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Autore: bluepetrol    06/08/2018    3 recensioni
Il sesto anno di Hermione non sta andando come previsto. Braccata dai Mangiamorte, assistiti dal Ministero, sorvegliata dall'Ordine e con la metà dei suoi amici che cercano di infilarla in un corpetto solo per farglielo strappare dal suo nuovo marito. No, sicuramente non come aveva previsto.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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La Sala Grande era rumorosa come sempre. Studenti che ridevano e si urlavano l’un l’altro tra i tavoli, discutendo del prossimo fine settimana a Hogsmeade e dell’imminente stagione di Quidditch. Hermione era grata di non essere più di alcun interesse per nessuno. Il suo ritorno a scuola era stato relativamente quiete, con solo un minimo di sussurri quando i professori avevano iniziato a riferirsi a lei come ‘Signora Black’ al posto di ‘Signorina Granger’. Ad ogni settimana che passava, più e più ragazze del sesto e settimo anno venivano chiamate con nuovi cognomi, quindi Hermione non risultava poi così speciale su quell’aspetto. L’unica, notabile differenza era che lei non sbandierava il suo matrimonio come facevano le altre, che mostravano i loro anelli e le fotografie dei matrimoni, parlando ininterrottamente dei loro mariti e di quanto fantastico fosse essere sposati.
A parte per il nuovo nome e l’indirizzo, per Hermione non era cambiato niente. Era un sollievo.
 
La posta arrivò come sempre, e un gufo le fece cadere una busta davanti. L’aprì, curiosa di sapere cos’avessero da dirle i suoi genitori.
Hermione sbuffò alla lettera. “A quanto pare mia madre ha iniziato a chiamare Sirius ‘quel tuo marito’,” disse alla curiosa Ginny. Continuò a leggere finché un’esultanza non si levò da diversi studenti più anziani attraverso la sala. “Che succede?”
“Hermione, guarda,” disse Harry preoccupato, mettendole la Gazzetta del Profeta in mano.
L’intestazione diceva: ‘Legge Matrimoniale Riformulata!’
Scandagliò velocemente l’articolo, cercando la ragione per cui la notizia avesse procurato tale entusiasmo.
‘A causa dei precipitosi matrimoni di convenienza in cui molte streghe e maghi si sono uniti in seguito al decreto della Legge 65, 298-1/3, comunemente nota come “Legge Matrimoniale”, il Ministero ha deciso di attuare un emendamento. Questo decreta che le coppie unite dopo la promulga della Legge 65, 298-1/3 sono ora previste di consumare il loro matrimonio su una base bisettimanale. Secondo Warwick Whyte, Direttore del Dipartimento degli Affari e Doveri Matrimoniali al Ministero della Magia, “Lo scopo della legge è di creare una comunità magica più grande e varia. Le coppie che sfuggono alla loro responsabilità di produrre bambini magici dovrebbero essere rinchiuse ad Azkaban per il loro mancato servizio alla comunità.” Le coppie influenzate da questa ultima modifica verranno contattate via Gufo.’
“Bastardi,” disse Hermione. Alla faccia dell’unione agiata con Sirius. Non avevano fatto niente più che sfiorarsi da quando le loro mani erano state unite, eccetto quando l’aveva colpito per aver nascosto il Kama Sutra nella sua copia di Storia di Hogwarts. Non l’aveva neanche visto da quella domenica quasi tre settimane prima.
Altre dozzine di gufi entrarono silenziosamente dall’alta finestra, girando per la Sala Grande e facendo cadere una serie di buste davanti agli studenti più grandi. Un gufo particolarmente maestoso arrivò in picchiata e le fece cadere la lettera sul grembo, aggiungendo uno schiocco disapprovatorio del becco per buona misura. Riusciva benissimo a vedere l’emblema del Ministero impresso sulla ceralacca, e sapeva che aveva a che fare con l’emendamento e il suo ‘precipitoso matrimonio di convenienza’. Le sua mani stavano visibilmente tremando mentre apriva la lettera e iniziava a leggere l’ordine ufficiale dal Dipartimento degli Affari e Doveri Matrimoniali, la data e la scadenza e che le avevano dato.
Il piatto davanti a lei svanì, portandosi dietro la sua colazione. Non le importava; il suo appetito se n’era andato leggendo l’articolo. Il rotolo di pergamena abbandonato di fronte a lei era molto più apprezzato di quanto non lo fosse l’ormai scomparso pane tostato, giacché avrebbe riconosciuto quella scrittura ovunque. Buttò via il nastro che lo teneva chiuso e lesse la breve lettera, pensando che sarebbe stata di rassicurazione, che le dicesse che Preside aveva la situazione sotto controllo e di non preoccuparsi. Non era così.
“Cos’è?” chiese Harry.
“Vuole incontrarmi stanotte a proposito dell’emendamento,” rispose con tristezza, sprofondando nella panca mentre altre grida di gioia echeggiavano intorno a lei. “Odio Voldemort.”
 
