Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    21/07/2018    6 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 11

Allies from the Storm                                                                                                            

 


Brienne

 

Il carretto procedeva a scossoni e non esisteva buca su quella strada accidentata che le ruote non prendessero in pieno. Il cavallo baio era lento e vecchio e aveva bisogno di riposo ogni mezz’ora. Non vi era posto sui sedili del guidatore e Vyktor le aveva detto di mettersi dietro, tra le casse di merci. Brienne aveva subito accettato, ben felice di avere una scusa per non parlare con l’antipatico maestro.

Le prime miglia furono percorse nel più totale silenzio e Brienne ebbe modo di ammirare il panorama. Nonostante la necessità di rimanere nell’ombra, Vyktor aveva insistito nello scegliere la Strada delle Rose che da Vecchia Città li avrebbe portati dritti ad Alto Giardino. Da lì avrebbero testato la sicurezza della Strada del Re, assicurandosi in ogni caso di evitare di arrivare troppo vicini ad Approdo del Re. Brienne sapeva dell’esercito Lannister che marciava su Alto Giardino, ma confidava sul fatto che si trovasse ancora lontano. La preoccupava maggiormante l’incalzante esercito Tyrell che avrebbe potuto lasciare da un momento all’altro Vecchia Città.

Via via che si allontanavano dal mare il clima si irrigidiva e gli alberi apparivano sempre più spogli. Sulle colline il vento gelido mozzava il fiato. Brienne non aveva mai visto le terre dell’Altopiano ridotte in un tale stato di miseria. Da ragazza suo padre l’aveva portata con sé in viaggio, forse sperando di riuscire a prometterla all’erede di lord Tyrell. E così Brienne aveva visto i campi coltivati che si estendevano fino a perdita d’occhio e le pianure di girasoli e frutteti. C’era sempre il sole e niente sembrava poter turbare quella quiete perfetta. Ora invece i rami degli alberi parevano artigli ed il terreno era sterile e grigio.

Dopo due ore abbondanti Vyktor dovette annoiarsi della situazione e decise che Brienne doveva assolutamente conoscere tutta la storia della sua esistenza. Era evidentemente un uomo vanitoso ed egocentrico che amava pavoneggiarsi narrando in maniera pomposa e, secondo Brienne, distorta i fatti salienti della sua vita.

“E sapessi quando giunse la notizia!” stava esclamando con voce tragica voltandosi di tanto in tanto “Il povero Lucas ucciso in quel modo a un matrimonio. Roba da pazzi! Lord Tytos rimase chiuso nelle sue stanze per una settimana. Non voleva vedere nessuno, eccetto me ovviamente, e passava il tempo alla finestra. Suo figlio ucciso a un matrimonio! Nessuno poteva crederci. Voglio dire, se davvero volevano uccidere quel ragazzo-lupo, non potevano scegliere un altro momento? Era un matrimonio, per gli déi!”

Brienne sorrise freddamente. Era evidente che Vyktor non avesse davvero idea di cosa esattamente fosse successo alle Nozze Rosse e lei si chiese come avesse potuto un uomo rivoltante come lui diventare maestro. Probabilmente è un adulatore, si convinse infine.

Dopo un’altra ora di chiacchiere ininterrotte a Vyktor finalmente mancò il fiato e si fermarono sulla riva di un ruscello non segnato sulle mappe. Il maestro si appisolò subito e toccò a Brienne condurre il povero cavallo sfinito all’ombra di un salice che cresceva lì vicino. La bestia iniziò a brucare e Brienne la lasciò libera. Poi si sedette appoggiando la schiena alla ruvida corteccia.

Quanto sarebbe durato il viaggio? Cosa avrebbe trovato a Grande Inverno una volta tornata? Sansa stava bene? Brienne si augurava con tutto il cuore di sì, ma non riusciva a scacciare l’opprimente senso di angoscia che l’assaliva ogni volta che pensava a lei. E Davos? si chiese stupendosi nello scoprirsi preoccupata per lui Cosa gli sarà successo? Per quel tempo se tutto era filato liscio Jon Snow sarebbe dovuto essere alla Roccia del Drago già da un paio di giorni. E io sto qui a fare il giro lungo, si disse Brienne frustrata. E pensare che l’altra nave di Daenerys andava a Porto Bianco! Se avessi preso quella sarei arrivata in un attimo… Sapeva che non era il caso di piangersi addosso, ma quasi non riusciva a credere a tanta sfortuna.

Vyktor stava russando ormai da troppo tempo e Brienne decise di svegliarlo: non potevano perdere tempo. Quando si apprestò a scuoterlo la terra tremò e l’aria fu pervasa da urla provenienti dalla cima dell’ultima collina che avevano appena superato durante il viaggio. Brienne si voltò di scatto e vide la polvere sollevarsi là dove gli zoccoli di centinaia di cavalli colpivano terra.

I cavalieri portavano le effigi della rosa Tyrell, ma la maggior parte di loro faceva senza dubbio parte dei khalasar dei Dothraki. Brienne aveva letto un libro riguardo alle tradizioni dei signori dei cavalli e sapeva come riconoscerli: la pelle scura e le lunghe trecce abbellite con campanelle erano le loro principali caratteristice distintive. L’esercito di Daenerys! pensò Brienne troppo stupita per poter reagire.

Evidentemente le pause che Vyktor aveva imposto erano durate troppo ed erano stati raggiunti. Abbandonando ogni delicatezza, Brienne iniziò a scuotere il maestro con forza finché non aprì gli occhi.

“Si può sapere cosa…?”

“L’esercito è arrivato” lo interruppe subito Brienne, “dobbiamo nasconderci e lasciarli passare.”

Vyktor sgranò gli occhi e si tirò in piedi. Corsero al cavallo e cercarono di guidarlo velocemente verso il boschetto che cresceva poco lontano, ma la bestia inciampava continuamente.

“FERMATEVI.”

Brienne chiuse gli occhi maledicendo ancora una volta la regina dei draghi per non averle lasciato la spada. Quando si girò poté tuttavia constatare che non le sarebbe servita in ogni caso. Erano fronteggiati da non meno di venti soldati armati tra cui anche un paio di Dothraki. Brienne si sforzò di tenere la testa bassa, ma sapeva sarebbe stato tutto inutile.

“Cosa volete?” chiese Vyktor ad alta voce “Io sono un maestro della Cittadella e sto tornando a Raventree. Lord Blackwood non apprezzerà ritardi non giustificati.”

Almeno è abbastanza convincente.

“E lui chi è?” chiese un soldato accennando a Brienne.

“E’ una donna, deficiente” lo interruppe un altro. “E’ possibile che sia…?”

“Cosa sta succedendo?” chiese un ragazzo appena arrivato. Il gruppo di soldati si aprì a ventaglio per farlo passare. Brienne lo riconobbe subito: era il più giovane degli Hightower, il comandante della guarnigione Tyrell di Daenerys. Il ragazzo le venne davanti e Brienne incontrò il suo sguardo. Seppe subito che era stata riconosciuta.

“Lady Brienne” disse infatti il giovane con voce calma, “ti prego di seguirmi.” Poi si rivolse a Vyktor che osservava la scena in silenzio. “Siamo spiacenti per il disagio, maestro” si scusò, “sei libero di proseguire.”

Vyktor guardò Brienne incerto, ma non si fece ripetere l’offerta una seconda volta e si allontanò con il suo cavallo baio. Brienne sapeva che in caso di bisogno quel vigliacco non avrebbe mai preso le sue difese, ma in quel momento fu come se insieme a Vyktor e al suo cavallo se ne fosse andata anche l’unica possibilità di ritorno al Nord. Si impose di concentrarsi sul presente.

Il giovane Hightower era cordiale e la stava guidando verso quello che sembrava un accampamento in costruzione. I soldati stavano montando le tende e molti trasportavano legna ed utensili. In alcuni punti si sollevava il fumo bruno di un fuoco. Brienne non si era accorta che era ormai il tramonto. Fantastico, pensò amareggiata. Hanno deciso di accamparsi esattamente nello stesso posto dove ci eravamo fermati noi. D’altronde non poteva biasimarli: con il ruscello di acqua e il terreno soffice quel luogo era perfetto. Ed era anche vicino alla strada, un po’ troppo forse.

“Da questa parte” la invitò il giovane indicandole una tenda più grande delle altre e facendola entrare per prima. Dentro Brienne dovette attendere che gli occhi si fossero abituati alla penombra prima di poter distinguere le figure che la stavano fissando. Nella tenda era presente solo un lungo tavolo scuro con una manciata di sedie tutte intorno e sul quale era posata una candela quasi del tutto consumata.

“Diamine, Nymeria!” gracchiò la voce inconfondibile di Olenna Tyrell “Ti avevo detto di accendere altre candele, tra poco non si vedrà niente.”

Nymeria Sand, intenta ad contemplare la propria frusta, fece finta di non aver sentito. Olenna sbuffò e si rivolse all’accompagnatore di Brienne. “Garth, sii gentile” lo pregò ora con voce più dolce, “rimediaci delle candele. Ah, e visto che ci sei dovresti dire a Rakandro di mettere delle sentinelle ai confini.” Garth Hightower si inchinò e uscì.

Olenna sorrise a Brienne. “Bene” disse, “e ora veniamo a noi, ragazza. Come sei arrivata fin qui?”

“Io scommetto che ha rubato una nave” disse secca Nymeria.

“E allora per fortuna che non l’ho chiesto a te” ribatté Olenna acida.

“Sono salita sulla vostra nave” rispose Brienne ritenendo inutile inventare un’altra storia, “e mi sono nascosta.”

Olenna annuì incoraggiante. “Ed è possibile sapere perché?”

Brienne decise di dire la verità: arrivata a quel punto cosa sarebbe potuto cambiare? “Devo tornare nel Nord” disse con voce atona, “ho un incarico importante.”

Olenna sollevò le sopracciglia. “Capisco” disse solamente. Per qualche secondo ci fu solo silenzio.

“Sei stata tu ad uccidere Renly Baratheon?” chiese poi a bruciapelo la Regina di Spine.

Brienne fu sorpresa da quella domanda. “No” rispose decisa, “è stato un demone evocato dalla strega rossa di Stannis.” Nymeria si lasciò scappare un risolino irrisorio, ma Olenna la fulminò con lo sguardo.

“Non sono riuscita a salvare Renly” continuò Brienne, “ma l’ho vendicato: ho ucciso Stannis con le mie stesse mani.”

Olenna sembrò sorpresa. “Non mi era mai piaciuto Stannis” disse la vecchia con una smorfia, “troppo serio: non ci si può fidare di chi non prova emozioni.” Brienne ripensò al momento in cui l’aveva condannato a morte. Il volto di Stannis era una maschera di dolore e nei suoi occhi lei aveva visto il desiderio di morte. Forse non era poi così vero che non provasse emozioni.

