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Autore: Shainareth    30/07/2018    4 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO




Uscì dal bagno frizionando i capelli bagnati con l’asciugamano, un morbido accappatoio bianco attorno al corpo ed un senso di sollievo generale che lo induceva ad intonare un motivetto allegro a labbra chiuse. Era felice. Non per l’ennesimo scontro con uno degli akumizzati di Papillon, ma di aver visto ancora una volta la sua Ladybug e di aver potuto passare del tempo con lei – sia pure non nel modo in cui avrebbe voluto. Lei gli aveva sorriso, nonostante lo avesse appena rimbrottato per una delle sue battute di spirito, e lo aveva vezzeggiato come al solito chiamandolo Chaton. Ad Adrien piaceva quel nomignolo, perché lasciava trasparire l’affetto che Ladybug provava nei suoi confronti, sebbene non fosse possibile paragonarlo all’amore che invece lui aveva per lei. Ma era di quei fugaci momenti rubati alle battaglie che il giovane nutriva il suo cuore, inebriandosi del suo profumo e del suono della sua risata.
   Ciliegina sulla torta, quel pomeriggio aveva avuto la fortuna di incontrare anche Marinette. Per lei Adrien aveva una predilezione che ancora non era riuscito a capire fino in fondo e che, a dirla tutta, continuava a scambiare per semplice, pura e profonda amicizia. Sapeva che Marinette aveva una simpatia per lui – ma anche di questa ignorava l’intensità – e la cosa lo deliziava; non per vanagloria, quanto perché era un’ulteriore conferma che tutte le divergenze che erano sorte all’alba della loro conoscenza erano ormai un lontano e spiacevole ricordo. E poi, certo, il lato più vanesio e infantile di lui non poteva non gongolare al pensiero di piacere ad una ragazza tanto graziosa e di avere il suo affetto – e quest’ultimo era un balsamo non da poco per il suo cuore bisognoso di attenzioni.
   «La compagnia di Marinette ti rende tanto felice?» Sgranò gli occhi, arrestando il movimento delle mani, e si voltò verso Plagg, accucciato sul tavolino della sua camera a degustare la sua consueta dose serale di camembert. «È da quando siamo tornati che non ti togli quel sorriso scemo dalla faccia.»
   «Oh, grazie», ridacchiò Adrien, lasciando scivolare l’asciugamano dietro la nuca. «Sei sempre gentilissimo.»
   Il kwami ingollò un boccone più grande degli altri. «Quella ragazza ha un effetto positivo su di te.»
   «È vero», ammise l’altro senza alcuna vergogna. «Marinette è l’unica, dopo Ladybug, a farmi sentire bene.»
   «Al punto da mandarti in confusione.»
   Aggrottò le sopracciglia chiare, fissando il proprio amico con aria perplessa. «Perché dici così?»
   «Al provino per il videoclip ti eri ripromesso di esibirti in una performance disastrosa, così che sarebbero stati costretti a scegliere qualcun altro per interpretare Chat Noir», gli ricordò Plagg, apparentemente concentrato più su quale nuovo pezzo di formaggio assaggiare che sul discorso in sé. «Ma non appena ti è stata affiancata Marinette, hai iniziato ad eseguire le direttive di quella cantante come un bravo soldatino.»
   Adrien rimase in silenzio, del tutto incapace di dargli torto. Si era reso conto di aver provato un certo imbarazzo a tenerle la mano in quel modo, soprattutto vista la grande somiglianza di lei con Ladybug, ma non aveva fatto caso a quel particolare non da poco. «Stai insinuando che mi piaccia Marinette?» domandò allora, cercando di capirci di più.
   «Non è così?»
   «Certo che sì», confermò subito, con voce sicura. «A chi non piacerebbe?»
   «È buffo», lo sorprese ancora Plagg, decidendo per un formaggio più stagionato rispetto all’ultimo che aveva divorato. «Credevo che fossi innamorato di Ladybug.»
   «Difatti è così», affermò ancora Adrien, incrociando le braccia al petto con fare guardingo. «Dove vuoi arrivare?»
