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Autore: smak978    20/07/2018    6 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 41 – Conseguenze
 
 
Kelly Harris si affrettò verso l’ascensore, osservando con disinteresse i suoi colleghi che le liberavano la strada. Era una delle abilità che aveva appreso a Serpeverde, e la riteneva indispensabile. Non c’era niente di peggio che essere di cattivo umore e doversi sorbire persone che si lamentavano delle loro vite monotone, o peggio, che cercavano di tirarla su di morale. Le bastava semplicemente bloccare le emozioni e tutti correvano nella direzione opposta. Dire che la cosa non la tirava su di morale sarebbe stata una bugia.
 
Aveva mantenuto la promessa che aveva fatto a quel moccioso di Malfoy; si era avventurata nelle orrende profondità del Dipartimento di Ricerca e aveva parlato con un paio di assistenti. Appena avevano capito la sua richiesta, il che non fu difficile visto che aveva preteso una risposta immediata, si erano trasformati in una massa di bambini balbettanti che erano tutto tranne che utili.
 
Avevano nascosto la testa sotto la sabbia, si erano rifiutati di ricambiare il suo sguardo e avevano farfugliato che era pazza anche solo per averlo suggerito. Pazza. Erano il ritratto del disgusto. E, peggio ancora, quando uno dei supervisori riuscì a sentire di sfuggita la loro conversazione… scoppiò a ridere. Erano degli idioti, dal primo a l’ultimo. Imbecilli senza cervello. Maledettissimi-!
 
Prese un respiro profondo, e si calmò mentre gli occupanti dell’ascensore si allontanavano e le porte si chiudevano, isolandola finalmente da tutti. Approfittò di quel momento per dare un pugno al muro. Era da tempo che non si arrabbiava così; il suo lavoro non glielo permetteva. Come potevi consolare una madre terrorizzata se eri arrabbiato e teso? Non poteva funzionare.
 
Prese un altro respiro profondo, si raddrizzò e raccolse i suoi capelli in uno chignon disordinato. Era il momento di lasciarsi quella mattinata umiliante alle spalle e concentrarsi sul suo lavoro. Più tardi avrebbe scritto una lettera a quel moccioso di Malfoy.
 
Tirocinante Harris.” Kelly non poté fare a meno di sospirare, di alzare gli occhi al cielo e di tirare con fin troppa forza i suoi capelli. Avrebbe dovuto aspettarselo. Sarebbe stato troppo semplice uscire da quell’ascensore e andare avanti con la sua vita. Fin troppo semplice. “Nel mio ufficio.”
 
Kelly sospirò di nuovo, avviandosi nella stanza con una camminata sgraziata. Patricia Brown la chiamava ‘Tirocinante’ solo quando era infuriata con lei; non si prospettava una conversazione piacevole.
 
Kelly si chiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò, evitando di sedersi sulla poltrona che la donna le stava indicando. Se Patricia aveva intenzione di rimanere in piedi, lei avrebbe fatto lo stesso. Non ci sarebbero state ramanzine o lavate di testa; non quel giorno.
 
“Il Signor Malfoy è venuto qui ieri sera?” Non esistevano giri di parole con Patricia.
 
“Sì.”
 
“Ho ragione a ipotizzare che abbia parlato con lei?”
 
“Sì.”
 
“Bene. Credo che possa darmi una spiegazione.” Non era una domanda, era solo una supposizione.
 
Kelly sospirò ancora una volta, fissando il giornale che l’altra le aveva lanciato davanti. Sapeva di cosa si trattava, visto che l’aveva già letto. La Gazzetta del Profeta aveva rilasciato un articolo quella mattina; il giornale aveva dovuto affrettarsi a includere la notizia poche ore dopo che l’incidente era trapelato; ciò significava che qualcuno nel dipartimento aveva mandato loro un gufo con quella storia pochi minuti dopo il fatto.
 
La testata era orrenda, e faceva davvero onore agli standard del Profeta.
 
L’erede dei Malfoy frequenta il           San Mungo; karma o sacrosanta giustizia?
 
“Sembra proprio che qualcuno sia andato a spifferare in giro gli affari di questo dipartimento.” Rispose tranquillamente Kelly, osservando Patricia Brown che aggrottava la fronte. Oh, era davvero furiosa. “Però nell’articolo non c’è nessun riferimento a Potter, quindi il nostro giuramento di privacy è ancora intatto.”
 
“Mi dica che si tratta delle solite fandonie che s’inventa il Profeta.”
 
Kelly fece schioccare la lingua sul palato, cercando di trovare un modo di spiegarle la situazione senza essere attaccata. “È quasi tutta spazzatura. Sì, è vero che ieri sera Malfoy si è presentato qui in preda al panico, e anche che abbiamo parlato. Ma buona parte dell’articolo riguarda il suo passato da Mangiamorte, e c’è scritto anche che si merita tutta questa merda. Faranno meglio a spedirgli una lettera di scuse per questa violazione della privacy.”
 
La sua mentore non era affatto contenta; i suoi occhi si erano ridotti a due fessure. “Buona parte?”
 
“Sembra che l’articolo riporti la nostra conversazione piuttosto accuratamente. Ripeto, è una violazione della privacy. Io aumenterei i controlli sulle guardie assegnate al suo ufficio; è chiaro che a qualcuno dei Guaritori o dei pazienti non importa un fico secco del giuramento di privacy.”
 
Brown le lanciò un’occhiata sospettosa, poi sospirò e si lasciò cadere sulla sua sedia. Tirò fuori la lista dei turni della sera prima e studiò i nomi delle persone che erano in servizio. Adesso che aveva finito con la sua tecnica di intimidazione, Kelly si sedette sulla sedia di fronte a lei e accavallò le gambe come se fosse calma. Ma in cuor suo ribolliva di rabbia. Era un attacco assolutamente immotivato.
 
“Tutti quanti dovranno rifare il giuramento.” Sussurrò     Brown fra sé e sé, massaggiandosi le tempie come per alleviare un mal di testa. “E poi ho già spedito delle lettere al Signor Malfoy e al Signor Potter. Dovremo solo assicurare loro che non succederà mai più.”
 
“Non penso che si preoccuperanno molto di quell’articolo.” Kelly scrollò le spalle quando la donna le lanciò un’occhiataccia, impassibile. “Harry Potter è finito sui giornali almeno una volta a settimana da quando è finita la guerra; ci è abituato. E poi, nell’articolo non è stato menzionato il suo nome; si concentra su Malfoy. E Malfoy non alzerà un polverone perché sta cercando di rimanere nelle nostre grazie.”
 
“E perché mai a Draco Malfoy dovrebbe interessare anche solo un po’ della nostra opinione su di lui?” La sua voce si acuì di nuovo, era sospettosa. Sul serio, si comportava come se non fossero amiche.
 
“Perché gli abbiamo salvato il culo la volta in cui ha duellato con Il Prescelto; se non l’avessimo fatto, adesso si troverebbe ad Azkaban.” Kelly placò la bestia, osservandola mentre tornava alle sue scartoffie. Ma Kelly era stata una Serpeverde, e i sospetti nei suoi confronti l’avevano irritata all’inverosimile. “E anche perché mi ha chiesto un favore, e sa che non otterrà nulla irritandoci.”
 
“Ha forse promesso-?”
 
“Non ho fatto nulla.” Kelly finse un’espressione innocente e scrollò le spalle. Il gesto irritava la sua mentore, e quella volta non fece eccezione. “Sono solo una tirocinante; non posso promettere nulla senza un’autorizzazione.” Si fissarono a vicenda, nessuna delle due distoglieva lo sguardo. Una cinica, l’altra furiosa. “A proposito; per ipotesi, ovviamente, si potrebbe rimuovere la magia di qualcuno, se si volesse? Ha qualche idea?”
 
Se la tensione era palpabile un momento prima, adesso avrebbe potuto materializzarsi e distruggere l’ufficio. Kelly non aveva mai visto Patricia dilatare le narici, e solo adesso realizzava quanto era stata fortunata. Era come tornare a sedersi di fronte a una furiosa McGranitt che la sgridava per aver fatto crescere la coda a un gruppo di Tassorosso.
 
Tuttavia non ci furono urla. Nessun licenziamento. Patricia Brown mise da parte le scartoffie che erano di fronte a lei e incrociò le braccia al petto. Solo allora parlò, a bassa voce e con calma. Kelly aveva la sensazione che quell’atteggiamento tranquillo non sarebbe durato più di dieci minuti.
 
“Kelly, qual è la prima regola da rispettare quando si lavora con malati terminali?” Ah, grandioso. Avrebbe affrontato la discussione come se le stesse dando un ‘insegnamento’. “Qual è la regola cruciale? Cosa le ho raccomandato di fare il suo primissimo giorno di lavoro? Qual è la regola più importante?” Kelly dovette supporre che non era calma come voleva far credere, visto che le aveva fatto quattro volte la stessa domanda in modi diversi.
 
“La felicità del paziente ha la priorità.”
 
“Ritenta.”
 
“È quella la regola; la felicità del paziente ha la priorità. È molto probabile che i nostri pazienti muoiano nonostante le nostre cure, quindi la loro felicità è sempre al primo posto. Dopo, e solo dopo, viene la medicina; facciamo tutto il possibile per tenerli in vita il più a lungo possibile, se lo vogliono. Dobbiamo metterli a loro agio e-”
 
“Ma non si fanno promesse che non si possono mantenere!” Kelly la fissò, ma non si lasciò sfuggire la risposta che aveva sulla punta della lingua. “E non si promettono miracoli! Non si dice alle famiglie che andrà tutto bene! I loro cari stanno morendo; si meritano molto più di una ridicola, falsa speranza!”
 
“Non lo stavo ridicolizzando.”
 
“Stai ridicolizzando l’intero dipartimento. Il nostro lavoro è prenderci cura delle povere anime che finiscono in questa corsia. Non siamo la Divisione di Ricerca.”
 
“È per questo che ho fatto visita al Dipartimento di Ricerca.”
 
