Serie TV > Veronica Mars
Segui la storia  |       
Autore: JEH1929    02/07/2018    1 recensioni
"Perché, per quanto si cerchi di fuggire dal passato, di lasciarselo alle spalle, quello è sempre lì dietro l’angolo, pronto a richiamarti indietro alla minima deviazione.
Non posso sfuggire all’attrazione fatale di Neptune."
Fanfiction ambientata 5 anni dopo la fine della terza stagione, senza tenere conto del film e dei libri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Echolls, Un po' tutti, Veronica Mars
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sto fissando la tazza piena di latte da cinque minuti buoni, stringendola convulsamente fino a sbiancarmi le nocche, quando mi accorgo che mio padre mi sta guardando. Deve aver notato gli occhi cerchiati di scuro per la notte insonne che ho passato e le tracce delle lacrime ai lati del viso, nonostante mi sia impegnata a cancellarle, prima di venire in cucina. In fondo è un detective. Gli faccio un sorriso, quanto più rassicurante possibile, ma mi rendo conto che mi stanno tremando le labbra. Non riesco proprio a capire cosa mi stia succedendo. Non è affatto da me avere queste stupide reazioni. Da sempre sono riuscita a tenere nascosto ciò che provavo, quando non era mia precisa intenzione rivelarlo. Eppure adesso mi sembra di essere una bambina.
- Veronica, va tutto bene?
Stringo le labbra. Posso parlarne con lui? Non penso che prenderebbe tanto bene il mio litigio con Logan e comincerebbe ad attaccarlo, dandogli tutta la colpa, quando, in realtà, gran parte della colpa è mia. Come ho potuto dire una cosa del genere? Ho osato paragonarlo a suo padre quando so esattamente che il primo a star male per questa parentela è proprio Logan, quando so cosa Aaron gli ha fatto fin da quando era un bambino piccolo e indifeso. Non mi ha lasciato altra scelta che quella di litigare, mi ha urlato contro delle cose orribili, ma io non avevo alcun diritto di dire quello che ho detto. E poi le sue ultime parole, il suo sguardo. Come ho potuto tornare a rivangare quella stupida storia di Madison, di cui in realtà non mi importa niente? Non me ne importa niente, mi stupisco di ciò, eppure mi rendo conto che è esattamente quello che penso. E mi accorgo anche del fatto che in questo momento non potrei sopportare le critiche di mio padre a Logan.
- No. – rispondo.
- Sei sicura?
Prima che abbia il tempo di aprire ulteriormente bocca per giustificarmi, qualcuno bussa alla porta. Mio padre mi lancia un’occhiata, come a dire che non abbiamo finito la discussione, e poi va ad aprire.
- Sorpresa! – riconosco all’istante la voce della persona sulla soglia e mi sento un po’ meglio.
- Ciao, Leo, che bella sorpresa! – mio padre abbraccia Leo e poi lo invita a entrare.
Mi alzo a mia volta e abbraccio il mio amico.
- Come sta la mia Veronica? – chiede.
- Bene.
Mi stacco dall’abbraccio.
- In realtà hai un aspetto orribile. – dice, sincero come al solito.
Lancio un’occhiata a mio padre, che però non commenta.
Leo si siede e per un po’ rimane a parlare con mio padre. È passato così tanto dall’ultima volta in cui si sono visti che ne avranno ancora per un po’. Decido di farmi una doccia e di ristudiare un po’ gli appunti del caso. Anche se ho litigato con Logan non è una buona ragione per permettere che un innocente finisca in prigione e che un colpevole resti a piede libero.
Verso l’ora di pranzo mio padre bussa alla porta.
- Avanti.
Lui entra.
- Ho pensato che magari tu e Leo potreste andare a pranzo fuori insieme.
- Non vieni anche tu?
- Ehm… no, ho delle cose da fare in ufficio, l’ho trascurato fin troppo e Eli ha bisogno di me.
Gli lancio uno sguardo obliquo.
- Stai cercando di dirmi che questo è l’unico motivo per cui non vuoi venire con noi? – chiedo.
Lui fa il finto tonto.
- Ma cosa stai dicendo, Veronica? Io sono perfettamente innocente.