   «Dove tu non riesci», rimbeccò la creaturina, lasciandolo di nuovo senza parole per una manciata di secondi. «Eppure mi sembra abbastanza palese», continuò Plagg, borbottando fra sé e sé senza aspettarsi una nuova risposta.
   Decidendo di lasciarlo perdere, Adrien tornò a sfregarsi i capelli, questa volta con più energia e con umore molto diverso. Che male c’era, pensava, a provare simpatia per Marinette? Le voleva un gran bene, gioiva dei suoi sorrisi e a volte si perdeva nei suoi occhi, bellissimi quanto quelli di Ladybug. Il suo cuore, però, apparteneva a quest’ultima, e nessun’altra, per quanto fantastica quanto Marinette, avrebbe mai potuto competere con lei. E anche se così non fosse stato, se lui davvero avesse finito per volgere le proprie attenzioni di tipo romantico alla sua amica e compagna di classe, il risultato non sarebbe di certo cambiato: Marinette amava già qualcuno – che le aveva anche spezzato il cuore.
   L’amore era davvero una faccenda rognosa. Eppure, nonostante tutto, Adrien era felice di sentire il proprio animo riempirsi ogni giorno di più di quel sentimento bellissimo e devastante al contempo. Lo faceva sentire vivo e gli dava la forza e la determinazione per migliorarsi costantemente, con la speranza che, un giorno, sarebbe riuscito a conquistare la ragazza dei suoi sogni.

Affondando il volto nel cuscino, Marinette non riuscì a soffocare un sospiro che esprimeva tutta la sua soddisfazione. Ora poteva dirlo con certezza: fra le braccia di Chat Noir si sentiva bene, protetta e al sicuro. Ciò nonostante, non temeva di mettere ancora in discussione il suo amore per Adrien perché, riflettendoci su, si era resa conto di essersi sentita altrettanto bene quando aveva avuto l’opportunità di abbracciarlo durante il lento che avevano ballato insieme alla festa di Chloé, diverso tempo prima. Sì, il batticuore le aveva in parte offuscato i sensi, ma si era anche crogiolata in quel contatto intimo e consapevole, piacevole e caldo. Se solo avesse potuto scegliere, ci avrebbe passato la vita, stretta a lui in quel modo.
   Quel pensiero le riportò alla mente quanto affermato quel pomeriggio da Chat Noir riguardo alle sue nove vite da gatto. Amava davvero Ladybug e ancora una volta a Marinette si strinse il cuore: non meritavano forse di essere felici entrambi? Eppure il destino li stava mettendo a dura prova, quasi volesse farsi beffe di loro e dei loro sentimenti.
   Sospirando di nuovo, questa volta in modo rassegnato, la ragazza si girò supina sul letto e puntò gli occhi al soffitto scuro, prima di lasciar scivolare lo sguardo oltre la finestra che dava sul balcone. Era stato lì che Chat Noir l’aveva salutata dopo averla riaccompagnata a casa, un sorriso vispo in volto tutto per lei nonostante la pena che continuava a portare nel cuore. Ancora una volta, Marinette si riscoprì ad ammirare la sua forza d’animo: malgrado le avversità, il suo partner non si lasciava mai abbattere davvero e continuava a persistere nei suoi tentativi di approccio con Ladybug, sia pure con fare più delicato e gentile di prima. A Marinette, invece, bastava un nonnulla per andare nel panico ed abbattersi, soprattutto se Adrien non le concedeva le soddisfazioni che lei si era immaginata di ricevere mille e più volte nelle sue sfrenate e romantiche fantasie di quattordicenne. Con una lucidità che non credeva di possedere al riguardo, si domandò se non fosse stato quello il motivo per cui si era sentita attratta anche da Luka, che le era capitato fra capo e collo proprio in uno di quei suoi momenti di debolezza. Sì, concordò con se stessa mentre sentiva le palpebre farsi pesanti, quella era l’unica spiegazione plausibile. Anche e soprattutto perché, a conti fatti, conosceva appena il fratello di Juleka e di certo non poteva provare per lui un sentimento anche solo lontanamente paragonabile a quello che portava nel cuore per Adrien. O per Chat Noir, considerò nell’incoscienza del dormiveglia.