“Pensi di essere la prima Guaritrice a chiedere loro dei trattamenti che non hanno? È per questo che non dovresti affezionarti-”
 
“Non dovrei affezionarmi? È seria? Come si fa a non farlo? Stringiamo loro la mano mentre muoiono; come si fa a non affezionarsi?”
 
“Ed era il suo lavoro stringere la mano a Harry Potter; il suo unico lavoro!”
 
“Non vuole morire!”
 
“Nessuna di quelle persone vuole morire! E noi non vogliamo che muoiano! Non è qualcosa che possiamo cambiare con uno schiocco delle dita e una sola visita al Dipartimento di Ricerca. Usa la testa, ragazzina. Nessuno dei nostri pazienti guarirà; non esistono cure. Non ci sono rimedi.”
 
“Solo perché nessuno ha il coraggio di studiare quella cazzo di malattia!” Urlò Kelly, spingendo via la sua sedia. Patricia fu sorpresa da quella reazione; le sue sopracciglia avevano quasi raggiunto l’attaccatura dei capelli. Ma non la interruppe. “È come se fosse un maledettissimo tabù! Mi è bastato solo pronunciarne il nome, e il Dipartimento di Ricerca aveva già la testa sotto la sabbia. Nessuno ne parla, nessun libro la descrive nel dettaglio. Perfino la nostra documentazione è inesistente; c’è solo la data in cui è stata contratta è quella in cui il paziente è morto. Cioè, che diavolo è quella robaccia inutile? Per quel che ne sappiamo ci potrebbe essere una cura semplicissima per questa malattia vile e bastarda, ma non ne sappiamo niente perché tutti hanno paura della perdita del controllo della magia!”
 
“È una malattia della sua magia.” Rispose tranquillamente Brown, non sembrava turbata dalle sue urla. “Non si può interferire con la magia perché è una parte dell’anima. Come ben sa. Ora, lo so che le piace questo paziente. Abbiamo tutti delle preferenze; non dovremmo, ma le abbiamo. È comprensibile che abbia sviluppato una connessione con lui, e che adesso sia arrabbiata. Comprendo la sua frustrazione. Ma dovrà scusarsi con il Signor Malfoy, e cessare quest’inutile tentativo. Sono stata chiara?”
 
Kelly fece un lungo sospiro, cercando di calmarsi. Non aveva ragione di litigare con Patricia per quella faccenda, soprattutto dal momento che aveva già messo in chiaro le sue opinioni. E poi Kelly aveva già rispettato la promessa; aveva fatto visita al Dipartimento di Ricerca e l’aveva chiesto alla sua mentore. Non aveva dato la risposta che voleva Malfoy, ma era una cosa che avevano già previsto.
 
Sì, a Kelly irritava la mancanza di interesse nello sviluppo della cura, ma in cuor suo aveva mille dubbi; era una missione impossibile. Era la magia ad essere malata; come si poteva curare la magia?
 
Potter sarebbe morto, ed era ora che Malfoy facesse i conti con la realtà.
 
“Capisce quello che sto tentando di dirle?”
 
“Sì.”
 
“Capisce che non possiamo curare l malattia di Harry Potter e che se ci fosse stato un possibile trattamento, a quest’ora sarebbe già stato scoperto?”
 
“Sì.”
 
“Questa missione la lascerebbe soltanto delusa e amareggiata. È meglio evitare che accada.”
 
“Molto probabilmente.”
 
“Non ti arrenderai, non è vero?”
 
“Neanche per sogno.”
 
.
 
.
 
.
 
Harry si addentrò nella Sala Grande e tirò un sospiro di sollievo quando la trovò vuota. Solo alcuni Tassorosso e Serpeverde dell’ottavo anno erano abbastanza irrazionali da recarsi a colazione così presto, e a Harry non dispiaceva per niente. Un po’ di silenzio prima del mal di testa che la giornata gli avrebbe inevitabilmente procurato. Quel giorno c’erano molte materie teoriche e Pozioni, quindi non c’era modo di evitare Draco. Era già grato di essersi svegliato per primo, così da non dover rispondere alle venti domande che aveva sicuramente in serbo per lui. Non l’avrebbe sorpreso se avesse cercato di versare del Veritaserum nel suo succo di zucca.
 
 
“Bene, bene, guarda chi si vede.” Blaise fu il primo a notarlo, e non sembrava contento. Harry non lo biasimava. “Il Signor non-ho-bisogno-dell’aiuto-di-nessuno.”
 
Harry fece per aprire bocca, ma Pansy lo interruppe. “Sta’ zitto, idiota. L’imbecille sei tu che hai cercato di intrometterti nel loro litigio; sembrava forse che volessero aiuto?”
 
“Non può usare la magia!” Disse Blaise, che indicò Harry con veemenza e ringhiò quando li vide scambiarsi semplicemente uno sguardo perplesso. “Era un vantaggio ingiusto!”
 
“Se la stava cavando benissimo da solo.” Pansy diede un colpetto all’orecchio di Blaise, ignorando il suo urletto. “Si sarebbero picchiati, la tensione si darebbe accumulata, poi si sarebbero baciati e avrebbero scop-”
 
“No, non l’avremmo fatto.” La interruppe Harry, che era consapevole di star arrossendo mentre prendeva posto accanto a Theo. Non gli avevano chiesto perché avesse usato la magia, né del litigio, e nemmeno se Draco l’avesse affrontato. Si limitavano ad accettare che era finita, e che tutto era tornato alla normalità. Dio, perché i Grifondoro non si comportavano mai in quel modo? “Comunque mi scuso per averti urlato contro.”
 
Dal sorriso di Zabini sembrava che gli avessero regalato la luna. “E il legame si rafforza.” Scansò un colpetto di Pansy e ignorò l’occhiataccia di Nott. Sul serio, perché non potevano essere tutti felici o divertiti come Blaise? “Allora, dov’è Draco?” In un istante passò da una persona che si accontentava di poco a un malevolo Serpeverde.
 
“Sta dormendo.” Harry cercò di far finire lì la conversazione, ma non sembrò funzionare, visto che indossavano tutti un ghigno predatorio.
 
“Hai paura, eh?” Chiese Nott, il ritratto dell’innocenza. Sarebbe stato convincente se solo non avesse sogghignato.
 
“No.”
 
“Penso che lei stia affermando il falso.” Che razza di frase era quella? Blaise ignorò la sua occhiata e continuò.
 
“Perché mai avresti dovuto sgattaiolare fin qui? Per il solo piacere della nostra compagnia?”
 
“Per legare.” Rispose Harry, che dovette trattenere il sorriso quando li sentì ridacchiare. I Serpeverde e il loro umorismo. “E, onestamente, volevo assicurarmi che nessuno fosse troppo arrabbiato con me.” Anche se aveva parlato di nuovo del litigio, non c’era traccia di risentimento nei loro occhi. Per un secondo Harry pensò che fosse perché a loro non importava, ma gli bastò un attimo per capire che non era così. Era solo che non giudicavano le decisioni affrettate che aveva preso la sera prima.
 
“A Serpeverde c’è sempre qualcuno che litiga,” Pansy inclinò la testa da un lato, sinceramente perplessa. “Di certo avrai notato che è un evento comunissimo qui.”
 
“Certo, ma nessuno litiga con Draco.” Aggiunse Blaise, ghignando. “Una volta Theo ci si è avvicinato, ma il senso del giudizio gli ritornò quando si ricordò che Draco l’avrebbe letteralmente distrutto a duello. Il che ci riporta alla conversazione precedente; ti stai nascondendo dal nostro terrificante padrone?”
 
No.” Ritentò, ma nessuno gli credette. E non l’avrebbero mai fatto; tutti avevano paura di Draco. Harry non aveva paura di lui, considerando che la notte precedente aveva avuto la possibilità di farlo a pezzi, e invece gli aveva fatto la più bella dichiarazione del secolo. No, Harry aveva paura della conversazione che avrebbero dovuto affrontare. Delle domande, e delle risposte che si sarebbe sentito obbligato a dare. “Non mi sto nascondendo. Mi sono svegliato per primo e ho pensato che avesse bisogno di dormire.”
 
“Come no.” Fece finta che non lo irritasse il fatto che avevano risposto tutti all’unisono.
 
“Pensatela come volete,” Harry rispose ai loro ghigni con un’altra osservazione. “Voi non siete neanche tornati al Dormitorio ieri sera; non avete neanche dormito nei vostri letti per evitare che Draco posasse il suo sguardo su di voi. Che importa se lo sto evitando o no, almeno io riesco ancora a fronteggiarlo.”
 
“Un colpo basso, Potter… basso.” Tutti ignorarono il commento di Blaise e il fatto che aveva messo il broncio.
 
“Non abbiamo dormito altrove perché avevamo paura.” Nott si alzò, e con un cenno della mano impedì a Harry di continuare. “Ma per puro istinto di autoconservazione. Hai mai visto Blaise che cerca di mantenere un’espressione impassibile? Con un solo sguardo Draco avrebbe capito che sapeva qualcosa; guardalo!” Si voltarono tutti verso il Serpeverde dalla pelle scura, che sorrise perché era al centro dell’attenzione. “È un idiota! Draco si sarebbe chiesto come facesse lui a saperlo e si sarebbe voltato verso di me.” L’espressione scioccata di Blaise fece valere la pena di aver affrontato l’intera conversazione. “Poi si sarebbe chiesto perché sapevo così tante cose e, francamente, gliel’avrei detto senza pensarci due volte. Stavamo già cercando un modo per dirglielo inavvertitamente.”
 
“Triste ma vero.” Aggiunse Blaise, scrollando le spalle. Il dispiacere per l’insulto che gli aveva rivolto Nott era già sparito.
 
“E, infine, Draco avrebbe posato il suo sguardo assassino su di te. Lo stavamo evitando… per aiutarti.”
 
“Tutte stronzate.” Rise Harry, “Avete paura di lui, ammettetelo!”
 
“Neanche sul letto di morte.” Si paralizzò una volta che le parole lasciarono la sua bocca, realizzando quanto fossero inopportune date le condizioni di Harry. Era tutto apposto. Anzi, era qualcosa che Harry avrebbe potuto usare contro di lui.
 
