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Autore: Yasha 26    22/07/2018    2 recensioni
Per chi ha letto Il Ruscello delle Fate, questo è il seguito ^_^
*
- Aspetta! Come può essere cambiato tutto così? Stravedevi per me! Hai passato anni a dire: “Sho di qui. Sho di lì. Dove starà Sho starò anch’io! Sho è il migliore del mondo!” Perché è cambiato tutto così in fretta? Solamente per quello che hai sentito quel giorno? – domandò il ragazzo, che aveva sempre sperato di poterla riconquistare.
- Non è stato per quelle parole. Ho solamente rincontrato il mio Corn, tutto qui. Buonanotte Shotaro. – gli sorrise dolcemente, senza rabbia o altri sentimenti negativi, mentre si allontanava per raggiungere Kuon, lasciandolo lì stordito.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Julie Hizuri, Kuon Hizuri, Kuu Hizuri, Kyoko Mogami, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ruscello delle Fate '
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Nelle settimane successive, Kuon si rese piacevolmente conto che la moglie aveva ben accettato la sua gravidanza. Forse troppo, pensò. Kyoko aveva completamente cambiato atteggiamento, iniziando a sviluppare un amore immenso per la creatura che aspettava, tanto da cambiare alimentazione e ritmo di lavoro, per non affaticarsi troppo aveva detto, tuttavia passava ore a pulire casa e a cambiare disposizione dei mobili, così da renderla sicura per un bambino, secondo il suo punto di vista. Aveva perfino iniziato ad arredare anzitempo una stanza con tutto l’occorrente per accogliere la loro principessa, nonostante le reticenze dell’uomo per scaramanzia. Da quando avevano saputo il sesso del bebè in arrivo, poi, Kyoko si era fiondata in ogni negozio che vendesse abiti e accessori dall’aspetto fiabesco ma soprattutto bizzarro, ed era proprio uno di quegli oggetti che Kuon teneva tra le mani, osservandolo scettico.
- Tesoro, mi dici cosa dovrà farci la bambina con un costume da sirenetta? – le chiese, rigirando tra le mani la coda e il piccolo reggiseno a forma di conchiglie, fatti entrambi ad uncinetto.
- Ishiko nascerà a settembre no? Pensa quanto sarà carina quando la porteremo al ruscello con quello! – rispose Kyoko, già persa nel suo mondo fatato.
- Dubito che potremo portarla lì appena nata, soprattutto con questo costume. –
- Vorrà dire che lo metterà a casa. – replicò convinta sua moglie, togliendoglielo dalle mani e riponendolo allegra dentro a uno dei cassetti dell’armadio di colore rosa acceso e che gli ricordava, suo malgrado, quell’orrenda tuta da lavoro della sezione Love Me. Anche se inizialmente se ne lamentava, quel colore doveva piacerle molto, o Kuon non avrebbe saputo spiegarsi il perché di tutto quel rosa in ogni angolo della cameretta. Perfino la culla, a forma di carrozza, aveva le tendine rosa.
“Qualcosa mi dice che Ishiko odierà il rosa quando sarà grande.” rifletté il giovane.
- Come vuoi tesoro. – rispose rassegnato Kuon, ma felice allo stesso tempo nel vedere l’entusiasmo della moglie.
Nonostante gli inizi fossero stati un po’ traballanti, era sicuro che Kyoko sarebbe stata un’ottima madre e che la loro sarebbe stata una famiglia felice e, sperava, numerosa.
 
La cameretta era illuminata dai brillanti colori del tramonto che amplificavano il rosa delle pareti, rendendo l’atmosfera calda e rilassante.
Kyoko, seduta su una poltrona vicino alla finestra, allattava la sua bambina ammirandone la bellezza. Da quando era nata, circa due settimane prima, era diventata il suo bene più prezioso. Ripensava ancora alla paura provata poco prima del parto, non tanto per il dolore, ma sul come dover gestire la figlia una volta nata. L’amore non era certamente l’unica cosa di cui un bambino aveva bisogno. L’allattamento era una delle cose che più la terrorizzava. Per sua fortuna, Julie e Kuu si erano presi tre mesi di vacanze e sarebbero rimasti con lei e Kuon per aiutarli. Per Kyoko la presenza di Julie era fondamentale. Ogni suo consiglio era prezioso e con lei accanto si sentiva decisamente più sicura.
