In
ogni pagina, riga e ombra ti ho
cercato
La
sopravvivenza
16 dicembre 1902
Il sorriso era
quello della
sconfitta. Breve ed educato, appena accennato da un gesto del capo.
Raccolse la
borsetta, si infilò nuovamente il cappello,
sistemò la veletta.
“Chiamerò
il mio avvocato,” disse con
voce argentina. “Vi farò causa, mi
riprenderò ciò che è mio.”
“Lei
può fare tutto ciò che vuole,
Madame Cushing,” rispose l’uomo alzandosi goffo.
“Sharpe,”
lo corresse lei, senza che
sul viso delicato, di bambina, scomparisse quel sorriso educato e
freddo. “Mio
marito, Sir Thomas Sharpe, era, se non legalmente, di fatto vedovo,
avendo sua
sorella avvelenato le sue precedenti mogli. Questo rende il mio
matrimonio
assolutamente, inderogabilmente legale e valido. Come vi ho
già spiegato,”
aggiunse con un breve cenno del capo.
L’uomo
assentì, e Edith si girò
energica, imboccando a larghi passi l’uscita. Prima che ne
varcasse la soglia,
tuttavia, l’uomo la bloccò.
“Madame.”
La donna si fermò senza
voltarsi, le mani piccole e delicate infilate nel manicotto di
pelliccia.
“Siete davvero certa che è Allerdale Hall, quello
che volete? Potreste tornare
in America, dimenticare tutto.”
Edith non
rispose. A queste domande,
non lo faceva mai. Uscì e salì nella carrozza,
dove l’aspettava Alan. Il
dottore, vedendola, le posò un bacio delicato sulla guancia,
con tocco gentile.
Anche lui le aveva chiesto perché fosse così
importante quel vecchio palazzo
tetro e cadente. Dovrebbe essere il posto che più detesti al
mondo, Edie.
Dovresti volerlo veder bruciare. È per questo che vuoi a
tutti i costi che
passi a te? Per distruggere ogni pietra, tirare giù tutte le
mura, far sparire
pezzo dopo pezzo questa casa marcia come i cuori che
l’abitavano? Così aveva
detto, ma la giovane donna lo aveva guardato con
un’intensità tutta particolare
e aveva scosso la testa. E nemmeno a lui aveva risposto.
Cigolando, la
carrozza si avviò per
le strade innevate che dalla città portavano alla tenuta
appartenuta agli
Sharpe.
Che ne poteva
sapere Alan, del dolore
e della lacrime che aveva versato svegliandosi, una mattina, con la
camicia da
notte macchiata di rosso? L’ultima speranza flebile del suo
cuore si era spenta
– quanto aveva sperato che quel ritardo fosse il segno di una
gravidanza! Aveva
sospirato, sfiorandosi il ventre piatto, immaginando che fosse rimasta,
in lei,
traccia di Thomas, di loro. E invece.
16/12/1908
Occhi aperti,
nel buio. Fuori
pioveva. Pioggia scrosciante, intensa, implacabile, che avvolgeva tutto
come il
sipario scuro di un teatro. A quell’ora, lo spettacolo
sarebbe dovuto finire
già da un pezzo. Ma Malcom ancora non era tornato, ed Edith
pensò a un modo per
descrivere il rumore delle ruote che giravano veloci sul selciato
sdrucciolevole. Volle appuntarlo su un foglio di carta, accese la luce
del
comò. Gli occhi miopi non si abituarono subito alla luce
improvvisa e alle
lenti degli occhiali e, tra le ombre, alla donna parve di vedere
un’ombra scura
svanire tra i tendaggi.
“Thomas.”
Il suo nome fu un sussurro,
una preghiera, una supplica. Lui era tornato. Dopo infinite notti a
piangerlo e
invocarlo, nonostante il tempo e i nuovi amori. A piedi nudi si
avvicinò alla
finestra, scostandola, ma nessuna ombra eterea e sfuggente la fissava
con occhi
tristi, oltre il velluto pesante. Edith era sola, disperatamente,
definitivamente, inevitabilmente.