“Allora, fammi capire meglio.” Pansy passò tranquillamente sopra l’imbarazzo che aleggiava sul piccolo ma animato gruppo. Erano arrivati più studenti nella Sala Grande, ma i loro quattro posti erano i più rumorosi.  “Lo sapevate tutti… e non me l’avete detto? Di nuovo? Perché sono l’unica ad essere tagliata fuori da queste cose, branco di traditori bastardi?”
 
Harry sbuffò divertito quando entrambi i ragazzi si mossero a disagio; se avevano paura di Draco, erano ugualmente spaventati da Pansy. Aveva una fama da castratrice, se Harry non ricordava male.
 
“Non è importante.” Blaise ignorò di punto in bianco le accuse della ragazza, posando di nuovo i suoi occhi scuri su di Harry. “Finché Potter non ammette di aver paura di Draco!”
 
“Non è vero!” Tentò ancora Harry, ma gli altri stavano già scuotendo le teste.
 
“Anche questi due codardi sarebbero corsi a nascondersi.” Pansy cercò di persuaderlo, lanciando un’occhiataccia ai due ragazzi. Sì, aveva permesso che la conversazione tornasse su Harry, ma non avrebbe ignorato il loro tradimento. Harry si sentì quasi in pena per loro, finché non si ricordò che avevano avuto intenzione di spifferare tutto a Draco. “Non c’è nulla di cui vergognarsi.”
 
“Unisciti a noi Potter.” Ghignò Blaise, “Sii un vero Serpeverde.”
 
“Ditemi se ho capito bene… i prerequisiti per essere un Serpeverde sono, l’istinto di autoconservazione, la malizia e… avere paura di Draco Malfoy?”
 
“Piò o meno.” Un Serpeverde del quarto anno che passava di lì rispose al posto degli altri. Tzé, accidenti ai Serpeverde e al loro patriottismo.
 
“Non ho paura di Draco.”
 
Ma lo stai evitando?”
 
“Che importa?”
 
Blaise scrollò le spalle, senza un briciolo di tatto. “Ci annoiamo. È un bel passatempo.”
 
Harry li fissò uno per uno, non era la prima volta che rimaneva perplesso dall’umorismo e dalle emozioni Serpeverde. Gli altri ricambiarono il suo sguardo, e anche loro erano confusi dalla sua esitazione. Il fatto che nessuno battesse ciglio non migliorava la situazione; era come se stessero cercando di mantenere il contatto visivo prima di fiondarsi su di lui; fin troppo simili a dei serpenti, a dirla tutta.
 
Alla fine Harry sospirò, distogliendo lo sguardo. Gli altri ghignarono appena lo fece, consapevoli di aver vinto. Maledetti bastardi. “Mi farà domande imbarazzanti.” Gemette, tenendosi la testa fra le mani.
 
“Non devi rispondere per forza.” Gli fece notare Nott, inutilmente.
 
“E pensi che non userà il fattore ho-cercato-di-farmi-esplodere contro di me?”
 
“Menti.” Harry non si degnò neanche di rispondere al suggerimento di Blaise; Pansy lo fece al posto suo, schiaffeggiandogli il braccio e dandogli dell’idiota. L’espressione impassibile di Harry non era migliore di quella di Blaise quando si trattava di Draco.
 
“Non avete parlato ieri sera?”
 
“Uhm… più o meno. Ha cambiato discorso piuttosto velocemente.”
 
“Ecco. Non vuole parlare.” Harry si voltò a guardare Pansy con le sopracciglia alzate, e lei annuì alla confessione. La ragazza riconosceva le manie di controllo di Draco.
 
“Penso che ci stiamo dimenticando una cosa molto importante.” Nott richiamò a lui l’attenzione, accigliandosi. Fissava il tavolo e annuiva mentre metteva insieme i pezzi del suo ragionamento. “Un’opportunità che non avevamo considerato.”
 
Un’opportunità? Harry lo fissò, cercando di capire cosa ci fosse di vantaggioso nel rivelare tutte le sue paure e i suoi momenti imbarazzanti alla persona che rispettava di più al mondo. Quale opportunità stava ignorando?
 
“Cosa pensi che farà Draco quando entrerà da quella porta?” Continuò Nott, indicando l’altra parte della stanza. “Qual è la primissima cosa che farà?”
 
Harry si voltò verso la porta, riflettendoci. Lo stronzetto biondo avrebbe posato i suoi occhi su di Harry, come se ogni suo gene avesse un dispositivo per localizzarlo. Si sarebbe avvicinato a lui con gli occhi colmi di emozioni anche se il suo volto sarebbe rimasto impassibile. Avrebbe…
 
Gli altri due ragazzi stavano annuendo e avevano gli occhi spalancati. Cosa sfuggiva a Harry? Qualcosa di ovvio? Qualcosa di così evidente che lui, la persona più vicina a Draco, non riusciva a capire? Qual era l’opportunità che non aveva considerato?
 
“Capisci?” Continuò Nott, con un tono serio. Lui e gli altri si scambiarono uno sguardo d’intesa, per poi tornare a fissare Harry.  “Scommetto un galeone che la sua prima parola sarà ‘Potty’.”
 

 
Cosa?
 
“Un galeone che lo punirà.” Aggiunse Pansy, lanciando la sua moneta d’oro sul tavolo.
 
“È troppo vago.”
 
“Bene. Gli darà un colpetto all’orecchio.”  E sarebbe potuto succedere davvero.
 
Harry si voltò verso Blaise. Il traditore scrollò le spalle, e lanciò a sua volta una moneta d’oro sul tavolo, accanto a quella di Pansy. “Un galeone che Draco non dirà una parola, ma si siederà così vicino a Potter che i loro fianchi si toccheranno.”
 
Quella che era un’opportunità che aveva sottovalutato.
 
“Che bastardi.” Sospirò Harry, osservando i piatti che iniziavano ad apparire sul tavolo.  Decise di prendere un toast, nonostante la sua mancanza d’appetito.
 
“Cosa scommetti tu, Potter?” Chiese Nott, con un ghigno sulle labbra. “Cosa pensi che farà Draco quando entrerà da quella porta?”
 
“Non voglio scommettere.”
 
“Vivi un po’, dai.”  Harry arricciò il naso per la mancanza di tatto nelle sue parole. “Oggi non mi sta andando molto bene.” Sussurrò, voltandosi a fissare con sorpresa una ragazzina del secondo anno che passava di lì. Si era fermata e si stava mordendo il labbro.
 
La ragazzina guardò Harry, prima di tirare fuori una moneta dal suo mantello. “Un galeone che Malfoy ignorerà completamente Potter. Non lo guarderà e non gli parlerà per i primi minuti.”
 
Maledetti Serpeverde.
 
La colazione faticava a iniziare per via delle scommesse, nonostante l’arrivo dei professori e le attenzioni che stavano ricevendo dall’intera Sala per via della montagna d’oro che cresceva fra gli studenti dell’ottavo anno. Non potevano accusarli di aver infranto le regole perché Theo non aveva messo per iscritto neanche una parola. Ascoltava le scommesse, annuiva o assumeva un’espressione perplessa a seconda dello studente, e si voltava verso il Serpeverde successivo. Harry non sapeva come facesse a ricordarsi le scommesse e ad associarle ai vari studenti, ma stando a quanto diceva Blaise era uno dei suoi tanti talenti.
 
Le scommesse ottenevano reazioni differenti a seconda di quanto fossero specifiche. La maggior parte includeva anche Harry.
 
“Un galeone che ruberà il toast di Potter senza dire una parola.”
 
“Un galeone che gli darà uno scappellotto sulla nuca.”
 
“Un galeone che costringerà chiunque sia seduto accanto a Potter a spostarsi, senza dire una parola.”
 
“Quella lì è già stata fatta.”
 
“…Bene. Si siederà fra te e Potter.” Quella scommessa ottenne parecchi consensi.
 
Era ridicolo.
 
Ogni Serpeverde voleva contribuire. Che branco di stronzi.
 
“Sembra divertente, posso unirmi anche io, Harry?” Harry alzò la testa di scatto quando sentì quella voce sognante, osservando Luna che se ne stava di fronte a Nott e fissava la pila piuttosto grande di monete. Posò i suoi grandi occhi su Harry, sorridendo calorosamente. “Avete intenzione di darli in beneficenza?”
 
“Stanno scommettendo.” Rispose Harry, che ghignò quando il gruppo si zittì. Pansy aveva una smorfia sul volto, Theo aveva l’aria di voler attaccare la Corvonero e Blaise aveva alzato le sopracciglia. Ma non fecero nulla. Anche i Serpeverde intorno al loro gruppo iniziarono a zittirsi alla vista di quella strana visitatrice. “Scommettono su cosa farà Draco quando entrerà nella Sala Grande.”
 
“È una cosa un po’ strana da fare.” Rispose, inclinando la testa da un lato. “I Serpeverde sanno essere piuttosto strani, non è vero?” Si voltò a guardare Pansy quando iniziò a tossire nel suo succo. “È ovvio che Draco cercherà di liberarsi dei Gorgosprizzi che gli infestano la testa e poi ti darà un pizzicotto sul sedere.”
 
“Luna,” Balbettò Harry, fingendo di non star arrossendo, o che i Serpeverde intorno a lui non stessero trattenendo risate di incredulità. “Non dare loro altri spunti!”
 
Ma la sua amica non stava ascoltando; la osservò con un misto di sorpresa e orrore mentre tirava fuori dal mantello un orecchino a forma di tappo, e lo piazzava accanto alla pila d’oro. Annuì felicemente e prese posto tra Pansy e Blaise, senza curarsi del fatto che entrambi si allontanarono subito da lei.
 
“Come va, Harry?” Chiese, frugando ancora nel suo mantello. Iniziò a tirare fuori dalle tasche uno strano assortimento di roba, compresa una maniglia, qualche rosa appassita e tre cucchiai, tra tutte le cose possibili. “Sembri più magro. La pannocchia non ha funzionato bene come speravo.” Finalmente trovò quello che stava cercando, una striscia di foglie di menta annodate insieme. Allungò la mano per afferrare quella di Harry, e si accigliò quando vide i tagli, ma annodò comunque la menta intorno al suo polso. “Ecco. Questo dovrebbe esserti d’aiuto.”
 