Persa nell’osservare gli occhi ambrati della figlia che ogni tanto la fissavano, non fece caso a quando il campanello suonò; fu Kuon a ridestarla dai suoi pensieri, annunciandole una visita.
- Chi è? - gli chiese incuriosita, staccando la figlia che aveva oramai finito di mangiare.
- Sono io. – rispose la voce di sua madre, apparendo da dietro le spalle di Kuon.
- Mamma… - sussurrò Kyoko, alzandosi e osservandola confusa.
Non la vedeva da diversi mesi, esattamente da quando le aveva detto di essere incinta. Dall’espressione contrariata che le aveva mostrato, certamente non ne era stata felice, così non l’aveva neppure chiamata al momento del parto. Tanto sapeva che, per l’ennesima volta, non le sarebbe stata accanto.
- Sei troppo giovane per questo. – sostenne la donna, avvicinandosi e osservando la piccola, che si voltò a guardarla a sua volta.
- Non ricominciare come quando ti ho detto che mi sposavo, ti prego! Ho fatto le mie scelte e non ti… -
- È davvero una bambina bellissima. – la interruppe Saena, accarezzando delicatamente la guancia di Ishiko, sotto lo sguardo stupito di Kyoko e di Kuon, rimasto in disparte vicino alla porta. – Sei stata brava. – aggiunse poi, ripetendo quel gesto con Kyoko e accarezzando, per la prima volta, il viso di sua figlia, che la guardò sconvolta.
Saena aveva saputo della nascita della nipote dai programmi di gossip. Nessuno aveva pensato di informarla e, in fondo, sapeva di meritarlo. In tv aveva visto un’immagine di Kyoko fotografata all’uscita della clinica dove aveva partorito e con in braccio la piccola completamente infagottata. In un altro scatto, sorridente come mai, c’era suo marito che l’aiutava ad entrare in auto. Ovviamente non mancavano i genitori di lui. Quella donna, Juliena Hizuri, era spesso vicino a Kyoko come se fosse sua madre, non sua suocera. Non che ne fosse gelosa, era stata una sua scelta non avere contatti con la figlia, tuttavia quelle immagini la colpirono.
Sembravano tutti davvero felici.
Per giorni non aveva pensato ad altro. Rivedeva quei visi sorridenti e non poté che accettare la dura verità, nonostante volesse negarla a se stessa.
Con quella frase, quella piccola lode che Kyoko stessa aveva chiesto anni prima*, Saena ammetteva non solo che era fiera di lei, delle sue scelte, della sua caparbietà, ma anche che per la prima volta l’aveva superata in qualcosa, riuscendo in ciò in cui lei non era mai riuscita: Avere una famiglia. Kyoko, al contrario suo, aveva saputo scegliere bene l’uomo a cui affidare il suo cuore ed era sicura che non se ne sarebbe mai pentita, come invece era accaduto a lei.
Kyoko restò immobile per un tempo che le sembrò infinito. Sua madre l’aveva davvero accarezzata facendole un complimento? Si era forse addormentata mentre allattava Ishiko? Eppure, il sorriso rassicurante di suo marito, appoggiato allo stipite della porta, diceva che era reale, non stava sognando.
- Vu-vuoi prenderla in braccio? – le chiese, risvegliandosi dal torpore e notando che la madre la stava fissando immobile.
Saena annuì e prese la nipote tra le braccia. Era una strana sensazione, diversa da quella provata con sua figlia quando nacque, per la quale provò solo disprezzo per via di ciò che le ricordava. Più ripensava a quegli anni, più era convinta di aver fatto la scelta giusta ad affidarla ai Fuwa. L’aveva privata di una madre, ma le aveva dato la possibilità di ricevere molto più amore di quanto lei avrebbe mai potuto darle. Restando con lei sarebbe cresciuta in un ambiente freddo, non si sarebbe invaghita di quell’inetto di Shotaro e non lo avrebbe seguito a Tokyo, non sarebbe mai entrata alla LME – benché lo avesse fatto sotto il suo consenso dato al presidente Takarada - e forse non avrebbe mai incontrato Ren Tsuruga. Non andava di certo fiera di quello che aveva fatto, ma neppure se ne pentiva; non poteva fare altrimenti.
