17.
Che la mattina era arrivata Harry lo
capì solo dal movimento di Severus nel letto: scivolò
via dal suo abbraccio, allungandosi ad afferrare la veste da camera per non affrontare
il gelo mattutino nudo e crudo, e lasciò Harry lungo disteso sotto le coperte
in lana, un piede scoperto, un braccio a penzoloni. Il giovane Auror mugugnò.
«Buongiorno, bella addormentata»
disse con voce roca Severus. Si schiarì la gola: con
vergogna si ritrovò a pensare che, forse, durante la notte avrebbe dovuto
urlare meno. Il pensiero della lunga, selvaggia, appagante nottata gli ritornò
in mente. Arrossì.
«Ma cosa fai, è presto» biascicò
Harry, allungando una mano verso di lui per trascinarlo di nuovo a sé. Trovò
però la sua schiena, e le sue dita non ebbero la forza di aggrapparsi alla
stoffa della giacca da camera.
«Il negozio non si apre da solo»
rispose Severus, «tu resta pure qua. Giù non mi
serviresti»
Senza sentire veramente cosa gli aveva
detto, Harry mugolò in approvazione e, quando Severus
si fu alzato, se ne stava già dormendo.
Era da poco passata l’alba e, dopo
le vacanze invernali, era per Severus il momento di
tornare in attività. Sarebbero arrivati dei fornitori, quel giorno. Si preparò
per la giornata con calma, si fece una doccia bollente, bevve un tea seduto in
cucina, poi tornò in stanza a prendere gli abiti e trovò Harry a russare, così,
alzando gli occhi al cielo, andò a vestirsi in studio.
Aprì la bottega alle sette e mezza
spaccate, dopo aver messo tutto in ordine, aver passato la polvere e dato la
cera a terra. Arricciò il naso davanti alla neve che si era sedimentata davanti
alla porta nella notte, e con un gesto della bacchetta disegnò un bel sentiero
nel bianco, per poi chiudersi nel proprio antro.
Una bottega per Pozionisti
non era proprio come una boutique di alta moda: in pochi ci capitavano, ma i
pochi che venivano avevano i loro affari, e non mancavano mai. Infatti alle
otto spaccate il solito mago dall’aria poco raccomandabile entrò, comprò il
solito bezoar e la solita ampolla di olio di origano, e quindici minuti dopo la
vecchia strega gallese aprì la porta e si fece consegnare la solita pinta di
pozione antiruggine. Che cosa se ne facessero, i suoi clienti abituali, di ciò
che non mancavano mai di comprare, Severus non se lo
domandava. Non era affar suo.
Dopo che la strega gallese se ne fu
andata, comunque, l’uomo si ritirò nella stanzetta dove immagazzinava i
prodotti più preziosi, attendendo i prossimi clienti solo verso le dieci e i
fornitori alle dodici.
Ma rimase là sereno solo per poco
perché, dopo pochi minuti, un tonfo lo fece voltare: c’era qualcosa nella bottega, qualcosa che non aveva aperto la porta.
Severus afferrò saldamente la bacchetta,
pronto. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato, anzi, e scivolò dietro al
bancone con sinuosità, come aveva imparato a fare durante tutti i suoi anni da
spia. Studiò la sala: nulla. Allora guardò meglio attorno: c’era qualcosa a
terra, poco lontano dalla porta. Una busta viola. Severus
imprecò.
«Maledetta Granger»
esclamò, afferrando la busta.
Uno stampiglio sulla carta recitava:
Ministero della Magia – Auror H. Potter. Missiva inviata dalla Segreteria Generale
Impiegati Ministeriali.
La povera Granger,
quindi, non era del tutto colpevole. Severus fece una
smorfia: certo, avrebbe sicuramente potuto notare l’idiozia di comunicare coi
propri impiegati in quel modo, ma pazienza.
In fretta, salì al piano di sopra,
davvero poco intenzionato a lasciare il negozio incustodito oltre il dovuto.
Entrò in camera da letto a passi lunghi e, flettendo il braccio per lanciare a
Harry la missiva, si accorse solo in ritardo che il giovane uomo si era del
tutto liberato delle coperte e ora giaceva nudo sul coprimaterasso sprimacciato,
i muscoli torniti, la pelle scura, il pube scolpito lasciati in bella vista.
Severus deglutì.
«È arrivata questa per te» disse
quindi, facendo subito dietrofront mentre Harry alzava il viso, svegliatosi di
soprassalto all’impatto della busta con proprio stomaco. «E vedi che non
diventi un’abitudine, non viviamo assieme»
Severus stava già uscendo dall’appartamento
quando la voce impastata di Harry gli rispose.
«Per ora!» urlò, e Severus si dovette trattenere dal tornare in stanza e farlo
pentire amaramente di averlo anche solo pensato.
