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Autore: channy_the_loner    27/07/2018    1 recensioni
La Wammy's House non è mai stata un orfanotrofio come tutti gli altri, e mai lo sarà. Al suo interno, piccoli soldatini vengono addestrati per sviluppare uno sconfinato genio, per ottenere riconoscimenti di fama internazionale, per diventare Qualcuno.
Ma la mente umana è contorta e spesso, durante la fase di crescita, subisce traumi irreparabili se essa si trova in circostanze eccessivamente violente o disagiate.
Qui seguiremo il percorso psicologico di un eterno secondo, di un irremovibile apatico, di un fanatico videoludico.
Qui conosceremo un'imbranata lettrice, una logorroica paurosa e una leale sognatrice.
Piccole menti e grandi cuori. Insieme sulle tracce di L.
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[Fanfiction presente anche sul mio profilo Wattpad]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La bambina strinse forte la mano dell'anziano signore, i lineamenti delle labbra piegati all'ingiù.
Non aveva paura di quel posto nuovo, no; la paura era un sentimento forte e devastante, la paura era un tornado, non era per niente paragonabile alla morsa che percepiva allo stomaco in quel momento. Lei era solo intimorita. Continuava a ripeterselo: solo timore, niente paura.
«È bello qui?» le chiese l'anziano signore. Non era molto alto, ma la sua figura era slanciata ed elegante, accarezzata da un cappotto nero in abbinamento con la federa nera che copriva i suoi capelli color cenere. La bambina riusciva solo a scorgere due folti baffi bianchi e un sorriso tiepido sotto di essi, contornato da qualche ruga. «Ti piace?»
La bambina osservò ciò che la circondava, facendo saettare i suoi grandi e dolci occhi verde chiaro da una parte all'altra. Vide dei sentieri di ghiaia, erba ben curata e alberi altissimi, i cui rami venivano mossi, fatti danzare pacificamente dal tenue vento primaverile. Sull'erba c'erano dei bambini e delle bambine che la stavano guardando con curiosità, nonostante fossero abituati ai nuovi arrivi, anche se questi si facevano sempre meno frequenti col passare degli anni.
La piccola nuova arrivata annuì, in risposta alla domanda che le era stata precedentemente posta, poi s'incamminò con l'uomo sul sentiero principale che, a differenza degli altri, non era in ghiaia ma pavimentato, diretto alla grande struttura che padroneggiava negli occhi di chiunque guardasse nei dintorni.
L'anziano aprì l'uscio principale della costruzione e invitò la bambina ad entrare; lei obbedì e, subito dopo aver oltrepassato la soglia d'ingresso, schiuse le labbra, ammaliata dalla bellezza dell'arredamento, in particolar modo dal lungo tappeto rosso che attutiva i passi frettolosi di alcuni bambini, poco più in là. Le erano sempre piaciuti i tappeti, sin da quando non sapeva ancora reggersi in piedi a dovere; li trovava confortevoli e caldi, e le piaceva stare seduta su di essi a guardare un film della Disney in pieno inverno, quando la finestra del salotto della sua vecchia casa era appannata dalla condensa.
«Adesso» disse l'uomo, richiamando la sua attenzione «ti porterò in un'altra stanza. Lì ci sarà il Signor Roger. Sarà lui a prendersi cura di te.»
«Ma Signor Watari» fece la piccola, con un accenno di tremolio nella voce, «io voglio restare con te.»
Il vecchio s'inginocchiò, arrivando così all'altezza della fanciulla. «Purtroppo io non posso restare, però ti farò visita ogni tanto. Il Signor Roger è mio amico, ti tratterà bene.»
«Perché non puoi restare?»
«È un segreto.»
«Voglio venire con te.»
«Non puoi, piccola mia. Non ti troverai male qui, ci sono un sacco di bambini con cui potrai giocare.»
Lei restò in silenzio.
«Mi prometti che farai la brava?»