Olenna sospirò profondamente. “Mia nipote si fidava di te” disse e per la prima volta la sua voce si incrinò, “diceva che eri una grande donna.”

Brienne strinse le labbra a disagio. “Margaery è stata molto comprensiva” disse abbassando la voce. “Sono triste per la tua perdita.” Olenna annuì. Calò nuovamente il silenzio.

“Sai” disse infine Olenna, “credo ti lascerò andare.”

La frusta sferzò l’aria con un rumore secco. “Non puoi” intervenne Nym che si era alzata in piedi esterrefatta, “è una prigioniera della regina!”

Era” la corresse Olenna, “ma a me sembra che sia riuscita a scappare e sfortunatamente nessuno è riuscito a trovarla.”

Nymeria Sand era rossa di rabbia. “Manderò una lettera alla regina” minacciò, “questo è tradimento. Brienne deve essere tenuta in custodia finché non saremo tornati alla Roccia del Drago.”

“E quando credi ci torneremo?” le chiese ironica Olenna “Apri gli occhi, bambina: siamo in guerra, due delle maggiori casate dell’Altopiano sono contro di noi e stiamo andando a combattere un esercito Lannister. Se anche vincessimo credi forse che ci sarà un dolce viaggio di ritorno in barca? Quali che saranno gli ordini di Daenerys noi marceremo su Approdo del Re e la assedieremo.”

“Intendi tradire la regina?!” esclamò Nymeria esterrefatta.

“Certo che no” rispose Olenna, “quando la città sarà presa potrà sedersi su quel dannato Trono che tanto desidera: io mi accontento di molto meno.”

Nym cominciava a capire. “Vendetta” sussurrò sorridendo maliziosa.

“Contro la donna che ha ucciso la mia famiglia” assentì Olenna, “e che ha fatto trucidare tuo padre.” Nymeria ora pendeva completamente dalle sue labbra e Brienne dovette ammirare le doti oratorie della Regina di Spine.

“Daenerys non conosce Cersei” stava proseguendo Olenna, “non sa fino in fondo quello che ha fatto e non le darebbe una morte abbastanza dolorosa. Noi invece potremo finalmente fare giustizia. Ma per far questo non possiamo portarci dietro una prigioniera che Daenerys rivuole indietro, altrimenti continuerà a tenerci d’occhio e non ci permetterà di agire.”

Nymeria era completamente d’accordo. “Ma gli altri?” chiese dubbiosa “Se non vogliono seguire questo piano?”

“Con Baelor e Garth ci parlo io” replicò Olenna, “in fin dei conti vorranno vendetta per i loro nipoti, mentre a Rakandro ci penserai tu.”

Nymeria annuì divertita. “Nessun problema” disse ridacchiando. Brienne giunse alla conclusione che Nymeria doveva essere una persona molto volubile e particolarmente ingenua.

Olenna le sorrise. “Dunque, Brienne” disse, “sei libera di andare dove desideri, ma mi sento di consigliarti di proseguire con la colonna del mio esercito. Eviterai incontri spiacevoli e viaggerai più in fretta. Una volta giunti ad Alto Giardino noi ci fermeremo per preparare le difese e tu potrai proseguire, ovviamente tenendoti lontana dalla Strada del Re. Ah, e ti farò anche forgiare una spada nuova, da quello che vedo la tua è rimasta nelle mani di Daenerys.”

“Ti ringrazio” disse Brienne chinando appena il capo, “e accetto volentieri la tua offerta.”

“Bene!” esclamò Olenna “E ora vieni che ti indico la tua tenda…” Fecero per uscire e quasi si scontrarono con Garth che rientrava carico di candele.

“Eccole, lady Olenna” ansimò il ragazzo, “sono tutte quelle che ho trovato.”

“Grazie, giovanotto” disse Olenna divertita, “ma temo ora non servano più. Vai dal fabbro e ordina che forgi una spada di ottimo acciaio. Poi chiama tuo fratello e aspettatemi nella vostra tenda: devo parlarvi.” Detto questo, Olenna superò l’esterrefatto Garth con ancora tra le mani le sue candele e Brienne la seguì.

Olenna la condusse a una tenda isolata dove avrebbe potuto riposare senza essere disturbata. Brienne la ringraziò nuovamente e si ritirò. Distesa supina nella crescente oscurità, si chiese se davvero potesse fidarsi di Olenna. Poi si ricordò le storie che aveva udito riguardo a come Cersei avesse effettivamente fatto uccidere Mace Tyrell ed i suoi figli. Bruciati vivi dall’Altofuoco, pensò rabbrividendo. Il desiderio di vendetta di quella donna deve essere genuino.

Involontariamente le tornò in testa la confessione che Jaime le aveva fatto in quel bagno saturo di vapori. Cersei sta diventando simile al Re Folle, si disse. Forse l’idea di Daenerys sul Trono di Spade non è poi così malvagia. Con quel pensiero che ancora le ronzava in mente Brienne si addormentò.

Fu svegliata la mattina seguente dagli squilli di tromba dei soldati che andavano schierandosi e indossò l’armatura rapidamente. Uscita dalla tenda, le venne incontro Nymeria. La ragazza aveva abbandonato l’aria scostante del giorno prima ed era solare e sorridente. Aveva i lunghi capelli castani sciolti in morbide onde sulla schiena e indossava un corpetto rinforzato in metallo. Le gambe tuttavia erano coperte da frusciante tessuto color indaco. Conduceva per le briglie un cavallo pezzato già sellato e aveva legata alla cintura una spada dall’elsa priva di ornamenti.

“Lady Olenna ti manda questi doni” disse Nymeria consegnandole le briglie e la spada, “spera che tu non abbia cambiato idea riguardo alla decisione di marciare con noi. In ogni caso ti avverto: procediamo molto in fretta.” Brienne annuì e saltò agilmente in sella.

Nymeria sorrise e, portandosi le dita alla bocca, fischiò. Dalla boscaglia emerse un secondo cavallo che la ragazza si affrettò subito ad accarezzare prima di salirgli in groppa.

“Adoro i cavalli” confidò a Brienne mentre si avviavano verso la colonna dell’esercito, “da piccola avrei voluto allevarli. Lui è Stalagmite.” Diede un’affettuosa pacca sul collo dell’animale. “E’ un dono di Rakandro. Quando me l’ha dato mi ha detto di non dargli alcun nome perché i Dothraki non danno nomi ai loro cavalli, ma io non ho potuto resistere. Rakandro ha quasi sorriso quando gli ho detto come l’avevo chiamato. Eccolo lì…”

Brienne seguì il dito puntato di Nymeria e vide un guerriero dothraki enorme sedere rigido sul proprio nero destriero. Aveva la pelle d’ebano ed il petto dipindo. La treccia gli arrivava oltre metà schiena.

“Rakandro era figlio di un Khal” raccontò Nym, “ma al momento della successione era ancora troppo giovane. Riuscì a sfuggire alla morte e da allora ha vagato solitario mettendo su un piccolo gruppo di fedeli compagni.” Dal tono della voce di Nymeria, Brienne riconobbe facilmente i sintomi dell’innamoramento. Decise di osare con la domanda che nessuna lady per bene avrebbe mai posto.

“Ma voi siete…?” chiese lasciando intenere il resto.

Nym non sembrò per niente scandalizzata e scoppiò a ridere. “Stiamo insieme” rispose con un sospiro, “e dice che un giorno mi sposerà e mi porterà a vedere il Continente Orientale. Lo sai che mia madre era una nobildonna di Volantis? Ora è morta però…”

Continuarono a chiacchierare per ore senza più far caso al resto dell’esercito che le fissava curioso, né al paesaggio circostante. Brienne si sentiva strana: era questo quello che provavano le ragazze normali quando si confidavano i segreti? Lei non era mai stata una ragazza normale e non aveva mai avuto grandi segreti, ma in quel momento credeva di essere tornata indietro nel tempo.

Era ormai da molto passato mezzogiorno quando la colonna si arrestò bruscamente. Brienne sollevò lo sguardo e rimase spiazzata: davanti ai loro occhi si ergeva, splendido nella sua decadenza, Alto Giardino.

“Perché siamo fermi?” chiese irritata Nymeria.

In quel momento si accostò loro Rakandro. “Nym, tu deve venire” disse con voce profonda, “è urgente.”

Nymeria fece cenno a Brienne di seguirla e insieme furono condotte dal grande guerriero attraverso le fila di soldati immobili. Arrivati vicini al portone, iniziarono ad udire dei lamenti e Nymeria saltò giù di sella. Brienne la imitò e fece per seguirla, ma lei scosse la testa.

“Resta con Stalagmite” le disse seria prima di rompere gli schieramenti insieme a Rakandro, anch’egli a terra adesso. Curiosa, Brienne si fece largo fra i soldati e, curandosi di essere coperta da essi, sfruttò la propria considerevole altezza per sbirciare qualcosa. La scena che le si presentò davanti agli occhi era quasi irreale.

Olenna era in piedi davanti al cancello e insieme a Baelor guardavano qualcosa più in basso. Brienne seguì il loro sguardo e vide Garth accovacciato e scosso da un pianto dirotto. Tra le braccia aveva quello che Brienne capì essere con orrore un cadavere di donna.

Quando sollevò nuovamente il viso, Brienne rimase senza fiato. Il suo cuore accelerò come impazzito e lei scosse la testa incredula. Seduto su una roccia, con le mani appoggiate sulle cosce e il volto addolorato, c’era Jaime Lannister.

 

Tyrion

 

Mentre rientravano nessuno fiatò. Theon continuava a lanciare occhiatine nervose a Jon che dal canto suo aveva un volto imperscrutabile. Tyrion non era rimasto più di tanto sorpreso dalle cattive notizie: aveva sempre pensato che dovevano aspettarsi un attacco di Euron. Ma ora la sua preoccupazione era un’altra.

I mercenari di quel matto erano evidentemente riusciti ad avere la meglio su un esercito organizzato e preparato come la guarnigione di Yara e Benjameen e ciò avrebbe dovuto spingere la regina a non sottovalutare il nemico. E invece Daenerys ancora una volta punta tutto sui propri draghi, pensò Tyrion mentre risalivano lungo il sentiero lastricato.

Non poteva biasimarla per considerare centro della propria strategia una macchina da guerra di quelle proporzioni, ma non era mai saggio in battaglia non avere delle carte di riserva. E poi, dopo l’incidente con Jon che sarebbe potuto potenzialmente finire in tragedia, Tyrion non era più nemmeno tanto certo del potere che Daenerys effettivamente esercitasse sulle sue creature.

