Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    07/07/2018    4 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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27. Devozione
 
Prima di continuare la narrazione di queste cronache, riporto un passo delle memorie di un altro valente e onesto compagno. Non solo d’armi, ma di vita. Spero che al lettore possa interessare, e che l’autore non si sgomenti eccessivamente appena intuirà che mi sono impossessata di un testo non propriamente mio!
 
 
Perché non provi a credere in noi, una volta tanto, Levi?
 
Conta su di noi, fratellone!
 
Il mio risveglio di quella mattina fu sorprendentemente dolce.
Da quanto tempo non avevo dormito senza essere assalito da ricordi di orrore, di tristezza? Da quanto avevo sperato di poter riposare in pace una volta tanto, senza dovermi risvegliare di colpo a causa di un incubo?
Quella volta fu totalmente diverso. Davanti a me, non erano più adagiati i corpi martoriati di Furlan e Isabel ai miei piedi. Mi avevano appena parlato, invitandomi con felicità e spensieratezza a confidare in loro. Ma, miei cari amici, rimpiango tanto la mia scelta di aver preferito di fare tutt’altro.
In ogni caso, l’amarezza del ricordo di una scelta tanto sbagliata da parte mia, che mi costò la morte dei miei compagni di vita, subito si dissipò come aprii gli occhi, riconoscendo la figura femminile adagiata nel letto accanto a me.
Claire, nuda e assolutamente bellissima, assorta probabilmente in un sogno piacevole e dilettevole, dormiva beatamente avvinghiata a me, il piccolo nasino all’insù mi solleticava il collo, il suo braccio destro premeva sul mio petto.
Osservandola dormire, mi resi conto che solo lei e la notte passata insieme potevano aver liberato la mia mente di ogni tormento, facendomi provare il piacere di riposare per una volta lontano dagli incubi.
Claire. Lei e lei solo.
Il suo viso innocente e puro mi condusse al giorno in cui, per la prima volta, mi aveva rivolto la parola in maniera distratta e sventata, prima di lanciare una forchetta o un coltello sul mio piede; a quando si era messa a giocare con dei piccoli mocciosi di Trost, a quando, durante la nostra prima spedizione, aveva iniziato a scimmiottare me davanti alla sua amica divertita.
Le sorrisi. Quella stessa persona, benché fosse talvolta ingenua e sbadata, era la stessa che, durante il primo giorno di addestramento, aveva registrato il più alto numero di soppressioni di fantocci; quella che aveva ucciso un gigante anomalo dopo neanche dieci minuti dall’inizio della sua prima missione oltre le mura; quella che aveva elaborato su due piedi un piano per l’eliminazione di un colosso per la protezione delle milizie.
Le carezzai il braccio, lasciandole un bacio sulla fronte. Lei, una giovane e inesperta ragazza di appena vent’anni aveva già l’appoggio dei più importanti membri del Corpo di Ricerca dopo nemmeno la sua prima spedizione ricognitiva, oltre che un probabile futuro di Caposquadra davanti.
Certamente, nonostante le ottime abilità, rimaneva sempre pura e spontanea, che molto facilmente si faceva abbindolare dalle malsane idee della Quattr’occhi. Questo lato della sua personalità l’ho sempre giudicato negativamente, non lo nascondo. In compenso, tuttavia, nutrivo un grande rispetto nei confronti della sua determinazione.
Ma Claire era molto di più di un’abile combattente e di un’intuitiva stratega. Difatti, non sono qui per parlare di queste sue caratteristiche.
Quella ragazza, attraverso uno strumento a corde e una voce imperfetta ma sincera, mi aveva riportato piano piano alla realtà.
Il ricordo della sera trascorsa sul tetto è ancora vivido nella mia mente. Lei si era esibita nel silenzio della notte con quella meravigliosa melodia musicale davanti a me. Cantava con passione, con gioia, lasciando trasparire la sofferenza causatale dal suo triste lutto.
La storia della sua vita che piano piano iniziò a raccontarmi mi aveva spinto a rivelare a poco a poco anche il mio passato doloroso. La sconvolsi, me ne rammarico tutt’ora, ma al tempo stesso riuscii a liberarmi di un peso che mi portavo dietro da anni, quel racconto esistenziale per il quale non avevo reso cosciente tantomeno una persona fidata come Erwin.
