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Autore: Ghost Writer TNCS    07/07/2018    3 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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5. Dolore e umiliazione

Era tarda mattina e Tenko se ne stava nella sua cella, scura in volto. Era passato un giorno intero, eppure non riusciva a togliersi dalla mente la notte passata con il sacerdote. La rabbia che aveva provato, ma soprattutto l’impotenza e l’umiliazione.

Udì un rumore di passi. Si voltò e nel vedere il secondino con l’uniforme da guardia in mano, dentro di sé fece un salto di gioia: uscire a massacrare gente le sembrava l’unico modo per gettarsi alle spalle quegli orribili ricordi.

Una volta sul carro, la sua risolutezza cominciò a vacillare. Il suo compito era di fare il lavoro sporco per il Clero, strozzando i focolai di ribellione che invece avrebbe tanto voluto alimentare. Ogni persona che uccideva era un ostacolo in meno alla supremazia di uomini come il priore, e questa consapevolezza la gettò di nuovo nello sconforto.

Quando il carro si fermò e la fecero scendere, si sentiva quasi peggio che in prigione.

Anche questa volta fu Leonidas Cardea a spiegarle il suo incarico: doveva mettere fuori gioco una sentinella, dopodiché avrebbe fatto irruzione insieme agli altri militari in un mercato illegale.

«L’altra volta hai fatto un buon lavoro, sono convinto che gli dei ti accompagneranno anche questa volta» concluse il felidiano con la consueta aria marziale.

Tenko fece uno svogliato mugugno d’assenso, poi si ricordò di usare la formula corretta: «Sì, capitano.»

Le diedero una spada e poi le indicarono un punto da cui sarebbe stata in grado di salire sul tetto. Per una persona normale sarebbe stato problematico arrampicarsi, ma lei ci riuscì con una naturalezza istintiva. Avanzò con disinvoltura sulla sommità del tetto, agile e silenziosa.

La sentinella era appostata su una piccola balconata coperta: da lì poteva osservare la strada, ma non sarebbe stata in grado di vedere arrivare la demone dall’alto.

Tenko prese un profondo respiro e poi saltò giù. Il suo movimento a pendolo le permise di colpire la sentinella con un vigoroso calcio al petto, abbastanza forte da scaraventarla indietro.

Quasi subito si rese conto di aver usato troppa forza: la sentinella era solo un bambino, e ora giaceva immobile ai suoi piedi.

Con fare incerto gli controllò il battito. Tirò un sospiro di sollievo: non avrebbe avuto quel piccolo faunomorfo sulla coscienza.

Come da programma, si arrampicò nuovamente sulla tettoia e tornò indietro per dare il via libera alle guardie. I militari, divisi in tre gruppi, attaccarono contemporaneamente tutte le entrate, così da bloccare le principali vie di fuga e cogliere di sorpresa i contrabbandieri.

Tenko era insieme al primo gruppo e in un attimo si trovò nel pieno dello scontro. Le guardie non facevano distinzione fra clienti e mercanti, fra uomini armati e disarmati; il loro compito era semplice: uccidere tutti i peccatori e sequestrare la merce.

Ben presto il caos prese il sopravvento: quello spazio era troppo angusto e c’era troppa gente accalcata che spingeva per cercare una via di fuga.

Tenko non era abituata a combattere in spazi così stretti, e quasi subito ricevette il primo fendente. Poi un altro, e un altro ancora. La confusione era tale che non riusciva a distinguere amici e nemici.

Un uomo le si parò avanti, urlante e coperto di sangue. Lei provò a indietreggiare, ma qualcuno la spinse e lei venne colpita di striscio dall’ascia del nemico. Il suo avversario si muoveva senza razionalità, menando colpi a caso. Avrebbe potuto sconfiggerlo facilmente, ma di nuovo qualcuno la urtò alle spalle. Parò d’istinto, riuscendo a bloccare il tondo d’ascia prima di venire sgozzata.

Eseguì un affondo nel petto del suo nemico, poi si girò. Voleva proprio vedere in faccia l’uomo che l’aveva quasi fatta uccidere. Non si stupì nel riconoscere l’uniforme di una guardia.