Appena varcarono l’alto portone di legno scuro Daenerys si voltò verso Verme Grigio. “Richiama Obara, Varys, Davos e Missandei e portali nella stanza di Aegon” disse, “dobbiamo assolutamente parlare e desidero ci siano tutti.”

“Voglio che il mio scudiero sia presente” intervenne Jon e la regina, seppur sorpresa, annuì. “Benissimo” assentì, “chiama anche il ragazzo.” Verme Grigio si inchinò e scomparve dietro la prima parete.

Daenerys sospirò. “Seguitemi” mormorò prima di incamminarsi verso una rampa di scale. Salirono fino in una torre e Daenerys spalancò la porta di una stanza che Tyrion non aveva mai visto.

Aveva il soffitto piuttosto basso e le pareti spoglie. Una piccola finestra consentiva l’accesso a un balcone e il pavimento era composto da enormi lastre di pietra scura. Ma il vero cuore della stanza era sicuramente il tavolo di legno situato al centro. Tyrion rimase a bocca aperta quando vide che su di esso era intagliata una dettagliatissima cartina di Westeros, con tanto di nomi dei castelli principali e pedine per simboleggiare gli eserciti. Queste ultime erano poste in maniera disordinata e priva di senso e Tyrion intuì che non dovevano essere state spostate dalla partenza di Stannis Baratheon.

“Questo tavolo fu fatto scolpire da Aegon il Conquistatore” spiegò la regina, “perché potesse comprendere al meglio le dinamiche dei Sette Regni e io intendo utilizzarlo nello stesso modo.” Anche Jon era rimasto colpito dal mobile e passava la mano sul legno a rilievo che indicava la Barriera.

“Potete sedervi” li invitò Daenerys, “così aspettiamo gli altri.”

La regina prese posto a capotavola, davanti alle terre di Dorne, e Jon le si sedette di fronte, all’estremo opposto del tavolo dove la cartina sfumava nelle Lande dell’Eterno Inverno di cui non esistevano mappe. Tyrion, quasi senza accorgersi, scelse la sedia davanti a Castel Granito, mentre Theon gli si sedette affianco.

Rimasero a fissarsi negli occhi per qualche minuto saturo di imbarazzo, finché la porta non sbatté permettendo l’ingresso di Verme Grigio, subito seguito dagli altri. Varys chinò il capo davanti a Daenerys e si sedette tra Tyrion e Jon, mentre Missandei ed Obara preferirono il lato opposto del tavolo. Davos e il ragazzo che Tyrion ricordava chiamarsi Gendry trascinarono due sedie al fianco del loro re mentre Verme Grigio rimase in piedi.

Daenerys si schiarì la voce. “Bene” esordì, “penso che tutti voi siate a conoscenza della minaccia che grava su di noi e…”

“Hanno preso Tyene” la interruppe aggressiva Obara, “e anche Ellaria: non dobbiamo avere alcuna pietà.”

“Se è per questo anche Yara e Benjameen sono prigionieri” le fece notare con calma la Madre dei Draghi, “così come tutti i soldati dei loro eserciti, ma non potremo liberarli se neanche possiamo sperare di vincere Euron sul nostro territorio.”

“I numeri ci sono sfavorevoli, vostra grazia” disse Varys accarezzandosi le mani. “Euron può contare come abbiamo potuto appurare su un numero considerevole di mercenari ed Uomini di Ferro, mentre a noi restano poco più di diecimila uomini: 7853 Immacolati, contando anche Verme Grigio, e circa tremila fra Dothraki e dorniani. Considerando poi che i Dothraki non possono combattere su una nave, le nostre forze appaiono davvero scarne.”

“Allora non combatteremo su una nave” suggerì Verme Grigio, “i miei uomini possono costruire torri di guardia tutto intorno all’isola da cui potremo difenderci facilmente senza esporci più del necessario.”

Daenerys annuiva, ma Tyrion la trovava un’idea folle. “Se Euoron ha già lasciato Porto Bianco” disse facendo scorrere lo sguardo sui visi dei suoi ascoltatori, “in capo a cinque giorni, sette se gli déi sono generosi, ci sarà addosso. In cinque giorni le uniche torri che potremmo costruire sono di legno e a quel punto basterà una scintilla per far saltare in aria tutto.” Verme Grigio abbassò il capo, visibilmente pensieroso.

“La scelta più saggia” disse Varys a bassa voce, “sarebbe abbandonare l’isola, ma capisco non sia un’ipotesi da tenere in considerazione.”

Obara e Theon avevano alzato la testa di scatto e Daenerys scosse il capo. “Sarebbe la cosa più saggia da fare” concesse, “ma non abbandonerei mai i miei uomini così vigliaccamente.” Theon ed Obara sembrarono rilassarsi.

“Quindi” chiese Missandei, “cosa faremo?”

“Combatteremo con gli uomini che abbiamo” disse Daenerys, “e vinceremo.”

Jon, fino ad allora rimasto in silenzio, emise un suono indecifrabile. Daenerys si voltò verso di lui e Tyrion vide che era irritata. “Vuoi dire qualcosa?” lo incitò infastidita “Non sei d’accordo?”

Jon posò le mani sul tavolo ed indicò sulla mappa Grande Inverno. “Quando ho combattuto contro Ramsay Bolton” raccontò, “il mio esercito era un terzo il suo, ma speravo in ogni caso in una possibile vittoria. Mi aspettavo un certo tipo di battaglia, ma Ramsay non aveva alcuna intenzione di lasciare decidere a me come impostare lo scontro. Le sue azioni mi hanno sconvolto e avremmo perso se i Cavalieri della Valle non fossero giunti in nostro soccorso. Euron è un uomo pericoloso. Sapeva dove avrebbe potuto trovare la mia nave e sapeva quanti uomini avevo portato con me. Ciò significa che ha spie che lavorano per lui. Scommetto che ha conquistato Porto Bianco con qualche inganno…”

“E’ esatto” intervenne a sorpresa Theon, “ha attaccato dalla collina quando tutti si aspettavano un assalto dal mare ed ha ingannato Yara per far allontanare la sua nave.”

“Ciò che voglio dire” proseguì Jon, “è che i numeri in guerra contano e se siete davvero in svantaggio vi suggerirei di non sottovalutare il vostro avversario.”

Finalmente qualcuno che mi dà ragione, pensò Tyrion sollevato. Decise di cogliere l’occasione per sottolineare la propria opinione. “Sono d’accordo con Jon” proclamò, “non abbiamo abbastanza uomini per questa battaglia.”

Daenerys alzò gli occhi al cielo. “Su questo credo siamo tutti d’accordo” dissa con voce che fremeva di rabbia trattenuta, “ma dato che non possiamo tirarci indietro credo saremo costretti ad affrontare questa battaglia così.”

“Se solo richiamassi…”

“BASTA!” urlò Daenerys battendo le mani sul tavolo e Tyrion ammutolì “I Dothraki e l’esercito Tyrell sono in missione dall’altra parte del Continente e non possono fare nulla. Noi non possiamo fare nulla!” Daenerys sembrava sul punto di una crisi di nervi, Tyrion non l’aveva mai vista così.

“Mia regina” pigolò Missandei, “calmati…”

Daenerys si passò una mano fra i capelli argentei risistemando le trecce. “Perdonatemi” si scusò, “non so cosa mi sia preso.” Tyrion aveva una mezza idea, ma sapeva che era meglio tenersela per sé. Ci furono attimi di silenzio carico di tensione.

“Verme Grigio” disse poi Varys, “credi di poter far costruire le fortificazioni di cui parlavi in pietra? Magari in numero minore, ma almeno così saranno più solide.”

“Certo” rispose l’Immacolato, “farò mettere subito a lavoro i miei uomini.”

“L’ultimo baluardo difensivo sarà il castello” continuò Varys, “ma dobbiamo augurarci di non essere costretti a rinchiuderci qui dentro: sotto assedio su quest’isola si sopravviverebbe neanche una settimana.”

Tyrion fu costretto a dargli mentalmente ragione. La Roccia del Drago era sterile e, non avendo boschi, non permetteva neanche la caccia alla selvaggina. Tutti gli ottimi cibi che stavano gustando in quei giorni arrivavano direttamente dall’Altopiano, su generosa concessione di Olenna Tyrell.

“Non si arriverà a un assedio” disse sicura Daenerys e nessuno ebbe la forza di contraddirla.

Theon teneva gli occhi bassi ed Obara giocherellava con i lacci del corpetto color nocciola che indossava. Entrambi sembravano disinteressati alle decisioni che si stavano prendendo. Davos e Gendry continuavano a scambiare sguardi d’intesa con Jon e Tyrion aveva smesso da una decina di minuti di chiedersi riguardo a cosa avessero tanto da ammiccare. Varys osservava la regina e Missandei scuoteva debolmente la testa ricciuta.

A un certo punto Jon spinse la sedia all’indietro provocando un rumore stridente e fastidioso. “Io e il mio consigliere Davos Seaworth vorremmo proporvi un piano alternativo che potrebbe aiutarci a vincere questa battaglia” iniziò guadagnondosi immediatamente l’attenzione di tutti. “Come potete intuire non potrei mettere al servizio della regina i miei uomini neanche volendo, essendo ormai tagliate le vie di comunicazione con il Nord fino alla sconfitta di Euron, ma forse esiste un’altra soluzione.”

Jon fece una breve pausa e guardò Daenerys negli occhi. “C’è ancora uno dei Sette Regni che non ha dichiarato la propria lealtà” proseguì senza interrompere il contatto visivo, “un regno che aveva seguito un re ormai morto e che ora aspetta solo l’arrivo di un nuovo lord.” Tyrion aveva capito e, a giudicare dalla sua espressione esterrefatta, lo stesso si poteva dire di Daenerys.

“Le Terre della Tempesta” mormorò lei, “mi stai suggerendo di allearmi con i Baratheon? Con i parenti dell’Usurpatore che distrusse la dinastia della mia famiglia?”

Jon scosse la testa. “Non fu Robert Baratheon a causare la fine dei Targaryen” disse con calma, “ma le azioni sconsiderate di tuo padre. In ogni caso la linea pura dei Baratheon si è estinta. Robert e Renly sono morti senza eredi, mentre la figlia di Stannis è rimasta uccisa in guerra insieme al padre.”

“Capo Tempesta attualmente è senza un lord” intervenne Davos, “e ciò ha gettato gli alfieri dei Baratheon nel caos. Alcuni signori sono morti al seguito di Stannis nel tentativo di prendere Grande Inverno ai Bolton, ma la maggior parte non l’aveva seguito alla Barriera.”

“State proponendo” chiese Tyrion incuriosito, “di tentare un’alleanza con Capo Tempesta?” Jon e Davos annuirono.