   Riaprì gli occhi di scatto: cos’aveva appena pensato?! Con il cuore che le martellava in petto come un tamburo e le orbite sgranate, Marinette trattenne il fiato. Calma, ripeté a se stessa dopo qualche istante. E poiché non le riuscì affatto di tranquillizzarsi, neanche dopo aver respirato più volte a pieni polmoni, affondò di nuovo il viso nel cuscino e uggiolò sconsolata. Troppe emozioni, negli ultimi giorni, troppe. Non andava bene, doveva fare qualcosa.
   Allungò una mano fuori dalle coperte e accese la lampada posta dietro al letto. La luce artificiale illuminò il viso sorridente di Adrien nella foto appesa alla bacheca lì accanto e Marinette si perse ancora una volta in quegli occhi color smeraldo: nessuno poteva competere con lui. Sentì via via l’animo farsi più sereno e, fra sé, quasi chiese scusa al giovane ritratto nella foto, soprattutto quando la sua attenzione fu lentamente attirata da quei fiori immortalati nella cera, preziosi pegni d’amore di un animo affine al suo.
   «Marinette…?» la vocina sonnacchiosa di Tikki la riportò con i piedi per terra.
   «Scusa, non volevo svegliarti…» si rammaricò, osservando la creaturina accucciata sul materasso, proprio accanto al suo cuscino.
   «Hai fatto un brutto sogno?»
   Era riuscita a farla preoccupare, accidenti. Le sorrise con tenerezza e le accarezzò la testolina col polpastrello di un dito. «No, va tutto bene. Spengo subito la luce, perciò pensa solo a riposare bene.» Rassicurata da quelle coccole e dalla voce calda e gentile della sua amica, Tikki tornò a chiudere le palpebre, pronta di nuovo a scivolare fra le braccia di Morfeo. Con un ultimo sguardo ai fiori, prima, e alla foto di Adrien, dopo, Marinette spense la lampada e tornò sotto le coperte, preferendo concentrare i propri pensieri sui compiti che aveva fatto quella sera anziché sull’ingarbugliata situazione sentimentale che aveva iniziato a sfiancarla ormai da diversi giorni, fino a rischiare di toglierle il sonno. Doveva fare qualcosa.

«Ho deciso», dichiarò il giorno dopo con cipiglio determinato, mentre lei e Alya si trovavano da sole nel bagno della scuola. «Oggi gli chiederò di uscire. Da soli. Senza equivoci di sorta.»
   «La trovo un’ottima idea», rispose l’altra, appoggiando i reni contro uno dei lavandini ed intrecciando le braccia al petto. «Come hai intenzione di procedere?»
   «Improvviserò.» Quella risposta spinse Alya ad inarcare le sopracciglia scure: da dove veniva fuori tutta quella sicurezza? Notando la sua espressione scettica, Marinette si sentì in diritto di ribattere: «È che ogni volta che mi preparo un piano, puntualmente qualcosa va storto. Per questo oggi ho deciso di affidarmi soltanto all’istinto.»
   «E se dovessi iniziare a balbettare?» Certo era un colpo basso rigirare il dito nella piaga, ma Alya era anzitutto sua amica e, tra un incoraggiamento e l’altro, aveva il dovere di farla rimanere con i piedi per terra per evitarle delusioni peggiori.
   «Non accadrà», replicò l’altra, lo sguardo deciso ed un sorriso sprezzante in volto, le mani sulle anche. «Adrien ha iniziato a prendersi diverse confidenze, con me, ed io ho intenzione di fare lo stesso.»
   «Fai più che bene», la appoggiò subito Alya, soddisfatta e ammirata per quella sua presa di posizione. Finalmente Marinette tirava fuori le unghie anche nella vita sentimentale! «Vi ho visti, l’altro giorno, eravate davvero in perfetta sintonia.»