oOo
 
Alle nove e un quarto, Hermione si incamminò sulla lunga via dalla Torre di Grifondoro fino all’Ufficio del Preside, intimorita da quel che le sarebbe stato detto una volta arrivata. Proprio come a luglio, non vedeva vie di fuga dalla Dannata Legge.
“Entra,” parlò Silente; come si avvicinò, la porta si aprì da sola. Le fece segno di sedersi, cosa che fece a malincuore, e le offrì tè e biscotti. Educazione formale e cerimosità non era ciò che ora voleva dall’anziano uomo. Voleva risposte, promesse, qualcosa a cui aggrappare le speranze visto che non le rimaneva più niente di suo. Invece si trovò ad aspettare. Dolorosi secondi ticchettavano ad una lentezza derisoria mentre il Preside rimaneva in silenzio.
Finalmente il camino sputacchiò e le fiamme diventarono di un verde brillante, eruttando un Sirius Black molto arrabbiato. “A che cazzo di gioco stanno giocando?” domandò, buttando una lettera sulla scrivania di Silente. Nessuno di loro dovette guardare per sapere che era una copia della lettera del Ministero che aveva ricevuto quella mattina.
“Calmati, Sirius,” lo placò Silente.
“No che non mi calmo!” calciò con rabbia una sedia per poi lasciarcisi cadere e ricominciare ad urlare. “Ci hanno dato una scadenza. Una cazzo di data di scadenza… letteralmente*!”
Hermione aveva visto la data stampata sulla lettera, letto il giorno e il mese così tante volte che lo shock era svanito. Avevano fino alla fine del mese, la mezzanotte del trentuno Ottobre, per adempiere ai loro doveri coniugali. Avevano dato loro tredici giorni prima che un impiegato del Ministero venisse a bussargli alla porta per trascinarli ad Azkaban o per costringerli a compiere il loro dovere. Era disgustoso, concordava, ma non aveva intenzione di urlare per questo. Era tutt’altro che felice della situazione, ma sbraitare e imprecare nell’ufficio del Preside sembrava eccessivo anche a lei, la ragazza che aveva rotto ogni piatto della cucina di Sirius il giorno del loro matrimonio.
Invece, la sua veemente protesta risvegliò la persistente sensazione di disagio che le aveva lasciato l’aver avuto gli incisivi troppo grandi e i capelli troppo gonfi. Era come se il problema di Sirius con l’emendamento non fosse tanto nell’ultimatum per la fornicazione, ma quanto più nella persona con cui ne era costretto.
“Ho spedito lettere a qualunque occhio volenteroso al Ministero da quando è uscita la notizia stamattina, e anche a qualcuno meno disponibile,” disse Silente per placare l’uomo incensato. “Non c’è niente che possano fare, temo. Ogni protesta che muoverete risulterà in un annullamento del vostro matrimonio, e verrete entrambi spediti ad Azkaban. Se dovesse succedere, la Signora Black sarebbe in mano di Voldemort.”
“Bastardi,” sbottò nuovamente Sirius, abbassando su di lei lo sguardo. “Non hai niente da dire?”
“Beh…” iniziò, ma dovette fermarsi per evitare di squittire sotto l’intensità del suo sguardo. “Non potremmo ingannarli in qualche modo? Hanno un paese pieno di neosposi; di certo non possono controllarli tutti.”
Sirius guardò speranzoso Silente, ma l’uomo scosse la testa. “Scordi, mia cara, che tu sei la sola ragione per cui questa legge è stata approvata,” disse l’anziano uomo. “Dato che Voldemort non è riuscito ad arrivare a te attraverso un matrimonio con uno dei suoi seguaci, ora sta cercando di farlo con Azkaban. Di tutti quelli sposati sotto questa legge, voi siete gli unici due che ha intenzione di controllare.”
“Questo è spaventoso,” rabbrividì Sirius.
“Mi dispiace,” mormorò. “E’ tutta colpa mia. Hai ragione; avrei dovuto starmene a scuola.”
“Se l’avessi fatto, ora sarei morto due volte,” disse, un’allegria fuori luogo a colorargli la voce. “Non mi sto lamentando.”
“Lo stavi facendo un attimo fa,” gli ricordò, riuscendo a malapena a trattenere l’astio.
“Non di averti sposata.”
“No,” concordò. “Solo di dover andare a letto con me.”