«Ehi, idiota! Fai attenzione!»

Ma non poteva distrarsi. Sentì un rumore alla sua destra. Il telo di una bancarella stava per crollarle addosso, così si affrettò a spostarsi. Non avvertì però il militare, il quale venne coperto dal tessuto colorato e trascinato a terra. Un paio di fuorilegge ne approfittarono per infilzarlo, e Tenko li osservò con subdolo godimento.

Eliminato il nemico, gli sguardi dei due uomini si concentrarono su di lei. La demone ci mise alcuni istanti per ricordarsi che indossava l’uniforme da guardia, e tanto bastò ai suoi avversari per avventarsi su di lei.

Superato il momento di indecisione, la demone ritrovò il suo istinto guerriero e diede sfogo alla sua rabbia. Riuscirono a ferirla, ma alla fine fu lei ad avere la meglio.

Per sua sfortuna, la battaglia non era ancora finita. Altri fuorilegge la aggredirono, e lei cominciò a vacillare. I tagli non erano profondi, ma la sua resistenza cominciava a venire meno: non era abituata agli scontri prolungati. Quando la situazione diventava problematica, in genere si limitava a fuggire, sfruttando la sua agilità per seminare i nemici. Ora però non aveva vie di scampo.

Parò un fendente e schivò un tondo. Si lanciò in avanti e trafisse un nemico, ma qualcuno le tirò una bastonata al fianco. Lanciò un grido e cadde di lato, addosso a una bancarella.

Provò a rialzarsi, ma i suoi aggressori furono più rapidi e la colpirono con calci e bastoni. Provò a difendersi, ma era del tutto impotente.

Stordita dalle percosse, le venne da pensare alla guardia che aveva lasciato morire poco prima: forse lui sarebbe stato in grado di aiutarla. Ma ormai era tardi per i ripensamenti: ancora una volta aveva ceduto ai suoi istinti peggiori, e questa volta l’avrebbe pagata con la vita.

Quello che accadde dopo fu tutto molto confuso. D’un tratto i colpi finirono, sentì delle voci, poi qualcuno la sollevò. Non riuscì a capire chi fosse, né dove la stessero portando. Perse i sensi prima di arrivare a destinazione.

***

Si risvegliò in maniera lenta e graduale. Prima l’udito: voci e rumori di passi. Poi il tatto: una sensazione di fresco in vari punti del corpo. Solo alla fine si attivò anche la vista: si trovava in una piccola tenda, stesa su una spessa coperta. Aveva diverse fasciature là dove era stata ferita, ma non sentiva più dolore. Anche la testa non le rimbombava più.

«Ti sei svegliata.»

Lei si voltò verso l’entrata. Leonidas era sulla soglia, come per entrare, ma esitava. Solo dopo qualche istante Tenko si accorse che a coprirle il seno c’erano solo delle bende messe presumibilmente dal suo guaritore. Le scappò un sorrisetto malizioso: forse il capitano era imbarazzato?

«Stai… bene?» le chiese il felidiano, indeciso se guardarla o meno.

«Sto bene» confermò lei. «Puoi entrare, non sono nuda.»

 Quell’ultima parola sembrò mettere ancora più in difficoltà il militare. «Pregherò Susanoo[7] affinché tu ti rimetta preso. Ora è meglio che vada.»

Tenko non aveva nulla da obiettare, poi però le venne in mente una cosa. «Aspetta.»

Leonidas si fermò.

«Devo parlarti di una cosa… in privato.»

Il felidiano ebbe un attimo di esitazione, poi si girò e andò da lei.

Tenko serrò i pugni. «L’altra notte… le guardie mi… mi hanno drogata… e poi… e poi mi…» Non pensava sarebbe stato così difficile parlarne. «Mi hanno portata… dal sacerdote… e lui… e lui…» Sentì le lacrime sulle guance, e questo la mise ancora più in difficoltà. «Lui mi ha violentata! L’ha fatto, senza che io potessi reagire.» Il peso dei ricordi le impedì di sollevare lo sguardo. «Ti prego… non voglio tornare in cella. Lui… Non voglio che lo faccia di nuovo…»

Improvvisamente calò il silenzio. I rumori dall’esterno divennero improvvisamente più forti, e i singhiozzi della demone parvero amplificati.