Scoppio a ridere. Nonostante tutto, mio padre è l’unica persona che riesce sempre a farmi stare meglio e non sembra essersela presa troppo per il fatto che non ho voluto dirgli il motivo delle mie occhiaie scure.
- D’accordo. – rispondo.
Mi vesto ed esco dalla mia stanza, Leo mi aspetta. Usciamo, dopo aver salutato mio padre, ed entriamo nel primo ristorante italiano che troviamo.
Dopo esserci seduti ed aver ordinato, Leo mi lancia un’occhiata.
- Sai, mi mancano i nostri pranzi.
- Mancano anche a me. – rispondo.
- Pensi che tornerai a San Diego?
Alzo lo sguardo, confusa. Non ho mai messo in dubbio, neanche una volta, il mio ritorno a San Diego.
- Perché non dovrei tornare?
Leo mi studia per qualche secondo, prima di parlare.
- Non lo so. Neptune ha sempre esercitato un fascino magnetico su di te, lo sai…
- Mentre su di te no.
- Neptune è una strana città. Piena di incongruenze, di ingiustizie, di problemi… Ma forse è proprio per questo che ti piace tanto.
Rifletto per qualche secondo.
- Penso che tu abbia ragione. – ammetto alla fine.
- Neptune è casa tua.
- Già. Neptune è casa mia.
Faccio una pausa.
- Ma la mia vita adesso è a San Diego. – concludo.
- Ne sei davvero certa?
Ne sono davvero certa? In questo momento non mi sembra di avere alcuna certezza. L’arrivo della cameriera con i nostri piatti mi risparmia di dover dare una risposta.
Inizio a mangiare e Leo segue il mio esempio. Rimaniamo in silenzio per diversi minuti.
- Neptune non è l’unica cosa. – dice, dopo un po’.
- Eh?
- Non è l’unica cosa a trattenerti qui e non è l’unica cosa piena di incongruenze, di ingiustizie e di problemi.
- Di cosa stai parlando?
- Ti ricordi quella volta in cui ti ho detto che dovevi stare attenta ai cattivi ragazzi?
- Sì, è successo poche ore dopo che ti avevo mollato.
Poche ore dopo aver baciato Logan per la seconda volta.
- Già – Leo abbozza un sorriso divertito, - Il mio consiglio è tutt’ora valido, Veronica, stai attenta ai cattivi ragazzi.
Faccio per protestare, per dire che non ha alcuna ragione di mettermi in guardia da nessuno, ma Leo mi interrompe.
- Però, perché c’è un però, ma adesso te ne voglio dare un altro, di consigli. Non puoi vivere a metà.
- Cosa intendi dire? - gli chiedo.
- Niente più di quello che ho detto. Non puoi vivere a metà.
- Ti sembra che io stia vivendo a metà?
- Adesso, non saprei. Ma sono convinto che tu abbia vissuto a metà negli ultimi cinque anni.
Non rispondo. Continuiamo a mangiare in silenzio, io riflettendo sulle parole di Leo e lui alzando di tanto in tanto lo sguardo su di me.
Quando abbiamo finito, usciamo e ci mettiamo a passeggiare per le vie di Neptune. Ancora non ci siamo detti una parola.
È una bella giornata soleggiata, calda, ma non eccessivamente. Una delle solite giornate di Neptune. Una Ferrari rossa sfreccia al nostro fianco ed in pochi secondi è già scomparsa. Poi sento il motore di una moto, evidentemente un motore truccato, per quanto io capisca poco di moto e di auto, e mi ricorda i PCHers, chissà se esistono ancora e chissà chi è adesso il loro capo. La prossima volta che vedo Weevil dovrei chiederglielo. Per quanto adesso sia sicura che non ha più niente a che fare con loro, le notizie circolano. Ha ragione Leo, Neptune è una città colma di problemi, colma di ingiustizie. È una città marcia, fin nelle fondamenta, ed io, come nessun altro, non ho il potere di fare niente per renderla migliore. Non posso far cessare le ingiustizie nei confronti dei più deboli, non posso annullare la faida fra ricchi troppo ricchi e poveri troppo poveri. Io mi sono sempre trovata a metà fra questi due mondi. Ho frequentato i ricchissimi, sono stata loro amica, li ho amati, ma ho visto anche tutti i loro difetti, tutte le loro prepotenze. E sono stata anche con i poverissimi, ne ho viste le sofferenze, ma ho visto anche che possono essere brutali. Eppure, chissà perché, finisco sempre per tornare qui. Il fascino fatale di Neptune. Ma in fondo, come ha detto Leo, Neptune non è l’unica ad essere piena di incongruenze, ingiustizie e problemi, io stessa lo sono. Logan lo è. Perfino Duncan. Forse è questo il motivo per cui finiamo sempre per ritrovarci tutti qui.