Da quando mi aveva reso la mia inseparabile collana rossa, spiegandole il motivo per cui quell’oggetto fosse per me così importante, avevo iniziato ad andare oltre il solito paio d’ore di dormiveglia che dovevo per forza concedermi ogni notte. Gli incubi, col passare del tempo, divennero meno atroci e frequenti. I “fantasmi” del mio passato non avevano smesso di perseguitarmi, ma un raggio di luce si era fatto in seguito vivo sul mio percorso, permettendomi di superare con meno fatica tutta quella sofferenza. E quella sorgente di speranza era proprio Claire.
Claire, che con la sua vitalità e innocenza era entrata a far parte della mia vita di tutti i giorni. Claire, che aveva cantato per me. Claire, che aveva confessato il suo amore per me in un bosco al tramonto. Claire, che non aveva resistito a regalarmi un tenerissimo e sincero bacio, prima autentica dimostrazione di affetto nei miei confronti dopo lungo tempo.
A lei probabilmente poco importava, a differenza di altri, se il mio appellativo fosse quello di “più forte dell’umanità intera”. Lei aveva visto una parte molto più umana e profonda di me sconosciuta persino al sottoscritto.
E le ero riconoscente anche per questo.
Ma l’attrazione che provavo e provo ancora per lei è difficile per me da spiegare. Qualcosa di forte in me mi spinge a cercarla sempre, a passare quanto più tempo insieme con lei, a proteggerla, nonostante il suo atteggiamento spericolato in battaglia, in parte condizionato anche da Hanji.
Compresi molto successivamente questa particolare peculiarità della mia stirpe. In ogni caso, inizialmente dedicai me stesso a domandarmi il motivo per cui dovessi sentirmi attratto da una giovane di circa dieci anni più giovane di me, per giunta mia sottoposta. Per quale ragione una mocciosa ventenne era improvvisamente diventata tanto importante per me, al punto tale da farmi decidere di assecondare il suo amore nei miei confronti che mi aveva dichiarato quella sera nel bosco?
Provai con tutte le mie forze a dimenticarla, a ricordare piuttosto a me stesso che il posto di merda in cui vivevamo non avrebbe mai potuto garantirci alcuna gioia; era pur sempre una realtà misera in cui un giorno eravamo a combattere, quello successivo a morire.
Ma la sua dolcezza e la sua cordialità mi sciolsero il cuore: mi resi conto che era impossibile per me starle lontana, ragione per cui il nostro rapporto si consolidò sempre più.
Ben presto, dentro di me iniziò ad alimentarsi il bisogno di doverla proteggere ad ogni costo. Continuavo a sognare, malgrado tutto, la morte brutale dei miei due vecchi, cari compagni. E, nonostante non gliel’avessi mai rivelato, mi divorava ogni notte il timore di poter perdere anche lei per colpa di quei mostri assatanati fuori le mura rancide.
Anche quel mattino tranquillo, guardandola riposare teneramente, fui assorto dall’ansia di dovermi dividere da lei. Prontamente, avvertii la necessità di doverla tenere stretta a me, di sentire che lei c’era, che era al sicuro.
La avvinghiai con forza, cingendola per la vita, accarezzandole la chioma morbida e profumata.
-Capitano Levi, mi stai strangolando – borbottò lei, con il viso schiacciato sul mio petto, la sua voce vibrò sul mio torace.
Sentii le guance andare a fuoco, una sensazione che quella ragazza tanto importante per me mi aveva provocato per la primissima volta nella mia vita. La lasciai andare, lei si sistemò meglio accanto a me, poggiando la testa sul suo cuscino.
-Scusa – sussurrai.
Ella emise un buffo sbadiglio, supina, sbatté gli occhi grigi, girandosi nella mia direzione, poi mi abbracciò. Quel gesto tanto semplice, eppure tremendamente tenero e grazioso, fece accelerare in maniera evidente i battiti del mio cuore.
Claire era sempre capace di strapparmi un sorriso, ogni tanto. Buona parte delle mie conoscenze mi giudicava altamente apatico, lei non ha mai esitato a cercare un pretesto per sollevare il mio umore. Ma più semplicemente, con lei ero felice e basta.
Anche quella volta, non mi fu difficile sorriderle. Lei ricambiò come sempre, con la sua espressione raggiante.
Improvvisamente, però, il suo volto si incupì, per poi essere costellato da lacrime.
Non capii a cosa fosse dovuta quella reazione inaspettata. Mi misi su un lato, inquieto, aspettando di sentirla parlare.
