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Autore: Federica20000824    03/08/2018    1 recensioni
Secondo classificato al premio nazionale di scrittura "Che Storia!"
Germania, anni '90 dell'Ottocento. Fritz Haber e Clara Immerwahr studiano chimica. Sono giovani, hanno grandi ideali, grandi quasi quanto le loro ambizioni. Ma mentre la loro Patria si avvia alla Grande Guerra, le loro vite si trovano a doversi misurare con un conflitto molto peggiore di quello bellico, irrisolvibile, nel quale nessuno detiene la Verità, tantomeno la Giustizia.
" È notevole la capacità di sintetizzare in poche pagine alcune rilevanti problematiche del Novecento, dal rapporto fra scienza e potere alla responsabilità dell'intellettuale nei confronti della società, dall'uso indiscriminato delle scoperte scientifiche non a scopo salvifico ma come armi di distruzione di massa al tema delle donne scienziato, che nel primo Novecento cominciano con fatica a conquistare posizioni nel mondo della ricerca e ad assumere il giusto ruolo che loro compete. Le "anime di gas" - ed è questo uno dei significati principali che il racconto vuole tramandare - non appartengono soltanto alla storia più drammatica dei due terribili conflitti mondiali che hanno insanguinato il Novecento, ma sono parte della nostra storia attuale, della nostra cronaca quotidiana, in cui spesso il sogno di Prometei impazziti scavalca irragionevolmente i confini dell'ovvio e del reale".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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Era sulla panchina.

Un braccio bianco pendeva nel vuoto, così come la vita che stava lasciando il corpo della mamma. La gonna fasciava lievemente i fianchi.

Ma l’attenzione del bambino fu catturata dal corsetto che stava bevendo il sangue della sua mamma.  Il petto, il seno soffice, rifugio, porto sicuro, coperta e cuscino nella grande tempesta e nel buio della notte, su cui addormentarsi nel profumo materno, aveva il suo candore decorato di rosso. Si muoveva ancora leggermente e freneticamente.

Mamma.

Mamma non lasciarmi da solo.

Ti prego, mamma.

Non andare via.  

In grembo, stretta nella mano destra, teneva l’arma. La rivoltella.

Pianse.

Papà! Papà!

 

Il giorno dopo Fritz Haber partì per il fronte. Non partecipò ai funerali della moglie. A causa dei gas durante la Prima Guerra Mondiale morirono più di un milione di persone.

Nel 1918 vinse il premio Nobel per la chimica. Nel 1934, a seguito delle politiche nazionalsocialiste adottate in Germania, decise di emigrare in Palestina.

 

-Vieni con me, Hermann.

Lui lo guardò, la fronte corrugata, la bocca storta in una smorfia.

-Venire. Con voi.

Lo sguardo di Fritz era supplichevole. Nessuno l’aveva mai visto così. Era abituato a dare ordini.

-Con voi. E vostra moglie. E i vostri figli.

Il giovane si girò.

Hermann, Hermann! -allungò la mano perché si voltasse. Lui la tirò indietro, lo guardò con disprezzo, come si guarda un insetto che striscia.

-Con voi! -urlò- Con voi?! -lo spinse via, il vecchio barcollò.

Dov’eri quando è morta la mamma? Dov’eri?

-Non sono ebreo. -chi sono?- Non verrò con voi.

 

Nel periodo fra le due guerre Fritz Haber si era dedicato alla sintesi di pesticidi chimici. Frutto dei suoi lavori fu lo Zyklon-B, utilizzato nel complesso dei campi di Auschwitz per lo sterminio degli ebrei.

Morì durante il viaggio verso la Palestina per un attacco cardiaco.

Hermann Haber emigrò invece negli Stati Uniti.

Lì, nel 1945, si tolse la vita.

  
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