La bambina esitò per qualche attimo, poi rispose: «Va bene.»
I due ripresero a camminare. Salirono due rampe di scale e la piccola ne contò i gradini, poi percorsero tutto il corridoio che si stagliava alla fine della seconda scalinata, fino ad arrivare ad un'entrata a doppio uscio; all'interno c'era solo una scrivania con delle sedie, dietro di questa una libreria traboccante di tomi dall'aria malandata, che divideva due grandi finestre con la veduta sul cortile anteriore della tenuta. Dietro la scrivania in quercia c'era un uomo di mezza età comodamente seduto su una poltrona, che stava leggendo alcuni fogli, probabilmente documenti; aveva i tratti tipici di un europeo, eppure la forma degli occhi faceva pensare a tutt'altro. Roger - doveva essere lui -, accortosi della presenza dei due, si alzò dalla poltrona e, dopo aver dato loro il benvenuto, invitò l'uomo e la bambina ad entrare e a prender posto sulle due sedie che fronteggiavano la cattedra, poi si accomodò nuovamente.
«Chi è questa bambina?» chiese Roger con uno spiccato accento inglese.
Lei fece per rispondere, ma Watari la precedette. «Era da sola nei pressi della Stazione Centrale di Londra. Ero lì di passaggio e mi ero accorto di lei, pertanto ho deciso di portarla qui.»
L'altro si portò una mano al mento. «Capisco. Tuttavia non può restare qui, a meno che non possieda il livello standard di quoziente intellettivo che cerchiamo. Hai fatto delle verifiche?»
«No. Pioveva quando l'ho vista, non avrei potuto verificare se avesse i requisiti richiesti qui» rispose Watari.
«Ma ora lei è a conoscenza della posizione di questo posto. Potrebbe essere un problema, dovresti saperlo.»
«Cosa avrei dovuto fare? Lasciarla lì a morire di freddo?»
«Io...» I due uomini si voltarono verso la bambina. «Io non so dove sono mamma e papà.»
Roger tentò di mostrarle la sua espressione più dolce, nonostante la situazione venutasi a creare non glielo permettesse. «Neanche noi lo sappiamo, purtroppo...»
«Ho visto solo bambini fino ad ora. Questo è un orfanotrofio, vero?» I due uomini annuirono. «Se sono qui, vuol dire che i miei genitori sono morti? Non rispondetemi, tanto so che è così.»
Solo allora Watari notò l'ombra che attraversava gli occhi grandi della bambina, uno strato di oscura consapevolezza che era calato su di lei, come un velo, e l'aveva coperta dalla testa ai piedi. Guardò Roger e disse: «Credo che possa restare qui.»
«Sono d'accordo» rispose l'altro, annuendo. Poi si rivolse alla fanciulla. «Da oggi fino al tuo diciottesimo compleanno, vivrai qui» esordì. «In questo posto vige una regola fondamentale, che vale per tutti i bambini e anche per me e Watari: non bisogna rivelare a nessuno il proprio vero nome, mai.»
«È per la sicurezza di tutti?» chiese la bambina.
«Proprio così. Presentati a tutti con un soprannome a tua scelta.»
La piccola annuì, poi restò in silenzio per alcuni attimi, persa tra le centinaia di parole che occupavano la sua mente. Poi disse: «Voglio chiamarmi Blanca.»
Watari sorrise. «Ti calza a pennello.»
«Bene, Blanca. Da oggi in poi, il tuo nome sarà questo» esordì Roger, per poi porgerle una mano, che la nuova arrivata strinse. «Benvenuta alla Wammy's House. Benvenuta a casa.»









Angoletto dell'Autrice!!

Sì, sono incredibilmente viva. So che dovrei completare altre innumerevoli fanfiction (chi mi segue sugli altri fandom lo sa bene), ma ho comunque deciso di iniziare questa; Death Note è un'opera molto importante per me: la trama, la grafica, i personaggi... Mi hanno conquistata all'unisono, tanto da farmi appassionare nel giro di pochi giorni (ho visto TUTTI gli episodi in un giorno, e non vi dico il manga e i vari gadget...)
E quindi, eccomi qui.

-Channy
  
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