“I territori che furono dei Baratheon sono i più vicini alla Roccia del Drago” spiegò Jon, “e se dovessimo ottenere il sostegno dei signori del luogo i rinforzi potrebbero arrivare qui in tempo.”

“Ma è una follia!” disse Varys con la fronte aggrottata “Se dovessimo inviare una nave verso Sud sarebbe intercettata dalle spie di Cersei…”

“Non se ci sono io su quella nave” lo interruppe Davos con un ghigno, “quando ero un contrabbandiere ho imparato a sfuggire alla flotta reale: se mi date una nave abbastanza piccola la farò passare inosservata.” Daenerys annuì: si vedeva che il piano la stava convincendo.

Tuttavia Tyrion aveva ancora un dubbio. “Sì, certo, molto bello” disse inarcando le folte sopracciglia, “ma perché dovrebbero questi signori delle Terre della Tempesta appoggiare la causa di Daenerys? Cosa darebbe loro una motivazione per morire per lei? Così come stiamo messi oggi non potremmo neanche assicurare una stabilità politica a questa gente…” Davos e Jon si guardarono ancora una volta.

“E’ qui che ti sbagli Tyrion” disse Jon sorridendo, “forniremo alla gente della Tempesta un’ottima ragione per seguire Daenerys, anzi in un colpo solo risolveremo anche i loro problemi di governo.” Tyrion non capiva.

“Spiegati meglio” disse Daenerys, “non è chiaro cosa tu intenda fare.”

Jon si alzò in piedi e poggiò una mano sulla spalla di Gendry, che abbassò lo sguardo. “E’ lui la chiave di tutto.”

Daenerys socchiuse gli occhi a fessura e Tyrion fu sul punto di scoppiare a ridere. Fortunatamente riuscì a trattenersi.

“E’ uno scherzo?” chiese con sufficienza Obara. Davos la guardò con freddezza.

“Gendry è il figlio naturale di Robert Baratheon” spiegò Jon, “l’unico rimasto in vita e come ultimo erede della casata Baratheon se riconosciuto sarebbe di diritto lord di Capo Tempesta.”

Furono necessari alcuni secondi per metabolizzare la rivelazione e Tyrion finalmente ricordò come mai il nome di Gendry non gli suonasse affatto nuovo: era l’unico figlio bastardo di Robert che si era salvato dallo sterminio voluto da Joffrey. Adesso il piano di Jon e Davos, seppur nella sua follia, acquisiva senso. Tyrion era però convinto che Daenerys non l’avrebbe presa bene.

“Tu vorresti che io legittimizassi il bastardo dell’Usurpatore?” chiese infatti Daenerys a metà fra il disgustato e l’incredulo.

“Sai, lo farei io” disse Jon in tono provocatorio, “ma la mia autorità si limita al Nord.”

Daenerys avvampò di rabbia. “Non lo farò mai” sibilò incrociando le braccia.

“Non eri tu che mi incitavi a mettere da parte l’odio fra casate?” chiese sarcastico Jon “Io l’ho fatto: sono qui a parlare con te per suggerirti un modo per salvare il salvabile nonostante io non sia assolutamente tenuto a farlo. Sarei potuto tornare a Nord, potrei farlo anche ora, e non credere che tre draghi e qualche soldato riescano a fermarmi.” Tyrion rabbrividì: come faceva Jon a essere così fiducioso?

“Se resto è perché voglio aiutarti” stava continuando Jon, “ma sarà tutto inutile se continuerai ad essere così egoista: stai condannando con le tue mani tutti i prigionieri di Euron e di conseguenza anche i cittadini di Porto Bianco che sono sotto la mia protezione.”

Jon ansimava e Daenerys non parlava. Tyrion vide il dubbio ed il rimorso nei suoi occhi e decise di insistere. “Jon ha ragione, Daenerys Nata dalla Tempesta” disse voltandosi verso la regina, “se non accetti il suo consiglio allora ascolta il mio. Se dai al popolo dell’Est un lord in cui credere e che tu stessa hai legittimizzato rendendolo tale, loro ti seguiranno ed il loro esercito farebbe la differenza. Riusciremmo anche a cogliere Euron di sorpresa. E’ il piano migliore che abbiamo.”

Daenerys lo guardò intensamente. Poi, lentamente, annuì. “D’accordo” disse con voce piatta, “legittimizzerò Gendry come Baratheon e seguirò questo piano. Chi lo accompagnerà a Capo Tempesta?”

“Io” disse subito Davos e Daenerys annuì nuovamente.

Spinto da un impulso improvviso Tyrion alzò la mano. “Andrò anch’io” disse attirando su di sé gli occhi di tutti.

“Tu sei il mio consigliere” osservò Daenerys.

“Certo” rispose il Folletto, “ma in battaglia non ti sarò di alcuna utilità. Lascia che svolga il compito che mi riesce meglio: occuparmi di diplomazia e politica.”

“A Mereen non è andata molto bene con nessuna delle due” fece notare Missandei.

“Era una situazione diversa” borbottò Tyrion imbarazzato, “non conoscevo le regole. Ora invece gioco in casa.”

Daenerys annuì per la terza volta. “E sia” disse, “puoi andare, ma sappi che mi aspetto dei risultati ed in fretta.” Tyrion accennò un buffo inchino. “Certo vostra grazia” disse con un sorriso. Jon sembrava compiaciuto e Tyrion gli fece l’occhiolino.

“Dovremo partire al più presto” disse Davos, “anche oggi se possibile.”

“Ma dovremmo preparare le navi…” osservò incerta Missandei.

Davos scosse la testa. “Non c’è tempo per le preparazioni” disse in tono grave, “dovremo accontentarci di quello che abbiamo. Credo che la barca con cui Theon Greyjoy è arrivato sull’isola andrà benissimo.” Tyrion si sentì mancare ripensando a quell’angusta imbarcazione, ma si impose di non mostrare alcun turbamento.

Mi ci sono cacciato da solo in questa situazione.

Daenerys si alzò in piedi. “Andiamo nella sala del trono” disse, “e, Verme Grigio, sii gentile e portami la spada così che io possa portare a termine questa cerimonia.”

I presenti iniziarono ad uscire e Tyrion rimase solo con Jon e Gendry. Il volto del ragazzo non esprimeva alcuna emozione, né positiva né negativa. Un pensiero fulminò la mente di Tyrion. “Dimmi, Gendry” disse avvicinandosi al giovane, “come ci si sente a star per diventare lord di Capo Tempesta?”

Gendry lanciò un’occhiata veloce a Jon. “E’ un onore” disse con voce atona, “un onore che mai avrei pensato di avere.” Una reazione un po’ piatta per un bastardo al quale veniva da un momento all’altro comunicato di essere l’erede della dinastia Baratheon.

Tyrion si voltò verso Jon. “Avevate in mente questo fin dal principio” disse tranquillamente, “e avevate già preparato Gendry per questo ruolo.” Non era una domanda, ma un’affermazione.

Jon non si scompose. “E’ vero” disse con calma. “Gendry mi ha salvato la vita sulla nave ed ha aiutato Davos a liberarsi. Era anche amico di mia sorella Arya.” Jon si fermò e Tyrion vide che era stato sopraffatto dalla commozione.

“Mi fido di lui” continuò Jon, “almeno quanto basta per affidargli un compito così importante come riunire gli alfieri dei Baratheon. Abbiamo parlato molto le scorsi notti insieme anche a Davos ed abbiamo convenuto che questa era la decisione migliore. Gendry si è dimostrato molto disponibile.” Il ragazzo sorrise. Sembrava tranquillo e quasi indifferente.

“Ma perché avevate la necessità di elaborare un piano del genere prima di sapere dell’arrivo di Euron?” chiese Tyrion.

Jon lo guardò negli occhi esitando. Poi dovette decidere di fidarsi. “Dovevamo assicurarci degli alleati a Sud in caso la situazione con Daenerys fosse degenerata” ammise, “dovevamo essere certi di poter contare su qualcuno se lei avesse deciso di intraprendere azioni militari contro il Nord, ma il nostro esercito è troppo lontano e occupato in altre battaglie. Se le cose si fossero messe male, Gendry e Davos sarebbero dovuti partire di nascosto per raggiungere le Terre della Tempesta e io avrei avuto ancora una carta da giocarmi con la regina."

“Era un ottimo piano” disse Tyrion colpito, “davvero, veramente astuto. Ma se questa rappresentava la vostra mossa di emergenza contro Daenerys, come mai adesso le avete confidato i vostri piani per aiutarla?”

Jon si mosse a disagio. “Non lo so” confessò, “l’ho vista che stava impazzendo e…” Scosse la testa come non capacitandosi delle parole che avevano appena lasciato la sua bocca. “Volevo dire” si corresse, “che Daenerys stava impazzendo e che con le sue mosse azzardate avrebbe messo in pericolo le vite dei cittadini di Porto Bianco. Ma ora dobbiamo andare, Gendry deve ricevere un cognome e tu ti devi preparare per la partenza.” Jon aprì la porta e lui e Gendry uscirono.

Tyrion gli venne dietro senza fretta. Sta nascendo qualcosa, si disse e sorrise perché sapeva che nessuno poteva vederlo.

 

Samwell

 

Non avrebbe mai pensato che Vyktor potesse credergli. Dire di essere il maestro di Jon è stato azzardato, pensò mentre osservava Brienne salire sul carretto. Se quell’idiota avesse avuto metà dell’ingegno di cui si vanta di possedere avrebbe certamente ricordato che sono ancora solo un novizio. In ogni caso il trucco aveva funzionato e Sam era felice di essere riuscito a mentire in modo credibile. Di solito le sue menzogne venivano sempre scoperte facilmente.

Sperava Brienne riuscisse ad arrivare a Nord senza incontrare difficoltà e che potesse avvertire Sansa Stark. Sam non aveva mai visto la sorella di Jon e lui ne aveva parlato così poco che faceva fatica a immaginarla. Jon amava raccontare di Arya, la sorellina a cui aveva regalato una spada, e di Robb, almeno fino al momento in cui aveva ricevuto la notizia della sua morte. Sam sapeva qualcosa anche di Bran, che aveva anche incontrato, e di Rickon, ma di Sansa quasi nulla.

Jon una volta, tempo prima della decapitazione di Ned Stark, gli aveva detto che sua sorella era andata ad Approdo del Re per essere promessa al principe Joffrey. Aveva detto che Sansa era bellissima, con lunghi capelli rossi e occhi azzurri, ma che non voleva parlare con lui perchè per una lady era disdicevole parlare con un bastardo. Sam sapeva anche che il meta-lupo di Sansa era stato ucciso su ordine di Cersei.