Un grande manifesto svetta su un muro. Mostra un Vinnie Van Lowe super-sorridente e con il pollice alzato. Le elezioni. Ci saranno presto, a quanto ha detto mio padre. Improvvisamente un’idea si impossessa di me. Non potrò fare molto per cambiare alcune cose di Neptune, ma almeno una posso farla. Posso fare in modo che la città abbia uno sceriffo come si deve.
Mi volto verso Leo, che mi sta seguendo da vicino, e indico il manifesto. Lui alza lo sguardo verso Vinnie.
- Sì lo so, è uno schifo. E non ha nessuno contro cui battersi, sarà di nuovo sceriffo.
- Ho avuto un’idea. – annuncio, con un gran sorriso.
- Non mi piace molto quando dici di aver un’idea con quell’espressione. – ma sorride anche lui.
- Che ne dici di candidarti?
Il sorriso gli muore sulle labbra, rimpiazzato da un’espressione tesa.
- Non penso che sarebbe una buona idea. – dice.
- Invece penso che sarebbe un’idea eccellente. Chi meglio di te?
- Non sono così integerrimo come mi fai sembrare.
- Non potrai mai essere marcio come Vinnie Van Lowe, andiamo, neanche Lamb forse arrivava ad un abisso così profondo di marcio.
- Vorrei ricordarti che ho venduto i video del processo di Aaron Echolls a suo figlio e che per questo quello stronzo è stato rilasciato.
Mi mordo il labbro.
- Non è stata la cosa più furba che tu abbia mai fatto, ma…
- I miei avversari userebbero questa storia per distruggermi.
- Non credo che le persone troverebbero questo peggiore a ciò che Vinnie ha fatto. In fondo l’hai fatto per aiutare tua sorella.
- Sarebbe una campagna durissima.
- Daresti a Neptune un’altra possibilità di cambiare, almeno un minimo.
Leo sembra pensarci su.
- Datti almeno il tempo di pensarci per qualche giorno. Sei ancora in tempo. – concludo.
 
 
Sto guidando da ore, cercando di rilassarmi, ma fino ad ora non sono riuscito ad ottenere niente. Sono stato orribile. Le parole che ho detto a Veronica continuano a rimbombarmi in testa, in modo continuo, senza interruzione. Le ho offerto dei soldi, perché sono stato così schifosamente meschino? Mi vergogno di me stesso. E soprattutto non fanno che risuonare le parole che lei mi ha detto: “Non mi aspetterei niente di meno dal figlio di Aaron Echolls.” Il solo pensarci torna a procurarmi il dolore lancinante che provato nel momento stesso in cui lei ha pronunciato questa frase. E la domanda spontanea che ne segue: sono davvero come mio padre? Sicuramente non ho mai ucciso nessuno, ma ho picchiato tante persone, spesso anche persone che non lo meritavano, come quando me la sono presa con Piznarski senza avere la minima prova della sua colpevolezza. L’ho ridotto in poltiglia come un idiota tutto muscoli e niente cervello.
“Beh, io non te l’ho mai chiesto”
È vero, lei non me lo ha mai chiesto. Non mi ha mai chiesto di difenderla da niente. Ma io pensavo, io volevo che lei avesse bisogno di me. E quello era l’unico modo che avevo trovato per dimostrarle quanto fossi innamorato di lei. Ma non avevo fatto i conti col fatto che era Veronica e che non aveva bisogno di essere protetta da niente. O almeno questa era la sua convinzione.