   «In realtà stavo morendo dentro», non si curò di nascondere Marinette, facendola scoppiare a ridere per l’orgoglio ostentato nel tono della voce. «Ma, diamine, almeno sono riuscita a nascondere bene la cosa!»
   «È vero», convenne con lei la sua migliore amica. «Sembravi perfettamente a tuo agio.»
   Questo era avvenuto soprattutto per merito dello stesso Adrien. Infischiandosene della sua goffaggine e del suo incessante balbettare, e non interpretando affatto quegli ostacoli come un muro che Marinette aveva issato fra loro per chissà quale ragione, il giovane si era preoccupato più e più volte di bussare con garbo alla porta del suo cuore, ricevendo timidi segnali di assenso. Forte dell’amicizia che lei gli aveva dimostrato, si era fatto pian piano strada, cominciando ad affacciarsi sempre più su quell’uscio caldo e accogliente. Infine, dopo aver compreso che la sua predilezione per Marinette era più che ricambiata, Adrien aveva messo al bando ogni prudenza e aveva sfondato letteralmente ogni barriera, penetrando nel suo animo e mostrandole ciò che era davvero: non un idolo da adorare, bensì un ragazzo come lei, pieno di insicurezze e con una gran voglia di vivere, di scherzare, di amare e di essere amato. Marinette lo aveva realizzato solo quando era stata messa alla pubblica gogna in televisione, con la sua ossessione per Adrien durante un reality in diretta in tutta la Francia; anziché pensare male di lei, il giovane si era mostrato felice della cosa e, per di più, l’aveva persino invitata al prossimo servizio fotografico che avrebbe dovuto fare secondo le direttive paterne.
   Ecco come avrebbe attaccato bottone con lui, quel giorno. Fu questo che si ripromise di fare Marinette uscendo dal bagno con Alya e dirigendosi verso l’aula di scienze per l’inizio delle lezioni pomeridiane. Era una scusa accettabile, dal momento che l’invito era partito appunto dallo stesso Adrien. Certo non sarebbe stato un vero appuntamento, ma poteva essere comunque un buon punto di partenza. Soprattutto, l’avrebbe aiutata a far maggiore chiarezza con se stessa circa i propri sentimenti per lui.
   Lo trovarono già in aula immerso in una conversazione con Nino, ma quando i due le videro, lasciarono perdere le chiacchiere e le salutarono con un enorme sorriso sul volto. Sebbene si sentisse avvampare, Marinette si impose di rimanere insensibile alla luminosità di quell’espressione e, più determinata che mai, si avvicinò all’amato. «Novità riguardo al tuo prossimo servizio fotografico?»
   Lo vide stringersi nelle spalle. «In realtà non proprio», rispose con fare vago, senza tuttavia perdere l’espressione allegra. «Mio padre e il mio fotografo sono dei perfezionisti nati, stanno ancora discutendo riguardo alla scenografia da utilizzare. Sai, preferiscono entrambi gli spazi aperti, ma bisogna tener conto anche della luce naturale e delle condizioni atmosferiche. Giusto ieri Nathalie mi ha detto che monsieur Vincent voleva fare delle prove al Parc des Buttes-Chaumont questa domenica. So che non è un vero e proprio servizio fotografico, ma… ti andrebbe di venire ugualmente?»
   «Sì!» esclamò di getto Marinette, felice come una bambina a cui promettono un gelato. Se ne rese un secondo dopo, quando vide Adrien contenere a stento un’espressione divertita. Ridacchiò a sua volta, cercando poi di recuperare. «Voglio dire… passare la domenica al parco è davvero un’ottima idea, quindi… perché no?»
   «Ci divertiremo, vedrai», le garantì Adrien, strizzandole l’occhio. «Lo sapevi che ci sono diverse leggende legate a quel posto?»
   L’altra scosse la testa, benché le paresse di ricordare qualcosa in merito. «Per via del tempio della Sibilla?»