-Levi, mi dispiace tanto – disse lei. –Ieri io ho visto. Ho visto il luogo in cui sei nato e cresciuto. Ho potuto immaginare allora quanto Furlan e Isabel abbiano potuto renderti un po’ meno infelice lì sotto, ma loro poi sono…
Tentò di asciugarsi il viso con una mano e mi offrii di aiutarla. Dolcemente, mi sdraiai sopra di lei, strinsi il mio corpo al mio, baciandola con tenerezza.
Ripensai al giorno prima, al momento in cui, perplesso e inorridito, scortavo lei, il fratello e Erwin in direzione della parte ovest della mia città natale. Per un istante, così preso dalle atrocità di quel luogo scadente e misero, avevo dimenticato che lei, proprio lei, si trovava a pochi passi da me. Non riesco a descrivere il conforto che avevo provato non appena la avevo ritrovata al mio fianco. Con una gentilezza che avrebbe scaldato il cuore di chiunque, le nostre mani si erano intrecciate. Fu proprio quel contatto a farmi comprendere il motivo per cui mi trovavo lì: perché, devoto a quella ragazza più che alla mia stessa vita, avrei fatto di tutto per lei, anche recarmi da quell’uomo egoista e inaffidabile che avevamo incontrato.
Claire, se fossi stato mai in grado di descriverti quello che provavo per te! Ancora ora mi accorgo che è l’impresa che non riuscirò mai a portare a compimento.
Ritornare in quel posto misero, teatro di disperazione, era stato un colpo difficile da incassare. Ma in quell’occasione c’era lei con me, e non avrei potuto desiderare di meglio che la sua compagnia per affrontare una situazione del genere. Me ne infischio tuttora dei titoli che mi affibbiano: anche il caporale maggiore Levi ha le sue debolezze, come tutti gli uomini.
La lasciai poco dopo. –Tu non ti rendi conto di tutto quello che stai facendo per me – le rivelai. Il mio torace premeva sul suo, ma cercavo di fare attenzione a non farle male. –Mi procuri una gioia infinita, nonostante il luogo schifoso in cui ci troviamo, Claire.
Le sorrisi di nuovo, sfiorando con un dito la sua guancia. –Ho ritrovato la pace dopo tanto tempo, grazie a te – conclusi.
Ella sospirò, non mi fu chiaro se perché si fosse sentita più sollevata o semplicemente perché le mie attenzioni la facevano sentire tanto in estasi. –Levi – ripeté.
Lentamente, le baciai il viso, prima le labbra, poi la fronte, sistemandomi infine su un lato, mentre la cingevo. Mi rivolse un’espressione dolcissima, posando le sue mani sul mio corpo, finché una delle due non scese più in basso, fino a stringermi il fondoschiena.
-Che stai facendo? – le domandai, paonazzo.
Ella ridacchiò. –Mi rilasso un po’, prima di mettermi all’opera. Oggi abbiamo una giornata molto dura, te ne sei dimenticato?
Non fui in grado di ricordarlo fin da subito, ma quello sarebbe stato il giorno in cui lei e la sua “truppa” avrebbero lavorato in prima linea per permettere la cattura di un esemplare di gigante.
-No, non l’ho scordato – la fissai, prendendole la mano che aveva lasciato sulla mia natica, bloccandola e intrecciandola con la mia. Un colorito rosso acceso si impadronì del suo volto non appena osservò la collana al mio collo scivolarle nell’incavo dei seni. –Ti dispiacerebbe se mi rilassassi anche io? Dovrò assecondare ancora una volta le follie tue e di Hanji, dopotutto – approfittai per dirle.
-Non sono follie, è qualcosa di estrema importanza e lo sai bene, - ribatté lei, -comunque fa’ quello che vuoi – terminò, toccando con la punta delle dita i contorni violacei all’altezza della mia clavicola che lei, fino a qualche ora prima, mi aveva piano piano lasciato, procurandomi un misto di fastidio ed infinito piacere ogni singola volta.  
Contrariamente, la sua carnagione era perfetta e immacolata, d’altronde mi ero limitato a riempirla di baci e carezze, senza spingermi oltre come lei, a quanto potevo constatare, era in grado di fare. Ecco perché, in maniera molto caparbia, decisi di rimediare.
Le mordicchiai un po’ avidamente il collo, facendola ingenuamente gemere. Non mi astengo dal raccontare l’orgoglio che provavo ogni qual volta ripeteva il mio nome non appena le “marchiavo” la pelle. Imparavo molto in fretta da lei.
-Per essere stata la prima volta di entrambi, ce la siamo cavata. Che ne pensi? – osservò lei poco dopo.