Si riscosse da questi pensieri quando il carretto si mise in movimento. Il cavallo che lo trainava era abbastanza vecchio e procedeva a fatica. Brienne si voltò verso Sam e fece un cenno di saluto. Lui a sua volta sollevò la mano agitandola appena, finché il carretto non svoltò l’angolo scomparendo alla vista.

Sam si sentiva in colpa per non aver potuto procurare una spada a Brienne, ma privarsi di Veleno del Cuore gli era parso un po’ eccessivo. Quella spada era destinata a lui dalla nascita ed era finalmente riuscito a toglierla dalle grinfie di suo padre. Continuava ad immaginare la sua faccia e quella di Dickon quando avevano scoperto il furto. Ogni volta che quel pensiero gli sfiorava la mente, Sam sorrideva.

Dopo aver salutato Brienne, quando ormai era pomeriggio inoltrato, era tornato in città. Le strade erano in fermento per l’imminente partenza dell’esercito Tyrell alla volta di Alto Giardino e tutti non vedevano l’ora di liberarsi dall’inquietante presenza dei cavalieri Dhotraki. Sam, per salvarsi dalla confusione, si era rifugiato nella Cittadella.

Anche lì maestri e novizi discutevano di politica e delle possibili conseguenze della futura battaglia e più volte tentarono di trascinarlo nei loro discorsi. A malapena Sam riuscì a raggiungere la biblioteca deserta. Rathin lo osservava sospettoso dal suo banco, ma Sam decise di ignorarlo.

In teoria avrebbe dovuto studiare per forgiare il primo anello della propria catena: l’esame si sarebbe tenuto da lì a tre settimane. Ma l’argomento che gli era stato assegnato, medicina e individuazione di piante curative, era noioso e poco utile in quel momento. Sam aveva già una sufficiente conoscenza in quel campo e perciò decise di continuare la sua caccia ai libri riguardanti gli Estranei.

Dopo un’ora trascorsa a perlustrare in lungo e in largo un quarto degli scaffali della biblioteca, salendo e scendendo le numerose scale che portavano ai livelli superiori, Sam si ritrovò con le gambe a pezzi senza aver concluso nulla. Una mano che si posò sulla sua spalla lo fece sobbalzare. Si voltò e si trovò davanti Tristyus, l’aiutante del bibliotecario.

“Serve aiuto?” chiese lui educato.

Sam stava ancora ansimando. “Sì, grazie” rispose grato del suo intervento. “Mi puoi dire dove trovo dei libri sugli Estranei?”

Stranamente Tristyus non parve sorpreso dalla richiesta come lo era stato a suo tempo Rathin e fece cenno a Sam di seguirlo. “Li stavo riordinando proprio in questo momento” disse conducendolo al corridoio 57b, “credo che questo faccia al caso tuo: contiene tutte le leggende che corrono sugli Estranei. Perché ovviamente lo sai che si trattano solo di leggende, vero?”

Sam si affrettò ad annuire e prese in mano il volume che Tristyus gli porgeva. Era un vecchio tomo piuttosto massiccio dal titolo scolorito che diceva: Gli Estranei: le creature di ghiaccio. Sam ringraziò Tristyus e fece per allontanarsi quando lo sguardo gli cadde sulla porta malconcia che aveva intravisto un paio di settimane addietro. Si fece coraggio e chiese.

“Tu sai cosa c’è là dietro?”

Tristyus sospirò. “Purtroppo no” rispose malinconico, “nessuno mi dice mai nulla, anch’io sono arrivato da poco. Immagino lì conservino libri segreti che non vogliono vengano letti da tutti.”

Sam annuì. “Va bene, grazie mille lo stesso” disse per poi allontanarsi.

Ciondolò tra gli scaffali ancora per un po’, finché non ne fu stufo. Non aveva voglia di rimanere nella biblioteca a leggere e pensò di tornare da Gilly. In fondo mi ha perdonato, si disse e ringraziò mentalmente Brienne che con il suo arrivo li aveva fatti riavvicinare. In ogni caso decise di ripassare al suo banco per sistemare la confusione delle sue carte e per poggiare alcuni libri di medicina che aveva preso solo per dimostrare di star studiando per l’esame.

Quando raggiunse la sua postazione rimase sorpreso. Sul tavolo c’era una piccola anfora foderata di pelle ed accuratamente sigillata che recava un biglietto di pergamena strappata in fretta. Sam lo prese fra le dita e lo lesse.

Sai che i miei genitori vengono da Dorne? Questo è il miglior vino che si produca da quelle parti. Goditelo ora che puoi prima di diventare maestro!

Tristyus

Sam rimase a fissare il foglio confuso. Sapeva che una volta diventati maestri il vino era proibito, ma perché Tristyus avrebbe dovuto fargli un regalo del genere? Anzi, perché mai avrebbe dovuto fargli un regalo? Forse sta cercando di fare amicizia, si disse Sam posando i libri e prendendo in mano l’anfora. Credo lo porterò da Gilly… Nessuno dei due era propriamente un amante del vino, ma Sam non era tipo da rifiutare un dono. E poi di certo il vino non gli dispiaceva e avrebbe anche potuto far bella figura con Gilly.

Uscì dalla Cittadella che era tardo pomeriggio e tentò di raggiungere la casa senza essere visto. Dopo neanche tre passi andò a scontrarsi con una figura che veniva da destra. Quando Sam si ricompose notò con orrore di aver appena urtato Olenna Tyrell. Ma l’esercito Tyrell non era ancora partito?

“Ehi, giovanotto, fa’ attenzione!” sbraitò la vecchia e Sam sperò che non lo riconoscesse. Poi Olenna lo guardò meglio e, dalla sua espressione, si capiva bene che fosse avvenuto l’esatto opposto. “Ma tu sei quello screanzato che mi avrebbe dovuto scaricare i bagagli e che invece se l’è svignata!” esclamò infatti la vecchia.

“Chiedo scusa” disse Sam imbarazzato, “andavo di fretta e…”

“Ti pare il modo di trattare una nobildonna?” continuava a berciare la Regina di Spine “Potrei farti frustare per questo, come ti chiami?”

“Pyp” rispose Sam dicendo il primo nome che gli venisse in mente.

“Pyp?” chiese Olenna con una smorfia disgustata “Che razza di nome è Pyp?”

“E’ un diminutivo di Pypar” spiegò Sam. Poi, colto da un’ispirazione improvvisa, porse alla vecchia l’anfora che teneva sottobraccio. “Questo è il migliore vino di Dorne” disse sperando di placare il furore della donna, “accettalo con le mie più sentite scuse.”

Olenna prese l’anfora dubbiosa e la esaminò. Quando fu certa del fatto che contenesse effettivamente vino annuì. “Per questa volta chiuderò un occhio, Pypar” disse ora con voce meno gracchiante, “ma la prossima volta ricorda quali attenzioni vanno riservate a una nobile signora.”

Sam si affrettò a scusarsi ancora una volta, per poi tirare un sospiro di sollievo quando Olenna si fu allontanata. Alla fine se l’era cavata piuttosto bene. Domani dirò a Tristyus che il suo vino era eccellente, pensò Sam rimettendosi in cammino. In effetti doveva essere grato per quel dono che era stato capace di tirarlo fuori da una situazione scomoda.

Arrivò a casa di Gilly che il sole stava tramontando. La trovò che indossava solamente una tunica leggera e quasi trasparente. Aveva i capelli sciolti che le arrivavano alle spalle e tra le mani stringeva Veleno del Cuore. Sam non aveva mai visto nessuno far roteare una spada con tanta grazia. Gilly era concentrata al punto da non aver notato la presenza di Sam e si accorse di lui solo quando la porta si chiuse con un rumore secco. Allora abbassò la spada.

Sam era senza parole e probabilmente rimase lì a boccheggiare come un pesce per qualche istante. “D-dove hai imparato?” balbettò troppo incredulo per aggiungere altro.

“Non ho imparato.”

“Sei bellissima” disse Sam e Gilly sorrise, “sentiti libera di usarla per esercitarti quando vuoi: sei molto più brava di me.”

Gilly rise piano. “Allora” chiese, “ci sono novità? Brienne è riuscita a partire?”

Sam si sedette sull’unica sedia della casetta. “Sì” rispose distendendo le gambe ancora doloranti, “ho rimediato per lei un passaggio per il Nord: non avrà problemi. Guarda invece cos’ho trovato in biblioteca…”

Sam le porse il libro e Gilly aggrottò la fronte nello sforzo di leggere il titolo. “Gli Estranei: le crature di ghiaccio” disse sillabando le parole.

Creature” la corresse dolcemente Sam. “Hai fatto incredibili progressi!”

“Troverai qualcosa di interessante in questo libro?” chiese Gilly sfogliandolo curiosa.

Sam sospirò. “Spero di sì” rispose incerto, “se siamo fortunati non sarà un altro buco nell’acqua.”

“Ha le figure!” esclamò Gilly eccitata “Guarda come sono belle…” Sam rimase in disparte non volendo invadere lo spazio di Gilly. Veleno del Cuore era adagiata per terra.

“Gilly…” chiamò Sam imbarazzato dopo qualche minuto “Ecco, dovrei…”

“Certo, certo” esclamò subito Gilly passandogli il libro. Il piccolo Sam si era svegliato e piangeva reclamando la madre. Lei lo prese in braccio cullandolo. “Ormai è abbastanza grande da poter imparare a camminare” disse tenendo il bimbo sotto le ascelle e facendoli posare i piedini per terra. Il piccolo Sam fece qualche passetto stentato per poi ruzzolare ai piedi del letto. Gilly rise e lo tirò su.

Sam ormai era immerso nella lettura. Il libro doveva essere molto antico a giudicare dalle pagine ingiallite e consunte, ma l’inchiostro era nitido e senza sbafature. Sam saltò tutti i capitoli riguardanti l’aspetto degli Estranei, alla fine ne aveva pur sempre ucciso uno, e iniziò a leggere direttamente dal punto in cui venivano narrate le leggende riguardanti la prima apparizione degli Estranei.

“Le origini degli Estranei si perdono nella notte dei tempi” lesse a mente Sam, “e molti le fanno risalire alla guerra fra i Figli della Foresta ed i Primi Uomini avvenuta migliaia di anni fa.” Sam conosceva le cause di tale mitologica guerra. I Primi Uomini erano originari del Continente Orientale ed erano giunti in quello Occidentale tramite una lingua di terra attraverso il Mare Stretto.

“I Figli della Foresta non potevano sperare di sconfiggere la potenza dei Primi Uomini” continuò a leggere silenziosamente Sam, “e perciò, secondo alcune credenze non accertate, utilizzarono le arti magiche in loro possesso per causare un violento terremoto che frantumasse il Braccio di Dorne, bloccando quindi l’invasione.” Sam si fermò: questo gli suonava nuovo.

