifrabili. Regulus non si era mai lasciato andare in certe dichiarazioni, né tanto meno aveva perso il controllo alzando anche se di poco la voce. Eppure, sentire ciò che realmente pensava, accese in Sirius un moto di rabbia incredibile, bruciante. Perché lui non aveva capito niente, esattamente come i loro genitori.
« Riconoscenza? » sibilò, incredulo e glaciale. « E per cosa dovrei esserti riconoscente? Non mi pare che tu abbia mai preso le mie difese, al contrario ho trovato i tuoi silenzi più che eloquenti. »
« Cosa avrei dovuto dire? » replicò infuriato Regulus, avvicinandosi di un passo. « Come potevo difendere qualcuno che si è reso indifendibile negli anni? Hai fatto di tutto per farti odiare e beh, ci sei riuscito. Era quello che volevi! »
« Certo… ma quando si trattava di difendere te, io non mi sono mai tirato indietro » osservò Sirius, gli occhi ridotti a fessure. « O forse te lo sei dimenticato? Non mi pare di essere stato a guardare quando volevano punirti… la tua riconoscenza dov’era nel momento in cui avevo bisogno di te, fratellino? »
Regulus iniziò a respirare velocemente, come se non riuscisse a controllare l’ira, ma quando aprì un paio di volte la bocca, da quest’ultima non ne uscì nemmeno il più piccolo suono per replicare. E Sirius, che sapeva perfettamente di aver colpito nel segno, atteggiò le labbra in un sorrisetto sprezzante.
« Come vedi siamo diversi » sentenziò, spietato. « Sei un codardo, un debole, una marionetta nelle mani di genitori con ideali rivoltanti. »
« Io non sono un debole! » tuonò Regulus, accecato dalla rabbia. « Ho scelto da solo cosa fare e non me ne pento, vado fiero di essere l’unico dei due a portare avanti il nostro nome. »
E Sirius, dopo quelle parole, rise.
Una risata sprezzante, maligna e di scherno, che congelò il fratello sul posto, ma che riuscì a esprimere alla perfezione tutto il suo sprezzo a riguardo.
« Congratulazioni, Reggie. Sei un degno erede dei Black, la casata più infima e disgustosa della storia del mondo magico. »
Il fratello lo osservò truce e inarcò vertiginosamente un sopracciglio, ma non gli diede più la soddisfazione di replicare all’ennesima provocazione. E Sirius, d’altro canto, non lo degnò nemmeno di uno sguardo quando lasciò la stanza accompagnato da un sonoro e rabbioso tonfo della porta.
L’estate era sempre stata un’agonia a Grimmauld Place, sin da quando era un bambino. Quell’anno, però, qualcosa aveva reso il clima di quella casa ancora più irrespirabile, carico di tensione e odio. O meglio: era stato l’assenza di qualcosa ad aver danneggiato ulteriormente la situazione e Sirius, dal primo giorno, lo aveva percepito senza troppa sorpresa.
Il rapporto che univa lui e Regulus era mutato in maniera spaventosa negli anni, tanto da rendergli impossibile ricordarsi com’era in principio: i tempi in cui erano bambini e giocavano di nascosto sembravano lontani anni luce, così come le volte in cui la loro complicità non aveva bisogno di parole per essere descritta.
Sirius ricordava perfettamente, però, l’istinto protettivo che aveva sempre sentito nei confronti di Regulus, lo stesso che lo aveva portato in molte occasioni a prendersi la colpa di diverse loro marachelle, pur di non vederlo terrorizzato di fronte a Walburga.
Il suo sguardo grigio, ancora puntato sulla rivista, divenne improvvisamente vacuo, come se avesse smesso di vederla davvero, e una verità dolorosa ma impossibile da negare lo travolse con una forza inaspettata.
Regulus non era come lui e, soprattutto, non era una vittima.
Regulus non era più il bambino bisognoso di protezione.
Regulus aveva fatto una scelta. E Sirius, d’altro canto, aveva fatto la sua molto tempo prima.
La foto con i Malandrini, assicurata magicamente al muro tra i poster babbani, era il costante promemoria di quale fosse davvero la sua famiglia e chi i fratelli, i compagni di vita, che avrebbe tenuto accanto per sempre. Perché sopportare ancora quella prigionia allora? Perché restare se anche l’ultimo appiglio era venuto meno?
« Sirius Orion Black! »
La voce di sua madre squarciò l’aria e lo fece sobbalzare appena: probabilmente aveva appena finito di mettere insieme quel dannato vaso ed era arrivato il momento di prendersela con il vero colpevole di quell’affronto inaudito.
« Cosa vuoi? » le gridò in risposta, sbuffando scocciato, e buttò la rivista per terra, conscio del fatto che non avrebbe potuto far finta di niente suo malgrado.