“Avrei preferito che non mi avessi tradito con la persona che odio più al mondo quando dicevi di amarmi.”
Che razza di deficiente può andare a letto con la persona che ha drogato l’amore della tua vita e che ha reso possibile a un pazzo psicopatico di stuprarla? Che razza di persona sarei?
Continuo a guidare, fino a quando con la coda dell’occhio non mi sembra di scorgere una chioma bionda familiare per strada. Accosto, senza farmi vedere, e riconosco Veronica. Sta camminando con un uomo, che all’inizio non mi sembra di riconoscere. Procedono in silenzio, ma ad un tratto Veronica si volta verso il suo interlocutore e anche lui si ferma. Allora lo vedo bene in faccia e lo riconosco. L’agente Leonardo D’Amato. Lei gli sta dicendo qualcosa, un grande sorriso stampato sulle labbra.
Sento una piccola nuova fitta al petto. Non sembra che ci siano state conseguenze in lei dopo la nostra lite di ieri. Se ne sta lì con un uomo, con un altro uomo, a sorridere divertita. Veronica l’imperturbabile. Forse il suo soprannome non era poi messo tanto a caso. Rimetto in moto l’auto, prima di fare qualcosa di stupido come uscire dall’auto e gridarle di nuovo contro tutta la mia rabbia.
Ad un tratto il mio telefono inizia a suonare. Penso di non rispondere, in questo momento non mi importa niente di niente. Ma la persona dall’altro capo del telefono non sembra aver alcuna intenzione di demordere. Alla terza chiamata, accosto, afferro il telefono e, imprecando, rispondo.
- Ciao, Logan. Penso che sia arrivato il momento di parlare.
 
 
Siamo immobili l’uno di fronte all’altro da quelle che mi sembrano ore, ma non possono essere più di pochi minuti. Lui non è cambiato molto, le stesse spalle larghe, gli stessi capelli castani chiari, gli stessi occhi azzurri. Eppure, contemporaneamente, c’è qualcosa di diverso, nella sua espressione, forse. Qualcosa che non riesco bene ad afferrare. Di fronte a me c’è la persona con cui sono praticamente cresciuto, l’amico di sempre, colui su cui ho sempre fatto affidamento, ma contemporaneamente vedo un estraneo. È davvero cambiato tanto? Oppure sono io ad essere cambiato? Probabilmente lo siamo entrambi.
Una cosa è certa, ogni volta che ho immaginato il momento in cui avrei rincontrato il mio migliore amico in questi sei anni, sicuramente non pensavo che ci saremmo studiati in questo modo, come due animali in gabbia, ma che ci saremmo abbracciati e che tutto sarebbe stato come allora, addirittura come prima della morte di Lilly, quando la nostra relazione era praticamente perfetta, era come mio fratello. Poi c’era stata tutta la storia di Veronica, non è facile continuare ad essere amici del proprio rivale in amore. Però, in un modo o nell’altro, c’eravamo riusciti. Non eravamo proprio come prima, ma abbiamo perfino vissuto insieme. Fino a quando è scomparso nel nulla con la figlia avuta da Meg.
- Ciao, Logan. Sono felice di vederti.
Finalmente Duncan rompe il silenzio, rivolgendomi un sorriso timido, e per un attimo riconosco lo stesso ragazzo che ho incontrato l’ultima volta.
- Perché non mi hai detto che eri tornato? – la mia voce suona dura, anche più di quanto avessi voluto.
Il sorriso di Duncan si spegne lentamente, ma non sembra spaventato dal mio tono.
- Ho seguito la tua carriera fin dal momento in cui hai girato il tuo primo film. – dice, invece di rispondere.
La mia carriera? Cosa diavolo c’entra?
- Ho visto ogni tuo film, anche Lilly.
Sentirgli pronunciare quel nome mi fa sobbalzare.
- Sai, le somiglia molto.
Sento la nostalgia nella sua voce e la leggo nei suoi occhi, la stessa nostalgia che probabilmente è riflessa anche nei miei.
- Però è più dolce della nostra Lilly, somiglia anche a sua madre. È una bambina dolcissima.