Harry non riuscì a trattenere un sorriso; fa gli sguardi sconvolti e arrabbiati dei Serpeverde, e quello distante e assorto di Luna, Harry non sapeva se essere preoccupato o felice.
 
“Dov’è Draco?” Chiese Luna, che posò i suoi occhioni su Pansy quando la sentì bisbigliare a Theo. “Lo stai evitando?”
 
Quello sì che fece ridere i Serpeverde, ma nessuno aveva ancora aperto bocca. Harry li osservò, prendendo nota della loro irritazione, del leggero divertimento e dell’intolleranza verso la sua amica. Ma non si stavano comportando in modo cattivo. Non le ringhiavano contro e non l’attaccavano nemmeno. Se rendeva felice Harry, l’avrebbero accettata.
 
“Non lo sto evitando.”
 
“Ah, bene. Pensavo che fosse triste per via dell’articolo, ma è troppo intelligente per credere alle stupidaggini che dice il Profeta. Scrivono un mucchio di spazzatura in quel giornale.”
 

 
Harry sentì il suo stomaco sprofondare. Una veloce occhiata al tavolo gli rivelò che anche gli altri provavano la stessa emozione; erano confusi. Si voltò verso gli altri notando che erano tutti interessati al giornale. Anzi, l’intero corpo studentesco sembrava assorto nella lettura.
 
Cos’era successo adesso?
 
Pansy afferrò velocemente un ragazzino del secondo anno per il colletto; le bastò far schioccare la lingua sul palato e il Profeta apparve miracolosamente davanti a lei. Aveva un vero talento.
 
Harry la osservò nervoso mentre leggeva la rivista, e notò che le sue labbra si assottigliarono e il suo naso si arricciò per il disgusto. Quindi non era un articolo molto piacevole. Lo passò a Theo, che lo lesse in silenzio.
 
Grandioso. E dire che quella mattina si stava divertendo.
 
Harry sospirò e prese un altro toast, voltandosi di nuovo verso Luna. “A te come va? Sei pronta per gli esami?”
 
“Sto meglio, grazie.” Sorrise, completamente ignara della rabbia che si era diffusa fra gli studenti dell’ottavo anno intorno a loro.
 
“Ginny si è calmata un po’; adesso è molto più piacevole parlare con lei. Anzi, molte persone sono più gentili da quando Ronald e Neville hanno iniziato a richiamarle per la loro cattiveria. L’atmosfera è migliorata un bel po’; va tutto bene finché qualcuno non riesce a trovare le sue scarpe.”
 
A Luna non sembrava importare che Pansy la stava fissando come se avesse due teste. Si voltò e la fissò dritto negli occhi, sorridendo. “Sono più gentili, non è vero?”
 
“Non ci lanciano fatture in ogni angolo della scuola, se è quello che intendi.” Rispose piano, fissando Harry come se gli stesse chiedendo aiuto. “Ma sono ancora un branco di stronzi.”
 
“Potter.” Nott gli passò il giornale, ma rimase esterrefatto quando Harry lo passò direttamente a Blaise. “Non vuoi leggerlo?”
 
“Parla di me?” Rispose seccamente Harry, e scrollò le spalle quando l’altro scosse la testa. “Allora passo.”
 
“Ma parla-”
 
“Il Profeta inventa metà delle sue fandonie. Non mi importa che razza di storiella abbiano inventato su Draco. Probabilmente qualche stupidaggine sui Mangiamorte di cui non m’importa nulla.”
 
“Dici così adesso,” Sussurrò Nott, “Ma non sai cosa c’è scritto nell’articolo.”
 
Harry si accigliò, guardandosi intorno. Gli studenti ridevano, e si voltavano per vedere la reazione di Draco. Harry era grato che il suo stronzetto biondo non fosse lì per sorbirsi un tale scrutinio. Poi tornò con lo sguardo agli altri Serpeverde. Nessuno dei suoi nuovi amici sembrava contento; anzi avevano un’aria mesta, ed erano estremamente seccati.
 
“Non dice niente di vero, dico bene?” Si ritrovò a chiedere, e sospirò quando gli altri scrollarono le spalle.
 
“Parla di qualcuno vicino a Draco che è bloccato in ospedale, e che lui visita spesso.” Disse Blaise, lanciando il giornale sul tavolo. “Dice che è distrutto e che se lo merita.”
 
“Pensavo che non potessero rivelare informazioni su…” Harry fu interrotto da un gufo che atterrò davanti a lui, gli porse la zampa per mostrargli il sigillo del San Mungo su due lettere diverse. Non voleva ritirarle. Non aveva letto l’articolo e non voleva farlo.
 
Pansy si allungò sul tavolo e afferrò entrambe le lettere, aprendole senza pensarci su due volte. Le lesse rapidamente, per poi lanciarle accanto al giornale. “Stupidaggini sulla confidenzialità e di come sperano che tu non sporga denuncia.”
 
Harry non era particolarmente arrabbiato; lo irritava il fatto il Profeta avesse pubblicato un articolo che non avrebbe attenuato lo stress di Draco, ma perché preoccuparsi? Era stufo delle tragedie; la sera prima aveva avuto un esaurimento nervoso, rischiato la vita e rivelato per sbaglio informazioni che avrebbe preferito dimenticare… e adesso il Profeta pensava di potergli complicare la vita ancora di più? Non l’avevano menzionato apertamente ma era comunque sottinteso.
 
La cosa avrebbe dato il via a bisbigli e occhiate per i corridoi. I pettegolezzi si sarebbero diffusi e il peso sulle sue spalle sarebbe diventato insopportabile.
 
Anche in quel preciso istante, il tavolo Serpeverde diventava sempre più silenzioso man mano che tutti finivano di leggere l’articolo. Uno per uno, gli studenti si voltavano verso Harry, accigliandosi. Pensavano che fosse lui il motivo per cui il loro ‘leader’ stava ricevendo critiche simili. Dopo la sera precedente, non si era aspettato che continuassero ad essere gentili con lui, ma quella situazione era nettamente peggiore. I loro sguardi erano calcolati, scontrosi.
 
Una ragazza del quinto anno ridusse i suoi occhi blu acceso a due fessure e si alzò in piedi di scatto, affrettandosi verso il loro gruppetto. L’attenzione della sala era concentrata sul suo passo veloce e il viso teso. Li raggiunse in un batter d’occhio, incrociò le braccia al petto e si piegò in avanti con rabbia.
 
Si riuscivano a sentire i granelli di polvere che cadevano; il silenzio era assordante. La tensione era insopportabile.
 
La ragazza guardo le sue amiche e arricciò di nuovo il naso prima di spostare lo sguardi su Theo.
 
“Voglio cambiare la mia scommessa! Quest’ultima notizia cambia tutto!”
 
La cosa scatenò una rivolta.
 
Improvvisamente la maggior parte dei Serpeverde si alzò in piedi, e si avvicinò per cercare di farsi sentire.
 
“Non credete che le regole si debbano correggere?”
 
“Dovremmo poter cambiare i termini almeno una volta”
 
“Devo cambiare la mia scommessa!”
 
“Anche io!”
 
Harry non ce la fece; scoppiò a ridere. A loro non importava un bel niente dell’articolo, non adesso che avevano una scommessa in ballo. Dannati Serpeverde.
 
Luna osservò la scena con interesse, e di tanto in tanto scacciava qualcosa, era sicuro che fossero quelle canaglie dei Gorgosprizzi. Sembrava davvero divertirsi al nuovo tavolo. Pansy la stava tenendo d’occhio con un’espressione simile a disagio sul volto. Non sapeva come prendere Luna, soprattutto perché lei riusciva a guardarla negli occhi senza battere ciglio.
 
“Le scommesse non si possono modificare!” Nott si alzò in piedi e il suo ringhio zittì la folla. Aspettò finché non si calmarono tutti, assicurandosi di avere l’attenzione di tutti i Serpeverde. “Tuttavia, posso accettare nuove scommesse. Avrete il doppio delle possibilità di vincere, è consentita più di una scommessa!” Ci fu un via vai di studenti che correvano al loro tavolo e lanciavano monete sui piatti.
 
Harry dovette rimuovere due monete dal suo toast prima di potergli dare un morso. Di sicuro i professori non avrebbero lasciato che la cosa continuasse per molto; era sicuro che Vitious stava fissando il loro tavolo con interesse.
 
“Come funziona, comunque?” Harry dovette urlare per farsi sentire al di sopra della folla di Serpeverde, e dovette battere le mani per attirare l’attenzione di Blaise. “Che succede se Draco completa due scommesse allo stesso tempo?”
 
“Vince la prima azione!” Urlo Blaise in risposta. Sfoderò la bacchetta, probabilmente stava per creare una bolla di silenzio intorno a loro, ma esitò a metà incantesimo. Lanciò uno sguardo a Harry prima di riporla. Quella piccola azione lo colpì come un pugno allo stomaco.
 
“E se ne fa più di una? Che succede se si avvicina dicendo ‘Potty, idiota, come va con le mani?’ e mi dà un colpetto sulla fronte mentre mi ruba il toast? Sarebbero già cinque scommesse!”
 
“Be’, vincerebbe Theo, è ovvio. È stato lui a scegliere ‘Potty’.”
 
Ovviamente.
 
“Andiamo Potter. Unisciti a noi; piazza una scommessa.”
 
“Non sono interessato.”  Tutte le scommesse, tranne quella di Luna, erano plausibili. Sarebbe stato interessante vedere chi sarebbe stato il fortunato studente a vincere il premio; quanti galeoni potevano entrare nelle tasche di un mantello?
 
Lo sguardi di Harry si spostò sulla porta. La colazione sarebbe stata una delusione se Draco non si fosse presentato. Avrebbero avuto per le mani dei Serpeverde ribelli che chiedevano o il sangue o un compenso. Harry non si sarebbe sorpreso se la maggior parte dei Serpeverde avesse seguito Harry a Pozioni per assistere alla prima azione del giorno di Draco. Erano un bel gruppetto determinato.
 
