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Autore: smak978    21/09/2018    6 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Adoratissime lettrici e adoratissimi lettori, chiedo umilmente scusa per il giorno di ritardo, è tutta colpa mia (malpensante) TT.TT vi chiediamo anche tantissimo scusa perché non abbiamo aggiornato ad agosto, diciamo solo che lo studio non ce lo ha permesso. Ma, non siamo sparite dalla faccia della terra, e quindi ecco qui il nuovo capitolo!
Ma prima di iniziare dobbiamo porvi una domanda: ci mancano ancora due capitoli da tradurre prima di arrivare al punto di smak, e ci piacerebbe aggiornare a dicembre come regalo di Natale. Quindi: volete che postiamo il capitolo 43 a Ottobre o a Novembre? A voi la scelta, lasciateci anche solo una parola di commento, la riceveremo come messaggio privato!
E senza altri indugi, ecco il capitolo 42!
malpensante e Pandina



Capitolo 42 – Scoperta
 
A colazione, l’attenzione di Ron era divisa.
 
Hermione sedeva di fronte a lui e studiava il suo piatto senza toccare cibo. Aveva posato la fronte sulla mano, e lasciato che i capelli le coprissero il volto. I suoi occhi erano scavati e colmi di lacrime che ancora doveva versare. Nonostante i suoi tentativi di persuasione, la ragazza rimaneva in silenzio.
 
Cosa diavolo era successo per sconvolgerla in quel modo?
 
Non poteva essere niente che aveva detto o fatto. Avevano passato mezza serata a chiacchierare come facevano di solito; si era lamentata di Parkinson che stava raggiungendo i suoi voti, o che fingeva di farlo, e lui aveva fatto un commento sugli ultimi risultati del Quidditch. Avevano finto di insultarsi, cercando di mantenere l’atmosfera calma e tranquilla. Semplici azioni per dimenticarsi della loro confusione, sofferenza o rabbia. Di emozioni negative ne avevano a bizzeffe.
 
Hermione aveva scoperto che i suoi genitori erano in Australia, ma non aveva fatto ancora niente per mettersi in contatto con loro. La possibilità che si ricordassero di lei era pressoché nulla, dopo i due anni in cui erano stati semplicemente Wendell e Monica Wilkins. Aveva deciso di cercarli e ripristinare la loro memoria dopo il diploma; era una decisione difficile da prendere.
 
Ma era quello che la faceva stare così male?
 
Gli aveva dato un bacio sul naso prima di voltarsi e addormentarsi. Svegliarsi e vederla trattenere a stento le lacrime era stato sconcertante. Era da tempo che Ron non la vedeva così sconvolta, e non avrebbe voluto rivivere quell’evento per nessuna ragione al mondo. Il funerale era stato difficile per tutti loro.
 
“’Mione,” Cercò di dire, per esserle di conforto. Aveva sempre pensato di peggiorare le cose, ma aveva scoperto che l’altra trovava consolazione nelle sue parole sussurrate. Era un vero mistero.
 
Tuttavia, quel giorno non funzionava, “Dammi solo un minuto.” Disse, sforzandosi di non far tremare la voce. Deglutì a vuoto, tentando di non lasciarsi sfuggire le lacrime, e alzò lo sguardo. “Per favore.”
 
Ron non poté far altro che annuire, e fare spallucce a Neville che sedeva accanto a lui. Cosa poteva fare? Erano dieci minuti che cercava di consolarla, o di farle alzare anche solo lo sguardo per più di tre secondi. Era certo che a farla stare così non era la faccenda dei suoi genitori. Se avesse dovuto lasciare la scuola e andare in Australia per spezzare l’incantesimo per lei… l’avrebbe fatto. Non avrebbe dovuto soffrire in quel modo. Star seduto di fronte a lei senza poter far nulla lo faceva stare male. Era il suo fidanzato, e si sentiva inutile.
 
Il suo sguardo si spostò sul suo secondo problema che, guarda caso, si trovava oltre la spalla di Hermione.
 
Harry.
 
Era circondato da una folla, una vera e propria folla di Serpeverde che lanciavano monete nel suo piatto. L’oro scintillava sempre di più dall’altra parte della Sala man mano che la pila cresceva. E che pila. Ormai ci dovevano essere più di un centinaio di galeoni sul tavolo.
 
Non erano i Serpeverde che sfoggiavano la loro ricchezza smodata a farlo arrabbiare. E neanche l’insopportabile ruggito che proveniva dal tavolo. Era Harry.
 
Se ne stava seduto con aria innocente tra loro, con un piccolo sorriso sulle labbra. Che bugiardo. Stava diventando più bravo a nascondere le sue emozioni; probabilmente era perché ormai passava ogni minuto della sua vita in compagnia dei maestri dell’inganno. Ma lo scorso pomeriggio… era devastato.
 
Ron si era sentito elettrizzato all’idea della partita di Quidditch; montare su una scopa e vedere il mondo sfocato mentre si volava era la sensazione più bella del mondo. Era libertà. E passare un pomeriggio con Harry… riuscire a parlargli senza che scoppiasse un litigio. Chiacchierare di nuovo con il suo amico. Accidenti, per poco non aveva raggiunto il campo saltellando. Era così entusiasta che era andato lì con mezz’ora di anticipo.
 
Tuttavia, Harry era arrivato addirittura prima di lui. Ron aveva pensato che il fatto che il suo amico era già pronto per spiccare il volo fosse un buon segno.
 
Poi, d’un tratto, la scopa era caduta al suolo e Harry si era voltato indietro di scatto. I suoi occhi erano sgranati e la sua bocca era spalancata. Sembrava che non riuscisse a capire più niente; né di quello che vedeva né di quello che sentiva. Ron gli aveva urlato ma lui l’aveva sorpassato di corsa.
 
Sembrava spaventato.
 
Harry non aveva paura di niente, eppure, era terrorizzato.
 
In quel momento stava fingendo un sorriso, seppur leggero. Chiacchierava con Luna, anche se solo Merlino sapeva perché fosse al loro tavolo e, soprattutto, perché le stessero dando il permesso di rimanere. Mordicchiava il suo toast. Fingeva di star bene.
 
Non stava bene.
 
“Non posso…” La sua attenzione tornò su Hermione. Si asciugò velocemente una lacrima che era riuscita a scapparle, e si alzò in piedi di scatto. “Oggi non vengo a lezione.” Molte bocche si spalancarono lungo il tavolo. “Vado in biblioteca.”
 
“Vengo con te.” Hermione pensava che passare il tempo sui libri la tirasse su di morale, ma non era così. Forse le dava un po’ di conforto, ma era parlare che la aiutava a calmarsi. Non era ancora pronta per parlare, ma forse ne avrebbe avuto bisogno durante il suo studio frenetico, ed era compito di Ron essere a sua disposizione.
 
“Ho solo bisogno di restare sola per un attimo.” Cercò di nuovo di sorridere, ma quel ridicolo tentativo non fece altro che farle scappare una seconda lacrima. La asciugò rapidamente. “Ho bisogno di fare chiarezza nella mia mente.”
 
“L’ultima cosa di cui hai bisogno è restare sola.” Tentò ancora, sorpreso di vederla scuotere la testa. Perché non voleva essere consolata? Perché non voleva dirgli qual era il problema? “Andiamo, ‘Mione, stai-”
 
“Chiedendo al mio fidanzato di avere fiducia in me.” Ah, dannazione. Aveva giocato la carta della fiducia. “Per favore, fidati di me. Ti dirò tutto, ho soltanto bisogno di riprendermi.”
 
Non poté far altro che tornare a sedersi e guardarla mentre si affrettava ad uscire dalla stanza. Gli salì il cuore in gola mentre la vedeva fuggire nel corridoio. Si sentiva inutile.
 
I suoi occhi tornarono su di Harry.
 
Adesso stava parlando con Parkinson e non sembrava troppo divertito. Il finto sorriso era scomparso, rimpiazzato da un leggero cipiglio. Perché la sera prima era così devastato?
 
“Sai,” Neville attirò la sua attenzione. Parlò piano, ma evitò il suo sguardo.
 
“Devo tornare in sala comune. Ho lasciato i compiti sul letto.”
 
Ron lo fisso, accigliandosi. Non avevano compiti per quel giorno. Si limitò ad annuire mentre il suo amico si alzava dalla panca per imitare l’uscita frettolosa di Hermione.
 
Quello era l’indizio decisivo.
 
Hermione conosceva il segreto che Neville stava tenendo per Harry.
 
L’aveva saputo ed era scoppiata a piangere.
 
Si sentiva come se stesse per vomitare.
 
“Ron!” Ignorò sua sorella che stava riempiendo i posti appena svuotati, concentrandosi sul cipiglio di Harry. “Hai già letto il giornale? È fantastico!”
 