Fa una pausa.
- E forte. Non so come sarei sopravvissuto senza di lei in questi sei anni.
Lo sguardo di Duncan si perde nel vuoto, come se stesse ricordando qualcosa. Gli occhi di un padre, tutto l’amore per la propria figlia. Non ho mai visto quello sguardo negli occhi del mio, di padre. Ma del resto era uno stupratore di minorenni e un assassino. L’ho visto negli occhi di Keith Mars e forse è per questo che gli ho sempre perdonato il fatto che mi detestasse, sapevo che voleva soltanto il meglio per Veronica e ovviamente io non ho mai rappresentato il meglio. Improvvisamente non sono più arrabbiato con Duncan per essersene andato.
- Perché non mi hai detto che eri tornato? – ripeto, ma questa volta il mio tono è più calmo, quasi dolce.
- Ho seguito anche i notiziari. Quando hanno detto che avevi ucciso quella ragazza, ho pensato che non potesse essere possibile…
Mi ha creduto innocente. Duncan non ha mai pensato che potessi uccidere qualcuno.
- Avevo pensato di chiamarti, ma poi… tutta l’attenzione mediatica era puntata su di te, era lo scoop dell’anno, l’attore killer. Ho avuto paura per Lilly…
Fa un’altra pausa.
- Inoltre non volevo crearti ulteriori problemi, mi sembrava ne avessi già abbastanza.
- Non saresti stato un problema. – protesto.
- La tua notorietà avrebbe attirato l’attenzione anche su di me. Immagina che scoop: il rapitore di bambini assassino della propria sorella trovato assieme all’attore-assassino del momento.
Questo posso capirlo, ma…
- Perché non mi hai mai chiamato in tutti questi anni? Immagino che con qualcuno tu abbia mantenuto i contatti, altrimenti non saresti qui.
Penso a Veronica, alla sua espressione di dolore quando le ho chiesto di Duncan e sento una piccola fitta alla bocca dello stomaco. Mi ritrovo a sperare con tutto me stesso che non fosse lei la persona con cui è rimasto in contatto.
- Soltanto con Clarence Wiedman.
- Davvero? – chiedo, incredulo.
- Sì.
Mi ritrovo a fare un sospiro di sollievo.
- Sai come è morto Aaron Echolls? – chiede all’improvviso.
L’ha chiamato Aaron Echolls, non “tuo padre”. Ma non capisco la causa di questa strana domanda.
- Qualcuno gli ha sparato nella stanza di albergo al Neptune Grand poco dopo il suo rilascio. Nessuno ha mai scoperto come fosse successo, né chi fosse stato.
- Io so cosa è successo.
Non commento, limitandomi ad aspettare il resto della storia.
- È stato Clarence. Dopo che ho scoperto che quel mostro l’aveva fatta franca non ho potuto fare a meno di agire. È stato Clarence dietro mio diretto ordine.
Per qualche secondo non reagisco davanti a questa stupefacente rivelazione. Sono felice? Sono addolorato? Io odiavo mio padre. Quello che sto provando è una sensazione troppo complicata per essere descritta.
- Mi dispiace.
- Non devi dispiacerti. Hai fatto la cosa giusta. – rispondo.
- Comunque non ho mai chiamato nessuno di voi perché avevo paura per Lilly. – dice Duncan dopo un po’.
Poi fa un gesto di impazienza con la mano.
- No, non è vero… almeno non è solo questo. Non ho mai chiamato nessuno di voi perché non volevo, non potevo, avere un assaggio di quello che avevo perso. La mia famiglia, il mio migliore amico, la mia ragazza. È stato più semplice in questo modo, per certi versi almeno.
La mia ragazza. Duncan era ancora innamorato di Veronica quando se ne è andato e lei lo era di lui. E adesso?
- Perché non mi hai salutato quando te ne sei andato? Avrei capito…
- Ero terrorizzato.
Duncan alza lo sguardo e mi guarda dritto negli occhi.
- Mi dispiace. Sono stato un codardo. Non ho altre spiegazioni.
Gli occhi azzurri di Duncan, sempre così sinceri, da che io mi ricordi. E adesso vi leggo la stessa sincerità.