   «Oh, per molto altro», le assicurò il giovane. Non poté continuare nel suo discorso, però, perché madame Mendeleiev comparì sull’uscio dell’aula proprio in quel momento, ordinando ai suoi studenti di prendere posto. «Ti racconterò tutto domenica», promise Adrien, rivolgendo un ultimo sorriso a Marinette prima di sedersi al proprio banco.
   Quest’ultima lo imitò, sentendo sì il cuore battere in petto come un tamburo, ma, a dispetto di ciò, anche una gran pace interiore: Adrien aveva rinnovato l’invito che le aveva fatto poche settimane prima, sorvolando sul fatto che non si trattasse davvero di un servizio fotografico legato alla moda, bensì di una semplice prova. Dunque ci teneva sul serio alla sua compagnia e, anzi, sembrava essere entusiasta all’idea di trascorrere del tempo insieme al Parc des Buttes-Chaumont e di condividere con lei tutto ciò che sapeva su quel luogo. Tra amici si fa così, si disse Marinette, cercando di mantenere i piedi ben saldi a terra. Illudersi che quell’incontro fosse qualcosa di diverso da ciò che le aveva presentato Adrien sarebbe stato deleterio per il suo povero animo travagliato da paure e incertezze. Alle quali si aggiunse un nuovo problema di vitale importanza: avrebbe dovuto indossare un bel vestito? Cambiare pettinatura? Mettersi lo smalto? Portare la merenda?
   Si volse verso Alya con uno sguardo smarrito e scoprì che la sua amica la stava già fissando con un sorriso sornione sulle labbra. «Ne parleremo alla fine della lezione», la rassicurò sottovoce, battendole con affetto il palmo della mano sul braccio. Marinette si sentì immediatamente rincuorata. Subito dopo, però, le venne quasi da ridere: era capace di combattere dei supercattivi dai poteri più bizzarri, di saltare sui tetti di Parigi, di sollevare pesi massimi e di creare oggetti dal nulla, ma non di affrontare un incontro extrascolastico con il ragazzo che le piaceva. Approfittando del fatto che la professoressa fosse impegnata nel preparare il materiale per la lezione, Marinette curvò la schiena sul banco e ci sbatté piano la testa contro, dandosi della stupida e cercando dentro di sé quella sicurezza che dominava ogni fibra del suo essere quando vestiva i panni di Ladybug – la stessa che aveva fatto innamorare Chat Noir. Se si fosse dimostrata forte e intraprendente allo stesso modo anche senza maschera, forse sarebbe riuscita ad attirare ancora di più l’attenzione di Adrien.

Alya le aveva fatto coraggio, congratulandosi anzitutto con lei per aver saputo mantenere la calma davanti ad Adrien e all’invito che lui le aveva rivolto – per la seconda volta, oltretutto. Marinette si era perciò sentita rinfrancata e, a mente fresca e dopo aver gridato di gioia come un’esaltata quando si era chiusa in camera sua dopo la scuola, era arrivata alla conclusione che avrebbe potuto farcela davvero. La sua impareggiabile, insostituibile ed indispensabile migliore amica le aveva fatto presente che forse non era una grande idea mettere un vestito elegante per andare al parco: avrebbe finito per sporcarlo nel caso avessero deciso di sedersi sull’erba. Inoltre c’era da considerare il fatto che presentarsi all’amato con un aspetto diverso da quello a cui lui era abituato avrebbe potuto disorientarlo; se da una parte questo era un bene, dall’altra bisognava tener conto che non era quella l’occasione giusta. Non era un appuntamento, Marinette non doveva dimenticarlo. Semmai Adrien gliene avesse chiesto uno, in futuro, o fosse stata lei stessa a strappargli un incontro di tipo galante, allora sì che sarebbe stata obbligata a dare il meglio di sé anche da un punto di vista estetico – soprattutto perché si presupponeva che sarebbero stati da soli, senza fotografi e guardie del corpo a vigilare sulle loro azioni.
   «E poi», le aveva detto Alya, felice quanto lei per l’intera faccenda, «sei già abbastanza carina così come sei, non hai bisogno di artifici di alcun genere. Senza contare che Adrien non pare affatto tipo da lasciarsi affascinare da una vamp.»