Era vagamente consapevole del fatto che Blaise stava tentando di attirare di nuovo la sua attenzione, ma mentre si voltava verso di lui la sua attenzione si concentrò sugli altri tavoli, piuttosto che sul suo amico dalla pelle scura.
 
Incrociò gli sguardi di alcuni Corvonero, che sembravano compatirlo. Perché un gruppo di Corvonero che non aveva mai incontrato avrebbe dovuto provare pietà per lui?
 
Il suo sguardo si spostò più in là, fino al tavolo Tassorosso. E, com’era prevedibile, alcuni studenti lo stavano fissando. Fissavano lui. Non la gigantesca montagna d’oro accanto al suo piatto; riuscì a guardarli negli occhi prima che si voltassero dall’altra parte. E poi ancora, i Grifondoro. Ron aveva l’aria distrutta, mentre Ginny sorrideva. Gli altri continuavano a lanciargli occhiate curiose; era come se volessero vedere la sua reazione.
 
Come avrebbe dovuto reagire a quell’articolo? Non c’era il suo nome lì dentro, no?
 
“Sei sicuro che non sono menzionato nell’articolo?” Dovette chiedere Harry, continuando a studiare gli altri tavoli. La metà degli studenti fissava lui, e l’altra la pila di monete. Una montagna d’oro doveva essere sicuramente più affascinante di lui, giusto?
 
“Ah, non preoccuparti di loro, Harry.” Luna si voltò per guardare distrattamente la Sala, e poi fece spallucce. “Gli interessa solo di come la prenderai.”
 
“Perché dovrei reagire in maniera diversa dagli altri?” Era pur sempre un amico di Draco; sarebbe dovuto essere, ed era, infuriato per la situazione del suo compagno di classe. Non si aspettavano certo che si rimboccasse le maniche e iniziasse ad affatturare tutti a destra e a manca? Sì, era successo in passato. Ma in quell’occasione gli altri studenti erano nel torto, e qualcuno doveva far capire loro che gli atti di bullismo avevano oltrepassato il limite. Ma non avevano niente a che fare con l’articolo.
 
“Per via dei pettegolezzi.” Rispose Pansy al posto di Luna, e si sentì a disagio sotto lo sguardo da gufo che ricevette in cambio. Davvero non sapeva come comportarsi con quella strana Corvonero, “Metà della scuola pensa che tu e Draco scopiate, l’altra pensa che ti stiamo costringendo a passare del tempo con noi. Sul serio, vivi sotto una roccia?”
 
“So dei pettegolezzi.” Sospirò Harry, “Ma non mi importa degli altri; faccio quello che mi pare.”
 
“Sì, ma l’articolo non ha specificato chi fosse la persona a cui Draco fa visita in ospedale.” Pansy si allontanò un po’ di più da Luna quando parlò. “Ha ipotizzato che fosse un parente o un amante, concentrandosi sulla teoria dell’amante. Se tu sei qui mentre lui se ne va in giro… chi è la persona in ospedale per cui è distrutto? Quelle piccole merdine arroganti pensano che sia un traditore e un imbroglione. Non gli sta facendo fare una bellissima figura.”
 
 
Harry si guardò di nuovo intorno nella sala, stavolta aggrottando la fronte. Le occhiate che ricevette erano curiose, di attesa… compiaciute. Perché mai erano compiaciuti? Perché pensavano di avere la prova che Harry e Draco non se la spassassero nel castello, o perché credevano che Harry fosse arrabbiato con Draco? Perché avrebbero dovuto essere compiaciuti per un articolo così meschino su un compagno di classe?
 
“È un argomento scottante.” Pensò di aggiungere Luna, ma non fu d’aiuto.  “Dato che litigate un sacco in pubblico, e si potrebbe dire che tu lo segua in giro come un cucciolo abbandonato. E Ginny si è lamentata un sacco di quello che Draco le ha detto qualche settimana fa.”
 
“Cosa le ha detto Draco?” Draco non si sarebbe mai avvicinato a Ginny neanche con un bastone di tre metri e armato di bacchetta. Lui detestava Ginny.
 
“Non posso ripeterlo.” Sospirò Luna, allungandosi e rubando un pezzo del toast che Harry aveva lasciato lì. “È stato piuttosto maleducato. Forse dovresti essere tu a pizzicargli il sedere quando arriva?”
 
Harry non sapeva come sentirsi.
 
Sentì lo stomaco aggrovigliarsi in un’emozione insolita; in un certo senso faceva male. Era come se credessero che Draco non fosse degno del tempo di Harry. Quando, di fatto, Draco aveva gli aveva dato più tempo semplicemente entrando a far parte della sua vita. Era assolutamente ingiusto.
 
Perché tutti odiavano Draco?
 
Certo, a volte sapeva essere un vero stronzo. Sogghignava, spaventava i primini e una buona parte della popolazione studentesca. Era irriverente, maleducato, viziato, ed era stato dalla parte sbagliata della guerra.
 
Teneva stretto Harry durante i trattamenti diagnostici; era il suo unico supporto.
 
Lo stava aiutando a completare un numero dopo l’altro della sua stupida lista.
 
Aveva imparato a dichiarare il suo amore in cinquanta lingue diverse.
 
Perché nessuno riusciva a vedere quant’era umano?
 
“Quindi… è una specie di teoria complottista?” Chiese Harry a bassa voce, “Tutti stanno discutendo della mia… relazione con Draco?”
 
“Be’, è una relazione?” Chiese Pansy, alzando un sopracciglio davanti allo sguardo offeso di Harry. “Che c’è? Non ci dite un cazzo, e negate tutto quando ne avete la possibilità. Non siete affettuosi l’uno con l’alto; al massimo vi considererei scopamici.”
 

 
Harry sbatté le palpebre. Scopamici?
 

 
Non erano affettuosi?
 
Era come se tutti… disapprovassero. Cristo, non aveva bisogno del loro permesso, o consenso, e neanche del loro supporto. Ma il fatto che non riconoscessero la loro relazione lo rendeva furioso. Diavolo, erano tutti compiaciuti dell’articolo perché pensavano che avesse rivelato la ‘verità’? È impossibile che Draco Malfoy e Harry Potter abbiano una relazione! Guardate, ha un’amante in ospedale! Per tutto questo tempo ci siamo preoccupati per niente! È impossibile che al salvatore del mondo magico piaccia un ragazzo.
 
Harry si sentiva…
 
Non gli piaceva ciò che provava.
 
Prima che avesse la possibilità di giustificarsi, o di dire a Pansy che la sua relazione con Draco non era affare di nessuno e che poteva ficcarsi il suo “scopamici” su per il culo, la sala cadde nel silenzio.
 
Harry si voltò verso la porta come chiunque altro, osservando il biondino esitare un po’ a causa dell’improvvisa attenzione su di lui. Tuttavia, ignorò gli sguardi e si avviò con disinteresse verso il tavolo Serpeverde.
 
Harry non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata agli altri tavoli. Compiaciuti. Sogghignavano fra loro; non vedevano l’ora che Draco leggesse il giornale e ci rimanesse male. Non vedevano l’ora di vedere la reazione di Harry.
 
Bastardi arroganti.
 
E così, pensavano che la loro ‘teoria complottista’ fosse vera, eh?
 
Lanciò un’occhiata a Pansy. Tzè. Non affettuosi.
 
Prima che capisse veramente che cosa stava facendo, Harry si alzò dal tavolo, e iniziò a frugare nelle sue tasche. Ignorò le bocche aperte dei suoi amici, e lanciò una moneta d’oro sulla pila.
 
“Un galeone che mi bacia.” Ringhiò, camminando lungo il tavolo. Era fin troppo consapevole che la sua faccia era già di un rosso brillante, e che poteva sentire il rumore delle panche che le persone spostavano mentre si alzavano in piedi alle sue spalle. Sapeva di star esagerando con la gelosia, e che a Draco non sarebbe piaciuto quello che stava per fare. Sapeva di aver attirato gli sguardi di tutti gli studenti.
 
Una metà aspettava di vedere se avrebbe avuto il fegato di fare quello che aveva appena dichiarato, l’altra di vedere se sarebbe scoppiato un litigio. Odiava quest’ultima possibilità.
 
Quindi attraversò la sala, dirigendosi a grandi passi verso lo stronzetto biondo che aveva evitato tutta la mattina. Draco lo vide subito arrivare; alzò un sopracciglio, dando un’occhiata al resto della scuola che li fissava, per poi ignorarla. Era troppo onnipotente per preoccuparsi dell’attenzione degli altri studenti.
 
Camminò pavoneggiandosi, con le sopracciglia sollevate, e un ghigno che si faceva strada sul viso. Ancora qualche metro. Ancora tre. Non sospettava proprio niente; anzi, i suoi occhi brillavano divertiti per la faccia scarlatta ma determinata di Harry. Harry si chiese quanto sarebbe durato quel divertimento.
 
“Pot-?” Gli mise una mano sulla bocca, ignorando il suo stomaco che si aggrovigliava per il ghigno presuntuoso che sentiva allargarsi sotto il palmo. Aveva dovuto farlo. Nott stava per vincere la scommessa. Le sopracciglia di Draco praticamente scomparvero, ma non spostò la mano di Harry.
 
A Harry non importava di avere le attenzioni di tutta la Sala.
 
Spostò la mano sulla nuca di Draco, come precauzione nel caso avesse cercato di allontanarsi di scatto. E prima che quegli occhi grigi potessero trovare una risposta in quelli di Harry, fece un passo in avanti e sfiorò le labbra di Draco con le sue.
 
Draco si irrigidì immediatamente; le dimostrazioni pubbliche di affetto non erano nel suo repertorio. Harry baciò per un attimo le sue labbra immobili, notando che il ghigno era scomparso all’istante. Non riuscì a trattenere un sospiro amaro. Sul serio, che cosa gli era saltato in testa? Un’altra delusione cocente.
 
Harry fece un passo indietro.
 
E Draco fece un passo in avanti.
 