Avvertii un forte bollore in volto. Non capii se avesse parlato per canzonarmi, ma il suo sguardo innocente mi suggeriva il contrario.
-Lo chiedi a me? Sono più grande di te, certamente, ma non ho fatto mai esperienza in queste cose.
-Io invece penso che siamo andati bene – concluse, poggiando la testa sul mio petto per poi ridacchiare. –A volte avevo pensato che avresti potuto farmi male, invece sei stato dolcissimo.
Non risposi. Parlarne mi imbarazzava parecchio, ciò che comunque mi aveva colpito era stata l’espressione con cui aveva giudicato il mio modo di fare l’amore con lei. D’altronde, contraddirla sarebbe stato scorretto: avevo fatto di tutto per contenere quella dannata forza che, anno dopo anno, era maturata dentro di me – che, anzi, mi è sempre parso come se fosse sempre esistita – benché ella mi avesse invitato a mettere da parte l’autocontrollo. Da ormai diversi anni, difficilmente lasciavo sfogare le mie emozioni, se non occasionalmente un mucchio di collera, e la sera precedente mi ero sentito come se, per la prima volta dopo un lungo periodo, fossi stato capace di abbandonare del tutto il mio solito atteggiamento distaccato.
Ripensandoci anche adesso, vengo colto da un grande imbarazzo appena mi rendo conto di averla quasi completamente assalita, la sera precedente. Il mio comportamento stranamente fervoroso doveva averla un po’ inquietata, o comunque presa alla sprovvista. Era stato un bene che ella non avesse voluto interrompermi mentre, fortunatamente, nemmeno mi ero accorto di quante attenzioni io avessi iniziato a concederle su due piedi. Le ero tanto grato anche perché, in qualsiasi momento fossi in difficoltà, mi aveva invitato a lasciar perdere qualsiasi genere di preoccupazione e di farla mia.
Il cuore iniziò a battermi più forte nel ricordare i momenti in cui, nemmeno troppe ore prima, mi aveva sfiorato, baciato fino a che, entrambi, non fossimo completamente privi di forza.
Sono tutt’ora deliziato all’idea di non avere alcun rimpianto riguardante quella notte. Sorrido nel ripensare tutti gli istanti in cui ero riuscita a farla gemere negli attimi più intensi. Non nascondo di averla trovata puramente splendida proprio in quelle occasioni.
 Le avrei quindi volentieri rivelato già quella mattina, se non avessi provato tanta vergogna, come in realtà anch’io avessi tanto goduto dopo quell’esperienza.
-Levi? – mi chiamò lei ancora.
-Che vuoi?
-Tu che mi dici? – mi strinse ancora. –Ti sono piaciuta?
Le mie guance divennero nuovamente roventi. Rimaneva un mistero come ella riuscisse a farmi perdere il controllo ogni volta. Mentre perdevo tempo alla ricerca delle parole giuste, lei ridacchiò di nuovo, lasciandomi un bacio sulla mascella.
-Guarda che non devi rispondermi subito. Se ho fatto qualcosa di sbagliato, però, non tormentarti e dimmelo.
-Ehi – sbottai. –Smettila di fare la mocciosa – avvertii il solito formicolio nello stomaco. -Lo sai benissimo che mi è piaciuto.
Arrossimmo entrambi, poi sorridemmo divertiti, mentre lei rise ancora.
-Sono contenta. Ma posso sempre migliorare, sai? - sbadigliò. –Non ho proprio voglia di alzarmi, comunque.
-Dovremmo.
-E’ l’alba, chi vuoi che ci infastidisca? Ho bisogno di te ancora un altro po’, almeno.
Fui incapace di rispondere. Le carezzai la chioma, avvinghiandola sempre più forte con l’altro braccio. –Che sciocca – la apostrofai. – L’hai detto tu che abbiamo da fare.
-Che rottura, che sei. Ti dispiacerebbe smetterla di rompere le scatole una volta tanto? – ribatté lei.
Rimanemmo ancora un po’ nel letto a godere di quella pace, sperando inutilmente che quel momento di tranquillità non finisse più.
Tutto tornò alla normalità non appena lei decise di fruire del mio bagno a prepararsi per quella lunga e intensa giornata. Probabilmente lei l’aveva fatto senza badarci troppo, ma il modo in cui percorse camera mia senza nulla addosso mi mozzò letteralmente il fiato.