L’unico gesto vagamente materno che aveva avuto nei suoi riguardi, era stato quello di allontanarla da sé e il suo odio, spingendola inconsapevolmente verso ciò che teneva in quel momento tra le braccia e che la stava fissando sorridente.
- Mogami-san, le andrebbe di fermarsi a cena con noi e i miei genitori? Non credo vi siate mai incontrati. – propose Kuon, entrando finalmente nella stanza e affiancando la moglie, che lo guardò sorpresa. Sapeva che a Kuon non piaceva proprio sua madre, quindi quel gesto la stupì.
La donna si voltò a guardare la figlia, come a chiederle se la volesse nell’intimità della famiglia che si era creata, in fondo, lei, non ne faceva parte. Kyoko intuì la sua muta domanda e le rispose.
- Mi farebbe piacere se ti fermassi con noi… mamma. – le sorrise e Saena annuì nuovamente, tornando a guardare la nipote.
Entrambe le donne sapevano che il loro rapporto madre/figlia non sarebbe certo mutato miracolosamente grazie a Ishiko. Saena restava una donna provata dalla vita e dalle sue scelte sbagliate, non sarebbe mai stata una madre o una nonna affettuosa, tuttavia si apriva una piccola speranza di poter iniziare almeno a conoscersi e stimarsi a vicenda, lasciando finalmente un po’ da parte l’amarezza del passato.
 
Sho Fuwa camminava baldanzoso per i corridoi della Fuji Tv per partecipare ad un’intervista riguardo al suo ritorno in Giappone dopo quasi quattro anni di assenza. Il suo tour in giro per l’Asia si era di molto ampliato, arrivando perfino negli Stati Uniti, in cui aveva ottenuto maggior successo grazie ai suggerimenti di Shoko di scrivere testi in inglese. Il suo conto bancario era lievitato tantissimo, così come il suo ego, poiché molte riviste lo consideravano il nuovo scapolo d’oro più ambito sul suolo nipponico.
“Alla faccia di quella capocchia di spillo di Tsuruga, o come diavolo si fa chiamare ora!” pensò soddisfatto. Alla fine, lasciare Tokyo si era rivelato molto fruttuoso per la sua carriera. Doveva ringraziare Kyoko di ciò. - Già… Kyoko… - sussurrò amareggiato, perdendo improvvisamente la spavalderia con cui era arrivato.
Non la vedeva da quella sera al parcheggio. Ne aveva avute di belle donne nel suo letto ma, ogni volta, il suo pensiero correva a quella ragazza tanto insignificante quanto speciale e che mai avrebbe potuto anche solo sfiorare. Aveva cercato di divertirsi, aveva impiegato il suo tempo facendo concerti uno dietro l’altro, aveva partecipato perfino ad un reality show americano, ma niente aveva cancellato dai suoi pensieri Kyoko. E lei? Si ricordava almeno della sua esistenza o lo aveva del tutto cancellato per quel finto damerino di Tsuruga?
“Più probabile la seconda ipotesi.” si disse.
Mentre raggiungeva il suo camerino, sentì qualcuno urlare qualcosa, ma non capì esattamente cosa. Con la mano ancora sulla maniglia, vide una piccola figura vestita di rosa sfrecciargli accanto e, dietro di lei, un ragazzo quasi in apnea per inseguirla.
- Ishiko! Fe-fermati, ti prego! – ansimò Hikaru, continuando a correrle dietro.
Improvvisamente la bambina si bloccò e si voltò, mentre il povero Hikaru si fermava per riprendere fiato e ringraziare i Kami per averlo ascoltato. Kyoko-san gliel’aveva affidata per un po’ mentre terminava le registrazioni per il suo nuovo programma di cucina, ma la piccola peste aveva iniziato a scorrazzare in giro senza mai fermarsi. L’aveva anche persa di vista, finché non l’aveva trovata casualmente vicino ad alcuni camerini.
“Non farò mai più da babysitter!” sbuffò il ragazzo, pronto a prendere la mano della bimba, che però fuggì nuovamente lontano da lui. “Oh no! Ancora?”
Sho entrò annoiato nel camerino, quando la piccola gli si fermò davanti proprio prima che chiudesse la porta.