«Ti prego…» ripeté con un filo di voce.

Leonidas ci mise alcuni secondi per rispondere, ma sembrarono un’eternità: «Mi spiace, ma non posso farlo.»

Solo allora Tenko riuscì a sollevare il capo. Provò a guardarlo negli occhi, ma lui distolse lo sguardo.

«Padre Palladios è un uomo saggio e influente. È grazie a lui se sono capitano. Non posso venire meno ai suoi ordini.»

Tenko sbarrò gli occhi, incredula. «Hai capito quello che ti ho detto? Lui mi ha…» Non riuscì a ripetere la parola. «Quello che mi ha fatto!»

Leonidas esitò. «Ho sentito che vogliono nominare Padre Palladios gran sacerdote. Sei fortunata a piacergli. Se lo compiaci, sicuramente sarà generoso con te.»

Sentire quelle parole fu come rivivere quei momenti. Avvertì lo stesso disgusto, la stessa umiliazione.

Strinse i pugni. «Vattene.»

Il capitano esitò.

«Vattene!» gli gridò. «Mi fai schifo! Tu e tuoi cazzo di dei! Siete la vergogna del mondo!»

Un simile affronto minò l’autocontrollo di Leonidas, che la colpì con un violento schiaffo. Tenko rimase un attimo immobile, poi gli sputò ai piedi un misto di saliva e sangue.

Il felidiano rimose immobile, ma nei suoi occhi c’era una tempesta. «Abbiamo finito.»

Lasciò la tenda, e Tenko si augurò di non incontrarlo mai più. Si era illusa che fosse un uomo d’onore, invece era solo l’ennesimo leccapiedi del Clero.

La riportarono in cella, e per una volta il suo desiderio venne esaudito: passarono i giorni, ma non le assegnarono più nessuna missione. Evidentemente il capitano non voleva più saperne di lei. In compenso il priore la fece portare ancora nella sua camera, e poi ancora.

Ovviamente si ribellò: la prima volta, invece di bere la tossina, gettò la fiala contro le sbarre. Non servì a nulla: le guardie ne portarono un’altra e la costrinsero a mandarla giù con la forza. La seconda volta provò a fingere di bere, ma la scoprirono subito, e di nuovo ricevette una cospicua dose di pugni.

Si sentiva completamente svuotata. Passava le giornate in cella, e le notti nel terrore: quando non era tra le grinfie dell’ecclesiastico, erano gli incubi a tormentarla.

Pensava che la sua agonia sarebbe durata per sempre – o per lo meno fino a quando il sacerdote non si fosse stufato di lei – ma la terza volta avvenne qualcosa di diverso: le guardie le portarono la consueta fiala con la droga e questa volta lei la bevve con rassegnazione, come un automa. Attese che la tossina facesse effetto, ma così non fu. I sintomi erano appena percettibili.

Non sapeva cosa stesse succedendo, ma capì che era la sua occasione: non avrebbe avuto un’altra opportunità del genere. Si accasciò a terra come al solito, e le guardie non parvero sospettare nulla. Aprirono la cella e la tirarono su, trascinandola per quella strada che ormai conosceva a memoria.

Tenko rimase immobile, ma ogni cellula del suo corpo fremeva: quella notte avrebbe ucciso il priore e avrebbe riconquistato la sua libertà.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Ancora una volta Tenko ha visto tradite le sue speranze: ha cercato l’aiuto di Leonidas, ma lui si è rifiutato. Non c’è da stupirsi se l’odio verso il Clero è così radicato dentro di lei.

Il suo unico barlume di speranza sembrava svanito, ma ecco finalmente un’occasione: per qualche motivo la droga non ha fatto effetto, e lei non si farà certo sfuggire questa possibilità.

È tempo che la sua storia riprenda.

Grazie per essere passati e a presto! ^.^


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[7] Dio giapponese delle tempeste e degli uragani.

   
 
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