Harry si era irrigidito notevolmente, e aveva smesso di guardarsi intorno per ricambiare lo sguardo di Parkinson. Qualunque cosa stesse dicendo quella vacca non sembrava avere un effetto positivo su di lui.
 
Poi, Harry si alzò in piedi.
 
“Ron, mi stai… oh, si sta muovendo! Spero che gli dia un pugno dritto in bocca.” Era difficile ignorare i commenti di Ginny, e anche la presa ferrea sul suo braccio.
 
Harry stava attraversando rapidamente la sala con i pugni chiusi e gli occhi fissi su Malfoy. Metà dei Serpeverde era balzata in piedi, e l’altra spingeva via gli studenti che bloccavano la visuale. Ron non si accorse di essere in piedi finché qualcuno non gli toccò la spalla.
 
Non riusciva a distogliere lo sguardo. Harry era arrabbiato, e stava correndo per ammazzare di botte Malfoy, che se le era meritate. Non sapeva cos’avesse fatto quel bastardo di un furetto, ma probabilmente se l’era cercata. Ron continuava ad avere la nausea. Se il suo amico sarebbe finito in svantaggio, era pronto a saltare sui tavoli per separarli…
 
Oh… diavolo!
 
“Argh! I miei occhi!” L’impulso di separarli non lo abbandonò.
 
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“L’articolo parlava di Harry, non è vero?”
 
Avrebbe dovuto continuare a camminare. Se avesse ignorato quella puttana non le avrebbe dato la soddisfazione di dare voce ai suoi sospetti. Se avesse continuato a camminare, la ragazza avrebbe cambiato idea e li avrebbe lasciati in pace. Forse avrebbe continuato ad avere dei sospetti, ma non avrebbe avuto né prove né indizi che confermassero la sua tesi.
 
Tuttavia, Draco si era ritrovato a fermarsi nel bel mezzo del corridoio. Aveva estratto la bacchetta per lanciare un paio di Incantesimi Silenziatori verso le porte più vicine, e si era voltato di nuovo verso Granger. Era da un po’ che si aspettava quel confronto, ma almeno era grato che non l’avesse messo alle strette mentre Harry era presente.
 
L’espressione di Granger non lo divertiva per niente. Aveva le sopracciglia alzate e le labbra strette. Aveva incrociato le braccia al petto; aveva un assetto determinato. Che finzione stravagante. Doveva essere distrutta per il segreto che aveva scoperto, e ancor di più per il fatto che Harry aveva deciso di cercare il conforto di Draco piuttosto che il suo. Far finta di star bene? Tzé, ma per chi l’aveva preso? Per di più, i suoi occhi erano arrossati. Chi pensava di ingannare?
 
Aspettò che continuasse a parlare ma, per sua sorpresa, rimase in silenzio. Pensava che quello che aveva detto bastasse a catturare l’attenzione di Draco, si aspettava che andasse nel panico?
 
“Dovresti davvero pensarci due volte prima di dire certe cose in pubblico, Granger. Alcune persone attribuiscono un grande valore alla loro privacy.” Riuscì a dire, lentamente. Avrebbe mentito se avesse detto che il suo cuore non stava sprofondando. Ecco fatto; adesso Granger e Weasley si sarebbero combattuti le attenzioni del loro amico. Avrebbero rubato quel che restava del tempo che gli rimaneva.
 
“Non mi importa niente dei tuoi soldi.”
 
“Non intendevo niente che avesse a che fare con la mia ricchezza. Ti stavo solo ricordando che alcune persone apprezzano la discrezione. Le suddette persone, in caso di invasione della privacy, potrebbero cercare di isolarsi; ciò non gioverebbe a nessuno, non credi?”
 
Granger assottigliò lo sguardo e strinse più forte le braccia al petto. “È per questo che ha iniziato a evitarci come la peste? È malato?” Perché stava ripetendo la domanda? Era in cerca di una conferma?
 
“Non è la sequenza di parole che avrei utilizzato.” Rispose con tranquillità Draco, senza confermare né negare le sue supposizioni. “Mi sembra di ricordare che siete stati voi a cacciarlo dalla Torre. Non si può dire che sia stato lui ad abbandonarvi.”
 
Si aspettava che la strega gli urlasse contro, ma si limitò a chiudere gli occhi per un momento. Wow. Era come se le sue parole le avessero procurato dolore fisico. Era una cosa che aveva desiderato fare sin da piccolo. Eppure non gli aveva procurato neanche la metà della soddisfazione che si era immaginato. Certo, era appagante, ma era privo dell’euforia che si era aspettato.
 
“La verità fa male?” Draco non riuscì a trattenere quel commento, e ghignò fra sé e sé quando l’altra spalancò gli occhi, infuriata.
 
“Potresti dirmi il nome? Per favore?” Sebbene fosse una supplica, l’aveva fatta suonare come una pretesa.
 
“Non penso proprio.” Rispose piano Draco, che si acciglio quando la vide asciugarsi velocemente una lacrima. Non sapeva gestire gli stati emozionali e, soprattutto, non gli importava di quelli della ragazza.
 
“Potrei tranquillamente scoprirlo da sola.”
 
“Ne dubito.”
 
“La biblioteca-”
 
“È stata sgomberata di tutti i libri che ne contengono informazioni.” La sorpresa nel suo sguardo era più che ingiustificata. “Non vorrei che suggerissi alla scuola che qualcosa non va, perché parliamoci chiaro… voi tre che ficcate la testa nei libri è sempre stato sintomo di un’ondata di merda imminente, per così dire, sin dal primo anno. Non mi piace l’idea che degli sconosciuti ficchino il naso nelle nostre faccende.”
 
“Nelle faccende di Harry.”
 
“È la stessa cosa.”
 
Si asciugò l’altro occhio, scuotendo la testa come se fosse disgustata. “Cosa posso fare perché tu mi dica il nome?” Be’. Non si era aspettato una cosa del genere. “Allora? Qual è il tuo prezzo?”
 
“Non c’è niente che tu possa fare per persuadermi, Granger.”
 
“Tu non capisci! Se mi informassi potrei-!”
 
“Non potresti fare assolutamente nulla.” Draco si sorprese di aver usato un tono aggressivo, e si schiarì la voce per calmarsi. Ultimamente perdeva la pazienza piuttosto velocemente. Granger non doveva vederlo così irritato; avrebbe usato la cosa a suo vantaggio. “Limitati a fingere ignoranza e tieni per te questo piccola informazione.”
 
Informazione? La malattia del mio migliore amico non è una semplice informazione, e-!”
 
“Non farete niente. Certo, salutatelo quando lo incontrate nei corridoi. Lasciate che Weasley giochi a scacchi con lui. Potrei perfino permettervi di cenare insieme.” Draco ghignò interiormente per l’espressione di rabbia sulla faccia di Granger. Non pensava che fosse capace di un’emozione del genere. “Ma dovrete lasciare che Harry affronti la situazione come vuole, non come voi volete che l’affronti.”
 
“Lui sa che vogliamo solo il meglio per lui.”
 
Draco rise di quell’affermazione, senza divertimento. “Vi eviterà come la peste se vi azzarderete anche solo a guardarlo con un briciolo di pietà.”
 
“Harry è un Grifondoro: lui-”
 
“Era un Grifondoro.”
 
“Sostituire il colore della sua cravatta non cambia il fatto che-”
 
“Ha paura.” Quello sì che la zittì: la sua bocca si chiuse di scatto. “E il vostro correre in giro come dei tornado, agendo prima di pensare, non gli sarà d’aiuto. Sono finalmente riuscito a fargli passare del tempo con i suoi ex-amici,” Lo sguardo di Granger si raffreddò alla parola ‘ex’. “Sono riuscito a tirarlo fuori dallo stato di negazione e lutto in cui è rimasto bloccato per mesi. L’ho trascinato via dal baratro della depressione in cui stava cadendo, e non ho bisogno che voi maledettissimi Grifondoro mi roviniate tutto! Non lascerò che Harry trascorra il limitatissimo tempo che gli rimane preoccupandosi per voi! Sono stato chiaro, Granger? Voi non farete niente!”
 
Dannazione.
 
Draco lanciò un altro Incantesimo Silenziatore sul corridoio; non pensava che il primo fosse abbastanza.
 
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Continuarono come se il giorno prima non fosse successo niente, si recarono a cena come se i loro occhi non fossero rossi e gonfi, e senza prestare attenzione alle espressioni esterrefatte dei Serpeverde.
 
Gli altri non sapevano come reagire. Theo si rifiutava di interrompere il contatto visivo con il suo piatto e Blaise non aveva nascosto il volto dietro la sua tazza per un totale di due minuti. Pansy rimase in silenzio per tutta la cena; non gli sfuggì neanche un pettegolezzo. Il silenzio aleggiava pesantemente su di loro.
 