“Ma i Primi Uomini nel Continente Occidentale non si fermarono nel Sud” riprese a leggere, “e spinsero i Figli della Foresta sempre più a nord fino nelle terre che ora noi consideriamo oltre la Barriera.”

“Puoi leggere ad alta voce?” lo interruppe Gilly curiosa.

“Certamente.” Sam si schiarì la voce e cercò il segno perduto.

“I Figli della Foresta videro gli uomini distruggere le loro foreste” lesse, “e dovettero decidere di passare a metodi più drastici. Così rapirono uno dei capi delle tribù dei Primi Uomini e lo…”

Sam si interruppe incredulo. “Lo trasformarono nel primo degli Estranei” mormorò sgranando gli occhi, “forse utilizzando il Vetro di Drago che gli uomini avevano portato dal Continente Orientale e che sembrerebbe provenire direttamente da Valyria.” Sam sollevò lo sguardo su Gilly che lo fissava. “Questa storia potrebbe avere un fondamento di verità” disse, “se gli Estranei sono stati creati dal Vetro di Drago ciò spiegherebbe perché vengano distrutti da esso. Prima di essere colpiti con il Vetro erano solo uomini.”

“Ma allora perché vogliono distruggere tutti?” chiese Gilly.

Sam scorse le righe successive. “Qui dice che gli Estranei avrebbero dovuto aiutare i Figli della Foresta nella guerra contro i Primi Uomini” disse, “ma che presto dovettero decidere che non valeva la pena sottostare agli ordini dei loro creatori. Fu allora che Brandon il Costruttore, fondatore della casata Stark, decise di scendere a compromessi con i Figli della Foresta e fu stretto il Patto.”

“Che genere di patto?” chiese Gilly avvicinandosi.

“Gli uomini e i Figli della Foresta si allearono contro gli Estranei” spiegò Sam, “ma della Lunga Notte e della Battaglia per l’Alba che seguirono non si hanno notizie. Si sa che gli Estranei furono ricacciati nelle Lande dell’Eterno Inverno e che Brandon il Costruttore, con l’aiuto dei Figli della Foresta e forse dei giganti, costruì la Barriera fondando l’ordine dei Guardiani della Notte.”

“Quindi” osservò Gilly, “al principio i Guardiani della Notte dovevano difendere gli uomini dagli Estranei, non dai bruti.”

“Già” disse Sam, “i bruti erano solo uomini che ebbero la sfortuna di insediarsi oltre la Barriera.”

Rimasero in silenzio per un po’, poi Gilly si alzò da terra. Si avvicinò a Sam e gli diede un bacio gentile sulle labbra. “Per oggi credo tu abbia letto abbastanza” sussurrò. Sam sorrise.

In quel momento piovvero dei colpi alla porta ed entrambi sobbalzarono. Il piccolo Sam si mise a piangere e Gilly andò da lui. Sam andò ad aprire e si ritrovò davanti un ragazzetto tutto pelle ed ossa con i capelli color paglia sporca.

“Hugo” lo salutò Sam, “cosa ci fai qui?”

Il ragazzino pareva senza fiato e continuava a cercare di sbirciare oltre la spalla di Sam. “Si tratta dell’arcimaestro Walgrave” spiegò Hugo, “stanotte è il tuo turno di controllare le chiavi.”

Sam avrebbe voluto darsi una manata in fronte. “Me n’ero dimenticato!” esclamò “Torno subito.” Corse dentro. “Gilly” la chiamò, “stanotte devo rimanere alla Cittadella, tornerò domani mattina. Se vuoi puoi continuare a leggere il libro così poi mi dici se trovi qualcosa di interessante.” Gilly strinse le labbra, ma annuì. Sam si avvolse nel cappotto e uscì.

Seguì Hugo fino alla Cittadella e si recò nelle stanze di Walgrave. L’arcimaestro dormiva profondamente e vi era un uomo al suo capezzale. Appena lo sconosciuto si alzò Sam vide che aveva al collo la catena da maestro.

“Piacere” disse l’uomo con un sorriso, “io sono Ebrose il guaritore e tu sei…?”

“Samwell Tarly” rispose Sam “Ma preferisco essere chiamato Sam.”

“Bene, Sam” disse Ebrose, “immagino tu sia qui per fare la guardia alle chiavi…” Sam annuì.

Ebrose si avviò verso la porta. “Perfetto” disse prima di uscire, “e ricorda di non perdere di vista quella grossa marrone: apre le porte più importanti.”

Sam diede un’occhiata al muro e vide la chiave di cui l’altro parlava. Era una chiave lunga con un grande anello in cui far passare una corda, ma sembrava piuttosto ordinaria.

“Buonanotte, Sam” lo salutò Ebrose e uscì.

Sam rimase solo nell’oscurità con il russare di Walgrave come unica compagnia. Represso un sospiro cercò di mettersi comodo mentre si preparava ad una lunga nottata.

 

Jaime

 

Erano arrivati molto prima del previsto. Jaime era ancora seduto sulla pietra davanti al cadavere di Alerie Tyrell quando vide sollevarsi la polvere dalla strada. I soldati intorno a lui si irrigidirono sfoderando le armi, ma Jaime rimase immobile.

Bronn era in piedi al suo fianco e lo osservava. “Pensi di lasciarti uccidere senza muovere un muscolo?” gli chiese sarcastico mentre l’esercito nemico si avvicinava.

“Per il momento mi limito ad attendere” replicò Jaime, “poi penserò al futuro.”

Bronn fece una smorfia. “Da quando in qua sei diventato un cazzo di filosofo?” chiese e molti uomini repressero delle risatine. Jaime li lasciò fare. Che ridano pure, si disse, ma intanto devono essere felici che qui ci sia io e non Cersei. Cersei avrebbe certamente fattto giustiziare chiunque avesse osato mancarle di rispetto.

Fanculo, Cersei. Fanculo te e i tuoi stupidi piani.

L’esercito che stava venendo loro addosso sembrava molto numeroso e, se la vista non lo ingannava, Jaime avrebbe potuto giurare di aver visto dei cavalieri dothraki. Magari erano anche più numerosi di loro.

“Ser Jaime” chiese un soldato temerario, “posso chiedere quali sono gli ordini?”

“Aspettare” rispose Jaime per l’ennesima volta.

“Ma signore, sono molto vicini.”

“Se vuoi tornartene a casa perché hai paura puoi farlo” disse Jaime seccamente, “ma poi sarai tu a spiegare il motivo a mia sorella.” La minaccia bastò a far calare un silenzio pesante fra i ranghi.

Bronn gli si accostò. “Questa era buona” gli concesse.

L’esercito nemico si era fermato a un centinaio di metri da loro e da lì si elevavano esclamazioni e grida. Jaime aveva fatto fermare i propri uomini nella pianura alle loro spalle e le tende erano già state smontate. A un certo punto quattro figure iniziarono ad avvicinarsi. L’uomo a cavallo, probabilmente un Dothraki, tornò presto sui suoi passi sparendo fra le sue fila, mentre le altre tre figure continuarono ad avanzare.

Presto Jaime fu in grado di riconoscere la sagoma inconfondibile di Olenna Tyrell che procedeva impettita. Il più giovane dei due ragazzi che venivano con lei lanciò un urlo e si mise a correre nella direzione di Jaime, che alzò una mano per evitare che i propri uomini attaccassero. Il ragazzo cadde in ginocchio vicino al cadavere di Alerie e lo strinse a sé. Anche Olenna e l’altro uomo erano ormai arrivati e anche loro si arrestarono. Olenna aveva un volto che non faceva trasparire emozioni, ma fissava Jaime con odio.

“L’HAI UCCISA!” urlò il giovane a terra.

“Si è tolta la vita” spiegò Jaime, “non ho potuto fare nulla…”

Il ragazzo si era alzato in piedi asciugandosi le lacrime. “Ti ammazzo…”

“Garth” lo richiamò Olenna, “non è ancora il momento.” Garth si voltò verso la vecchia e, senza smettere di guardare Jaime, fece un passo indietro.

La Regina di Spine invece avanzò. “Sterminatore di Re” lo salutò. Jaime ormai ci era abituato: quando la gente voleva offenderlo utilizzava sempre quell’appellativo. “E’ passato un po’ dal nostro ultimo incontro” proseguì Olenna, “come sta Cersei? Non vorrei che i preparativi per l’esplosione l’abbiano stancata.”

Indicò l’uomo che fino ad allora era rimasto in silenzio. “Lui è Baelor Hightower” disse, “erede di Vecchia Città, e lui è suo fratello Garth.”

Olenna indicò due figure più lontane. “E quelli sono Rakandro” continuò, “e Nymeria Sand, anche se credo che lei già la conosci…”

Jaime sentì il sangue ribollirgli nelle vene e d’istinto portò la mano al pugnale. Nymeria Sand era una delle Serpi delle Sabbie, le donne colpevoli dell’assassinio di Myrcella.

Olenna sorrise vedendo la sua reazione. “Sì” disse, “vedo proprio che ti ricordi di lei. Ma ora, Jaime, non ci hai chiesto perché siamo qui.”

Jaime si alzò in piedi risoluto a non accettare la provocazione. “Perché vi manda Daenerys Targaryen” rispose.

Olenna scosse la testa infastidita. “Non eseguirei mai degli ordini se non ne vedessi uno scopo vantaggioso per me” disse, “ma in questa missione uno ce n’è. Potrò arrivare ad Approdo del Re e assicurare a tua sorella una morte così dolorosa che al confronto il supplizio a cui ha destinato i miei nipoti e mio figlio sembrerà nulla.” Jaime fu stupito dalla franchezza con cui la vecchia gli aveva parlato, ma alla fine si vedeva che era consumata dal desiderio di vendetta.

“E poi, sì” concesse la Regina di Spine, “a Daenerys vederti sconfitto non dispiacerà.”

Jaime fece un passo avanti. “Olenna” tentò, “capisco i tuoi sentimenti, ma non c’è bisogno di una battaglia. Alerie si è suicidata proprio perché sapeva che ce ne sarebbe stata una.”

“Non parlare di mia sorella!” esclamò Garth estraendo la spada. La tensione ormai era altissima.

Olenna era salita a cavallo ed aveva voltato le spalle al gruppo di soldati Lannister. “Ora è tardi” disse, “ma puoi sempre evitare la battaglia che tanto temi. Nessuno vorrebbe profanare il proprio castello con il sangue nemico, quindi ti darò un’ora di tempo. Ritira le tue truppe o sarà guerra.” Baelor prese sottobraccio Garth e lo trascinò via di peso mentre il giovane imprecava contro i Lannister. Jaime sospirò.

“Cosa intendi fare?” gli chiese Bronn.