« Come osi rispondermi così?! » strepitò Walburga, velenosa e furente. « Vieni subito qui! »
Sirius si alzò rabbioso in piedi e aprì rudemente la porta: la sua non era improvvisa sottomissione, ma solo un minimo di accondiscendenza per far smettere il prima possibile quell’atroce seccatura. Quando si affacciò dalla balaustra delle scale, scoprì la sagoma slanciata ed elegante della madre al secondo piano. Gli occhi grigi, freddi come il ghiaccio, erano ridotti a fessure e il viso contratto da una furia quasi omicida. Kreacher era in piedi dietro di lei, remissivo e servizievole, ma aveva l’aria inconfondibile chi stava per assistere trionfante a una rivincita che aspettava da tempo.
« Quindi? » sbottò Sirius, ostentando una noia plateale che infiammò ancora di più la madre. « Cosa vuoi? »
« Come hai osato lanciare Kreacher per le scale? » sibilò Walburga, tremante di rabbia, e puntò il dito verso l’alto per indicarlo. « Come hai potuto rompere un cimelio di famiglia tanto antico e prezioso? Hai superato il limite, piccolo ingrato che non sei altro! »
Sirius scosse divertito il capo e si aprì in un sorrisetto arrogante, quasi di sfida.
« Oh ma davvero? » celiò, con falso candore. « Quel vaso orribile era così tanto importante? Perdonami, sul serio… altrimenti l’avrei distrutto prima con immenso piacere. »
Walburga boccheggiò e iniziò a salire i gradini come una furia, finché non arrivò a raggiungere il ragazzo, che invece non si scompose per niente nel vederla così agguerrita.
« Sei la delusione più grande della mia vita » sentenziò la donna, sprezzante e indignata, come se stesse guardando la cosa più rivoltante del mondo. « Sei la vergogna di questa famiglia e io non ti considero più mio figlio! »
« Credi davvero che mi importi di questa fottutissima famiglia? » ringhiò Sirius, con un risata sprezzante.
Walburga gli tirò uno schiaffo in pieno volto, così forte da fargli girare il capo con uno scatto fulmineo ed improvviso. Ma lui, nei pochi secondi che gli ci vollero per realizzare il tutto, pensò che niente avrebbe potuto fargli più male delle parole che si era sentito rivolgere negli anni. E quando si voltò a guardarla di nuovo, i capelli neri che gli coprivano parzialmente il viso, arricciò le labbra in un sorrisetto di sfida, come per farle intendere che ormai era immune alla sua perfidia.
« Vai in camera tua. Adesso! » strillò Walburga, indicando la porta della stanza con un gesto imperioso e furente. « Non voglio vederti mai più! MAI! »
Sirius non se lo fece ripetere due volte e si lasciò alle spalle le solite strazianti invettive rivolte alla sua persona, che ormai conosceva alla perfezione. Quando appoggiò la mano sulla maniglia, però, notò distrattamente la porta di Regolus socchiusa e la sagoma del fratello nascosta dietro ad essa, nella penombra.
Il fatto che avesse assistito a tutto senza muovere un dito non era una novità, anzi si sarebbe sorpreso del contrario. Eppure, una volta tornato nel silenzio tombale della propria camera, non poté fare a meno di domandarsi che cosa lo tenesse ancora legato a quella casa o a un fratello che evidentemente non poteva più considerarsi tale.
Il suo sguardo vagò distrattamente per le pareti rosso e oro, per poi incatenarsi inaspettatamente a uno color nocciola, luminoso e familiare, impresso magicamente in una foto. La risposta era sempre stata lì, sotto il suo naso, ma solo in quel momento arrivò a comprenderla fino in fondo. E, improvvisamente, ebbe più che chiaro il da farsi.









Godric’s Hollow era sempre stato un villaggio incantevole, soprattutto d’estate. I parchi che lo circondavano erano verdeggianti e sprigionavano il profumo inconfondibile di erba appena tagliata, di freschezza, di fiori, di serenità. E Sirius, appoggiato a una ringhiera con i gomiti, pensò di non essersi mai sentito meglio in vita sua. Le cicale fremevano appena nel silenzio della notte e una fresca brezza gli scompigliava leggera i capelli neri, mentre aspirava un tiro molto lungo dalla sigaretta stretta tra le labbra.
La fuga era stata semplice, rapida, indolore. La parte difficile, però, era quella di chiedere asilo… almeno per lui, il cui orgoglio era sempre stato più forte di qualsiasi cosa. Ma quando si era ritrovato a prendere seriamente la fuga, la prima persona a cui aveva pensato era stata proprio lui, il fratello che aveva scelto, quello che si era meritato in tutti i modi il suo affetto e la sua fiducia.
La sigaretta finì prima di quanto pensasse e la gettò per terra, senza nemmeno darsi pena di spegnerla a dovere. I suoi occhi grigi scrutarono brevemente la grande villa di fronte a lui e si soffermarono, improvvisamente accesi, su una finestra in particolare, l’unica che si affacciava su una stanza illuminata. Dopo un grande sospiro fatto a pieni polmoni, come se volesse assimilare anche altro insieme all’aria, si fece avanti a passi cauti, quasi guardinghi, trascinandosi dietro il baule. Una volta arrivato davanti alla maestosa porta di mogano si bloccò qualche istante, terribilmente indeciso sul da farsi, e pensò a come spiegare ciò che era successo quella notte infernale. Ma da quando tra loro c’era bisogno di parole per capirsi? Da quando le spiegazioni erano di vitale importanza?