- Accetto le tue scuse. – dico, dopo qualche minuto.
Duncan sorride.
- Tutto come prima? – chiede.
Non lo so, non so rispondere.
- Hai contattato Veronica? – gli domando, invece.
Duncan sembra sorpreso della mia domanda.
- In realtà prima ho contattato Keith, che ha voluto tenere sua figlia fuori da questa faccenda, almeno finché non è venuta a Neptune.
- L’hai incontrata solo dopo che è arrivata a Neptune? – il mio tono è impaziente, più di quanto vorrei.
Duncan sembra notarlo e annuisce.
- Sono stato io a chiederle di non dirti niente.
Sobbalzo. Allora è stata una diretta richiesta di Duncan. E io che volevo forzarla a dirmi la verità. Veronica non avrebbe mai tradito la fiducia di nessuno. Le ho detto delle cose così orribili.
- Sono uno stupido… - sussurro a voce alta prima di avere il tempo di fermarmi.
Duncan mi sta fissando intensamente, un po’ troppo per i miei gusti, e il suo sguardo è molto indagatore.
- Ma tu sei ancora innamorato di lei. – dice e non è esattamente una domanda.
Alzo lo sguardo e lo punto nel suo. Sono innamorato di Veronica? Lo sono ancora dopo tutto questo tempo? Non ho mai smesso di esserlo? Prima di avere il tempo di riflettere la risposta mi sale alle labbra.
- Sì, sono ancora innamorato di Veronica. – non posso credere di averlo appena detto ad alta voce.
Duncan distoglie lo sguardo.
- E lo sei anche tu… - dico, incredulo.
- Sì, non ho mai smesso di amarla in questi sei anni. Sono tornato anche per questo. – dice, tornando a guardarmi.
Ci limitiamo a fissarci, per diversi secondi. Stranamente non provo rabbia o odio nei suoi confronti. Comprendo i suoi sentimenti, che sono gli stessi miei. Ormai soltanto Veronica può scegliere fra uno di noi due, nessuna lotta è più necessaria. Poi la ricordo come l’ho vista soltanto qualche ora fa, con Leo D’Amato, stava sorridendo, sembrava felice. E realizzo che potrebbe non scegliere nessuno di noi.
- Potrebbe non scegliere nessuno di noi. – dico.
Duncan fa un sorriso rassegnato, prima di parlare.
- In tal caso non ci resta che farci fa parte.
 
 
Mentre guido verso casa, mi rendo conto che l’uscita con Leo mi ha fatto bene. Adesso mi sento decisamente meglio. Mio padre aveva ragione. Entro nel parcheggio e freno bruscamente, tanto che le gomme fischiano. Non è la mia auto, ancora dal meccanico per riparare i danni dell’incidente (mio padre non ha commentato quando gli ho spiegato che avevo subito un tamponamento, ma non è sembrato troppo convinto) ed io non sono affatto brava nel regolare i freni. Sicuramente quello che ho visto non ha aiutato.
La Porsche di Logan è in mezzo alle altre auto e lui è appoggiato alla portiera del guidatore, chiaramente in attesa. Parcheggio, attenta a non fare ulteriori figure di merda, ma mi sento in ansia. Cosa diavolo è venuto a fare qui? A insultarmi ancora? A chiedermi ancora di Duncan? Non potrò dirgli molto più di quello che gli ho detto l’ultima volta.
Poi mi ricordo di nuovo ciò che gli ho detto l’ultima volta che ci siamo visti, l’ho paragonato a suo padre e capisco che non ho affatto voglia di affrontarlo. Mi sta fissando ed io ormai sono rimasta anche troppo tempo chiusa nell’abitacolo della mia macchina. È arrivato il momento di lasciare il mio rifugio sicuro. Tanto, se ho intenzione di scagionarlo dall’accusa di omicidio, deve pur arrivare il momento della resa dei conti.
Mi avvicino a passi lenti e lui si stacca dalla portiera.
- Ciao. – dico.
Non risponde e allora io alzo lo sguardo. Nei suoi occhi non leggo rabbia, il che mi stupisce. Piuttosto vi trovo un profondo senso di colpa e preoccupazione.