Lui si accigliò, aprendo la bocca per protestare, ma la voce annoiata del suo antenato riempì la stanza e prevenne la sua replica. “Potreste gentilmente limitare i vostri bisticci all’intimità della vostra casa dove appartengono? I Black non sbandierano la loro biancheria sporca in pubblico,” li riprese Phineas Nigellus, posando il suo sguardo severo su Hermione. “E, per quanto la cosa mi dia la nausea, tu sei una Black ora. Cerca di comportarti come tale.”
L’istinto o l’esperienza trovarono Sirius intromettersi prima che Hermione potesse dire quel che pensava al ritratto, o peggio. “Taci,” disse al dipinto, per poi girarsi verso Silente. “Perciò cosa facciamo?”
“Niente,” disse il Preside.
“Cosa?” urlarono in sincrono il Signore e la Signora Black.
“Lei ha sempre delle idee!” insistette Hermione.
“Quelli del Ministero sono idioti!” Sirius agitò una mano con condiscendenza. “Dev’esserci un modo per farla franca.”
“Non con Lord Voldemort che tira le fila, temo,” scosse la testa. “Per quanto possano essere dei burattini, sono burattini col potere di rinchiudere te e tua moglie abbastanza a lungo per vederti nelle mani dei Dissennatori e lei in quelle dei Mangiamorte.”
Sirius non riuscì a mascherare la paura che provava al pensiero di rincontrare i Dissennatori, ma allo stesso tempo borbottò qualche maledizione.
“Mi dispiace,” sospirò scoraggiata Hermione.
“Sirius, saresti così gentile da assicurarti che tua moglie raggiunga sana e salva la Torre di Grifondoro?” chiese Silente. “E’ passato il coprifuoco e devo sbrigare un’altra serie di faccende.”
Hermione era troppo depressa per preoccuparsi di far notare loro che fosse un Prefetto e, come tale, non necessitasse della supervisione di un adulto per tenersi fuori dai guai con Gazza. Anche se, visto che era raramente stata lasciata da sola nel castello dall’aggressione di Malfoy a settembre, sospettava che Sirius fosse lì per proteggerla da qualcosa in più del vecchio custode irritabile. Non era altro che un fardello, a quanto pareva. “Scusa,” borbottò nuovamente mentre camminavano.
“Smettila di scusarti,” ringhiò. “E’ troppo tardi per lamentarsi in ogni caso.”
“Non ti ha fermato,” osservò.
“Io sono diverso.”
“Lo sei,” concordò. “Quindi cosa facciamo?”
Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli con frustrazione. “Cosa possiamo fare?”
Considerò le opzioni, già scarse e rifiutate da Silente; se lui era certo che non gli rimanesse altra scelta, allora era sicura che avesse ragione. Dovevano obbedire alla Dannata Legge o tutto quel che avevano fatto finora sarebbe stato inutile. Sirius sarebbe tornato ad Azkaban e lei sarebbe stata sotto la Maledizione Imperio, inchinata ai piedi di Voldemort.
La sola idea la fece rabbrividire.
“Tieni,” disse Sirius, appoggiandole sulle spalle la sua giacca.
Avvolta nella calda pelle, lo guardò. Sirius Black, alto e bello. Affianco a lui, con indosso la sua giacca troppo grande, si sentiva una bambina. Era una persona che aveva bisogno di qualcuno che badasse a lei, non una che lui desiderasse. Sinceramente, non le importava un fico secco se Sirius la desiderava. Non fosse stato per la Dannata Legge, avrebbe potuto vivere il resto della sua vita senza preoccuparsi che Sirius volesse o meno andare a letto con lei.
“Stupida Dannata Legge,” ringhiò.
“Non parliamone qua, tesoro.”
Si stavano avvicinando alla Torre di Grifondoro; riusciva a vedere la scala che li avrebbe portati al ritratto della rotonda donna che stava guardia dell’ingresso. Avevano camminato per quasi un quarto d’ora e non avevano fatto alcun progresso nel risolvere il problema. Si fermò, non intenzionata a discutere la loro costretta vita sessuale di fronte al dipinto pettegolo. “Quindi ora cosa succede?”
“Pensavo di ubriacarmi,” disse Sirius.
Batté il piede per terra e trasalì, immaginando quanto infantile potesse sembrare. “Non sto scherzando!”
“Neanch’io,” disse, anche se con un sorriso che gli premeva la bocca. “Sono noto per aver fatto delle brutte decisioni da ubriaco – chiedi a Remus.”
“Passo.”
Sorrise alla sua risposta, ma riuscì a forzarsi a tornare sobrio prima di continuare, “Più della metà delle scopate che ho fatto erano mentre ero completamente ubriaco. Non è niente di cui essere orgogliosi, lo so, ma è un triste dato di fatto.”