Delle mani afferrarono i suoi fianchi magri, impedendogli di allontanarsi. Il biondo fece un suono di domanda, probabilmente si chiedeva a che cosa fosse dovuta quell’insolita dimostrazione di affetto in pubblico. Ma poi, inaspettatamente… si chinò in avanti e ricambiò il bacio.
 
Con un sospiro di sollievo, Harry lasciò che il solito profumo di vaniglia sopraffacesse i suoi sensi, e bloccasse le occhiate della Sala. Si baciarono in silenzio, ma era ciò di cui Harry aveva bisogno. Morbido, gentile, e caldo.
 
Draco lo strinse a sé, obbligandolo ad avvicinarsi. Approfondì il bacio, e lo privò della sua innocenza facendo scivolare la lingua sulle labbra e nella bocca di Harry. Il ghigno si stava di nuovo facendo strada sul viso del biondo.
 
Harry cercò di tirarsi indietro, ma le labbra di Draco lo seguirono, senza perdere il contatto.
 
Sbuffò indignato, ma l’altro ridacchiò in risposta.
 
Va bene. Se era questo il modo in cui voleva giocare.
 
Harry morse il labbro di Draco, e sogghignò a sua volta quando il biondo sobbalzò per la sorpresa, alzando le sopracciglia. Harry era vagamente consapevole dei Serpeverde che fischiavano dall’altra parte della stanza.
 
“Draco,” Iniziò Harry, che assottigliò gli occhi quando lo stronzetto sogghignò e piegò la testa di lato. “Stanno…”
 
“L’hai voluto tu.” Mormorò Draco di rimando, le sue semplici parole erano cariche di superbia. “Ti stai pentendo della tua decisione?”
 
Oh, il bastardo lo stava sfidando, non è vero?
 
Harry si preparò mentalmente per i gossip che sarebbero arrivati, e raccolse la sfida di Draco con uno scontro di labbra e denti.
 
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Smentire una teoria complottista.
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Draco osservò Harry che parlava sottovoce con Pansy, tra tutte le persone possibili, mentre cercavano di risolvere l’equazione della pozione. Non chiedevano aiuto, anche se Draco era seduto al loro stesso tavolo, al momento era lo studente migliore di Pozioni, e non più di dieci minuti prima, si era persino offerto di aiutarli nel caso avessero avuto bisogno di una mano.
 
Harry lo stava evitando.
 
Era abbastanza evidente a colazione, dopo la loro battaglia di baci. Doveva essere descritta come una battaglia, dato che nessuno dei due aveva intenzione di cedere e fermarsi per primo. Infatti, si erano separati solo dopo che un imbarazzatissimo Lumacorno si era avvicinato e li aveva implorati di smettere. Le labbra di Harry erano gonfie, il volto arrossato, e il petto ansante mentre si sforzava di respirare. Era stato fantastico.
 
Draco adesso sapeva, più o meno, perché Harry aveva preteso quel bacio. Aveva letto di sfuggita il Profeta, anche se era carta straccia. Ma di sicuro non era stato quel semplice articolo a fargli ostentare la loro relazione. Evidentemente qualcuno aveva detto qualcosa che aveva piantato un semino del dubbio, o di rabbia, nella testa di Harry. E Draco non si stava lamentando del risultato; forzare Harry a sedersi mentre lo baciava, e poi salirgli in grembo a colazione era stato piuttosto divertente. I primini erano sicuramente traumatizzati.
 
Ma Harry era stato avventato, come lo era sempre. Pensava alle conseguenze dopo aver agito. E quelle conseguenze sarebbero state eccezionalmente inclementi. Bastava un solo studente vendicativo per far stampare un altro articolo su di loro il giorno dopo.
 
Dopo che Lumacorno si era trascinato di nuovo al suo tavolo, Harry e Draco avevano deciso di riunirsi ai loro amici. Il resto del corpo studentesco era a bocca aperta, e i Serpeverde erano imbarazzati. Pansy aveva un ghigno a trentadue denti, e… oh dio, perché Lunatica Lovegood era seduta al loro tavolo?
 
Draco si era strizzato tra Theo e Harry, gli aveva rubato il toast, e guardato con sospetto il numero spropositato di Serpeverde che avevano iniziato simultaneamente a sbattere la testa sul tavolo. Aveva sicuramente a che fare con la grande quantità d’oro sul tavolo, che Harry aveva lentamente iniziato a intascare senza dire una parola. Nessuna aveva parlato a colazione, il che poteva essere attribuito all’imbarazzo di Harry e a quello degli altri, o nel caso di Pansy, all’estasi.
 
E poi Harry aveva cominciato a evitarlo.
 
Era stato impercettibile all’inizio. Harry che andava a lezione camminando tra Theo e Blaise, ascoltando con interesse le loro battute sui Tassorosso senza battere ciglio. Pansy lo prese a braccetto e lo trascinò con sé per farsi accompagnare in bagno. In effetti, i tre Serpeverde li avevano seguiti dappertutto. Quando erano andati a studiare prima di Pozioni, si erano seduti al tavolo con loro. Li avevano seguiti al tè del mattino. A pranzo. Harry e Draco non avevano avuto neanche un momento da soli.
 
E per di più, Harry era sembrato più che felice di seguire qualunque piano stessero mettendo in atto. Cristo, aveva seguito Pansy al bagno delle ragazze. A pranzo, l’aveva ascoltata piuttosto attentamente mentre spiegava, con minuzia di dettagli, come ogni altra ragazza fosse inferiore a lei. Aveva sopportato le battute di Blaise, che si erano rapidamente spostati dai Tassorosso ai Grifondoro.
 
Aveva prestato completa attenzione a Pozioni. Pozioni. Lumacorno non era stato capace di guardare nella loro direzione senza diventare di una brillante sfumatura di bordeaux, ma anche lui era soddisfatto per la partecipazione di Harry nella materia in cui andava peggio.
 
Ed eccolo lì… a lavorare sui suoi compiti di Pozioni con Pansy, tra tutte le alternative disponibili.
 
Draco poteva capire la sua esitazione. Era umano, dopotutto. Sapeva che Harry era imbarazzato per la scenata della notte precedente. Sapeva che era vulnerabile; in effetti doveva essere stato spiacevole rivelare i propri segreti. Di sicuro Draco aveva scheletri nell’armadio di cui voleva tenere H.
 
Ma ciò non cambiava il fatto che Drago era irritato. Anzi, si poteva anche dire che stesse ribollendo di rabbia, era livido.
 
Avrebbe potuto strozzare Harry la notte precedente. Le sue mani fremevano dalla voglia di farlo.
 
Invece, si era limitato a estrarre i frammenti di bacchetta dai suoi palmi, aveva fatto battute infelici sulla sua finta lista, e aveva stretto l’idiota fra le braccia finché non si era addormentato.
 
Avrebbe voluto urlare fino a farsi sanguinare la gola, ma invece aveva rassicurato quello stronzo.
 
Che altro avrebbe dovuto fare?
 
Draco guardò silenziosamente Harry mentre fissava l’equazione con cipiglio, e si passava una mano fra i capelli. Si accasciò sul tavolo, borbottando tra sé e sé.
 
“È impossibile. Perché ci sono delle lettere in un’equazione di matematica?”
 
“Perché la maggior parte delle equazioni hanno le lettere.” Pansy gli rivolse un ghigno in risposta, ma anche lei aveva la fronte aggrottata. “È solo che non capisco per che cosa sta ‘J’. ‘J’ per ‘N’. Ma che cavolo? ‘N’ significa tempo, quindi ‘J’ sta per… che cos’è?”
 
Giudizio del Tempo.” Intervenne Draco dall’altra parte del tavolo, parlando lentamente. Vide Pansy lanciare un’occhiata a Harry prima di girarsi verso di lui. Harry non alzò neanche la testa dal tavolo; non mostrò nessun segno apparente d’interesse. “Devi usare la tua precedente ipotesi di tempo e metterla in relazione all’effettivo tempo di sobbollizione. Questo mette alla prova la tua profonda conoscenza nel preparare pozioni, dato che ci può essere una sola soluzione. Se le tue previsioni sono scorrette, anche la tua risposta lo sarà.”
 
“Ma come fai a saperlo?” Sospirò Harry, fissando ancora il libro davanti a sé.
 
“Certo che è crudele” Pansy parlò sopra a Harry, fissando accigliata l’equazione. “Metà classe non saprà questa roba.” Parlando, attirò l’attenzione su di sé.
 
Draco sbatté le palpebre. Quell’ alleanza doveva finire.
 
“Dovresti smetterla di cercare di evitarmi, Harry.” Finì per dire, lentamente, appoggiandosi allo schienale della sedia mentre i due si scambiavano un’altra occhiata. “Non servirà a niente, se non a farmi incazzare. Se sei preoccupato di quello che ho intenzione di chiederti quando saremo da soli, non dovresti esserlo. Sono più che capace di farlo in pubblico.”
 
Solo allora gli occhi verdi incontrarono i suoi, con un lampo di rabbia. Ma l’ira non rimpiazzò l’imbarazzo, come Draco avrebbe voluto.
 
“Proprio come il tuo bacio; hai piazzato una scommessa su di me. Non è stato molto sportivo, considerando quello che ti ho detto ieri notte.”
 
“Vuoi parlarne qui?” Chiese con cautela Harry, guardandosi attorno in biblioteca. “Ora?”
 
“Mi hai evitato tutto il giorno; come dovrei parlarti altrimenti?”
 
Pansy aveva uno sguardo assolutamente orripilato, perfino adesso che aveva la prospettiva di qualche pettegolezzo meraviglioso. Adocchiava molto apertamente l’entrata della libreria, e le sue dita erano contratte sui libri come se stesse decidendo se rischiare di ascoltarli, o se fosse necessario un sacrificio per poter scappare.
 
“Puoi andare, se vuoi.” Anche Harry aveva notato la sua afflizione. “Grazie per avermi aiutato a studiare.” Tzè, si stava ancora attenendo a quella farsa. Ottuso Grifondoro. “E non ti stavo evitando; ho frequentato le tue stesse lezioni, ho pranzato con te-”
 
“Questa è la prima volta che mi guardi negli occhi.” Replicò Draco in tono piatto, soffocando ancora la sua irritazione. Almeno sembrava che Harry si sentisse in colpa; distolse rapidamente lo sguardo prima che finisse la frase. Invece, e fissò Pansy mentre afferrava le sue cose e abbandonava la stanza in fretta e furia.
 