   No, non lo era, convenne con lei Marinette, ritornando con la memoria a Lila e ai suoi vani tentativi di approccio. E se Adrien aveva dimostrato di non essere attratto da ragazze del genere e di preferire invece la compagnia di qualcuno di più semplice e alla mano come lei, a dispetto delle figuracce che faceva puntualmente davanti a lui e della sua mania di collezionare foto che lo ritraevano, perché mai avrebbe dovuto cambiare? Non aveva senso, né tanto meno era sicura che sarebbe riuscita a fingere in sua presenza. Anzi, era già stato abbastanza complicato rimanere calma e sicura di sé quando, indossando la maschera di Ladybug, aveva dovuto portarlo in salvo in diverse occasioni.
   Fu dunque per questa ragione che domenica mattina, quando Adrien passò a prenderla, uscì di casa senza fronzoli di alcun genere. Non era la prima volta che saliva in macchina con lui, quella, ma si sentiva comunque emozionata come sempre. Ciò nonostante, fu in grado di mantenere il sangue freddo per tutto il tragitto fino al Parc des Buttes-Chaumont, dove trovarono già monsieur Vincent intento a trasportare parte dell’attrezzatura fotografica. La guardia del corpo di Adrien si affrettò a dargli una mano per accorciare i tempi, e mentre proseguivano tutti insieme verso il luogo stabilito per le prove, Marinette iniziò a guardarsi attorno. Era stata lì solo una volta, da bambina, e ricordava poco di quel posto. La cosa che più le era rimasta impressa era senza dubbio il tempio della Sibilla, arroccato in cima ad un’altura situata nel bel mezzo del grande lago presente nel parco.
   «Si dice che il tempio si trovi al centro di un pentagono mistico», le rivelò Adrien, seguendo il suo sguardo in direzione del belvedere in cui era situata la piccola costruzione. E all’espressione sorpresa di lei, continuò: «Oltre un secolo fa questo parco era ritenuto un posto esoterico di grande importanza e ancora oggi non sono pochi quelli che vengono qui in esplorazione.»
   «Che genere di esplorazione?» s’incuriosì Marinette, trovando quella storia molto affascinante.
   L’altro si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea, ma suppongo abbia a che fare con le gallerie che si trovano nel sottosuolo. Il parco è costruito su un’antica cava e ho letto che una di queste strade sotterranee porterebbe ad una sala di iniziazione a non so quale culto.»
   «Fa tanto setta segreta», osservò la ragazza, immaginandosi già una folla di adepti incappucciati che sfilavano lungo i cunicoli con candele strette in mano e pentacoli appesi al collo.
   «Immagino lo sia davvero», concordò Adrien.
   «Sempre ammesso che esista», ragionò invece Marinette, ponendosi in modo scettico sulla questione per convincersi che non ci fossero pericoli di sorta in un posto tanto bello. Non che avesse immediatamente associato la storia di Adrien a qualcosa di losco o ad una setta satanica, ma sapeva talmente poco sulle congregazioni esoteriche che preferiva rimanere sul chi va là.
   «Dopo ti va di salire in cima al belvedere?» la stupì ancora una volta il giovane, facendo cenno in direzione del tempio. «Potremmo dare un’occhiata più da vicino.»
   Grandioso, pensò la ragazza: Adrien era un romantico appassionato di leggende e storie magiche dal potenziale pericoloso. Tutto il suo opposto, insomma. Avvertì Tikki muoversi all’interno della borsetta che portava a tracolla e dovette riconsiderare la cosa da un diverso punto di vista: non era lei stessa la prima portatrice di un oggetto dal grande ed occulto potenziale magico?