Un sospiro le
uscì dalla gola, come
un rantolo di dolore tenuto soffocato troppo a lungo. Nei suoi romanzi,
gli
spettri popolavano sempre le notti senza luna dei suoi protagonisti.
Erano
ombre fugaci tra una stanza e l’altra, profumi intensi e
sospiri appena
percettibili dietro le spalle. Divenivano corporei e reali solo durante
il
sonno, quando la loro conformazione eterea si bagnava della sostanza
dei sogni
e traeva, da essa, forza e vigore. Ma Thomas Sharpe non le appariva mai.
Le rimproverava,
forse, il matrimonio
sbrigativo con Malcom? O di aver lottato per avere Allerdale Hall per
poi,
infine, perderla definitivamente?
Malcom era
rientrato. La signora
Fanny evidentemente doveva essere molto stanca quella sera, se
l’aveva
rispedito a casa così presto. Fanny era bruna, con dei
lunghi boccoli neri e le
labbra rosse. Incastonati nel viso, splendevano due occhi scuri come
perle.
Strano, che fosse sempre una donna dai capelli color inchiostro, a
rubarle il
marito. Avrebbe dovuto esserne ferita, provare gelosia, rancore, odio,
amore. I
suoi personaggi lo avrebbero fatto, e Edith stessa si
divertì a sciorinare,
come fosse un rosario, tutta la gamma di emozioni che le eroine dei
suoi
romanzi avrebbero vissuto in una situazione simile alla sua. Ma lei non
aveva
mai amato Malcom, non dell’amore passionale che lui, un
tempo, le aveva chiesto
con disperata insistenza.
Imparerai ad
amarmi come ti amo io,
le aveva detto con l’anello in mano e lo sguardo basso. Edith
aveva scosso la
testa. Se ti sposassi, gli aveva risposto, lo farei solo per scacciare
via la
solitudine. Non sarebbe giusto, né per te né per
me. Il mio cuore è impegnato –
c’è ancora Thomas, accanto a me. Sento il suo
odore, il suo tocco sulla mia
pelle, la mattina prima di svegliarmi.
Ma Malcom non si
era arreso, e
l’aveva chiesta in sposa ogni sera, per due anni. Qualunque
donna si sarebbe
intenerita, alla fine. Persino innamorata, forse, anche se i meccanismi
dell’amore sarebbero rimasti, per Edith, sempre estranei e
sconosciuti, il frutto
di una forza imprevedibile, assoluta, tremenda e implacabile. Ma lei
no. Aveva
accettato per affetto, amicizia, solitudine, pietà.
Perché era straziante,
rifiutare ogni giorno i sentimenti sinceri di un uomo, in nome di uno
spettro
bugiardo e profittatore, che solo nell’istante che precede la
morte aveva
trovato il coraggio di battersi per lei e contrastare
l’orrore e l’amore.
Malcom aveva
capito. Aveva aspettato.
Con dolcezza e pazienza, le era stato vicino in quella causa assurda e
ingiusta
che aveva riempito le cronache dei giornali di mezzo mondo. Ma, alla
fine, aveva
smesso di lottare, e aveva iniziato a cercare affetto altrove. Forse,
era
successo dopo aver letto i suoi romanzi.
Li aveva
sfogliati con circospezione,
muovendo le pagine come se si dovessero distruggere da un istante
all’altro.
Più volte, nella lettura, aveva aggrottato le sopracciglia e
storto la bocca,
chiedendosi se davvero fosse quello, il frutto
dell’ispirazione della giovane
donna. Glieli aveva restituiti senza un appunto o una sola nota a
margine.