A Harry non dispiaceva. Non aveva molta voglia di conversazioni imbarazzanti o spiacevoli discorsi a cuore aperto. Tutte le emozioni che non fossero rabbia o gelosia erano piuttosto difficili da apprezzare per i Serpeverde, e questo avrebbe impedito loro di prendere in giro Draco per la sua debolezza.
 
Harry non considerava ‘provare amore’ una debolezza. Ed era pronto a distruggere il primo idiota che avesse fatto un commento sul naso rosso di Draco. Ma sembrava che le sue intenzioni non fossero celate come credeva, visto che nessuno, nei loro paraggi, si era azzardato a proferire parola. Perfino un paio di Corvonero si arano voltati di scatto mentre passavano di fronte a loro, perché non volevano scatenare la sua ira.
 
Forse aveva ancora un po’ di magia.
 
La settimana passò senza problemi, anche se i piccoli cambiamenti erano palesi.
 
Quello più evidente, per cominciare, era la nuova disposizione dei posti in classe. Per una volta, erano arrivati in anticipo alla lezione di Incantesimi, e avevano occupato la classe per primi. Harry si era seduto al suo solito banco, ma era stato subito trascinato nell’angolo in fondo alla classe. Era stato letteralmente circondato da uno scudo umano di Serpeverde. I Grifondoro contrariati avevano cambiato posto senza lamentarsi, ma avevano lanciato loro numerose occhiatacce durante la lezione.
 
Lo stesso si ripeté a Difesa e a Trasfigurazione.
 
I Grifondoro, nello specifico Dean e Seamus, avevano cercato di riconquistare i propri posti, ma quando Pansy rivolse loro un paio di minacce velate, scapparono via. Harry non sapeva cosa avrebbe potuto farli sbiancare in quel modo, ma era stato davvero efficace.
 
La nuova disposizione non era un mistero. C’era una possibilità minore di essere colpito da un incantesimo vagante se si trovava in fondo alla classe, e circondato dai Serpeverde.
 
Draco non usava mai la magia quando era accanto a Harry. Di solito riscaldava le lenzuola mentre si preparavano per andare a letto, ma le lenzuola erano rimaste fredde per tutta la settimana. Non si esercitava in classe. Si alzava e andava a prendere di persona la penna o il libro, anche se avrebbe potuto usare un incantesimo per attirarli a sé.
 
Non c’era traccia di magia quando Harry era presente.
 
Era incappato in un gruppo di ragazzi del quarto anno che si esercitavano per un test, ma avevano subito riposto le bacchette quando Harry era entrato nella Sala Comune. E non era riuscito a convincerli che avrebbero potuto continuare.
 
L’ultimo cambiamento era l’assenza di Draco la mattina presto, o nel bel mezzo della notte. Probabilmente pensava che Harry non se ne fosse accorto, ma come poteva? Si addormentavano con le braccia o i piedi intrecciati. La mancanza di calore poteva esser percepita immediataemente.
 
Harry si era svegliato alcuni minuti prima per quel motivo.
 
Aveva scrutato l’oscurità, osservando la sagoma di Draco sparire nel corridoio cupo. Era la terza volta quella settimana.
 
Sospirando, Harry si ritrovò a rotolare sul letto per tastare il comodino. Fece cadere qualcosa che provocò un forte tonfo, ma gli altri non diedero cenno di essersi svegliati. A Harry non sarebbe importato se fosse successo; almeno gli avrebbero fatto luce.
 
Gli ci vollero alcuni secondi per trovare la mappa, e alcuni minuti prima che riuscisse a trovare la forza di alzarsi dal letto. Le sue gambe non volevano scendere le scale; gli facevano male. Harry non sapeva se fosse dolore, o stanchezza. Il dolore cronico era diventato una costante.
 
La stanza era deserta, quindi Harry si avviò verso il camino con il fuoco morente. L’aria fredda si appigliò alla sua pelle, mangiandolo vivo. Sul serio, perché la Sala Comune Serpeverde era sottoterra e accanto al lago? Chi aveva avuto quella brillante idea?
 
Si sedette accanto al camino, e spiegò la mappa. Non poteva dire la formula per chiuderla senza rischiare che lo sentissero, per questo rimaneva aperta. Per sua fortuna.
 
Studiò la pergamena nella luce morente, strizzando gli occhi nel punto in cui di solito…
 
Ah. Eccolo là.
 
Il puntino con la scritta ‘Draco Malfoy’ era entrato in biblioteca e si stava dirigendo vero un tavolo occupato.
 
Harry sospirò alla vista del secondo puntino, ma la stanchezza gli impediva di provare la paura o la rabbia dovute.
 
Hermione. Di nuovo.
 
Osservò con indifferenza Draco che prendeva posto al suo solito tavolo. Poteva immaginarselo mentre raccoglieva uno spesso libro e faceva un cenno a Hermione. Che strana sessione di studio.
 
Lo sapeva, e aveva reagito proprio come si era aspettato. Passava le sue notti chiusa in biblioteca, cercando cure impossibili. Aveva mantenuto il segreto, eppure l’avrebbe comunque consumata.
 
Quindi, per la terza volta in quella settimana, Harry osservò la mappa accanto al fuoco morente. Erano rimasti lì per ore, immobili. Probabilmente Hermione aveva piazzato degli incantesimi intorno al tavolo perché Vitious passava di lì ogni notte senza accorgersi di niente.
 
Di solito Draco tornava nella Sala Comune alle cinque. Non sembrava né stanco né provato. Era solo una questione di tempo; non poteva continuare a sgattaiolare via alle prime luci dell’alba: le persone, anche i maghi, non potevano vivere con così poche ore di sonno.
 
Harry si avvicinò al camino, e si spostò in modo da poter coprire le sue dita con le maniche del pigiama. Cristo, si gelava quella notte. Il freddo delle mattonelle sembrava penetrargli nelle ossa. I piedi e i polsi stavano già bruciando.
 
Una poltrona colse la sua attenzione. Non voleva tornare a letto: non c’era calore nel vuoto.
 
Harry piegò la mappa e si diresse verso la poltrona. Aveva una coperta sul bracciolo; perfetto.
 
Non sapeva per quanto tempo rimase lì, con gli occhi fissi sull’unico puntino che importava. Tuttavia, sobbalzò per l’improvvisa apparizione di luce nella stanza. Impiegò un momento per realizzare che Braxton era in piedi di fronte a un fuoco ruggente, e riponeva lentamente la bacchetta mentre fissava Harry con cipiglio. Perché diavolo era entrato nella stanza? E perché Harry non l’aveva notato?
 
“Lo sai che sono quasi le quattro, vero?” Braxton sembrava sconcertato dal fatto che qualcuno potesse essere sveglio a quell’ora, nonostante l’ipocrisia della cosa. Aveva un libro sottobraccio e una coperta piegata sull’altro. La sua faccia divenne paonazza quando notò che Harry la stava fissando.
 
“Devo davvero farti notare l’evidenza?” Chiese Harry a sua volta, scivolando un po’ di più sotto la coperta. Si ghiacciava, nonostante il fuoco.
 
“Non riuscivo a dormire.” Rispose stancamente, facendo spallucce. “Sono venuto qui per leggere.”
 
“Anche io.” Harry osservò la sua mappa, prendendo nota dei puntini che occupavano ancora la biblioteca. Nessuno si era mosso. Tornò a voltarsi verso il ragazzino, e alzò le sopracciglia quando lo vide in piedi di fronte al camino, con le braccia conserte. “È un po’ difficile leggere se te ne stai lì con il libro chiuso.”
 
Braxton si mosse a disagio invece di rispondere, dirigendosi lentamente verso la poltrona più vicina.
 
Harry tornò alla mappa. La luce rendeva la lettura infinitamente più semplice, nonostante i suoi obiettivi fossero immobili. Non sapeva perché avesse il bisogno di osservarli ogni volta che Draco sgattaiolava via… non lo calmava. Anzi, lo faceva sentire vuoto. Draco e Hermione che si incontravano in biblioteca: non riusciva a pensare a un’accoppiata più problematica di quella.
 
“Era buio.”  La strana affermazione riscosse Harry dai suoi pensieri, costringendolo a distogliere lo sguardo dai due imprevedibili puntini.
 
“Io… cosa?”
 
“Era buio quando sono arrivato.” Spiegò, il suo libro dimenticato nel posto accanto a lui. “Non puoi leggere al buio. Uno, è impossibile. Due, non fa bene alla vista.”
 