Harry non avrebbe mai pensato che il
suo ex insegnante di Pozioni fosse così insaziabile, a letto. La notte era
caduta su di loro allacciati tra le coperte ed era diventata un’adulta velata
che ancora i fianchi di Harry si muovevano contro il profilo di Severus, strappandogli gemiti rochi e urla soddisfatte. Era
per questo che Harry quel giorno non riusciva proprio a svegliarsi, distrutto
fisicamente e anche mentalmente dal disastro che stava consumandosi attorno a
loro. Ma ora era sveglio, una fredda e gonfia busta gli stava in grembo, e dopo
aver afferrato gli occhiali abbandonati sul comodino si mise dritto, mettendo a
fuoco il mondo attorno a sé.
Prese la busta. Era la solita che
riceveva quando aveva del lavoro da svolgere a casa, o un caso che non gli
permetteva di andare in ufficio. Strappò la carta.
Un biglietto color panna svettava su
quello che sembrava un quotidiano arrotolato.
Caro
Harry,
per prima cosa, come Capo dei tuoi capi ti ho
ufficialmente assegnato al caso Inga, NON venire in
ufficio, sarebbe utile solo ai giornalisti. Ci terremo in contatto.
Come
stai? Io e Ron ti mandiamo un grande abbraccio, sai che qualsiasi cosa non vada
puoi contare su di noi.
Comunque,
ti mando un quotidiano babbano, è di oggi. In prima
pagina, leggi bene e pensaci su. Non rispondere a questa mia, per ora, intanto,
possiamo solo aspettare.
Tua,
Mione.
Harry mise da parte il biglietto,
curioso. Il quotidiano che Hermione gli aveva mandato
era il Times. Scorse rapidamente la prima pagina.
A quanto pareva, una nave si era
incagliata nella notte dopo la traversata da Calais. Era un traghetto
turistico, di quelli che coprivano quotidianamente la tratta Calais-Dover, e chi aveva scritto l’articolo evidenziava
che non si era spiegato il motivo per cui il capitano aveva deciso di mettersi
in mare nonostante il mezzo fortunale che si era consumato nella Manica. Si
ipotizzava che il capitano fosse sotto l’influsso di stupefacenti e i
passeggeri raccontano che anche le hostess erano state strane durante il
viaggio. Ma ancor peggio era che tutti erano sopravvissuti, sì, ma una ragazza
era stata trovata morta nella cabina di pilotaggio: era stata assassinata con
una pugnalata che le aveva squarciato la giugulare.
Harry rabbrividì, ricordandosi
subito della cicatrice che svettava sul collo di Severus.
Senza leggere oltre si alzò. Era stata Inga, lo
sapeva. E ora era in Inghilterra e forse stava già arrivando a Londra.
Harry si vestì di corsa, poi scese
nella bottega, lasciando biglietto e giornale nel letto sfatto. Sbucò nel
negozio che Severus stava servendo un’anziana coppia.
«Dovremmo chiudere» gli sussurrò,
dopo aver salutato con un cenno moglie e marito.
Severus lo guardò aggrottando le
sopracciglia.
«Non tutti possono godersi ferie
pagate illimitate» rispose, allungano una mano a prendere i soldi dei due
anziani. Li guardarono uscire dalla bottega.
«Severus,
sta venendo qui» ribatté Harry, piccato. Severus si
voltò a guardarlo, gli occhi penetranti.
«Che venga» rispose con arroganza,
il tono strascicato. «Non ho paura di lei»
«Io invece sì» ribatté Harry, «Ha imperiato l’intera crew di un
battello per venire qua dalla Francia. Si sposta coi mezzi babbani.
Non possiamo rintracciarla finché non arriva qui»
«Non chiuderò per lei» continuò a
dire Severus.
«Ha ucciso una ragazza»
«Non è l’unica ad aver ucciso!»
gridò Severus, gli occhi lampeggianti d’ira,
lasciando Harry immobile, ormai silenzioso. Il Pozionista
gli voltò le spalle, tremando nel tentativo di calmarsi.
«Molto bene allora» mormorò Harry. «Direi
che siamo in tre, quindi. Scenderò se sentirò rumori di lotta»
E così dicendo tornò alle scale e
risalì nell’appartamento, lasciando Severus
aggrappato al bancone.
Fu proprio in quel momento che la
porta della bottega si aprì di nuovo e Severus alzò
gli occhi sul giovane mago biondo che stava entrando. Era una visione piuttosto
singolare, soprattutto per Notturn Alley: l’uomo, che non sembrava contare più di venticinque
primavere, indossava una veste a due pezzi di un sgargiante celeste, un
giustacuore color ciano e un pesante mantello di pelliccia di coniglio grigia.
Alla mano aveva una valigetta di pelle.
«Buondì» cinguettò giulivo.
«Desidera?» chiese Severus con tono cupo. Gli mancava solo un cretino, dopo il
litigio con Harry. Sperò che il mago facesse in fretta e se ne andasse, perché
il sorriso radioso che aveva sul viso lo infastidiva. Ma da come si stava
guardando intorno con sguardo clinico Severus intese
che non sarebbe stata una cosa rapida.
«Ho sentito tanto parlare di questa
bottega» disse il mago a mo’ di risposta. I suoi denti brillavano come perle.