- Ciao! – lo salutò la bambina bionda dall’aspetto a lui familiare; i suoi occhi color ambra soprattutto.
- Che vuoi mocciosa? – le chiese accigliato, mentre lei cercava di intrufolarsi nel camerino.
- Ishiko-chan, dove vai? – la chiamò nuovamente Hikaru, notando solo in quel momento la presenza del cantante. – Oh, sei Fuwa-san! Che piacere rivederti! – lo salutò il giovane.
- Tu sei uno dei Bridge Rock mi pare. – osservò Sho.
- Sì, sono Hikaru Ishibashi. –
- E tu sei zio Shotaro, non è vero? Sì, sei tu! – affermò allegra Ishiko, guardandolo emozionata e abbracciandolo per le gambe.
- Chi è che hai chiamato zio? – domandò torvo appena sentì il suo nome completo, cercando di schiodarsela di dosso.
- Mamma ha detto che eri suo amico come zia Kanae, zia Chiori, zia Maria e zio Yuki! Quindi sei anche tu zio Shotaro!–
- E chi diamine sarebbe tua madre? –
- Ishiko-chan comportati da brava bambina e lascia le gambe di Fuwa-san. Dobbiamo tornare dalla mamma ora. – s’intromise Hikaru, staccandola dal cantante. – Scusala Fuwa-san. Ti avrà scambiato per qualcun altro. Lei è la figlia di Hizuri Kyoko-san. Non so se vi conoscete. – la presentò il giovane, ignaro dei trascorsi tra i due.
- Hizuri? Intendi Kyoko Mogami? – domandò sorpreso Sho, guardandola meglio. “Ecco chi mi ricordava questa mocciosa. Somiglia a Kyoko ma con i capelli biondi di quell’idiota.”
- Sì, proprio lei. –
- Di’ un po’ mocciosa… -
- Mi chiamo Ishiko, zio! – lo corresse lei.
- Mocciosa… - ripeté derisorio lui, chinandosi alla sua altezza – Tua madre ti ha detto che mi chiamo Shotaro? –
- Già! – annuì sorridente – Ogni volta che sei in tv ti chiama Shotaro! – spiegò lei, sotto lo sguardo stupito del cantante.
- Ti ha parlato di me, dunque… - disse ancora più incredulo. – Interessante! E dov’è la tua mamma adesso? –
- Se vuoi ti porto da lei! – rispose raggiante la piccola, afferrandolo per la mano.
- Ishiko-chan, Fuwa-san, ma che… - li chiamò confuso Hikaru, quando i due si allontanarono insieme ignorandolo del tutto.
Arrivati davanti allo studio, Sho entrò con Ishiko tra le braccia proprio mentre Kyoko salutava il personale con cui aveva appena finito di lavorare. Voltandosi per andarsene si trovò di fronte Sho con sua figlia.
- Ma cosa… - chiese stordita.
- Mamma, guarda chi ho trovato? Zio Shotaro! – affermò allegra, abbracciandolo.
- Zio Shotaro, eh? Non potevi dirle solo Sho? – chiese accigliato.
- Shotaro, che ci fai qui e con mia figlia in braccio? - chiese Kyoko, ignorando bellamente la sua domanda.
- Sono stato aggredito da questa mocciosa in fuga mentre entravo nel mio camerino. – le spiegò quasi divertito, guardandola dall’alto in basso. Della ragazzina insignificante era rimasto ben poco, notò. Kyoko si era fatta donna; una bellissima donna.
- In fuga? Che significa? –
- Ehm, Kyoko-san, non prendertela ma… Ishiko era fuggita e ho dovuto correrle dietro a lungo per riprenderla. – spiegò Hikaru mortificato.
- Dubito l’avresti ripresa se non si fosse fermata perché mi ha riconosciuto. Dovresti stare più attenta a chi affidi tua figlia, sai? – le fece presente Sho, dando il colpo di grazia a Hikaru.
- Hikaru-san non preoccuparti, grazie per aver comunque badato a lei. Noi due, invece, faremo i conti a casa, signorina! – la rimproverò Kyoko, che sapeva quanto terribile potesse essere sua figlia quando voleva. Se a quasi tre anni era una vera ribelle, non osava immaginare come sarebbe stata da grande, soprattutto se il padre continuava a coccolarla dopo ogni suo rimprovero.