Draco aspettò che fosse fuori portata prima di continuare a voce bassa. “Non hai niente di cui vergognarti pe-”
 
“Non iniziare a compatirmi, ok?” Harry lo interruppe con una smorfia. “Vuoi parlarne qui? Va bene. Ti concedo una domanda, e solo una, perché sono terrorizzato da questa cazzo di conversazione.”
 
Be’, se non altro era onesto.
 
Draco continuò a fissarlo, anche se il moro sembrava di nuovo concentrato sull’equazione di Pozioni, il che era estremamente irritante. Sapevano entrambi qual era la domanda più urgente che aveva da fargli.
 
Il sottoscala.
 
Finché non ho compiuto undici anni, ho dormito in un sottoscala.
 
Oh, voleva davvero sapere le circostanze che circondavano quel cazzo di sottoscala.
 
Ma Harry non riusciva a mantenere il contatto visivo. I suoi pugni erano così stretti che le nocche erano sbiancate. E avrebbe anche risposto. Draco lo sapeva.
 
Quindi, gli chiese: “Stai bene?”
 
.
 
.
 
.
 
Harry era a bocca aperta.
 
Era quella la sua domanda? Aveva la possibilità di chiedergli qualunque cosa gli stesse nascondendo, e la sua domanda era ‘come stai’? A che razza di gioco stava…?
 
Oh. Certo. Stava cercando di farlo sentire in colpa.
 
“Hai sprecato una buona opportunità.” Replicò Harry, invece di tirargli un calcio come avrebbe voluto. Il suo piede fremeva dalla voglia di allungarsi e dare un calcio agli stinchi del biondo; stava forse cercando di dimostrarsi il più maturo fra i due? Draco Malfoy che voleva comportarsi da ragazzo responsabile? “Anche Blaise si sarebbe fiondato su quest’opportunità.”
 
“Non sei felice che io non sia Blaise?” Rispose Draco lentamente, con le sopracciglia alzate. “Hai ignorato la domanda. Non hai intenzione di degnarmi di una risposta?”
 
Non era serio. Ma, dal modo in cui aveva inclinato la testa e dall’evidente mancanza di un ghigno, lo era. C’era una venatura di rabbia nei suoi occhi, e ne aveva tutte le ragioni. Il litigio che Harry aveva evitato covava sotto la superficie della conversazione.
 
Così Harry sospirò interiormente, e rispose a quella ridicola domanda “Sto bene.”
 
“Bugiardo.” Il tono di Draco sarebbe apparso disinteressato a chiunque avesse origliato la conversazione, ma Harry sentì la durezza di ogni sillaba. “Riprova.”
 
“Cosa vuoi da me, Draco?” Harry non aveva le energie di occuparsi di quella faccenda. Era esausto a tal punto che le braccia gli facevano male se cercava di sollevarle. Tutto era pesante. La testa gli pulsava dentro il cranio, un dolore insistente. E si sentiva infelice; la colazione di quella mattina era stata divertente, ma allo stesso tempo dolorosa. Non riusciva a fingere di stare bene; le sue emozioni cambiavano con la stessa velocità con cui si sfogliavano le pagine di un libro. In un primo momento si divertiva, e in quello successivo veniva sopraffatto dalla rabbia, o dalla tristezza. E, per di più, Draco lo stava fissando deluso. La delusione era peggio della rabbia, sempre.
 
“Voglio che tu mi dia una risposta decente.” Rispose, il viso fermo e gli occhi duri. “Stai. Bene?”
 
“Ti ho detto che sto-”
 
Stai. Bene-
 
No!
 
“Ok. Vuoi sapere perché non stai bene?”
 
“Sono sicuro che hai intenzione di dirmelo tu.” Sbuffò Harry, lanciando un’occhiata ai diversi studenti che avevano iniziato a bisbigliare per la sua improvvisa esplosione di rabbia. Era davvero così divertente? Dio, perché non potevano lasciarlo in pace?
 
“Perché sei un idiota stupido e testardo.” Replicò Draco come se stesse parlando del tempo. “Sei ignorante, scriteriato, e non ti penti di niente. Sei uno stronzo bastardo.”
 

 
Harry sospirò, chiuse il libro e guardò Draco dritto negli occhi. Non poteva aver già finito, e, infatti, non lo era.
 
“Sei un coglione illuso, senza cervello e con l’autostima di una lumaca.”
 
“Hai finito?”
 
“Sei un cattivo fidanzato.” Affermò Draco, stiracchiando le braccia e alzandosi in piedi. Guardò Harry per un momento e, con la testa, gli fece cenno di uscire dalla libreria.
 
Harry sospirò di nuovo, e raccolse la sua roba. Draco aveva ogni diritto di essere arrabbiato, considerando che il suo tempo con Harry era stato di nuovo ridotto. Ma nessuno di quegli insulti era stato particolarmente cattivo. Draco aveva a disposizione un vocabolario incredibilmente volgare, e il meglio che era riuscito a trovare era ‘lumaca’?
 
“La stai prendendo meglio di come mi aspettavo.” Si ritrovò ad ammettere Harry quando lasciarono la biblioteca, dirigendosi verso la Sala Comune. Nessuno dei due aveva aperto bocca, e sebbene Harry avesse cercato di evitare Draco tutto il giorno… nel momento in cui erano assieme, non avevano niente da dirsi? Be’, faceva male. Il silenzio era assordante; sarebbe stato meglio se gli avesse urlato contro.
 
Draco non lo degnò neanche di un o sguardo, e il suo tono era noncurante e disinteressato. “Ah, come mai?”
 
Fu difficile far finta di non essere stato invaso da un’ondata di infelicità dopo quella risposta. Harry deglutì, e fece spallucce, fissando il pavimento. Sapeva che sarebbe successo; non aveva ragione di agitarsi. Tuttavia, la gola gli si chiuse e impiegò qualche momento per rispondere. “Non sei arrabbiato come mi aspettavo. Pensavo che mi avresti spinto a terra, o qualcosa del genere, e che mi avresti tirato fuori le risposte con la forza.”
 
“Ecco dove sbagli. Sono furioso; ma tra la mia rabbia e la tua testardaggine, cominceremmo una nuova guerra magica. Meglio evitarlo.”
 
“… potresti avere ragione.”
 
Continuarono in un silenzio agonizzante.
 
Lo stomaco di Harry si attorcigliò dolorosamente, come se stesse per vomitare con violenza. Odiava quella sensazione di inadeguatezza, di vergogna. Sì, aveva nascosto a Draco informazioni sul suo stato di salute. Ma non era una specie di prerequisito della loro… cos’era? Relazione?... informare Draco di tutto quello che gli accadeva nella vita.
 

 
Sì, Harry sapeva di star inventando delle scuse. Era nel torto. Aveva ferito i sentimenti di Draco, e la cosa lo faceva stare malissimo. Ma cosa poteva fare? Non poteva evitare la sua magia.
 
“Mi disp-”
 
“Allora, niente più incantesimi.” Lo interruppe Draco, in tono ancora distaccato. “Immagino che sia fattibile. Ma cosa mi dici delle pozioni? Hai qualche effetto collaterale?”
 
Harry lo fissò senza comprendere; a essere del tutto onesti, non ci aveva ancora pensato. Aveva mandato giù i dosaggi senza neanche sospettare che ci potrebbero essere state delle conseguenze. Dio, e se anche le pozioni avessero iniziato a fargli male? Come avrebbe fatto a sopprimere la sua magia in quel caso?
 
“Be’? Se ti portassi all’ospedale i tuoi polmoni collasserebbero? O qualcosa di altrettanto orrendo? Che mi dici delle pozioni giornaliere? Sono sicure?”
 
“Io… non lo so.”
 
“Be’, cos’hanno detto i Guaritori? Hanno saputo dirti come procederà?”
 
Harry sospirò, e obbligò i suoi piedi a seguire Draco. Non voleva fare altro che smettere di camminare e vedere se Draco lo avrebbe aspettato o se avrebbe continuato senza di lui. Sapeva anche come avrebbe reagito. Harry sarebbe rimasto solo in pochi secondi. “Possiamo parlare di qualcos’altro, per favore? Cioè, siamo in un corridoio pieno di persone-”
 
“La conversazione non è abbastanza stimolante per te?” Le parole di Draco non avevano nessuna traccia di umorismo. “Nessun interesse per la tua salute?”
 
Come poteva obbligare Draco a capire i sentimenti che Harry non voleva ammettere neanche a se stesso? Come poteva rivelargli le sue paure? “Draco, mi disp-”
 
“Come farai a frequentare le lezioni?” Draco lo interruppe di nuovo, contraendo le labbra per trattenere una smorfia che voleva farsi strada con forza sul suo volto. “E se un incantesimo vagante ti colpisse?”
 
“Non lo so.”
 
“Hai intenzione di continuare a venire a lezione? C’è una pozione più forte che puoi prendere?”
 
“Non lo so.”
 
“Ci sono un sacco di cose che dici di non sapere!” Lo aggredì Draco, che si voltò di scatto per fulminare Harry con lo sguardo. L’unico motivo per cui si era fermato era perché le scale mobili lo avevano obbligato. “Cos’hanno detto i Guaritori?”
 
Era vero che Draco era furioso; i suoi occhi erano colmi di rabbia, e le sue dita tremavano. E se Harry avrebbe risposto, la maschera, che stava già scivolando, si sarebbe dissolta.
 
Cristo, non voleva farlo.
 
Harry fissò Draco il più a lungo possibile. Le sopracciglia alzate, la lieve ruga sulla fronte che indicava l’imminente implosione del suo malumore. Questo si poteva considerare calma rispetto alla reazione seguente.
 
“…Non gliel’ho detto.”
 
Draco non perse tempo e gli afferrò le vesti, per poi gettarlo contro la ringhiera delle scale. E, a dirla tutta, Harry non lo biasimava.
 