Severus non rispose.
«Lei è il proprietario?» aggiunse il
giovane. Severus annuì lentamente.
A passi rapidi, il mago si avvicinò
a lui e alzò la mano per presentarsi.
«Sono Owain
Norum» disse. Severus annuì
di nuovo, senza stringergli la mano. Owain, senza
smettere di sorridere, abbassò il braccio e, con un gesto imperioso, fece da
parte il mantello e appoggiò al bancone la valigetta.
«Lei è un ex insegnante di Hogwarts, vero?» chiese.
«Potrei esserlo» rispose Severus. «Lei è qui per qualcosa, signor Norum, oppure ha solo una gran voglia di annoiarmi?»
Owain rise di una risata cristallina.
«Ho una lista, in realtà» fece. Aprì
la valigetta e vi scartabellò per un poco prima di trarne una pergamena su cui
erano segnati una ventina tra ingredienti pozionistici
vari. Severus alzò un sopracciglio. Avrebbe giurato
di aver sentito uno squittio provenire dalla valigetta.
«A lei» disse Owain,
porgendogli la lista. Il Pozionista la prese e iniziò
a sfaccendare per servirlo.
«E mi dica, signor Piton» disse Owain guardandosi
attorno, «quello che ho visto sparire là dietro era proprio Harry Potter?»
«Mmm, deve
avere le traveggole» rispose in un borbottio Severus.
Se lo era aspettato, di dover far
fronte a fan e curiosi, dal momento in cui Harry era rientrato a far parte
della sua vita – e in modo tanto assiduo.
Ma la cosa lo infastidiva ugualmente, prevedibile o meno.
«Oh no, ne sono certo» sorrise Owain. «Lei era il suo insegnante di Pozioni a Hogwarts, non è così?»
«Lei sa molte cose per uno che poco
fa ha dovuto domandare se fossi io il proprietario» ribatté Severus,
studiando Owain. Era certo non fosse nulla più di un
curioso, nulla di preoccupante, ma il sorriso stampato sulla sua faccia gli
metteva le mani nel sangue.
«Mi perdoni» disse Owain. Si zittì, e Severus
continuò a pesare, tagliare, avvolgere ingredienti per lui. Finché dei passi
non risuonarono sulle scale. Severus alzò la testa
come un animale, ma Harry fu troppo veloce: imbacuccato nel giaccone apparve,
alzando, da parte di Owain, un suono soddisfatto.
«Harry Potter!» esclamò l’uomo.
Prima che Harry potesse accorgersi di qualcosa, il mago biondo gli strinse con
forza una mano.
«Stavamo giusto parlando di lei»
aggiunse Owain. Severus
negò con voce stentorea, e gli occhi di Harry presero a palleggiare tra i due
maghi mentre Owain si presentava nuovamente.
«Qualcosa mi dice che lei è appena
sceso dalle stanze private del suo ex professore» ghignò Owain.
«Che cos-?» fece Severus,
ma Harry lo interruppe.
«Ma lei chi è?» domandò, la voce
tinteggiata di un tono gelido.
Owain prese un’espressione stupita.
«Io?» chiese, «Sono solo un cliente
curioso»
Severus scivolò nel retrobottega per il
terzultimo ingrediente. Harry si sbottonò la giacca, studiando Owain.
«E cosa stava dicendo, prima, col
signor Piton?» chiese, il tono fintamente curioso che
aveva imparato ad usare coi criminali – quel tono mellifluo, ferino, che parve
mettere in allarme Owain.
«Mi era proprio sembrato di averla
vista, prima di entrare» rispose lui, la voce meno allegra, più tagliente.
Harry poteva quasi annusare nell’aria la puzza di finzione che aleggiava
intorno al mago.
«Sa, Harry Potter col suo ex insegnante… è curioso» aggiunse Owain.
In quel momento Severus tornò e mollò senza tanti
complimenti un sacco pieno sul bancone.
«Sono novantatre Galeoni e nove
Falci» disse duramente. Owain, il sorriso
onnipresente, gli porse il denaro e, lentamente e in silenzio, prese il sacco.
Quando lo smosse si alzò un rumore cristallino, di due oggetti che cozzassero,
ma il mago non parve farci caso, anzi si caricò il sacco sulla spalla senza
troppi complimenti. Harry e Severus lo fissavano,
torvi.
«Buona giornata, signori» trillò
quindi Owain, «Grazie della bella chiacchierata»
I due non risposero, né parve che Owain attendesse di sentire oltre da loro: girò sui tacchi
afferrando con un gesto fluido la valigetta – ancora aperta – e se ne andò,
andando a sparire oltre l’uscio.
°Tjena! Due righe soltanto per dirVi
che, dopo questo capitolo, la storia sarà in pausa sino alla fine del
mese/inizio di Settembre: le valigie sono pronte e i biglietti aerei stanno
aspettando di essere presentati al check-in! Vi lascio ringraziandoVi
di cuore per l’affetto che date alle mie storielle e auguro a tutti una felice
pausa estiva!°