Istintivamente, Ishiko si nascose nell’abbraccio di Sho, ancora incredulo di trovarsi in quell’ambigua situazione.
Usciti dallo studio, i tre si recarono al bar della Fuji Tv a prendere qualcosa da bere. Ishiko sorseggiava dalla cannuccia il suo succo, mentre Kyoko girava nervosamente il cucchiaino nella sua tazza di thè ormai freddo. Non si vedevano da molto e non si erano lasciati molto amichevolmente.
- Perché mi chiama zio? – chiese curioso, spezzando l’imbarazzante silenzio che aleggiava intorno a loro.
- Tempo fa ha visto un tuo concerto in tv e sembrava piacerle. Quando le ho detto che ti chiami Shotaro e che eri mio amico, automaticamente ha iniziato a chiamarti zio visto che chiama così tutti i miei amici. – spiegò leggermente a disagio. Di certo non immaginava che sua figlia lo incontrasse e lo chiamasse in quel modo.
- Capisco. – rispose semplicemente, cercando di nascondere la sua sorpresa. Credeva lo avesse del tutto cancellato dalla sua vita, invece aveva parlato di lui alla figlia. Era già qualcosa.
- Allora… com’è andata in questi anni? Ho visto hai avuto un discreto successo. – provò a conversare Kyoko, non sapendo che dire.
- Diciamo un po’ più di discreto. Tu, invece? Fai figli invece di film? – la stuzzicò Sho.
- Faccio entrambi! – rispose irritata, per poi correggere l’affermazione ambigua - Cioè, non è che abbia altri figli… per ora. - arrossì, pensando a Kuon che le ripeteva che dovevano “mettersi al lavoro” per fare altri bambini. Lui e quella sua dannata espressione da imperatore della notte la convincevano sempre.
- Quanti anni ha? –
- Quasi tre. –
- Ci vieni alla mia festa di compleanno zio? – gli chiese sorridente la bambina, mentre entrambi sgranavano gli occhi alla sua richiesta. 
- Tesoro, non credo che zio Shotaro avrà tempo per venire alla tua festa. –
- Se mi dici il giorno, mi tengo libero. – ne approfittò invece il cantante, non volendosi perdere quell’occasione.
Kyoko restò a bocca aperta, non sapendo che dire. Come poteva invitarlo senza prima chiedere il permesso a suo marito? Ed era praticamente sicura che Kuon avrebbe risposto un categorico no.
- Suppongo tu debba prima chiedere il permesso a tuo marito. – l’anticipò Sho, come se avesse letto i suoi pensieri.
- Già… -
- Mi pare giusto. In fondo non scorre buon sangue tra me e lui. Mi farai sapere in seguito. –
- E tu, Sho? Quando metterai la testa a posto? Inizi ad avere una certa età ormai. –
- Ehi! Ho solo ventiquattro anni! Mi fai sembrare Matusalemme! – protestò il cantante, guardandola truce.
- Però dovresti iniziare a pensarci, no? Appari nei programmi di gossip più per le tue nuove fiamme che per le tue canzoni. – ridacchiò lei, vendicandosi per la battuta che le aveva fatto prima.
- Ah ah… divertente! Guarda che non tutti sono fortunati come te da… - s’interruppe, conscio di stare per dire qualcosa fuori luogo, soprattutto per lui. Stava per dirle che era fortunata ad aver trovato la persona giusta, ma si bloccò poiché, se non fosse stato un vero idiota, il fortunato sarebbe stato lui.
- Hai ragione, sono stata davvero fortunata, ma lo sarai anche tu. Troverai la persona giusta per te, ne sono certa. Devi solo saper cercare. – gli sorrise teneramente lei, convinta di ciò che aveva appena detto.
Gli anni in cui era arrabbiata con lui erano davvero lontani. Da quando stava con Kuon, non poteva far altro che ringraziare quell’affetto che aveva avuto per Sho, perché le aveva fatto incontrare il vero amore. Come le aveva detto mesi prima perfino sua madre, era anche grazie a Shotaro che lei aveva quella vita felice, perché senza di lui non avrebbe mai lasciato Kyoto. E aveva proprio ragione.