“A meno che non la deteriori nel giro di pochi…” Quanto? Mesi? Settimane? Quanto ci avrebbe impiegato la sua magia a prendere il sopravvento? “…non penso di dovermi preoccupare della mia vista.”
 
Lo sguardo del primino era incessante. “Be’, non dovresti riposare?”
 
Un piccolo barlume di divertimento si fece strada dentro di lui, facendogli incurvare le labbra. Quel ragazzino pensava davvero di avere il diritto di dargli degli ordini; aveva undici anni e stava tentando di mandare a letto Harry Potter.
 
“È forse uno stratagemma per avere la sala tutta per te?” Chiese Harry, divertito dal fatto che gli occhi del ragazzino si assottigliarono pericolosamente. “Sono seduto sulla tua poltrona preferita?”
 
“Non essere ridicolo.” Sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Chi sprecherebbe energie per una poltrona?” I Grifondoro, in più di un’occasione. Le soffici poltrone di fronte al camino erano le migliori. “Mi stavo solo chiedendo… come stavi. Ultimamente sembri stanco.” Ah, le emozioni erano sempre state il suo punto debole. Braxton era arrossito dopo aver detto quella frase, e le sue parole scemarono in un sussurro verso la fine.
 
“Niente di cui la tua testolina debba preoccuparsi.” L’espressione arrabbiata tornò, per il piacere di Harry. “Non è una tua responsabilità controllare il mio stato di salute. Mi limiterò ad andare avanti come ho sempre fatto; ho resistito per sei mesi, chi ci dice che non ne sopravvivrò altri sei?” Harry si strinse ancor di più nella coperta quando il freddo penetrò addirittura nel suo stomaco. Sei? Solo il pensiero di altri sei mesi così gli faceva venir voglia si rotolarsi per terra e piangere. Non ci sarebbe riuscito.
 
Il suo piccolo sorriso svanì, quindi tornò a fissare la sua mappa. Stava diventando sempre più difficile fingere di star bene, perfino con le persone che conosceva a malapena.
 
“Non è giusto.”
 
“No, non lo è affatto.” La voce di Harry si affievolì quando colse un movimento con la coda dell’occhio. Il Professor Vitious si aggirava nella biblioteca, andando avanti e indietro per i corridoi senza esitazione. Forse neanche lui riusciva a dormire. La cosa sembrava ripetersi anche per altre persone; c’erano alcuni Corvonero nella loro Sala Comune, accalcati intorno a tavoli e sedie. In quel momento c’erano due Tassorosso nelle cucine, e alcuni Grifondoro nella Torre di Astronomia. Il castello non si fermava mai, neanche alle quattro del mattino.
 
Tuttavia, Vitious si era fermato. Per un momento non fece nulla, poi si diresse spedito verso il tavolo di Hermione e Draco. Al contrario di Gazza, probabilmente riusciva a notare gli incantesimi di protezione. Rimase al tavolo per un minuto, era ovvio che stesse parlando con loro. Poi se ne andò.
 
I due puntini non si mossero.
 
Stavano infrangendo molte regole scolastiche, eppure Vitious non li aveva fatti tornare nei rispettivi dormitori. Cristo, che cosa stavano combinando?
 
“Che cosa stai guardando?” Se fosse stato un Grifondoro, probabilmente il primino avrebbe già sbirciato oltre la sua spalla per studiare la mappa con entusiasmo. Gli occhi di Braxton erano colmi di curiosità, eppure era rimasto al suo posto. Il suo libro e la sua coperta giacevano dimenticati al suo fianco.
 
“Non hai freddo?” Chiese Harry, osservando con orrore il ragazzino a piedi nudi e senza vestaglia. “Indossa un maglione, o qualcos’altro.” Riusciva a sentire il suo petto tremare ad ogni doloroso respiro; le punte dei suoi piedi e delle sue mani erano ghiacciate e insensibili. Cercò di muoverle. Ma non sentì nient’altro che dolore. Come faceva quel ragazzino a restarsene lì con le sopracciglia alzate e un’espressione d’indifferenza sul volto?
 
“Non fa così freddo stanotte.” Rispose tranquillamente. I suoi occhi si spostavano sulla mappa, ma era come se si sforzasse di riportarli su Harry. Come se non volesse sembrare troppo curioso. “Stai esagerando.”
 
Possibile che i Serpeverde fossero immuni al freddo? Si esercitavano nei sotterranei di famiglia prima di andare a Hogwarts?
 
Harry si sentì immediatamente in colpa per quel pensiero; fu quello a spingerlo a fare cenno alla matricola di avvicinarsi.
 
“Puoi dargli un’occhiata se vuoi.”
 
Braxton si alzò e si piegò sulla sua poltrona nel giro di un secondo, studiando la mappa. In un primo momento si accigliò e la delusione apparve chiaramente sul suo volto. Poi sgranò gli occhi. “Ma quelli sono… Malfoy e… non la conosco… nella biblioteca? È… la stai usando per stalkerarlo?”
 
No.”
 
“Come no!”
 
“Guardala… e basta.” Cristo, le sue mani bruciavano quando le tirava dal freddo della coperta al gelo assoluto della stanza. Spiegò la mappa con mani tremanti, divertito dal fatto che una mano sbucò dal nulla per indicare il piccolo angolo della Sala Comune Serpeverde.
 
“Noi siamo lì!” La sua voce era entusiasta, anche se bassa. Era elettrizzato, ma cercava di non dare a vederlo. “Wow, è fantastico. Potresti pedinare chiunque.”
 
“Non sto pedinando nessuno.” Harry sapeva che negarlo era inutile, ma non poté fare a meno di dirlo.
 
“Non stai pedinando nessuno, solo Draco Malfoy.” Le sue battute erano troppo saccenti per un ragazzino di undici anni. “Potresti farci così tante cose… perché il Professor Vitious se ne sta lì in piedi? È rotta?”
 
Lo sguardo di Harry si spostò dalla biblioteca, dove non stava stalkerando nessuno, a Vitious. Che, come aveva detto l’altro, se ne stava in un corridoio davanti alle scale mobili. Non si muoveva, restava fermo lì. Harry riusciva ad immaginarlo mentre aveva gli occhi chiusi e una mano sulla fronte per la preoccupazione. Cosa gli avevano detto Hermione e Draco per causare quella reazione?
 
“Non è rotta.”
 
“Forse sta parlando con un fantasma. I fantasmi appaiono sulla mappa?”
 
“No. Ecco, tienila. Fissa gli studenti che dormono. Sii un maniaco. È terapeutico per l’insonnia.” Dall’espressione di Braxton sembrava che il natale fosse arrivato in anticipo. Accettò volentieri la mappa, prendendola delicatamente per il bordo come se avesse paura di romperla.
 
Be’, anche se stava distruggendo tutti a destra e a manca… quel giorno aveva procurato un po’ di felicità. Sapeva che la cosa non lo redimeva, ma almeno era un inizio.
 
Harry ricoprì velocemente le mani con la coperta, strofinando le mani nell’aria fredda. Impiegò un momento per accorgersi che Braxton non si era mosso. Era come se si fosse ghiacciato, e con quel gelo era di sicuro plausibile. La mappa era nelle sue mani delicate, spiegata e pronta. Aveva fatto un mezzo passo indietro verso la sua poltrona… i suoi occhi erano incollati a Harry. Se non avesse battuto ciglio sarebbe sembrata una statua.
 
“Stai bene?” Chiese Harry, raggomitolato nella sua coperta. sperava che stesse bene, perché non aveva molta voglia di alzarsi…
 
“…Hai freddo.” Rispose con esitazione.
 
“…sì, è così.” Sul serio, che problemi aveva il ragazzino? Facevano due gradi lì dentro! Eppure se ne andava in giro senza calzini, come se le sue dita dei piedi non stessero per cadere. “Si congela.”
 
“No… intendevo che… sei freddo.” Lasciò la mappa sulla poltrona, dimenticandola, e portò una mano alla fronte di Harry. Si accigliò, e gli toccò la guancia, il collo e la spalla prima che Harry se lo scrollasse di dosso.
 
“…Uhm, cosa stai-?”
 
“Non fa così freddo.” Continuò, raccogliendo la sua coperta dalla poltrona. La tirò a Harry, avvolgendola intorno alle sue spalle. “Ma stai congelando. E come se fossi di ghiaccio. Aspetta… qui.” Si voltò e corse, corse, verso le scale per il Dormitorio.
 

 
Non faceva freddo? Si ghiacciava nei sotterranei; Harry si aspettava quasi che piccole nuvole di vapore uscissero dalla sua bocca ad ogni respiro che faceva. Tirò il braccio fuori dalla coperta, osservando la sua pelle d’oca. Stava tremando. Se non faceva freddo non doveva succedere.
 