Sirius si sentì uno sciocco e sbuffò, irritato dalla sua stessa incertezza, per poi bussare un paio di volte con un tocco leggero ed educato, nella speranza di non richiamare l’attenzione di Euphemia o Fleamont.
Dopo qualche secondo, udì dei passi goffi e pesanti accompagnati da un sonoro “ vado ioooo”. Un sorrisetto divertito si fece largo sul suo viso e si allargò un po' di più quando James aprì la porta, strabuzzando gli occhi nell’individuare la sua presenza esitante sull’uscio.
« Ma che diamine ci fai qui!? » esultò sorpreso e raggiante al tempo stesso, dandogli una stretta a dir poco soffocante. Quando si separarono, Srius fece per parlare ma l’amico, improvvisamente euforico, lo interruppe all’istante. « E’ per la lettera che ti ho mandato, vero!? Sei venuto per aiutarmi!? Sapevo che non mi avresti mai abbandonato! Lo dicevo a quel guastafeste di Lunastorta che tu mi avresti aiutato! »
Sirius lo scrutò leggermente basito e inarcò un sopracciglio, incredulo.
« No, stupido cornuto… non sono venuto qui per appoggiare le tue folli idee » sbuffò, noncurante della delusione che si impossessava del suo viso. « Sono scappato di casa. »
James lo fissò, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata. Ma Sirius, già abbastanza a disagio per la situazione, sospirò profondamente e si appoggiò con un fianco allo stipite della porta. La testa bassa, la mani in tasca e lo sguardo intriso di amarezza.
« Non capisco la tua sorpresa » mormorò, con una mezza risata soffocata « era una cosa già annunciata da tempo, non credi? »
James si passò una mano tra i capelli e annuì, quasi meccanicamente, per poi far scivolare lo sguardo nocciola sul baule alle spalle dell’amico. E la reazione che ebbe fu meravigliosamente spontanea, come il sorriso che si dipinse mesto sulle sue labbra quando realizzò davvero il significato di quella situazione.
« Perché non rimani qui? » chiese infatti, appoggiando una mano sulla spalla di Sirius. Quest’ultimo alzò sorpreso il capo e rimase di stucco nello scoprire la sincera gioia di quella proposta, la speranza di cui gli occhi di James erano intrisi. « Potresti stare con me per tutte le vacanze, ci pensi? Sarebbe una figata pazzesca! E anche a Natale e l’estate prossima… potrebbe essere questa la tua nuova casa! »
« Io… beh, non vorrei disturbare » borbottò l’altro, evidentemente a disagio, ma James sembrò non averlo nemmeno sentito e lo sorpassò per trascinare dentro il suo baule.
« Diamine Felpato, ma cos’hai messo qui dentro? » sbuffò, incredulo e ansante. « Ci hai nascosto un cadavere? »
Sirius roteò gli occhi al cielo e scoppiò ridere, dandogli una leggera spinta amichevole.
« Non sono arrivato a tanto, mi sono limitato a raccattare più roba possibile » dichiarò, seguendolo nell’ingresso, per poi lanciare alle sue spalle uno sguardo colmo di emozione, di gratitudine, di affetto. « Ehi Ramoso… »
James si girò, leggermente paonazzo per lo sforzo, e gli rivolse un’occhiata interrogativa.
« Sì, Felpato? »
« Grazie » mormorò impacciato in risposta e si strinse imbarazzato nelle spalle, evitando accuratamente di guardarlo. E James, che lo conosceva meglio di chiunque altro, si aprì in un sorrisetto divertito, come se avesse intuito dall’inizio la difficoltò dell’amico. La sua proposta era sicuramente sincera e sentita, ma più di tutto era stata un modo per evitargli di fare qualcosa che lo avrebbe messo ancora più in difficoltà di quanto già non fosse. La loro amicizia era sempre stata così: povera di parole sentimentali o dichiarazioni di affetto, ricca di complicità e gesti significativi. E quella notte James gli aveva dimostrato per l’ennesima volta quanto gli volesse bene, senza la necessità di spiegarglielo a parole.
« Non ti illudere, mi devi un favore » scherzò infatti, con un ghigno improvvisamente malandrino che sorprese Sirius non poco.
« Tipo? » chiese quest’ultimo, confuso ed allarmato.
« Abbiamo una missione, ricordi? » celiò James, mentre chiudeva la porta con una risatina sinistra, e Sirius alzò esasperato gli occhi al cielo, scuotendo divertito il capo. Perché si rese conto che ciò che lo attendeva era forse più atroce di qualsiasi supplizio passato a Grimmauld Place: un’intera estate a parlare di Lily Evans.








   
 
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