- Vedremo. Ora devo andare. Poi fammi sapere per il compleanno della mocciosa. – le disse alzandosi e lasciandole un bigliettino da visita col suo numero.
- Mi chiamo Ishiko, zio! – stridulò la piccola, gonfiando indispettita le guance. Gli ricordava tanto Kyoko da piccola.
- Ok. Ciao mocciosa e madre della mocciosa. – le salutò, sorridendo divertito mentre andava via tra i borbottii di Ishiko.
“Chissà, forse ho perso l’amore ma ho guadagnato l’affetto di un’amica e di una mocciosa divertente.” sorrise ancora, cosa che non faceva sinceramente da anni.
 
Kuon era irritato. Da quasi un’ora ascoltava la figlia raccontargli di aver conosciuto finalmente “zio Shotaro” e che lo aveva invitato alla sua festa di compleanno. Non voleva quell’idiota tra i piedi, ma non riusciva a negare niente alla figlia. Kyoko, dal canto suo, aveva lasciato la scelta a lui, senza interferire. Non dubitava della moglie, quanto invece dell’imbecille arrogante. Era fermamente convinto che provasse ancora qualcosa per Kyoko e i fatti gli avevano dato ragione alcuni giorni dopo, quando lui e Kyoko lo avevano incontrato casualmente a cena. Il modo in cui guardava sua moglie era chiaro, solo Kyoko non lo notava.
Qualche settimana dopo, al terzo compleanno della figlia, Kuon non poté non notare quanto strana fosse quella festa. In pochi metri quadrati c’erano le due persone che più avevano ferito sua moglie: Fuwa - che era venuto accompagnato da una sedicente “fidanzata” - da una parte, e l’austera Saena dall’altra. Entrambi a far regali a sua figlia, la quale gli regalava sorrisi come se fossero le persone più importanti al mondo dopo lui e Kyoko.
- Certo che regalare un’enciclopedia a una bambina di tre anni, è davvero strano. – commentò Kuu, osservando Ishiko rigirare incuriosita il grande libro tra le mani, regalo di nonna Saena.
- Almeno è piena d’illustrazioni. – ironizzò Kuon.
- Ciò che più mi stupisce è che tu abbia permesso a quel cantante di essere qui, vicino a Kyoko. –
- Lei lo vede quasi come un fratello ormai. Non è un pericolo, almeno per me. L’unico che rischia di farsi male è lui, papà. Meglio così, vorrà dire che vedrà con i propri occhi cosa si è perso. – ghignò Kuon, raggiungendo la figlia e la moglie, dando poi un veloce bacio a quest’ultima, sicuro che il soggetto in questione lo avrebbe visto.
Kyoko era sua ormai e lo sarebbe sempre stata, soprattutto grazie a Fuwa. Doveva pur ringraziarlo in qualche modo, no?
 
Il piccolo Rick gattonava allegramente sul tappeto del soggiorno, mentre Kuu e Lory lo riprendevano con i loro smartphone.
- Ri-chan, vieni da nonno Kuu! Vieni piccolo! – lo chiamò il primo, mentre il piccolo lo raggiungeva.
- Non ascoltare questo vecchio! Vieni da nonno Lory invece. Guarda cosa ti do se vieni qua! – disse il secondo, prendendo un sonaglino colorato che attirò tutta l’attenzione di Rick, facendogli cambiare direzione.
- Ehi! Non vale così! E poi vecchio a chi? Tu lo sei più di me, boss! -
- Non è l’età anagrafica che conta! Io sono giovane dentro! –
- Sì, come no! Vai a raccontarlo ad altri! –
- Vieni Ri-chan. È ora della pappa. – lo prese Kyoko, rovinando la sfida tra i due nonni che sbuffarono indispettiti.  – In realtà sembrate entrambi dei bambini, se può farvi piacere saperlo. – li informò lei, alzando gli occhi al cielo.
- Come puoi dire questo a tuo padre? – chiese Kuu con finti lacrimoni agli occhi.
- Tanto non m’intenerisci. Vai a dare una mano a Ishiko e alla mamma invece. Stanno facendo i toast… - gli disse sconfortata la giovane.
- Oh… corro! – rispose l’uomo, cercando di ricordare dove fosse riposto l’estintore in casa di suo figlio, in caso di necessità.