Thomas, invece,
che sotto le macchie
dei suoi molti peccati aveva nascosto un’anima appassionata e
un vivace spirito
critico, aveva riempito ogni spazio libero di pensieri, osservazioni,
correzioni. Con lei aveva condiviso una mente particolarmente sensibile
e
ricettiva ai fenomeni oscuri e ai moti dell’animo, un piacere
smodato per le
narrazioni e le atmosfere. Ogni volta che rileggeva le chiose vergate
dall’inglese con una grafia assai corsiva, ma chiara e
decisa, Edith ne
apprezzava l’acutezza e la perspicacia, il gusto raffinato e
i consigli
profondi e brillanti. Ma poi, le pagine scritte fitte finivano e,
chiudendo il
manoscritto in un cassetto, Edith puntava i gomiti sulla scrivania e si
stringeva
le tempie tra le dita. Thomas Sharpe voleva i soldi di suo padre. Era
un
cacciatore di dote, sua sorella un’assassina. In lei, non
aveva visto che una
preda da raggirare. Eppure, le note a margine del suo romanzo
trasudavano un
interesse sentito, partecipato, intenso, per la storia che aveva
inventato. Non
si può mentire così a fondo. Non si possono
appuntare frasi tanto intense e
vere, in grado di rispecchiare ciò che lei immaginava
così fervidamente, senza
sentirle come proprie. In quelle chiose scritte in poco più
di ventiquattr’ore
sir Sharpe, pur animato dalle peggiori intenzioni, aveva svelato
l’animo
appassionato e brillante e disperato che solo in morte avrebbe trovato
la sua
esaltazione. No, Thomas non aveva finto quando le aveva detto di aver
amato il
romanzo. Erano state due anime affini, loro.
Malcom, invece,
lesse seduto sulla
sua poltrona di velluto verde, di fronte al camino, la stessa su cui si
sarebbe
addormentato per non svegliarsi più, diciotto anni dopo.
Stette a lungo
appoggiato allo schienale, la mano che giocava distrattamente con la
lunga
barba chiara che si era fatto crescere. Quando infine Edith gli si
piazzò
davanti, con le mani sui fianchi e gli occhiali poggiati sulla punta
del naso,
sospirò e scosse la testa. Disse che non era il suo genere.
Non comprese il
valore di quelle pagine nemmeno quando, anni dopo, Edith Cushing
divenne una
scrittrice famosa. No, il dottore non possedeva
l’immaginazione fervida e
brillante del baronetto inglese. In verità, era rimasto
ferito dagli scritti di
sua moglie. Si sentiva tradito, umiliato offeso. Da lei e da se stesso,
sciocco
e patetico illuso.
Edith scriveva
di Thomas. E questo
era accettabile, plausibile, giusto. L’inglese, con la sua
aria romantica e
disperata, pareva davvero uscito da un fosco romanzo
dell’orrore. L’avventura
vissuta dalla donna era assolutamente degna di essere raccontata. Anzi,
imprigionare nella carta le emozioni fortissime vissute nelle lunghe
settimane
passate ad Allerdale Hall aveva una grande valenza apotropaica. Come
medico,
Malcom era convinto di ciò.
Ma, come marito,
tutto ciò era straziante:
Alan aveva compreso come Thomas Sharpe, il bel Thomas dai capelli scuri
e gli
occhi azzurri come i grandi laghi d’inverno, sarebbe tornato
a vivere ogni
volta che la penna di Edith avesse tracciato un segno sulla carta
bianca. In
ogni sguardo, in ogni sorriso, in ogni frase, la moglie avrebbe messo
qualcosa
di lui, suo unico, disperato e perduto amore.