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“Maledettissimo Potter.” All’insulto Blaise alzò lo sguardo verso il suo compagno di stanza, sollevando le sopracciglia. Da qualche minuto Theo stava insolitamente unendo il nome di Potter a una serie di insulti. Blaise era impressionato dal fatto che riuscisse addirittura a integrarli nei suoi compiti di Incantesimi; era una sfida in cui i Serpeverde si cimentavano spesso. Pansy deteneva il record con tre parolacce nel suo tema di Pozioni, ma sembrava che Theo stesse per spodestarla. “Stupido idiota.”
 
“Se fossi in te eviterei i pronomi, e il suo nome.” Stava solo cercando di aiutare; l’occhiataccia che ricevette fu un po’ eccessiva. “Perché non provi ‘Sfregiato’ o ‘Prescelto’? Sono meno riconoscibili.”
 
“Non sto aggiungendo volgarità al tema.”
 
“Dovresti. Non possiamo lasciare a Pansy la vittoria.”
 
“Mi ha fatto perdere soldi.”
 
“Correggimi se sbaglio, ma tu prendi comunque il dieci per cento di tutte le scommesse. Hai guadagnato soldi con la tua piccola usura.”
 
Theo non sembrò confortato; semmai, la menzione del suo business lucrativo lo irritò ancora di più. “È stata una mossa scorretta! Piazzare una scommessa, e poi assicurarsi che si avverasse! È stato un-”
 
“Serpeverde?” Quello sì che mise a tacere Theo, che alzò gli occhi al cielo. Che strano. Non era molto evidente, ma Theo era cambiato di recente. Erano quei piccoli episodi, come l’alzata di occhi al cielo. Theo pensava che fosse un’azione troppo immatura per una persona come lui; Blaise si ricordava che gli aveva fatto una ramanzina al riguardo al terzo anno. Ma eccolo lì, a comportarsi, Salazar ce ne scampasse, da adolescente qual era. Quell’anno aveva cambiato tutti. In modo sottile, ma fantastico.
 
“Lui avrebbe dovuto essere quello ingenuo.” Theo arrivò al culmine della sua frustrazione.
 
“Penso che sia ingenuo a sufficienza.” Perché ricevette un’altra occhiataccia? Possibile che dovesse limitarsi ad annuire e ascoltare le lamentele?
 
“È bravo quanto noi a fingere.” Ah.
 
“È una sua scelta.”
 
“E non interveniamo? Neanche se è la scelta sbagliata?”
 
“Wow, qui stiamo quasi sfiorando l’etica. Sai, quella strana parolina che implica che ce ne freghi qualcosa?”
 
Theo riuscì finalmente ad abbozzare un sorriso, anche se era un po’ forzato. Alzò di nuovo gli occhi al cielo, e face spallucce come se le condizioni di salute di Potter non lo preoccupassero minimamente. “Avresti potuto lasciare che lo insultassi in pace; sei tu che hai iniziato questa conversazione a cuore aperto.”
 
“Be’, io-” Non fece in tempo a finire la frase, perché la porta della sala comune si spalancò con violenza; la forza frantumò alcuni mattoni, di cui i pezzi si sparpagliarono per la stanza.
 
C’era un solo mago così arrabbiato da obbligare il castello ad autodistruggersi al suo arrivo. E, per l’appunto, fu Draco a irrompere nella stanza.
 
Blaise lanciò un’occhiata a Theo, e tirò un sospiro di sollievo al suo cenno di assenso. Un patto veloce e di effetto immediato, nessuno dei due si mosse quando Draco passò al loro fianco come una furia. Nessuno dei due lo guardò negli occhi, né fece alcuna espressione. Non sarebbe servito a niente entrare nel campo visivo di Draco.
 
Anche perché aveva già una vittima. Non avevano tendenze suicide.
 
Draco li sorpassò come una furia, trascinando Potter per le vesti.
 
Potter sembrava rassegnato alla situazione, aveva le spalle curve e l’aria infelice. Ma non fece nessuno sforzo per liberarsi, anche se avrebbe potuto. Invece, lasciò che Draco lo trascinasse attraverso la stanza fino ai dormitori, con un sospiro sulle labbra.
 
Sul serio, quei due ragazzi. Quella mattina avevano limonato, ma all’arrivo del pomeriggio erano già ai ferri corti. Blaise non li capiva.
 
La porta si chiuse con un colpo, e tutti ripresero a respirare.
 
Blaise non riuscì a fare a meno di ghignare. “…Quella era la tua occasione per abbracciare la tua nuova etica. Vai; salva Potter.”
 
“Chiudi quella cazzo di bocca.”
 
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.
 
Harry si lasciò cadere sul letto, e sospirò interiormente quando Draco attraversò la stanza per raggiungere il suo baule. Nessuno dei due aveva detto una parola fin da quando si erano allontanati dalle scale, strategicamente nel caso di Harry. Con ogni probabilità, le mani di Draco stavano tremando per costringersi a non buttare Harry oltre la ringhiera. Era troppo furioso per parlare.
 
Harry era troppo stanco. Cosa poteva dire? Non esisteva un’espressione corretta, o delle parole magiche. Non c’era niente che potesse calmare le acque.
 
Così Harry se ne stette seduto sul bordo del letto, guardando Draco rovistare nel suo baule. Sapeva che la sua mancanza di rimorso stava mandando Draco su tutte le furie, ma non poteva farci niente. Non si pentiva della sua decisione.
 
Draco aveva trovato quello che cercava; penna e pergamena. Raggiunse il comodino con la velocità di un tornado e le sbatté sulla superficie lignea. Harry lo osservò senza capire; voleva una confessione?
 
“Scrivi alla Guaritrice Brown. Adesso.” Gli ordinò con un ringhio; al momento non c’era neanche un briciolo di calma nel corpo di Draco. Neanche una cellula di compostezza. “Dille che si è aggravata. Prenota una visita.”
 
“No.” La penna esplose, scagliando schegge di legno per tutta la stanza. Ne fece apparire un’altra all’istante, nonostante la ferocia della sua magia.
 
Scrivi a Brown.
 
“No.” Harry deglutì il nodo che aveva in gola quando a Draco sfuggì un suono strozzato. Era un’orrenda combinazione tra un singhiozzo e un lamento. Nessuno di quei suoni sarebbero mai dovuti uscire dalla bocca di Draco. Harry lo guardò mestamente mentre si allontanava dal comodino e iniziava a fare su e giù per la stanza. “Non mi permetteranno di restare a scuola.”
 
“Non possono buttarti fuori! Non sei un pericolo per nessuno!”
 
“Ah, no?” Chiese Harry a bassa voce, fissando il pavimento. Il tappeto non se la sarebbe presa con lui. “Spiegalo ai primini che vedranno gli arti staccarsi dal mio corpo, o me che annego ne mio stesso sangue. Cercheranno di aiutarmi, di lanciarmi un incantesimo, e peggioreranno le cose.”
 
Draco ringhiò tra sé e sé, passandosi una mano fra i capelli. Faticava a trovare le parole. Draco Malfoy, rinomato per avere una risposta a ogni frase, non sapeva cosa dire. Dio, Harry si odiava per aver causato una cosa del genere. “Io non… È solo…!” Ringhiò di nuovo, e finalmente si voltò di nuovo verso Harry.
 
Aveva gli occhi umidi.
 
“Se i Guaritori non se ne sono accorti-!”
 
“Ho mentito alle loro domande.” Replicò Harry piano. Non poteva mentire ora. Non adesso che Draco era così distrutto.
 
“Da quanto?” Chiese Draco, e la sua voce si spezzò quando dovette ripeterlo. “Da quanto tempo?
 
“Settimane. Forse un po’ più di un mese.”
 
Draco iniziò ad annaspare. Continuava a scuotere la testa, a passarsi una mano fra i capelli. Alla fine smise di camminare e si voltò verso Harry. Lo fissò finché Harry non si fece coraggio, alzò la testa e i suoi occhi incontrarono quelli grigi di Draco. “Perché non me l’hai detto?” Disse a fatica, e le lacrime che aveva trattenuto con tutta la sua forza di volontà si liberarono.
 
Oh, dio.
 
In un battibaleno Harry attraversò la stanza con un balzo, e strinse a sé Draco con le sue braccia sottili. “Non riuscivo.” Accidenti alla sua voce tremante. “Non riuscivo a dirlo.”
 
Le dita di Draco si incurvarono sulla sua schiena, e le unghie affondarono nella pelle. Premette il viso nell’incavo del collo di Harry per nascondere le lacrime. Harry ne era grato, perché non pensava di riuscire a incrociare il suo sguardo. Dio, era patetico. Era egoista, stupido e patetico. Era la peggior feccia sulla terra.
 
“Non voglio che peggiori.” La voce di Draco era soffocata dal mantello, ma ogni parola ferì Harry come un pugno al petto. “Voglio più tempo!”
 
“Diventerò un fantasma.” Si ritrovò a dire Harry prima di riflettere. “E ti perseguiterò per l’eternità se è necessario.”
 
Draco lo strinse più forte, ma non replicò. Non ne aveva bisogno. Diventare un fantasma sarebbe stato straziante; poter vedere Draco, senza poterlo toccare mai più? Non inalare più quel profumo intossicante vaniglia? Non baciare più quelle morbide labbra? No, Harry non sarebbe mai diventato un fantasma.
 
Avrebbe preferito la morte.
 
Harry immerse il naso nei capelli di Draco, inspirando come se fosse l’ultima volta. Draco non protestò, e neanche Harry lo fece quando sentì le dita sottili dell’altro affondarono nelle sue spalle.
 
Rimasero così per ore.
 
Con Draco che non riusciva a spingere le emozioni dietro la maschera Malfoy.
 
E Harry che si odiava. Perché era tutta colpa sua; Draco stava singhiozzando a causa sua.
 
Pensò sul serio di utilizzare la sua magia. Prima che potesse ferire chiunque altro.
 
Perché se poteva fare questo alla persona che amava… non voleva immaginare come avrebbe disintegrato tutti gli altri.
 
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