Il corpo di Claire era molto tonico e ben slanciato, tipico di una soldatessa, riflettei. Il suo seno non era eccessivamente vistoso, e, malgrado gli estenuanti allenamenti cui si sottoponeva – benché i miei continui dissensi – la sua corporatura non era eccessivamente robusta: Claire, infatti, lavorava soprattutto di agilità e concentrazione, due abilità in cui lei surclassava addirittura i suoi bravi compagni, se non alcuni tra i veterani, ma peccava di forza.
Prima che avessi tempo di ammirare ulteriormente la sua figura, soffermandomi poi sui capelli, la quale tinta era a metà tra il biondo e il castano, quella mattina decisamente disordinati e arruffati, si bloccò a metà strada. Guardò il vuoto a bocca aperta, poi spostò lo sguardo su di me, il viso in fiamme.
-Sono completamente nuda – proferì.
-Ma sei davvero tanto rincoglionita? – mi stiracchiai, scrocchiando le dita sopra la testa. –La prossima volta ti faccio vestire da Hanji. Magari, vedendoti così, le verrà anche voglia di sottoporti ad una bella dissezione giusto per capire un po’ meglio il tuo udito sovrumano.
-‘Fanculo, Levi. È prima mattina – si coprì i seni, scappando velocemente in bagno.
Sorridendo, la osservai chiudere la porta alle mie spalle, poi poggiai per un breve istante la testa sul cuscino, perso nei miei pensieri.
La mia mente era concentrata solo ed esclusivamente su di lei, al fatto di poter avere qualcuno di tanto importante per me, che ricambiava tutti i miei sentimenti. Nonostante ciò, anche in quel momento mi accorsi di un particolare rilevante: seppur vedessi la felicità dipinta sul suo volto ogni qual volta me la ritrovassi al mio fianco, non facevo che colpevolizzarmi per non poterle offrire un’esistenza migliore. Quante volte mi aveva accennato il suo sogno, quello di andare a vivere lontano dalle mura e dai giganti per rimanere con i propri cari!
Aveva deciso di lottare a denti stretti contro i giganti affinché quel desiderio potesse realizzarsi, fidandosi ogni volta delle scelte dei suoi superiori, benché fossero qualche volta troppo sprovvedute, come quelle di Hanji.
Stimavo la sua grande forza di volontà, ma è palese che l’ansia di perderla mi intimorisse più del necessario. Anche quel giorno, dopo essermi alzato per darmi una sistemata e riordinare il letto, mentre svolgevo tali mansioni quasi iniziai a dimenticare la felicità provata pochissimi istanti prima, preparandomi ad affrontare una nuova giornata da soldato della Legione Esplorativa.
Claire camminava per la stanza con indosso un asciugamano, dopo essersi concessa un bagno, nonostante l’avessi intimata a rimanere ferma mentre cercavo di rassettare la camera e il caos che avevamo creato con i vestiti.
-Non potevi aspettare che me ne andassi, prima di sistemare qui dentro? – sospirò. –Ora come mi asciugo?
La ignorai, ripetendole di non muoversi per non aumentare il casino già presente. Ella borbottò contrariata, stringendo l’asciugamano al petto.
Riuscii a farla tornare di buon umore solo dopo aver terminato di mettere in ordine: con il fardello di vestiti tra le braccia, a cui avrei regalato da lì a poco un’accurata lavata, mi avvicinai a lei per lasciarle un bacio sulle labbra, prima che potesse divenire ancora una volta color pomodoro.
Fu lì che mi promisi, per l’ennesima volta, che avrei fatto qualsiasi cosa per mutare il sogno nel cassetto di quella ragazza in realtà.
 
 
Spazio Autore: eccomi di ritorno, con una versione abbastanza OOC di Levi (o almeno lo è per me. Voi cosa ne pensate? XD) in un capitolo a lui completamente dedicato.
Sinceramente considero questo uno dei capitoli più apprezzabili della mia storia, e sono felice di aver realizzato il desiderio di voler scrivere uno spin off del racconto per lasciar spazio al punto di vista del caporale, eppure non credo di aver rispettato abbastanza la veridicità del personaggio. D’altronde, parliamo sempre di Levi! Di una cosa sono assolutamente certa: malgrado la sofferenza, la sfrontatezza e la sfacciataggine che caratterizzano questo personaggio, sono più che convinta che il suo cuore sia grande quanto il gigante di Eren.
Il titolo del capitolo prende inoltre spunto dal vero significato del nome di questo personaggio: è incredibile come “Levi” faccia anche riferimento alla straordinaria peculiarità degli Ackerman!
Ringrazio chi continua a seguire il racconto. Alla prossima!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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