“Se la cosa dovesse aver alcun senso…”
“Hermione,” disse l’uomo con serietà. “Sono andato a letto con il mio bel numero di donne, delle quali solo due pensavo potessi amare. Non sono così sciocco da pensare che per te sia la stessa cosa.”
Arrossì allo strano complimento che le stava rivolgendo. “Quindi, qual è il punto?”
“Il punto,” sorrise, “è che visto che sono andato a letto con così tante donne mentre ero ubriaco, se mi aspetto che tu venga a letto con me… è meglio che ti faccia sbronzare fuori ragione.”
La ragazza lo guardò, non certa se tirargli uno schiaffo o ridere. Era completamente serio nella sua proposta, il che era stranamente riguardoso per la sua visione personale sul sesso. Non era davvero il tipo da andare a letto con chiunque la guardasse con vago interesse. Era di gran lunga il suggerimento più rispettoso che avrebbe mai potuto farle, strano com’era.
“Quindi che dici?” ghignò. “Prossimo fine settimana – tu, io, una bottiglia di Ogden Stravecchio?”
Sbuffò. “Questa è la peggior frase da rimorchio di sempre.”
“Una volta ha funzionato,” si difese. “Ma tu sei mia moglie, teoricamente non dovrei usare alcuna frase da rimorchio con te.”
“Non significa che non apprezzi lo sforzo,” rise. “E lo apprezzo. Grazie.”
Sorrise, passandole un braccio intorno alle spalle mentre percorrevano il breve tratto che li separava dalla Torre di Grifondoro. “Vedrò di trovare qualche battuta migliore per la prossima volta.” Promise.
“Ottimo,” annuì. “Non ne userei proprio.”
“Perfettamente sensato,” concordò.
Erano di fronte alla Signora Grassa, che sembrava pronta a scappare dalla sua cornice. Sirius non era stato particolarmente gentile con la sua tela l’ultima volta che si erano incontrati, e lei non l’aveva ancora perdonato per il trauma che le aveva causato. “Parola d’ordine?” chiese con uno squittio impanicato.
“Semper mea,” disse Hermione, mordendosi il labbro per evitare di scoppiare a ridere per la donna, la quale aprì di tutta fretta il passaggio e corse al sicuro in un dipinto troppo alto perché Sirius potesse raggiungerlo.
“Buonanotte,” disse Hermione, facendo un passo verso l’entrata.
Più veloce della luce, Sirius la raggiunse e fece scontrare le loro labbra. Era come se fosse di nuovo il giorno del loro matrimonio, con lui che accorciava le distanze tra loro così velocemente da sottometterla con lo shock. Diversamente dal loro matrimonio, però, Sirius lasciò che la sua lingua si facesse strada oltre le sue labbra, stuzzicando la minuscola apertura finché non la lasciò entrare. Oh, aveva avuto ragione a pensare che fosse più bravo di Viktor. Era più bravo di gran lunga, così tanto che non voleva che si fermasse, e senza esserne cosciente gli mise le mani tra i capelli per evitare che scappasse.
Nonostante i suoi intrepidi sforzi, Sirius arretrò e le sussurrò sulle labbra. “Buonanotte, tesoro.”
“Mh-hm,” disse, restando lì stordita mentre lui se ne andava.
“Oh mio dio!” Squittì Lavanda, correndo verso di lei dal suo nascondiglio nell’ombra. “Questa è stata la cosa più eccitante di sempre! Ho appena lasciato Michael e non mi ha neanche baciata, figurarsi pomiciata fino allo stordimento. Sono così invidiosa, sei troppo fortunata!”
Le parole e la presenza della pettegola compagna spedirono sottoterra la sognante frastornazione di Hermione, che con un battito di ciglia tornò ad una realtà molto deludente. Ora sapeva che l’aveva baciata così solo perché l’altra ragazza li stava guardando. Si trattava di mantenere le apparenze, mantenere l’illusione.
“Già,” sospirò sconsolata Hermione. “Fortunata.”
 
 
 
 
*in inglese: “they gave us a deadline. A fucking deadline… literally!” Immagino che l’autrice abbia giocato con la parola, intendendo deadline come linea di morte, in quanto se non rispettassero la scadenza Sirius ed Hermione verrebbero sbattuti ad Azkaban e di conseguenza nelle mani di Voldemort, dunque sarebbero morti.


 
   
 
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