Sebbene stesse cercando di non pensare alle parole di Braxton... il cuore gli affondò nello stomaco. Cosa gli avrebbe fatto la magia stavolta? E come avrebbero potuto fermarla senza usare la magia su di lui?
 
Sperava che Draco fosse lì.
 
Non poté far altro che sospirare, e poggiare la testa sulle sue ginocchia doloranti. Delle voci riecheggiarono dalla scalinata: un pubblico per la sua ultima umiliazione. Cristo, non poteva continuare così.
 
Li sentì entrare nella stanza, ma nessuno disse una parola. Non avrebbero detto niente, non quando la vulnerabilità di Harry era chiara di fronte ai loro occhi. Probabilmente erano in imbarazzo.
 
“’Giorno.” Riuscì a dire Harry, in qualche modo, alzando la testa. “Scusate se vi faccio questo. Di nuovo.”
 
Per sua sorpresa, fu Theo a parlare per primo. Sbadigliò, portando una mano alla bocca mentre attraversava la stanza. “Non è colpa tua.” Be’, era stato inaspettatamente gentile.
 
Blaise seguì il suo amico, ma non parlò. Il suo volto era stanco, ma attento. Per una volta non c’era traccia di umorismo nei suoi occhi, e la cosa lo ferì non poco. Braxton rimase con ansia accanto a lui; Harry non pensava che fosse consapevole di starsi mordendo il labbro.
 
Notò subito che nessuno indossava indumenti pesanti. Grandioso.
 
Theo si piegò sulla poltrona, e toccò la fronte di Harry con il dorso della mano, proprio come aveva fatto Braxton alcuni minuti prima. Era un po’ preoccupante essere toccato così gentilmente da un Serpeverde che di solito era così indifferente; Harry avrebbe tranquillamente ammesso che era un po’ imbarazzante.
 
“Sei un pezzo di ghiaccio.” Concluse, lasciando andare la sua mano e incrociando le braccia al petto. Sembrava sentirsi a disagio, proprio come Harry. “Uhm… che facciamo?”
 
Neanche Theo riusciva a trovare una soluzione. “Non lo so.” Gli fece male dirlo.
 
“È la tua…?” Harry annuì prima che potesse finire la domanda. Era ovvio che fosse la sua magia; era sempre la sua magia.
 
La stanza cadde di nuovo nel silenzio e i quattro ragazzi si scambiarono degli sguardi, uno più perplesso dell’altro. Nessuno sapeva cosa fare.
 
“È… grave?” Blaise si decise a parlare, e scrollò le spalle quando tutti gli sguardi si posarono su di lui. “Non voglio essere brusco, ma è davvero un problema? Cioè, il freddo può davvero far male a qualcuno? La magia stavolta ha avuto uno strano effetto, considerando le reazioni violente che abbiamo visto le altre volte.”
 
“Certo che è un problema.” Fu Braxton a rispondere, e non sembrò turbato dall’espressione accigliata che aveva assunto il suo senior. “E se diventasse sempre più freddo, e il suo cuore smettesse di battere?”
 
“Non ricordo di averlo chiesto a te.” Il tono di Blaise era calmo, ma Harry riusciva a vedere un lampo d’irritazione nei suoi occhi perfino dall’altra parte della stanza.
 
“L’hai chiesto all’intera stanza.” Ribatté il ragazzino, incrociando le braccia. Era piuttosto divertente vederlo fronteggiare un ragazzo dell’ottavo anno. “E io sono nella stanza.”
 
“Abbiamo un amico ghiacciato sulla poltrona.” Li interruppe Theo, impedendo a Blaise di controbattere. “Potrai polverizzarlo a colazione. Adesso aiutami a riscaldare Potty.” Harry sussultò visibilmente, poi evitò i loro sguardi. Nott si era appena riferito a lui come a un amico. Nott.
 
“Trascinatelo più vicino al fuoco.” Ordinò Braxton, la cui bocca si incurvò all’insù quando vide Blaise rabbuiarsi. Ma il ragazzo scuro seguì le direttive non appena Theo gli lanciò un cuscino. Se la matricola continuava così, l’indomani avrebbe avuto una bella gatta da pelare.
 
Stare a pochi centimetri dal fuoco non sembrava essergli d’aiuto; sembrava che il calore si disperdesse prima di raggiungere Harry. Le dita dei piedi gli facevano ancora male.
 
“Va meglio?” Chiese Braxton, come se fosse responsabile di quella soluzione. Nonostante il piccolo gioco di poteri nella stanza, sembrava sinceramente preoccupato. Continuava a mordersi il labbro e le sue braccia erano incrociate goffamente al petto, come se si fosse pentito di aver lasciato il calore del suo letto.
 
“Sì… va un po’ meglio.” Il freddo si era avvinghiato alle sue ossa, penetrando in posti che non sapeva di avere. Si strinse di più nella coperta, sorpreso dall’insensibilità nelle sue dita. Provò a sfiorare la coperta ma non sentiva niente; aveva perso la sensibilità nelle dita. “Probabilmente potete tornare a letto. Come avete detto voi… cosa si può fare contro il freddo?”
 
“…ma non fa freddo.” Esclamò Blaise, “Cazzo, Potter, se vedi una luce abbagliante non seguirla per nessuna ragione.”
 
“Non sta morendo!”
 
“Be’, spesso le persone che stanno morendo dicono di avere freddo, non è così?”
 
“Infatti ho avuto freddo.” Convenne stancamente Harry, fissando il fuoco per evitare gli improvvisi sguardi degli altri. “Però, è durato solo un istante. Dopo è stata perfino una bella sensazione.” Rimasero tutti in silenzio, il che lo costrinse ad alzare lo sguardo. Theo sembrava sospettoso, Blaise era preoccupato… gli occhi di Braxton erano più sgranati che mai. “Che c’è?”
 
“Sembri avere… nostalgia.” Disse Theo, al culmine del suo disagio.
 
“Pensavo che le persone diventassero sentimentali quando-”
 
“Non è la tua ora.”
 
“Ah, no?” Harry non lo chiese con cattiveria. Ma quanto tempo sarebbe durata? Ormai il pensiero infestava la sua mente tutte le notti. Mesi? Settimane? Quanto tempo gli rimaneva?
 
“Ribadisco,” Non c’era traccia di ironia nella voce di Blaise, “se vedi una luce abbagliante-”
 
“Correrò via a gambe levate.” Sospirò Harry, annuendo. Cercò di rassicurarli con un sorriso, ma non sembrò funzionare. “Al momento ho troppo da perdere per arrendermi.” Anche se aveva pensato di farlo; ma non avevano bisogno di saperlo. Era senza dubbio una prospettiva allettante, ma non ci sarebbe mai riuscito. Quello stronzetto biondo l’avrebbe trascinato via per la collottola se ci avesse provato.
 
Batté a malapena ciglio quando una mano gli sfiorò di nuovo la fronte, sbucando dal nulla. Non aveva notato che Theo si era mosso. “Vado a prendere altre coperte.” Annunciò, affrettandosi verso le scale. Probabilmente voleva solo andarsene da quella stanza soffocante, e Harry non lo biasimava. Anche lui voleva scappare da quella stanza, e dalle attenzioni degli altri.
 
Blaise si fece da parte, come se volesse passare inosservato, e Braxton…
 
Era proprio accanto a lui.
 
“Sei morto?” Chiese di getto, accigliandosi. “Com’è possibile che sei morto?” Sembrava essersi dimenticato che Harry aveva una malattia che stava lentamente cercando di distruggergli il corpo e la mente. Che strano.
 
“Perché Voldemort mi ha ucciso.” Rispose piano Harry, osservandolo sussultare per quel nome. Lo fissò con gli occhi spalancati, e scosse la testa. Pensava che Harry lo stesse prendendo in giro.
 
“Ma hai vinto-”
 
“Sì.”
 
“Allora come ha fatto… Tu-Sai-Chi a ucciderti?”
 
“Perché gliel’ho lasciato fare.” Adesso che sembrava confuso, a giudicare dalla fronte aggrottata e la bocca aperta. Farfugliò qualcosa, voltandosi verso Blaise in cerca di aiuto. Il Serpeverde, che era ancora irritato, scrollò le spalle e lo ignorò. Non avrebbe potuto comunque aiutarlo. “Non preoccuparti; sono vivo, no? Ho avuto un’altra possibilità. È stata fantastica.” Sbuffò divertito, poi rise. La felicità lasciò le sue labbra, come stava tentando di fare da giorni. Perché diceva sul serio. Il suo corpo lo stava tradendo e non aveva più amici, e tra tutte le persone erano stati i Serpeverde ad accoglierlo. E, per la maggior parte del tempo, era stato fantastico.
 
“Cosa gli avete fatto?” Theo ritornò con alcune coperte. Probabilmente aveva lasciato dietro di sé diversi Serpeverde contrariati.
 
