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Autore: BerriesTart_LilacSweet    02/07/2018    2 recensioni
“Vedrai Vitya, la vista dall’alto non è poi così male, ti ci abituerai. Fama, successo, ammiratori... E sarai il punto di riferimento di ogni pattinatore su ghiaccio, presente e anche futuro. Sei un campione Vitya, lo hai dimostrato, guarda dove sei arrivato ora, così giovane. Sei nato per fare la storia.”
Era passato qualche anno da quel discorso, ma la voce di Yakov risuonava prepotentemente nella testa del giovane Victor, così violentemente da coprire il rumore dei passi che stava facendo in quella landa desolata insieme al suo fedele Makkachin.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makkachin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Blue Boy.


“Vedrai Vitya, la vista dall’alto non è poi così male, ti ci abituerai. Fama, successo, ammiratori... E sarai il punto di riferimento di ogni pattinatore su ghiaccio, presente e anche futuro. Sei un campione Vitya, lo hai dimostrato, guarda dove sei arrivato ora,così giovane. Sei nato per fare la storia.”  

Era passato qualche anno da quel discorso, ma la voce di Yakov risuonava prepotentemente nella testa del giovane Victor, così violentemente da coprire il rumore dei passi che stava facendo in quella landa desolata insieme al suo fedele Makkachin.

Da lì si vedeva il mare e Victor, nonostante il clima freddo, aveva intenzione di vederlo, non lo spaventava, bastava avere addosso una sciarpa ed un cappotto abbastanza pesante da far sopportare il pungente vento russo.
Victor aveva tutto quello che ogni adolescente potesse mai sognare, proprio quello che diceva Yakov: soldi, tantissimi, così tanti da aver cambiato il suo modo di vestire, passando da dozzinali magliette sportive a completi eleganti delle più prestigiose firme dell’alta moda; followers, innumerevoli, pronti ad acclamarlo e idolatrarlo in qualsiasi momento.
Per loro Victor era una statua fatta del materiale più prezioso, perfetta e intangibile, non sbagliava un passo sul ghiaccio, era l’incarnazione di ciò che i comuni mortali non avrebbero mai potuto essere.
E forse per questo era tanto adorato. Tutti cercano qualcosa in più e spesso ci si aggrappa con ogni forza ad un idolo che dia una speranza, che permetta anche alla gente comune di sognare.
Veniva invitato a qualsiasi festa, poteva uscire fino a tarda sera, tutti erano disposti accontentare ogni suo capriccio, tutti i giovani pattinatori lo guardavano esibirsi mentre esclamavano entusiasti:
”Da grande voglio essere come Victor Nikiforov!”
Questo doveva essere un motivo di orgoglio.
Era un modello per il mondo intero, un pianeta irraggiungibile, la stella più lontana e luminosa.
Ogni foto sui giornali, ogni video su internet, ogni sua performance era una dimostrazione di quanto la sua vita agli occhi degli altri fosse perfetta, eterea, inscalfibile come la sua immagine di ragazzo androgino, dai lunghi capelli argentati e gli occhi azzurri come il cielo più sereno.
Era veramente così?
La gente non sapeva cosa ci fosse dietro a una foto mentre correva sorridente insieme al suo cane, non sapeva minimamente cosa volesse dire aver lottato così duramente, sin da bambino, per arrivare in cima alla montagna e guardare tutti dall’alto verso il basso, dai comuni mortali ai pattinatori in erba che tanto aspiravano a sedere accanto a lui in quell’Olimpo fatato.
Non sapevano cosa volesse dire giocare a fare il dio a quell’età.
Per Victor un gioco lo era all’inizio; man mano che che cresceva però, le difficoltà lungo la salita aumentavano, le rinunce diventavano sempre di più e si era ritrovato improvvisamente grande in un corpo da adolescente.
Perché era chiaro che per essere i più grandi di sempre, per essere sempre i migliori, per fare la storia e per essere ricordati, sarebbe stato necessario impegnarsi e rinunciare alle cose belle che l’adolescenza comporta.
L’amore.
La vita stessa.
Non aveva conosciuto niente Victor, ma la gente era così stupida da pensare che avesse tutto, mentre lui avrebbe dato via ogni singola cosa in suo possesso per poter uscire e mangiare una pizza, o una qualsiasi schifezza ogni giorno, salire su uno skate e lanciarsi da una scalinata, andare al cinema più spesso, ma soprattutto fare tutto ciò con degli amici fidati, amici che non ti sono accanto per godere della luce riflessa che Victor, il sole, donava loro.
E Victor lo sapeva che quelle persone non erano suoi amici, era dovuto crescere in fretta, doveva conoscere bene il mare in cui navigava e Victor non era certamente uno stupido.
Victor aveva rinunciato a frequentare una scuola normale, aveva rinunciato ad ogni relazione con i suoi coetanei, Victor aveva rinunciato all’amore.
Non poteva innamorarsi Victor, non avrebbe avuto il tempo di occuparsi di qualcosa che necessitava continue cure, come se fosse una rosa delicata, soprattutto non poteva legarsi ad una persona in questo mondo di squali dove tutti sono disposti ad utilizzare ogni mezzo per brillare.
Victor non poteva contare nemmeno sui suoi genitori; per loro avere un figlio con una dote così grandiosa era un’occasione troppo grande da sprecare, quel figlio era una miniera d’oro vivente, poco importava se nella notte lo sentivano piangere perché avrebbe voluto smettere quello sport che inizialmente tanto amava.
Perché con una mente così tanto piena, con un’anima che non era libera, rinchiusa in una prigione d’oro, come le medaglie che vinceva ad ogni gara, la passione se n’era andata, ma lui sul ghiaccio continuava a danzarci.
E Victor se lo domandava anche quel giorno, mentre camminava in quel deserto ghiacciato:
“Cosa mi spinge a restare?”
Le risposte in cuor suo le trovava e la più forte di tutte era la sua ambizione, che si era sviluppata durante gli anni e che aveva finito con il mangiarlo vivo, con un meccanismo sconosciuto, come un cane che si morde la coda, un cerchio infinito che lo portava a pensare di dover essere ad ogni costo il migliore, quasi fosse l’unica ragione di vita.
Perché era inutile negarlo, Victor di vita aveva conosciuto solo quella.
L’altra poi era l’amore per quello sport, perché il pattinaggio, il poter esprimersi volteggiando su una superficie così pura come il ghiaccio, era tutto ciò che aveva sognato e a lui, il suo sovrano, aveva dato tutto, anche la sua giovinezza.
Ma Victor in cuor suo sapeva che non avrebbe più stretto i denti come il soldato che era stato fino ad allora e Victor si sentiva proprio come si sentiva in quella landa: c’era l’immenso da ogni parte, ovunque si girasse, così vasto da far risuonare l’eco di ogni movimento e dei pensieri ed era una sensazione così spaventosa perché gli ricordava di quanto fosse solo, di quanto non fosse felice e di quanto avrebbe voluto ribellarsi e liberarsi da quelle catene che da bravo codardo non riusciva a spezzare.
“Cosa c’è al di là di quel mare?”