Kuon rise. Gli anni passavano, ma la cucina di sua madre non cambiava mai. Raggiunse la moglie nella cameretta di Rick, arredata ovviamente di azzurro e con i vari principi Disney stampati sulle pareti. Il lettino, azzurro anch’esso, aveva invece come tema Peter Pan. Anche per Kyoko gli anni passavano, ma la sua fantasia fiabesca no.
Le poggiò una mano sulla spalla mentre allattava il loro secondogenito, che portava il nome del suo caro amico. Tutti ripetevano sempre che se non fosse stato per Fuwa, sua moglie non sarebbe stata lì, ma la verità era che se non fosse stato per Rick, sarebbe stato lui a non essere lì con la sua splendida famiglia, perché non sarebbe mai fuggito in Giappone per reinventare se stesso e, di conseguenza, non avrebbe ritrovato Kyoko, anzi, probabilmente sarebbe stato ucciso in qualche vicolo continuando su quella vecchia strada. Doveva davvero la vita a Rick.
Intuendo i suoi pensieri, Kyoko gli strinse la mano, alzando la testa per guardarlo. Aveva gli occhi lucidi.
- Sono sicura che sia fiero di te. – gli disse e lui annuì, guardando poi l’orologio di Rick che Kyoko gli aveva fatto riparare.
Quell’orologio al suo polso non era più la sua condanna, fermo all’ora in cui la tragedia aveva sconvolto la sua vita, stavolta segnava l’ora corrente, ricordandogli che poteva rimediare ai suoi errori solo vivendo serenamente quella possibilità che gli era stata regalata, e non punendo se stesso. Era ciò che Kyoko gli aveva inconsapevolmente insegnato e lui avrebbe approfittato di ogni istante di quella fortuna.
Si chinò sul collo della moglie e le lasciò un tenero bacio, per poi dirigersi al suo orecchio.
- Stavo pensando… Rick sta già crescendo, potremmo prepararci per il terzo. – le sussurrò con tono lascivo, facendola arrossire.
- Kuon, ha solo nove mesi. – sospirò lei.
- Appunto. Stai già iniziando a svezzarlo e tra un po’ inizierà anche a camminare, quindi perché aspettare? –
- Certo, la fai facile tu! Tanto sono io quella che li partorisce! – si lamentò, voltandosi per guardarlo male. – E smettila con quell’espressione da imperatore della notte! Non attacca! -
- E se stavolta ti lasciassi scegliere uno dei nomi delle fiabe che ti piacciono tanto? – le propose, sperando di corromperla con quella proposta. – Qualunque nome sceglierai, non protesterò. -
La vide tentennare e aprire la bocca, forse per protestare, poi la richiuse. Forse ci stava pensando.
- Chi tace, acconsente. Non vedo l’ora che vadano via tutti. – le disse malizioso mordendole delicatamente il lobo.
- Corn! –
Rick sollevò lo sguardo per guardare i suoi genitori, ignaro, per l’ennesima volta, di quanto fosse stato fortunato a nascere per secondo, perché il terzogenito non avrebbe sicuramente goduto della fortuna che aveva avuto lui riguardo al suo nome.
 
 
Fine
 
 
 
 
 
*Nel capitolo 233, Kyoko chiede alla madre di farle una carezza sulla testa il giorno in cui sarebbe stata orgogliosa di lei. Nello stesso capitolo, Todoh, il collega di Saena, dice che forse inizierà a vedere la figlia il giorno in cui farà qualcosa che per lei sarebbe impossibile. Da lì mi son chiesta qual è l’unica cosa impossibile per Saena, e la mia personale risposta è in questo capitolo ^^
 
E questo era l’ultimo capitolo  ^_^ vi è piaciuto questo tipo di finale? Di Saena che ne pensate? Ce la vedreste un giorno ad accettare la figlia? Chissà ^.^
Sho è ritornato sotto le vesti di zio XD devo dire che mi diverte in questo ruolo, ragion per cui ho scritto due piccoli extra XD quindi vi do appuntamento alla volta prossima con i capitoli speciali  ;-)
Baci Faby <3 <3 <3 <3
 
P.S. per i curiosi, ecco la CULLA  di Ishiko e il COSTUME DA SIRENETTA ad uncinetto, troppo tenero *-*

   
 
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