“Preparare la difesa” spiegò Jaime, “li hai visti i Dothraki a cavallo?”

“No” rispose Bronn, “sinceramente ero occupato ad osservare quella brunetta che…”

“Il punto è” lo interruppe Jaime, “che non possiamo sperare di avere la meglio su di loro in campo aperto. Perciò dovremo adottare una strategia alternativa.”

Jaime indicò il castello. “Spargi la voce” disse, “voglio gli uomini migliori intorno alle mura.”

“E tutti gli altri?” chiese poco convinto il mercenario.

“Al loro interno.”

In quel momento da est risuonò un corno. Jaime aguzzò la vista in quella direzione, verso la collina oltre la Strada delle Rose, e vide un altro piccolo esercito avanzare. Presto furono raggiunti da un ragazzo che portava l’insegna dei Tarly.

“Lord Randyll Tarly vuole parlarti, ser” disse il giovane. Jaime fece cenno a Bronn di non seguirlo ed andò dietro al ragazzo. Con la coda dell’occhio sbirciò l’esercito Tyrell e notò che si era accampato verso est.

Sotto un albero che stranamente ancora conservava le sue fronde lo attendeva lord Tarly con accanto un giovanotto che poteva avere massimo venti anni. Tutto intorno erano disposte le guardie di scorta. Jaime tese la mano e Randyll l’afferrò. Aveva una stretta salda e sicura.

Jaime abbozzò un sorriso. “Mi fa piacere che siate arrivati” disse secondo le formule di rito.

Lord Tarly era alto e calvo, con folte sopracciglia e occhi neri ed infossati. “Il piacere è mio, ser Jaime” disse senza smettere di scrutare il proprio interlocutore, “lui è mio figlio ed erede Dickon.” Tarly indicò il giovane al suo fianco, che chinò il capo in segno di saluto.

“Orton Meeryweather non è potuto venire” continuò Randyll, “e ha affidato a me le sue milizie. In tutto ti abbiamo portato seimila uomini.” Jaime annuì: erano ottimi numeri. Randyll Tarly aveva fama di essere un geniale condottiero e Jaime aveva bisogno di dividere il potere e soprattutto le responsabilità che ne derivavano.

“Puoi continuare a controllare il tuo esercito” disse, “ma questa non sarà una battaglia tradizionale.” Randyll aggrottò le sopracciglia indispettito: evidentemente tutto ciò che era poco tradizionale lo considerava fallimentare.

“I Dothraki sono abili in campo aperto” spiegò ancora una volta Jaime, “ma non conoscono le tecniche di assedio. Noi ci apposteremo all’interno del castello e combatteremo dalle mura in modo tale che i nemici possano avanzare pochi per volta.”

Randyll non era affatto convinto. “Le mura di Alto Giardino non furono costruite per sopportare un assedio” fece notare in tono di rimprovero, “i Dothraki potranno sfondarle senza problema. Servono dei soldati che proteggano le mura da fuori. Il mio esercito può farlo.” Jaime la considerava un’azione suicida, ma annuì lo stesso.

“A battaglia terminata” proseguì Tarly dando per scontata una loro vittoria, “dovrai permettere il saccheggio del castello.”

Jaime rimase interdetto. Alto Giardino era considerato da molti il più bel castello dei Sette Regni, forse secondo solo a Nido dell’Aquila, e autorizzare un saccheggio avrebbe significato permettere lo scempio di tanta bellezza. Nonostante ciò, Jaime annuì nuovamente. “E sia come dici” disse con un sospiro, “schiera i tuoi uomini in posizione.”

Poi saltò nuovamente a cavallo e si diresse al galoppo verso il portone del castello. Dall’accampamento Tyrell iniziavano ad arrivare i suoni di armature che venivano chiuse e lame che venivano affilate. L’ora concessa stava per scadere.

Jaime si mise a gridare ordini. “Siate pronti!” urlò “Vi voglio dentro le mura. Serrate i ranghi nei cortili, ma non entrate nel castello. Per la regina!”

“PER LA REGINA!”

Nella confusione generale Jaime adocchiò Bronn. “Tu non entri?” gli chiese il mercenario.

Jaime scosse la testa. “Credo salirò solo sulle mura” disse, “non vorrei essere troppo vicino a Olenna quando vedrà che abbiamo deciso di entrare nel suo castello.”

Bronn ridacchiò. “Che dobbiamo farci con le guardie del castello?” chiese.

“Uccidetele” rispose Jaime dato che non c’era alternativa, “ma che il cadavere di Alerie sia restituito ai suoi fratelli.”

“Ora?!” chiese incredulo Bronn “Non credi sia pericoloso?”

“Certo” replicò Jaime, “per questo sto inviando te…”

Bronn lo guardò per qualche secondo. “Al diavolo” borbottò mentre faceva girare il cavallo.

Jaime lo seguì con lo sguardo per qualche secondo prima di scendere di sella. Affidò il cavallo a un ragazzo che gli si era avvicinato e si avviò verso le mura. Secondo le sue disposizioni più della metà dei suoi soldati si era appostata nei cortili interni, senza tuttavia entrare nell’edificio, mentre gli altri pattugliavano tutto intorno. Purtroppo il fossato che circondava Alto Giardino era stretto e poco profondo, probabilmente ideato come elemento estetico senza pensare alle sue funzioni difensive.

“Gli arcieri sulle mura” urlò Jaime superando il portone con il simbolo della rosa e il motto dei Tyrell.

All’interno regnava il caos mentre i soldati si spintonavano per raggiungere le loro postazioni. Quei cortili assomigliavano più a sontuosi giardini e gli alberi crescevano alti. I fiori erano appassiti, ma il luogo manteneva lo stesso un alone di intoccabilità. Jaime tentò di distogliere i pensieri dall’imminente saccheggio. Prima dobbiamo vincere questa battaglia, si disse.

In lontananza vide un cavallo con in groppa quello che intuì doveva essere Bronn galoppare verso il castello e subito dopo si udirono le trombe da guerra suonare. Jaime allora salì sulle mura per avere una visuale migliore.

Ovviamente anche queste ultime non erano minimamente state concepite per permettere la difesa degli arcieri in caso di attacco ed erano invece straordinariamente basse e ornate con ghirlande di fiori secchi. Dal polverone che si elevava dall’accampamento nemico Jaime capì che i Dothraki erano stati mandati alla carica. Fortunatamente anche Tarly aveva fatto in tempo a schierare i propri uomini ed il portone doveva essere sufficientemente protetto.

Via via che l’orda dothraki si avvicinava Jaime poteva scorgere le singole figure. Non portavano armatura e non avevano spade, solo archi ed altre armi che non si erano mai viste nel Continente Occidentale. Urlavano mentre spronavano i loro cavalli. Dietro veniva la cavalleria organizzata che portava alti gli stemmi dei Tyrell e, qua e là, anche quelli dei Targaryen che ormai da anni erano scomparsi dalla circolazione. Jaime udì Randyll Tarly ordinare all’avanguardia di caricare gli aggressori, evidentemente per allontanare la battaglia dal castello.

Folle… Così li farà ammazzare.

“Mantenete le vostre posizioni” urlò agli uomini che lo fissavano in attesa di ordini, “scoccate frecce solo se siete sicuri che superino il fossato.”

Un arciere temerario tentò l’impresa, ma la freccia si conficcò a terra poco lontano dalla base delle mura. Dopo di lui nessuno più ci provò.

La battaglia era inziata e gli uomini di Collina del Corno stavano sopportando bene la furia dei Dothraki. Jaime vide un cavaliere affondare la propria spada nel petto scoperto e dipinto di un guerriero dothraki, solo per essere poi rudemente decapitato da un compagno del caduto.

Bronn stava combattendo contro un fante Tyrell incapace perfino di tenere una lancia in mano e si trovava quasi con i piedi nell’acqua del ruscello. Il frastuono della battaglia era insostenibile, ma Jaime ormai ci era abituato. Non poteva credere che da ragazzo questo fosse tutto ciò che occupasse i suoi sogni.

Mentre i Dothraki tentavano di sfondare il centro dello schieramento, la guarnigione dell’Altopiano si divise in due gruppi e si preparò ad attaccare ai fianchi. Jaime decise di spostare i suoi uomini da davanti il portone, già difeso sufficientemente da Randyll Tarly, ai lati, per poter sopportare anche questo secondo assalto. Jaime gridò l’ordine e osservò i suoi soldati schierarsi sulle nuove linee.

“Ora potete lanciare” disse poi agli arcieri ed una pioggia di frecce iniziò a cadere sui Dothraki, che tuttavia risposero con pari veemenza costringendo gli uomini di Tarly ad arretrare leggermente.

La battaglia proseguì senza particolari cambiamenti per molti minuti. Il lato destro se la stava cavando molto bene ed i Tyrell erano stati respinti fin oltre il fossato. A sinistra la situazione era più delicata ed alcuni cavalieri con lo stemma della rosa erano giunti vicini al portone. Jaime ordinò ad un terzo degli arcieri di spostarsi a sinistra e fece uscire altri uomini dai cortili.

Ad un certo punto si sentì afferrare bruscamente e fu costretto a voltarsi. Si trovò davanti una delle vedette che aveva posto nei punti di guardia sulle mura. Aveva gli occhi stralunati e parlava a fatica. Jaime represse l’impulso di urlargli in faccia.

“Mio signore, stanno scalando le mura… Dietro alle stalle… Servono rinforzi.”

Jaime strinse le labbra: si sarebbe dovuto aspettare una mossa del genere. Non possiamo permettere loro di entrare, pensò, conoscono il castello molto meglio di noi. Sguainò la spada e pregò di essere abbastanza abile in combattimento.

“Venite con me” urlò ai soldati più vicini, “servono uomini ad ovest.”

Poi afferrò con la mano d’oro la giacca della vedetta. “E tu vedi di rintracciare Bronn il mercenario” ordinò, “sai chi è?” L’uomo scosse freneticamente la testa. “Bene” ribatté Jaime, “allora sappi che è l’unico idiota a pensare di poter affrontare un Dhotraki senza avere il culo su un cavallo. Trovalo e digli che deve prendere il controllo della battaglia davanti al portone.” Detto questo, lo lasciò andare e si mise a correre verso le stalle.

Erano circa venti gli uomini che l’avevano seguito e Jaime sperava fossero sufficienti. Quel deficiente non gli aveva neppure specificato il numero approssimativo degli assalitori. Giunti sul posto Jaime poté tirare un sospiro di sollievo: gli scalatori erano circa trenta e sarebbe stato facile rispedirli indietro. Alcuni di loro erano a buon punto della scalata e Jaime riconobbe Garth Hightower che si affrettava su una scala di corda.