“Vecchiaccio!”
“...”
“Testa pelata! Che cazzo fai lí impalato a guardare il mare? Non ti ricordi come è fatto il mare?”
“Yurio, per favore, non essere così vol...”
“Porchetta! Tu stai zitto, io sto congelando, voglio tornare in città ...”
Victor però oggi lo sa cosa c’è oltre quel mare e lo benedice questo sport, perché è grazie ad esso che fra un mondo dove lui era un morto vivo ha incontrato delle persone splendide.
Persone che gli hanno dato un motivo per vivere ed essere veramente, un motivo per vivere a colori, per dedicarsi a quello sport con l’amore e la sana dedizione che merita; Victor non è solo oggi in quella stessa landa di allora e non prova quella sensazione vertiginosa orribile, non sente quel silenzio assordante, ma le urla di Yurio, le gentili proteste di Yuri e l’abbaiare frenetico di Makkachin.
La maggior parte delle persone lo chiamerebbe casino, ma per Victor è musica, la stessa musica che lo ha portato a pattinare con amore di nuovo, la stessa che gli ha concesso di innamorarsi perdutamente del suo Yuuri, che corre verso di lui per sfuggire alle violente proteste del piccolo russo.
Tendono le braccia entrambi e Victor lo accoglie e lo stringe così forte da far sembrare al mondo esterno che nelle sue braccia sia racchiuso l’universo, perché è da Yuuri che è tutto iniziato.
“Resta con me e non te andare mai.”







Angolo dell' "autrice".

Beh, non ci sono molte cose da dire.
Ho pianto male e anche troppo dopo l'annuncio di "Ice Adolescence" e sono estremamente contenta della locandina del film e del titolo; non mi stancherò mai di ripetere che per me questo film, su questa (probabile, perchè di teorie se ne possono fare tante, ma nell'effettivo non sappiamo la trama del film) tematica è un passo necessario perchè si capiscano i gesti e i pensieri di Victor nella prima stagione.
In più, potrebbe essere un buon terreno per capire più i personaggi e le relazioni fra di esse (i Victuuri sono sempre nel mio cuore) , qualora ci fosse una seconda stagione.

Detto ciò, mi piacerebbe spiegare il titolo: "Blue Boy" vuol dire letteralmente "Ragazzo Blu". "Feeling Blue" è un'espressione inglese che è traducibile come "sentirsi giù, essere infelice, depresso".
Perchè il blu? Perchè è il colore associato alle tempeste, alla pioggia ed in più in passato, era uso issare la bandiera blu quando il capitano o un ufficiale della ciurma moriva.

Ringrazio chi leggerà e recensirà e lascio di seguito il link, per chi vorrà leggerla, della long che sto cercandodi scrivere: Apnea
   
 
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