Lei si rese
conto di avergli spezzato
il cuore, rovinato la vita. Quando il tribunale aveva sancito
definitivamente
la sua sconfitta e aveva perso Crimson Peak, Edith si era detta che non
le
rimaneva niente a questo mondo d’importante, se non la penna
d’argento, ultimo
regalo di suo padre, e le fantasie accese che popolavano da sempre la
sua mente
sensibile. Non aveva potuto – né voluto
– resistere al bisogno impellente di
scrivere, consumare righe e pagine, svuotare sulla carta la sua anima
traboccante di mille pensieri. E mentre la penna correva veloce sulle
pagine
appena ruvide, nel silenzio stregato della notte, Thomas era uscito
fuori dall’inchiostro,
tragico e disperato fantasma. Così Edith, come la sera in
cui aveva ballato per
la prima volta il valzer viennese con il baronetto, di nuovo ne era
rimasta
stregata, lasciandosi traportare da lui – o dalla sua ombra,
era lo stesso. In
questo modo, il ricordo dell’uomo era emerso, vivo e
presente, vibrante e
affascinante, e quando pareva si fosse esaurito nella replica della
tragedia
che lo aveva visto davvero morire – il
primo successo letterario della signora Cushing –
aveva finito per
rivivere, mescolandosi assieme ai tratti fantastici dei personaggi
usciti dalla
penna di Edith, confondendosi in essi, disperdendo la propria
unicità. E, mano
a mano che riviveva nelle storie sempre oscure della scrittrice, lei
sembrava
instaurare un muto dialogo con il fantasma che aveva ormai smesso di
apparirle.
16/12/1919
Interviste. Foto
in bianco e nero
catturate di sfuggita, pubblicate sul giornale esposto
all’edicola. Cene, galà,
conferenze, domande. Edith fumava, reggendo il lungo bocchino
d’argento tra le
labbra sottili. Gli occhiali d’oro erano ormai fissi sul suo
naso, ed era per
quelli che la donna aveva deciso di non cedere alle mode e lasciare che
i
lunghi capelli biondi le incorniciassero il viso. Nel raccolto
elaborato erano
ormai visibili fili d’argento che si mescolavano implacabili
all’oro originale
della sua giovinezza. Anche il viso s’era sciupato. Glielo
diceva lo specchio
ogni mattina, restituendole una ruga nuova. Il prezzo da pagare per la
febbre
da scrittura che la costringeva da anni ad un’insonnia
perenne.
I suoi romanzi
venivano letti nelle
Università. Erano stati tradotti in più lingue.
La gente li amava, così come
adorava i personaggi di cui lei scriveva. Con le sue storie gotiche
piene di
terrore e sangue, aveva ricreato il patrimonio sperperato dopo la morte
del
padre nel vano tentativo di riprendersi Allerdale Hall.
Il suo accompagnatore le disse qualcosa all’orecchio e lei annuì. Voleva i suoi soldi, ma che importava? Lei desiderava compagnia, momentanea linfa vitale, illusione di felicità. I patti tra loro erano chiari, né Edith avrebbe mai desiderato dall’uomo un interesse maggiore.
L’angolo
di Shilyss
Caro
Lettore,
Vengo
qui a colonizzare una sezione pressoché defunta di
Efp. Cos’è questa? Una breve storia parcheggiata
nel mio pc da anni, veramente.
Se vorrai lasciarmi un pensiero, te ne sarò grata. Detto
questo, avrà una fine
codesta storia? Sì, ne sono certa, ma è un
esperimento che necessiterà di un po’
di pazienza.
Vuoi
più Shilyss
nella tua vita?
Ogni
settimana ti
domandi quale storia aggiornerò interrogando i tarocchi, i
fondi del caffè o le
Rune? Vorresti sapere con precisione il momento in cui posto?
Ti
piacerebbe
conoscere anteprime e curiosità, sapere quali altre trame
sto elaborando e come
immagino il mio mondo con foto eccetera, ma non vuoi interagire su
questa
piattaforma?
Ebbene,
forse ho
un presente per te. Shilyss approda sui social. Vinci la timidezza e
seguimi in
questo magico mondo delirante ricco di avventure! Potrai
avere accesso a contenuti inediti e speciali ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/