Quando i suoi occhi si posarono su Nymeria Sand che saliva poco più in basso, Jaime quasi sorrise. Così potrò ucciderla con le mie mani, si disse ripensando a Myrcella che gli si accasciava fra le braccia. Se aveva potuto comprendere in un certo senso l’omicidio di Joffrey, quello di Myrcella era stato una vana crudeltà. E quello di Tommen? non poté fare a meno di pensare Cos’è stato quello? Scosse la testa per tornare in sé.

“Tagliate le corde” gridò, “non fateli arrivare in cima!”

I suoi uomini si misero subito all’opera. Jaime afferrò con la mano d’oro la fune alla quale si reggeva Nymeria e con quella buona estrasse il pugnale ed iniziò a tagliare. Aveva lasciato cadere a terra la spada. Ci fu un grido. Jaime si voltò e vide che Garth ed altri due nemici erano già sulle mura. Le spade iniziarono a cozzare, ma Jaime decise di concentrarsi solo sul lavoro che doveva assolutamente portare a termine.

Nymeria da sotto lo fissava e continuava a salire: un sorriso le increspava le labbra. Jaime iniziò a tagliare più in fretta e finalmente la corda cedette. Vide con un brivido di insana gioia Nymeria cadere nel vuoto. E fuori una, pensò soddisfatto della sua vendetta.

All’improvviso però la ragazza si contorse con grazia in volo e slacciò qualcosa dalla cintura. Jaime capì di cosa si trattava solo quando era troppo tardi. La frusta schioccò e si avvolse stretta intorno ad uno dei merli delle mura. Nymeria inarcò la schiena facendo forza con le braccia e un secondo dopo Jaime se la ritrovò affianco.

La ragazza arrotolò la frusta con un ghigno. “Ti conviene raccogliere quella” gli suggerì accennando alla spada. Accanto a loro continuava la battaglia: altre funi vennero tagliate, ma altri nemici riuscirono a raggiungere le mura.

“Cosa fai?” urlò Garth rivolto a Nymeria “Lui è mio!”

Nymeria si voltò a guardarlo e Jaime ne approfittò per afferrare la propria spada. “Tu guida gli altri dentro” stava dicendo intanto la ragazza, “conosci il castello meglio di me. Ricorda gli ordini di Olenna…” Garth sbuffò e imprecò, ma alla fine si allontanò con il proprio gruppo di uomini, subito inseguito dai soldati Lannister.

Nymeria si girò nuovamente a fronteggiare Jaime. Il sorriso di scherno non aveva lasciato il suo viso nemmeno per un momento. Fece schioccare la frusta per terra. “Beh” disse guardandosi teatralmente intorno, “sembra proprio che siamo solo tu ed io. Sai, l’ultima volta sei stato fortunato ad aver affrontato Obara. Mia sorella potrà sembrare aggressiva, ma presto scoprirai che io non sono da meno.”

Detto questo, Nymeria mosse il braccio così velocemente che Jaime non riuscì a seguire la traiettoria della frusta. Dovette reprimere un gemito di dolore quando il laccio gli morse il braccio della spada. Nymeria dette uno strattone e Jaime quasi cadde in avanti. Fortunatamente riuscì a mantenere un precario equilibrio e tirò a sua volta. Nymeria mulinò il polso stringendo le labbra e Jaime sentì la presa della frusta allentarsi fino a scomparire.

“Credi di poter uccidere qualcuno solo con quella?” chiese sarcastico indicando il laccio che si era arrotolato ai piedi dell’avversaria.

“Magari un po’ di veleno…” suggerì Nymeria e Jaime sentì la rabbia montare di nuovo.

Avanzò e menò un fendente con la spada. Non era particolarmente potente e anche abbastanza storto. La frusta stavolta si avvolse intorno alla lama, bloccandola a pochi centimetri dal braccio nudo di Nymeria. Contemporaneamente la ragazza estrasse dalla cintura una corta daga con l’impugnatura di legno.

“A Dorne ai bambini viene insegnato a combattere con entrambe le mani” osservò, “così che non possano trovarsi un giorno nella tua situazione.”

Poi gettò a terra la frusta e colpì con la daga. Nonostante il colpo infertogli a piena potenza, Jaime era felice che fosse passata ad uno stile di combattimento più simile al suo. Rispose con rinnovato vigore e per la prima volta vide la sorpresa negli occhi neri di Nymeria. La giovane tentò qualche affondo, passando anche la daga alla mano destra, ma Jaime li parò tutti. Lentamente gli istinti del cavaliere stavano tornando ed i movimenti gli riuscivano sempre più naturali.

“Perché?” chiese costringendo Nymeria con la schiena premuta contro il parapetto interno. Ancora una piccola pressione e sarebbe caduta nel cortile delle stalle.

“Perché?” ripeté “Perché l’avete uccisa? Era innocente!”

Nymeria fece una smorfia. “Anche Aegon e Rhaenys erano innocenti” obbiettò, “anche mia zia Elia lo era. Ma ciò non ha impedito a tuo padre di farli uccidere ugualmente. Anche mio padre era innocente.”

“E’ morto in un combattimento a cui lui stesso ha voluto partecipare” osservò Jaime senza diminuire la forza con cui premeva la lama contro la daga di Nymeria.

“Ucciso come un animale!” urlò Nymeria. Poi sorrise. “Ma io capisco, sai” disse. “Non sono come Obara o Tyene, io vedo la verità. Mio padre è morto in guerra, mia zia ed i miei cugini sono morti in guerra e questo sta bene. Anche Myrcella è morta in guerra. Sono cose che capitano: le persone si uccidono fra loro da sempre e continuerà ad essere così in eterno. E’ così che va il gioco e bisogna adattarsi.”

Jaime provava solo orrore. “E a te piace?” chiese “Ti piacciono tutte queste uccisioni, questo degrado in cui siamo caduti?” Nymeria sembrò rifletterci su.

“Non conta ciò che credo io” rispose poi, “se è così che va il mondo io mi adeguo. Se un giorno cambierà, io cambierò con esso.” E diede un colpo più forte, liberandosi da quella posizione scomoda.

“A me non interessa la vendetta” continuò, “e non credo in nessuno. Faccio solo quello che va fatto.”

Jaime scosse la testa. “Tu sei matta” mormorò disgustato.

“Aspetta di conoscere meglio le mie sorelle” rise Nymeria, “e soprattutto Ellaria: è lei la più folle di tutte.”

Il combattimento riprese. Jaime attaccava ora animato da una foga maggiore di prima. “Così Myrcella non la volevi uccidere per vendetta” pensò accecato dall’ira, “la sua morte non significava nulla per te, era solo parte del gioco.”

Jaime lanciò un urlo di frustrazione e Nymeria si distrasse un attimo di troppo. Un colpo particolarmente violento le fece sfuggire la daga dalla mano e la fece volare oltre i bastioni. Jaime la fissò negli occhi intensamente. Avrebbe potuto ucciderla, niente sarebbe stato più facile in quel momento. Sarebbe stata felice, avrebbe avuto il suo ruolo nel gioco.

Ma ancora Jaime esitò e Nymeria stavolta non perse tempo. Si gettò a terra e afferrò la frusta. La fece arrotolare intorno all’asta dove di solito veniva issato il vessillo dei Tyrell e si lanciò oltre le mura, verso il cuore del palazzo.

Qualche secondo dopo Jaime sentì un tonfo, seguito da rapidi passi di corsa. Non fu necessario affacciarsi verso l’interno per capire cosa fosse successo. L’unica possibilità di vendetta gli era appena scivolata tra le dita.



                                                                                                                  "You did not break me, I'm still fighting for peace."

                                                  




N.D.A.


Bentornati a tutti! Scusate se questo capitolo salta fuori a orari improbabili, così come le risposte alle recensioni che mi lascerete nei prossimi giorni, ma attualmente mi trovo a Los Angeles e abbiamo un bel po' di ore di differenza ^_^''''' tuttavia, anche se piuttosto a fatica, sono riuscita a rimanere nei tempi e non ritardare l'aggiornamento.

Volevo giusto precisare un paio di cose, in particolare la scelta di Olenna di liberare Brienne. Sappiamo dai capitoli precedenti che Daenerys ha inviato dei messaggi alle sue due guarnigioni (quella diretta a Porto Bianco e quella diretta ad Alto Giardino) in seguito all'accordo (se si può definire tale) con Jon chiedendo che Brienne fosse messa in libertà. Tuttavia tale messaggio non ha ancora raggiunto Olenna, quindi la sua decisione di liberare Brienne, seppur ora in linea con i desideri di Daenerys, è presa andando contro i vecchi ordini della regina. Olenna è fedele a Daenerys, vuole vederla vincere, ma allo stesso tempo si tiene la possibilità di prendere decisioni di un certo spessore. In ogni caso non intende veramente tradirla nel vero senso della parola, solo seguire i propri interessi a patto non si scontrano con il fine ultimo di Dany, ovvero la conquista del trono. Per quanto riguarda il suo piano ovviamente si scoprirà nei capitoli successivi in tutti i dettagli.

La scelta di Jaime di far entrare i suoi soldati nel castello totalmente indifeso ha senso militarmente parlando dato che i Dothraki sono temibili in campo aperto ma non negli assedi, tuttavia ora se la dovrà vedere con il gruppo di Garth che è riuscito a entrare dalla parte ovest delle mura (mentre il portone così come la battaglia si trovano nella parte est) e conosce molto bene il castello. La battaglia vera e propria ovviamente sarà mostrata nei capitoli successivi.

Per Gendry e la sua missione, allo stesso modo, sarà tutto spiegato meglio dopo. Anche i suoi sentimenti, che Tyrion non riesce ad afferrare, saranno resi noti dopo.

Spero anche la caratterizzazione aggiuntiva che ho voluto dare a Nymeria sia stata apprezzata: non è niente di che, ma almeno la differenzia un minimo dalle sue sorelle.

Come al solito voglio ringraziare di cuore tutti coloro che continuano a sostenermi e a recensire, in ordine: giona, Spettro94 e __Starlight__. Ringraziamento speciale anche a leila91, che continua ad andare avanti e a NightLion e Red_Heart96 che si metteranno presto in paro.

E niente, ragazzi... Spero vi stiate godendo le vacanze e, in caso ancora non abbiate avuto modo di assaporarle, vi auguro di farlo al più presto! Probabilmente risposte a eventuali recensioni a questo capitolo arriveranno un po' più in ritardo del solito e vi prego di avere pazienza :-)

Alla prossima!


PS: stavolta iniziamo con le citazioni in inglese (si vede che l'America mi sta influenzando XD)... Quella di oggi viene dalla canzone "Elastic heart" di Sia e l'ho immaginata per Jaime, ma in realtà si può associare a tantissimi personaggi di Got, quindi a voi la scelta XD XD


   
 
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