   «Ho sempre sognato di venire qui, un giorno», stava continuando Adrien senza nascondere l’entusiasmo nel tono della voce, «ma da solo sarebbe stato noioso. Con te sarà più divertente, ne sono sicuro», affermò con un sorriso che le trafisse il cuore e le fece perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Tant’è che la vide inciampare sui suoi stessi piedi l’attimo successivo e, d’istinto, le passò un braccio attorno alle spalle per evitarle una caduta. La sentì fremere contro di sé. «Tutto bene?» Aggrappata alla sua giacca e rossa in volto, Marinette ridacchiò nervosamente e tornò in equilibrio sulle gambe, rassicurandolo che sì, stava bene. Adrien la prese per mano e ricominciò a camminare alle spalle dei due uomini che li precedevano, mentre proseguiva a parlare e ad indicare tutto ciò che li attorniava, a cominciare dalla grande varietà di flora e fauna presente nel parco. Tutte cose che sì, gli occhi di Marinette vedevano, ma non riuscivano davvero ad osservare come avrebbero dovuto.
   «Qua mi pare vada bene», decise monsieur Vincent ad un certo punto, fermandosi e guardandosi attorno. E quando il suo sguardo si soffermò sull’accompagnatrice di Adrien, si accorse per la prima volta della sua presenza. «Ah, mi ricordo di te», commentò con il suo forte accento italiano, mentre iniziava già a sistemare l’apparecchiatura. «Sei quella guagliona che è apparsa l’altra volta in televisione, con tutte quelle foto di Adrien appese in camera.» Marinette avvampò, sentendo la mando del giovane farsi improvvisamente bollente nella propria. «Bella scelta, visto che gliele ho scattate quasi tutte io, brava.»
   «Che vuol dire guagliona?» domandò Adrien, troppo preso da quella parola esotica per far caso al resto del discorso.
   «Ragazza», rispose meccanicamente Marinette.
   «Conosci l’italiano?»
   «Eh?»
   Si volse in direzione dell’amico, che ora la fissava con stupore. «Monsieur Vincent è italiano e usa spesso parole nella sua lingua. Alle volte faccio davvero fatica a capirlo.»
   «Oh… in realtà quello è un termine dialettale», balbettò lei, recuperando pian piano il controllo delle emozioni. «Ricordi mia nonna? Quella che era presente alla festa del mio compleanno? Beh, lei è italiana, quindi qualche parola la conosco. Certo non abbastanza da capire o addirittura parlare la sua lingua natia.»
   «Dev’essere bello far parte di una famiglia internazionale», rifletté ad alta voce Adrien, sinceramente ammirato da quanto si potesse imparare dalla diversità culturale.
   Felice di sentirlo ragionare in quel modo, sulle labbra di Marinette si disegnò un sorriso pieno di orgoglio, destinato tuttavia a scemare non appena monsieur Vincent tornò a parlare. «Adrien, lascia la mano della tua groupie e vieni qua.»
   «A-Arrivo…» balbettò il giovane, abbozzando un sorriso di scuse in direzione della ragazza che, a quelle parole, era tornata ad arrossire vistosamente. Diamine, ruggì fra sé con rabbia, possibile che, quando tutto sembra andare per il meglio, ci sia sempre qualcuno o qualcosa a rompermi le uova nel paniere?!
   Sospirando rassegnata, aprì la borsetta che portava al fianco e diede un’occhiata a Tikki per assicurarsi che stesse bene. La creaturina le restituì uno sguardo divertito, segno che doveva aver ascoltato ogni parola. «Avrei dovuto farmi una camomilla doppia, prima di venire qui», si rammaricò Marinette, facendola ridere.
   «La giornata è lunga, possono accadere tante cose», la consolò il kwami, con la sua vocina dolce e rassicurante.
   «Purché siano tutte positive, però.»












E rieccomi, questa volta puntuale dopo due settimane!
La storia prosegue, sono alle prese con l'ottavo capitolo e le cose si fanno imprevedibili per me per prima. 'Sti due fanno sempre di testa loro, è inutile cercare di pianificare davvero qualcosa nel dettaglio. Sigh.
Chiedo come sempre scusa per l'immancabile ritardo con cui rispondo alle vostre recensioni, cercherò di rimediare oggi stesso a quelle del precedente capitolo!
Un abbraccio e grazie a chiunque sia qui a leggere a dispetto del caldo afoso di questi giorni!
Shainareth





  
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