- Veronica, io… scusa. Sono stato imperdonabile.
Spalanco gli occhi, confusa. È davvero venuto qui per scusarsi?
- Sei venuto a scusarti? – non posso fare a meno di chiedere.
- Sì, cioè… io… Duncan… abbiamo parlato. – balbetta.
Allora Duncan gli ha detto tutto. Faccio un sospiro di sollievo, tenere questo segreto stava davvero diventando un peso eccessivo per me.
- Sono stato orribile…
- No, - lo interrompo, - io sono stata orribile. Non avrei mai dovuto dire quello che ho detto. Paragonarti ad Aaron, non so cosa mi sia preso. Io non penso assolutamente che tu sia come lui.
- Invece hai ragione, mi sono comportando come un idiota, arrivando subito alle conclusioni sbagliate.
Gli sorrido e lui risponde al mio sorriso con il suo. Continuiamo a guardarci per diversi minuti. E mi sento bene. Il peso che sentivo dentro da ieri sera finalmente sciolto.
Improvvisamente Logan si avvicina di scatto. Prima che capisca le sue intenzioni, mi ha depositato un bacio all’angolo della bocca. Le sue labbra rimangono lì per qualche secondo, ma io sono incapace di muovermi e lui si allontana.
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non ne esce niente. Logan mi sorride, poi si volta e sale in macchina.
Riesco a riprendermi soltanto quando il mio telefono squilla. Logan è già scomparso. Prendo il cellulare e vedo che è arrivato un messaggio di Mac.
“Abbiamo scoperto qualcosa. Vieni subito.”
 
 
Mac e Travis sono nella stanza dei computer della mia amica. Lo sguardo trionfante.
- Hai un’espressione strana. Sembri stare fra le nuvole. – mi accoglie Mac, facendomi entrare.
Minimizzo la situazione, la sensazione delle labbra di Logan ancora calda sulle mie.
- Abbiamo qualcosa. – mi annuncia Mac vittoriosa.
- Ed è tutto grazie alle abilità informatiche della tua amica. – dice Travis lanciando uno sguardo colmo di ammirazione alla collega.
- Oh, non adularmi. Non ce l’avrei mai fatta senza di te. – risponde lei.
Alla fine riesco a tornare abbastanza in me da spazientirmi.
- Quando voi piccioncini avete finito, potreste dirmi cosa avete scoperto?
Entrambi si voltano nella mia direzione, lievemente imbarazzati, o almeno così sembra a me.
- Le microspie nel tuo computer e nel tuo cellulare sono molto difficili da rintracciare. – inizia Travis.
- E questo perché sono del tipo utilizzato nell’FBI. – continua Mac.
- FBI? – chiedo.
- Esatto. Hai per caso qualche nemico nell’FBI? O qualche motivo per cui l’FBI debba controllarti?
- Non che io sappia…
Non capisco.
- Ah, se può esserti utile, questi modelli sono piuttosto vecchi, non certamente gli ultimi usciti. – dice Travis.
- Vecchi? Quanto all’incirca? – un’idea comincia a formarsi nella mia mente.
- Mah, forse di circa sei o sette anni fa. Ti dice qualcosa? – chiede Mac.
Mi dice qualcosa? Certo che mi dice qualcosa. C’è un’unica persona che mi odia tanto appartenente dell’FBI, una persona con cui ho avuto a che fare esattamente sette anni fa. E non è finita bene per lui. Improvvisamente ricordo l’ultima lettera che ho ricevuto. Quella che parlava del fatto che Logan non poteva difendermi. Adesso è tutto chiaro. So chi è stato a inviarmi le lettere anonime, chi mi spia da mesi. Ben Kaczynski, il più giovane agente dell’FBI a lavorare sotto copertura. L’agente che avevo smascherato come un bugiardo e un imbroglione.




Ciao! Questa volta sono stata incredibilmente veloce! Spero che il capitolo vi piaccia
A presto!

Rigrazio come sempre L Ignis_46
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Veronica Mars / Vai alla pagina dell'autore: JEH1929