“Abbiamo parlato della sua morte.” Disse tranquillamente Blaise, scrollando le spalle. “A quanto pare è stata divertente.”
 
Theo rispose lanciando le coperte a Harry, con le sopracciglia alzate. “Hai avuto qualche piccolo incidente? Del tipo che sei inciampato sui lacci delle tue scarpe?
 
“Oh no, in verità è stato Tu-Sai-Chi.” Blaise si stava sforzando di mantenere un tono d’indifferenza. Theo tornò a fissare Harry con le sopracciglia alzate, come se dubitasse della sua sanità mentale.
 
“Non potreste capire.” Concluse, sorridendo. Quelle risate l’avevano tirato su di morale.”
 
“Certo che no.” Una mano lo raggiunse di nuovo, poggiandosi sulla sua fronte. “Sei ancora gelido. Dovremmo forse provare qualcos’altro? Non sta funzionando.”
 
“Mi vengono in mente solo gli incantesimi, che non possiamo usare.” Rispose Blaise, senza essere d’aiuto. Scrollò le spalle. “E se lo immergessimo nell’acqua calda?”
 
“Nel bagno dei Prefetti?” Chiese Theo, confuso quanto gli altri. “Conosci la parola d’ordine?”
 
“Non potete metterlo nell’acqua.” Braxton decise che era ora di parlare, e incrociò le braccia al petto con arroganza. “Le persone che hanno freddo vanno tenute asciutte, e poi l’acqua si fredda prima dell’aria. Se lo buttate nell’acqua, non farà altro che peggiorare.” Harry non pensava che avessero dovuto sentire il piccolo ‘idioti’ alla fine del discorsetto. In ogni caso, adesso aveva ben due Serpeverde dell’ottavo anno contro di lui.
 
“Non possiamo usare incantesimi e il fuoco non sta funzionando.” Theo non era contento della presenza di quella matricola. “Cosa suggerisci di fare?” Il ‘piccolo mocciosetto di merda’ che ne seguì fu a malapena udibile.
 
“Non lo so! Calore corporeo?” Harry rise di nuovo e, improvvisamente, tutti e tre indietreggiarono di un passo da lui.
 
“Se tu vuoi fare le coccole a Potter-”
 
“Non ho detto questo!”
 
“Prego, accomodati pure-!”
 
“Intendevo dire che l’ho letto da qualche-!”
 
“Non farò le coccole a Potter, neanche se fosse l’ultimo umano sulla terra e mi sentissi un po’ solo!”
 
“Stai completamente sottovalutando le sue abilità nel fare le coccole, Blaise.” Il sorriso di Harry aumentò quando Draco fece il suo ingresso nella stanza, la sua voce faceva intuire che era pronto a ribattere a qualsiasi commento. “È vero, è un po’ scarno, ma uno sguardo ai suoi occhi e nuoterai negli smeraldi, a quel punto non ti importerà se si è avvinghiato al tuo collo.” Finalmente si avvicinò e Harry riuscì a guardarlo senza storcere il collo, aveva le sopracciglia alzate e la testa piegata da un lato mentre osservava la pila di coperte che lo ricopriva, e la sua assurda vicinanza al fuoco. “Devo chiedervelo io?”
 
“Ha freddo.” Theo decise di rispondere, visto che Braxton era paonazzo e Blaise lo stava diventando. Sembravano imbarazzatissimi.
 
“L’avevo intuito.” Rispose seccamente Draco, che si guardò intorno soffermandosi per un momento sulla mappa aperta, prima di tornare a guardare Harry. Era coperto dalla testa ai piedi, tranne che per gli occhi e il naso. “Be’, fammi spazio.”
 
“Cosa?”
 
“Se nessun altro vuole approfittare del tuo culo ossuto…”
 
Fu davvero divertente vedere il disagio degli altri Serpeverde. Theo stava fissando con ansia le scale, mentre gli altri due si scambiavano sguardi circospetti.  Si erano dati una tregua mentre condividevano quel momento di imbarazzo.
 
“Quanto hai intenzione di farmi aspettare?” Prima di finire la domanda, Draco stava già strappando le coperte dalle dita insensibili di Harry. Non aspettò nemmeno che Harry si spostasse per accomodarsi. Era seduto più su Harry che sulla poltrona.
 
“E poi dici che il mio culo è ossuto.” Sussurrò Harry, spostandosi per trovare una posizione comoda in cui il bacino di Draco non gli scavasse nella pelle.
 
“Sembrano piuttosto imbarazzati.” Disse a bassa voce Draco, indicando con un cenno gli altri membri della stanza. Riposizionò le coperte e strinse Harry con un braccio. Era la prima volta quella sera che provava calore. “Vuoi vedere quanto riesco a farli arrossire?”
 
Bastò solo un sorrisetto di Harry, e Draco si piegò verso di lui sfiorando la sua guancia ghiacciata con un delicatissimo bacio.
 
“Io me ne vado.” Dichiarò Blaise, parlando al soffitto. Gli altri seguirono subito il suo esempio, affrettandosi verso le scale senza guardarsi indietro. Il libro di Braxton fu dimenticato sull’altra poltrona.
 
“Dilettanti.” Rise Draco, con un sospiro di soddisfazione. Si avvicinò ancora di più a Harry, in modo che le loro fronti si toccassero. Infilò una mano sotto la maglietta di Harry, poggiandola contro la sua schiena. “Mio dio, hai davvero freddo, eh? Hai fatto una passeggiata nei sotterranei?”
 
“No.” Come poteva spiegarlo senza menzionare la sua magia? Aprì la bocca per trovare una scusa plausibile, ma non gli venne in mente nulla. Trova una scusa. Andiamo! Trova una scusa decente!
 
Il silenzio li avvolse mentre la mente di Harry lo tradiva.
 
Draco iniziò a canticchiare, accarezzando la sua pelle fredda con il pollice. Doveva aver capito quello che aveva detto, o che non aveva detto, ma si era a malapena irrigidito. Non rispose nemmeno.
 
Harry sospirò tra sé e sé, grato che Draco non potesse vedere la sua espressione. Era stanco della sua magia. Stanco di tutta quella situazione. Non voleva continuare così; aveva rovinato tutto. Ogni momento divertente, ogni momento felice.
 
Perfino in quel momento non sapeva se il groppo che aveva in gola era dovuto alla tristezza o al freddo che la magia gli aveva scagliato contro, penetrando ancor di più nella sua pelle. “Draco, mi dispi-”
 
“Non è niente che un paio di coperte e un bel focolare non possano curare; ci si può sempre sbarazzare del freddo.”
 
“Mi-”
 
“E poi non mi dispiace se sei un po’ freddo; è rinfrescante.”
 
“Perché non mi permetti di scusarmi?”
 
La sua voce continuò ad essere un lieve sussurro. “Perché non so per cosa ti stai scusando. Sei dispiaciuto perché mi hai mentito, o per il peggioramento della tua malattia?”
 
Harry non dovette dare la risposta che entrambi sapevano.
 
“Esatto. E poi, non hai niente di cui scusarti. Sei tu ad essere malato.”
 
“Non mi sto nascondendo dietro le mie scuse,” Ribatté Harry. “È solo che non posso giocare la carta della morte ogni volta che voglio.”
 
“Certo che puoi. È per questo che esiste. Sei malato, e hai la carta a tua completa disposizione. Come possono giocarla gli altri, quando sei tu a possederne i diritti? Se cerchi ‘dolore’ sul dizionario non c’è nessuna definizione. Solo la tua faccia.”
 
“Non è che la cosa mi faccia sentire meglio.”
 
“Corpo tuo; decisione tua.” Sembrava che dire quella frase avesse inflitto a Draco dolore fisico. Sentì il suo cuore sprofondare; era come se ogni conversazione che affrontava facesse arrabbiare o intristire qualcuno. Il freddo artigliò i muscoli di Harry fino ad arrivare alle ossa; era ghiacciato.
 
La mano di Draco si mosse sulla sua schiena, premendo contro la sua pelle. Canticchiò di nuovo, e cambiò bruscamente discorso. “Riesci a immaginare gli altri che cercano di riscaldarti?” Chiese, il divertimento apparve nella sua voce come per magia. “Riesci a immaginare Theo che cerca di darti un po’ di calore corporeo?” E, nonostante il suo pessimo umore, un sorriso riuscì a farsi strada sulle labbra di Harry. “A che punto credi che sarebbe arrivato prima di battere in ritirata? A toccati le braccia? Il bacino?” Harry poteva facilmente immaginare Theo che si allontanava dalla poltrona con la faccia arrossata, fuggendo verso le scale. Non avrebbe detto nulla; il suo imbarazzo avrebbe assunto una forma corporea. “A stringerti la mano?”
 
La mano libera di Draco frugò tra le lenzuola per trovare quella di Harry. Il suo pollice iniziò ad accarezzarlo ipnoticamente.
 
E per chissà quale ragione, Harry non sentiva più così freddo.
 
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“Harry vi ha nascosto delle informazioni.” Le parole lasciarono la bocca di Draco ancora prima che la Tirocinante Harris chiudesse la porta dell’ufficio. Non aveva il lusso di aspettare il momento giusto; avevano portato Harry nella sua stanza, quindi la tortura stava per iniziare. Doveva ritornare da lui. “È peggiorato; usare la magia su di lui potrebbe provocare una reazione. Le… suggerisco di dirlo agli altri Guaritori prima che lo uccidano.” La ragazza lasciò di nuovo la stanza.
 
Draco sospirò, raggiunse la sedia e ci si lasciò cadere. Era stanco, ma non era niente in confronto alla spossatezza di Harry. Non gli importava più dei suoi voti, quindi aveva uno stress in meno nella sua mente esausta. Ma le sue escursioni notturne iniziavano a farsi sentire. E Harry. C’era sempre la paura per Harry.
 
 
C’erano così tante cose da fare, e un tempo così limitato per farle.
 
“Sai, questo il genere di cose che dovresti dire appena arrivi.” Draco si raddrizzò, fingendo che non avesse avuto un tuffo al cuore per le sue parole. “Non preoccuparti, sta bene. Si stava ancora cambiando.” Lei, invece, non sembrava stare bene. Aveva delle leggere borse sotto gli occhi.
 
Raggiunse la scrivania e si sedette, come se avessero tutto il tempo del mondo. Alzò perfino un dito per impedire a Draco di parlare, mentre frugava in un cassetto per perdere ancora più tempo. “Prendi un po’ di cioccolata.” Draco la fissò per un momento, prima di allungare una mano e prendere la barretta. Non la mangiò. Non pensava che fosse il momento giusto per la cioccolata. “Be’, come stai?”
 
“Lo ripeterò di nuovo perché sembra che tu non mi abbia sentito bene: la magia di Harry sta diventando sempre più difficile da controllare. Se usaste la magia nei suoi paraggi, esploderebbe. Ha iniziato ad attaccare senza inneschi; l’altro giorno reagiva alle sue emozioni. Se era felice, la sua temperatura era normale. Se era triste, era ghiacciato. È una bomba ad orologeria.”
 
“Lo sappiamo.” Non sembrò molto turbata dalla sua occhiataccia. “Anche se ci mente, usiamo gli incantesimi di diagnostica quando arriva. Era piuttosto evidente visto che all’inizio aveva pochi problemi, mentre la settimana scorsa si sono presentate una serie di… intricate complicazioni, se così si può dire. Siamo allenati a notare i cambiamenti.” Non sembrava esserne contenta.
 
“Come farete a eseguire la diagnostica oggi?”
 
“Lo faremo tramite esami babbani o l’uso di pozioni generiche. È tutto quello che possiamo fare al momento; e, ovviamente, la macchina ce lo dirà. Ecco per ché sei qui; ci dirà dov’è concentrata la magia in questo momento. Ma, passiamo a cose più importanti… come stai?”
 
“Sto bene. Allora qual è il prossimo-?”
 
“Malfoy, perché non mi rispondi seriamente per una volta?” La Tirocinante Kelly lo interruppe mentre cercava un’altra barretta di cioccolato da mangiare. “Come va?”
 
Fu davvero uno sforzo non urlarle contro. Ma non capiva che Harry era rimasto da solo? Che quelle domande inutili gli stavano facendo perdere del tempo prezioso? “Alla luce dei recenti avvenimenti non importa come sto.” Era uno smacco all’ego di qualunque Malfoy, ma era comunque la verità.
 
Ma la tirocinante ridacchiò, scettica. “Certo che importa. Tu importi a lui.”
 
“Ti consiglio di non consolarmi.” La avvertì Draco, fissando la porta. Da quanto tempo era lì dentro? “Non gioverà a nessuno di tutti e due.”
 
“Oggi il mio lavoro è prendermi cura di te.” Finalmente Draco si voltò a guardarla; il suo tono era forzato, con una leggera vena di frustrazione. Non pensava che l’irritazione fosse diretta a lui; nessuno dei due voleva essere in quella stanza. “Sei importante quanto Potter.” E nessuno dei due le credeva. “Anche tu hai l’aria stanca. Può essere faticoso prendersi cura-”
 
“Faticoso non è una parola che associo a Harry,” Rispose piano Draco, lanciando un’occhiata veloce all’orologio. A quel punto dovevano averlo messo a letto dopo avergli fatto le domande di routine. C’era ancora tempo. “E l’unica ragione per cui ti sto chiedendo di non usarla mai più è perché Harry sembra tollerarti. Io non lo farò.”
 
“In ogni caso, un paio di minuti di pausa faranno bene a entrambi.”
 
“Non è una decisione che spetta a te. Disse Draco con lentezza, accomodandosi sullo schienale della sedia. “E posso assicurarti, per la cronaca, che ne dubito fortemente. Se è per questo che mi hai trascinato in questa stanza, stai sprecando il tuo tempo.”
 
“Assecondami.” La Guaritrice Harris raccolse un’altra barretta di cioccolato, offrendola a Draco. La accettò, ma si limitò a posarla sulle sue gambe. “A volte fa bene trascorrere del tempo senza stress e preoccupazioni per la testa. Quindi puoi smettere di fissarle l’orologio perché trascorrerete dieci minuti l’uno lontano dall’altro.” Draco distolse immediatamente lo sguardo dall’orologio, ma ormai era già stato scoperto.
 
“Non può farcela da solo.”
 
“Ha a disposizione i migliori Guaritori dell’ospedale.”
 
“Non gli importa di loro; non sono me, e nemmeno te. Sei l’unica con cui sembra essere a suo agio, anche se sei solo una tirocinante. Lo status non significa niente per lui.”
 
“Sono solo dieci minuti.”
 
“Di stress per entrambi.” Mormorò Draco, guardandola stringere la presa sul cioccolato. Sapeva anche lei che aveva ragione. Harry aveva bisogno di tutto il conforto che poteva avere in quel momento, e loro se ne stavano chiusi in quella stanza. Come poteva mai essergli d’aiuto una cosa del genere?
 
“Sai,” Rispose sussurrando allo stesso modo, mentre prendeva un altro pezzo di cioccolata. Non lo offrì a Draco; lo lanciò sulla sua spalla. Percepiva un pizzico di irritazione dentro di lei. “questa situazione dovrebbe darti il tempo di rilassarti e pensare un po’ a te stesso, ma tutto quello che hai fatto è stato parlare di Potter. Andiamo, cosa piace fare a te? Fammi un riassunto della tua giornata. Parla di cose frivole se è quello che vuoi fare.”
 
Draco raccolse la terza barretta dal pavimento e ritornò alla posizione di prima. Quella donna non gli era mai piaciuta particolarmente, e adesso stava oltrepassando di nuovo il limite. Si era distesa sullo schienale della sedia, e stava girando su sé stessa. Tzé.
 
Draco controllò di nuovo l’orologio; ormai il trattamento doveva essere iniziato. Erano sempre abbastanza puntuali lì dentro. “Mi sveglio con le braccia e le gambe intrecciate a quelle di Harry.” Disse con un filo di voce. La guaritrice lo guardò come se non si fosse aspettata una risposta. Peccato. Aveva sperato che lo shock la facesse cadere dalla sedia. “Restiamo a letto il più a lungo possibile prima di andare a colazione, insieme, e frequentiamo le lezioni, insieme. In classe abbiamo spostato Harry in un angolo e l’abbiamo circondato in modo che nessun incantesimo vagante possa colpirlo. Cerchiamo di riportarlo nella Sala Comune Serpeverde il prima possibile, perché lì siamo sicuri che nessun incantesimo viene lanciato nelle sue vicinanze. Passo i miei pomeriggi e le mie sere con lui, e poi andiamo a letto insieme. L’unico lasso di tempo in cui non sono con Harry è quando sgattaiolo via dal letto per andare in biblioteca, dove cerco miracolose, inutili e impossibili cure. Contenta? Parlo di Harry perché la mia giornata è Harry.”
 
Draco alzò la guardia quando la tirocinante si raddrizzò; le aveva dato una miriade di informazioni che potevano essere usate contro di lui. La sua possessività, la mancanza di indipendenza, l’ammissione della loro relazione. Aveva carta bianca. Eppure, decise di chiedergli-
 
“Perché dorme a Serpeverde?” Per lei, era quella la parte più sconcertante. “È un Grifondoro, non è vero?”
 
“L’hanno cacciato via.” La osservò alzare le sopracciglia e fece un cenno di approvazione. “A loro non piaceva il fatto che li stesse evitando. Lo faceva perché non voleva ferirli con la notizia della sua imminente dipartita. Curioso, vero? È lui ad essere malato, eppure era più preoccupato di come si sarebbero sentiti gli altri. Tuttavia, la sua solitudine la spinto verso di me, il che gli è valso l’appellativo di ‘traditore’; come si permette di frequentare quei Mangiamorte e altra feccia come loro? È per questo che si è trasferito a Serpeverde.”
 
“Quindi non aveva nessun altro posto dove andare?”
 
“Oppure ha trovato un posto in cui può essere sé stesso.” Disse Draco, al posto di sbottare, ma stava quasi per farlo. “Tutta la Casa sa che è malato, eppure nessuno l’ha spifferato ai giornali.”
 
“Stai parlando davvero tanto, Malfoy. Tuttavia, non hai detto una parola su di te.” Accidenti a lei. “Continui a sviare la conversazione si Potter.”
 
“E allora?” Qualcuno bussò alla porta. “Be’, è stata una conversazione affascinante.” Draco si alzò, ignorando il cipiglio della Tirocinante Harris. Sapeva un Guaritore era venuto a prenderlo perché il prezioso salvatore del mondo magico non riusciva a stare solo.
 
Una testa sbucò da dietro la porta. “Mi dispiace interrompervi, ma il Signor Malfoy è richiesto nella sala principale.”
 
A volte essere così perspicace era assolutamente noioso.
 
Draco sorpassò il Guaritore senza degnarlo di uno sguardo e si diresse in fondo al corridoio, nella stanza che gli avevano indicato. Era stata una completa perdita di tempo, senza alcun risultato. L’unica ricompensa era stata una manciata di cioccolato. Salazar, avrebbe fatto un bel discorsetto alla guaritrice Brown. Sapeva che era il protocollo prendersi cura dei tutori, dei badanti o dei partner di pazienti gravemente malati; se non riuscivano a prendersi cura di loro stessi, come avrebbero fatto a prendersi cura di qualcuno di così fragile?
 
Ma era ridicolo; chiedere a Draco come stava?
 
Spalancò la porta con violenza, puntando lo sguardo sul letto.
 
Harry era accasciato sul letto; i suoi piedi e le sue mani erano stretti alle lenzuola, come se fossero la sua ancora. Aveva il volto contratto e i denti stretti. Eppure, in qualche modo riuscì a sforzarsi di sorridere per l’arrivo di Draco.
 
“Hanno cercato di sottopormi a una seduta terapeutica improvvisata.” Spiegò Draco, avvicinandosi al letto. “Quindi ho iniziato a parlare di te.  Ho detto che dormi con la bocca aperta e che mi sbavi addosso.”
 
“È successo… solo… una vota.” Era incredibile come riuscisse a sembrare esasperato anche sotto tortura. “Smettila… di… rinfacciarmelo.”
 
“Hai rovinato la mia maglietta preferita: non smetterò mai di ricordartelo. Ecco, ho rubato un po’ di cioccolato per te.”
 
Quello che provava Draco era insignificante in confronto all’agonia di Harry.
 
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“Granger.” Ormai, era diventata un’abitudine riconoscere la sua esistenza in quel tipo di situazioni. Non avrebbe voluto, ma se non avesse nemmeno borbottato il suo nome quando arrivava avrebbe dovuto sorbirsi una serie di occhiatacce ed espressioni arrabbiate. Dirlo gli assicurava calma e isolamento; ne valeva la pena.
 
“Malfoy.” Maledetto Salazar Serpeverde! Perché gli rispondeva?
 
Draco prese posto alla sua sedia e tirò fuori i volumi che stava studiando quella settimana. Solo dopo averli piazzati sul tavolo e aver preso la pergamena per gli appunti si degnò di rivolgerle uno sguardo di disapprovazione. Lo stava attendendo con pazienza, anche se un po’ freddamente. Oh, fantastico. Aveva poggiato la piuma sul tavolo. Voleva parlare.
 
Avrebbe dovuto optare per le occhiatacce.
 
“Ti decidi a parlare, o ti diverti a sprecare il mio tempo?” Ringhiò, tornando al suo libro. Se voleva sprecare tempo, era una sua decisione, lui non poteva permettersi quel lusso.
 
La ragazza non ribatté come faceva di solito. Anzi, si sforzò di mantenere un tono pacato. Aveva capito che trovava divertenti i suoi insulti, e quindi aveva smesso. Che volpe.
 
“Qui ho un libro sul controllo della magia; pensi di potergli dare un’occhiata mentre faccio ricerche su questi altri?” Ah. Ora sì che i conti tornavano.
 
Granger pensava che avrebbe trovato sicuramente una cura miracolosa; era così presuntuosa da credere che fosse possibile per una strega senza nessuna conoscenza medica, e soprattutto magica, tirare fuori dal nulla una cura per una malattia così incredibilmente orribile e rara. Cercava nei libri di medicina.
 
Draco non era d’accordo. Si rifiutava di toccare quei libri inadeguati. Soprattutto perché l’aveva già fatto appena aveva scoperto la malattia di Harry. Erano inutili. Quando menzionavano la Succorbentis, se lo facevano, era solo per accrescere il timore che incuteva. No, Draco leggeva libri sulla magia.
 
Soprattutto su come sbarazzarsene.
 
Alla fine della settimana inviavano le loro teorie alla Tirocinante Harris, e lei inviava a loro altri libri. Non erano ancora riusciti a trovare niente.
 
“Non riesce più a controllarla.” Rispose lentamente, sfogliando la pagina come se avesse letto quella precedente. “Ritenta.”
 
“Pensavo solo che se avesse più controllo su-”
 
“E mentre testiamo la tua meravigliosa idea si farà esplodere un braccio. Forse sarà la volta della sua testa. Non so proprio come faremo a riattaccargliela.” Si voltò verso di lei per rivolgerle un’occhiataccia. “Ripeto; ritenta.”
 
La ragazza strinse i denti, ma non si arrese andandosene come una furia come aveva fatto le settimane precedenti. Evitava sia di attaccarlo che di insultarlo. Granger stava imparando.
 
Al contrario, raccolse la piuma e tornò silenziosamente a leggere il libro davanti a lei. “Era solo un’idea.” Disse piano, “Migliore di sbarazzarsi completamente della sua magia. Più plausibile.” O forse no.
 
“Per te.” Draco sfogliò un’altra pagina, rifiutandosi di degnarla di uno sguardo. Forse stavano usando toni pacati, ma era comunque una battaglia in piena regola. Che Granger non stava vincendo.
 
“Harry non vorrebbe vivere una vita senza magia.”
 
“Harry non vuole neanche morire.”
 
“E tu cosa vuoi, Malfoy?” Draco la fissò. Non si era aspettato quella domanda, soprattutto chiesta con quel tono. Granger stava scrivendo un appunto, all’ apparenza, e non sembrava notare il suo sguardo. Che doti recitative. “So che siete amici-”
 
Che cosa si aspettava? Una confessione? Che si mettesse a urlare e a battere le mani contro il petto?
 
“Voglio più tempo.” Perché le stava rispondendo?
 
“E allora perché lo stai sprecando qui?” Stava entrando in un territorio pericoloso, adesso. “Se vuoi più tempo con Harry… non dovresti passarlo con Harry?”
 
“Se riuscissi a prolungargli la vita, non sarebbe tempo sprecato.” Perché le stava ancora parlando?
 
“Prima o poi noterà che sei scomparso.”
 
Draco alzò le sopracciglia e inclinò la testa da un lato. Finalmente qualcosa da usare a suo vantaggio. “Sono le tre del mattino, Granger.” Disse con lentezza, per dare effetto alla frase. “A meno che non si sia accampato sotto al mio letto… dubito che l’abbia scoperto.” Almeno lei ebbe la decenza di arrossire e tornare alle ricerche. Tzé, non aveva bisogno di sapere che probabilmente Harry era accovacciato sul suo letto con la mappa sulle gambe.
 
“Ho un’altra domanda.” Cosa aveva fatto per meritarselo? Draco sbuffò prima di ricordarsi che era Granger con cui stava parlando, e non poteva mostrare troppe emozioni. Aveva bisogno di rimettersi la maschera. Dio, cosa gli aveva fatto Harry per rendergli difficile il controllo delle emozioni? Zia Bellatrix si sarebbe rivoltata nella… tzé, non ne sarebbe stata contenta.
 
“Che vuoi?” Dannazione. Sembrava più un lamento che una domanda.
 
“Ti dispiacerebbe se qualcun altro si unisse a noi?”
 
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