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Autore: Chemical Lady    12/08/2018    2 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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僕は孤独さ  No Signal

Parte settima: Il caso Re.

 

 

Yoshitoki Washuu era sempre stato un uomo rispettabile. Non si era mai sbilanciato troppo nel suo rapporto con i subordinati, se fatta qualche eccezione, ma non era nemmeno mai stato troppo distaccato. Cercava di infondere sicurezza nei suoi uomini, tenendoli lontani dalla verità che strisciava ogni giorno sotto i loro occhi resi ciechi dalla fedeltà a una famiglia di impostori. Voleva davvero che quell’equilibrio delicato si mantenesse per il maggior tempo possibile per il bene di tutti, ma Aiko Masa aveva rischiato di mandare in frantumi la precaria pace che i suoi avi avevano costruito tanto a fatica.

«Spero che tu sappia cosa stai facendo, Kishou. Ogni decisione che hai preso su questa ragazza fino ad oggi è stata discutibile. Dalla istruttoria a suo carico per abuso di potere fino a questa potenziale gravidanza di cui non mi avevi parlato. Ci sono altre cose che non mi hai detto?»

Il fratello non rispose. Tenne gli occhi sulla scacchiere dello Shogi, sistemandosi gli occhiali sul naso. Quando spostò le dita su uno dei tasselli, sembrava non curante. «No. Non c’è altro. Se temi che le abbia detto qualcosa di troppo, ti sbagli. Ho commesso solo un errore di calcolo.»

«Un errore solo

«Più di un errore, in verità. Però non credo che la mia vita privata sia di tuo interesse.»

Un pugno colpì la scrivania così forte da far crepitare il legno e creare un piccolo avvallo nella laccatura nera. Yoshitoki si trattenne dall’alzare la voce, ma gli fu impossibile non tremare appena, livido di rabbia. Nonostante tutto, si ricompose, accarezzando il danno fatto al mobile con amarezza. «Ti ho concesso carta bianca nonostante ciò che l’agente Masa ha fatto a Noriko. Le ho dato una medaglia e dei gradi perché lo desideravi. Tu quanto meno mi devi la tua onestà, in questa ora oscura. Sei parte della mia famiglia, ma sei anche un mio sottoposto, Kishou

«Mi rammarico se ti ho offeso con le mie parole, non volevo.» Lo Shinigami Bianco smise di interessarsi al gioco da tavolo, appoggiandosi con la schiena alla sedia per osservare meglio l’uomo che aveva di fronte a sé. L’uomo con cui era cresciuto e che non avrebbe mai dovuto dubitare della sua parola. «Ti assicuro che Aiko non sapeva niente di più o niente di meno di ciò che sa Take Hirako, per esempio.»

«Puoi giurarlo, questo?»

«Lo giuro e lo ripeto: lei non sapeva nulla di più.» Yoshitoki lo privò del suo Generale d’Oro, mentre lui continuava a rassicurarlo con il solito tono noncurante. Per lui, la faccenda pareva già bella che risolta. «Affidare il caso a Sasaki è stata la scelta più intelligente. Marude avrebbe sconfinato e lo sai bene.»

«Però Sasaki è non solo il tuo cane, ma anche un ghoul; molte persone si convinceranno che lo hai nominato ad hoc per insabbiare il tutto.»

«Non l’ho fatto?»

Riuscì a strappare un mezzo sorriso a Chika. «Touché», lo riprese subito il maggiore, muovendo la pedina prima ancora di vedere l’altro ritirare la sua mano. Venne comunque anticipato, di nuovo. «Sei sempre stato bravo a cacciare il mio re, Kishou. Se ti fossi impegnato allo stesso modo per catturare quello con il Sekigan, tutto questo non sarebbe successo. Aogiri doveva essere un ricordo lontano già cinque anni fa.»

«Si sono rivelati più astuti di noi. Purtroppo non posso ancora leggere nelle menti.»

«Una simile abilità sarebbe così comoda, ora come ora!» Furuta entrò nell’ufficio senza nemmeno bussare. Sul suo viso c’era un sorriso a dir poco scomodo, obbligato. Non portava buone notizie. «Mi dispiace interrompere la partita, ma non si sta mettendo bene.»

«A cosa ti riferisci, Nimura

Il morettino guardò il direttore diritto negli occhi, prima di stropicciare il foglio che teneva fra le mani, indeciso su come iniziare il discorso. Quando il suo nome venne pronunciato di nuovo, in modo più marcato, sospirò e semplicemente sputò fuori la verità. «Ho parlato con Kaiko», snocciolò, allungando a Washuu il documento, come per liberarsene. «Hanno ricevuto la chiamata dello speciale Arima per prelevare il corpo, questa mattina. Però non lo hanno fatto.»

«E per quale motivo?»

«Perché qualcuno lo aveva già portato via.»

Yoshitoki rimase immobile, con gli occhi sgranati sulla comunicazione di Kaiko. Sentì un ingranaggio incepparsi nella ruota che continuava a rotolare da un centenario e rischiò seriamente un attacco di nervi. Nonostante ciò, si mantenne saldo. «Cosa significa tutto ciò?»

Furuta guardò Arima, prima di parlare nuovamente. Prese il cellulare dalla tasca e sbloccò lo schermo, passandolo a Yoshitoki. «Due uomini vestiti di nero, con cappotto e cappello, hanno prelevato il corpo senza vita di Aiko Masa poco dopo la fine del meeting con gli agenti coinvolti.»

Il direttore guardò il video della sorveglianza, allibito. I due uomini che tenevano la barella sapevano dove le telecamere erano state collocate, perché i loro visi non erano mai a fuoco. Non solo però. Sembravano proprio due dei suoi agenti.

«Non sono uomini di Kaiko

«No. Nessuno era in servizio a quell’ora e i badge che hanno utilizzato non possono essere ricollegati a nessuno.»

«E per quale motivo?»

«Sono quelli dell’agente Ihei e dell’agente Shirazu, signore.»

Di nuovo, Yoshitoki non si contenne. Il telefono finì in pezzi nella sua stretta, mentre la mano libera si posizionava sui suoi occhi. La voce uscì leggermente graffiante, maltenuta. «Due fantasmi hanno prelevato un morto.» Non fu una domanda, la sua. Però precedette un ordine. «Fate luce su questa storia, tutti e due. Entro la fine della giornata voglio che abbiate trovato la talpa che ha inscenato in questa farsa e che Kaiko l’abbia punita a dovere. Indagate sul patologo, Aizawa, per verificare un suo coinvolgimento. Fate lo stesso con Urie Kuki e chiunque potrebbe avere interesse nel avere il cadavere del prima classe Masa lontano da noi. E voglio quel corpo in uno dei nostri laboratori o non sarà solo la mia testa a saltare. Sono stato chiaro?»

Arima guardò le vene attorno alle sue tempie ingrandirsi, ma il maggiore dei suoi fratelli non scostò mai la mano. Si alzò, spostando la sedia sotto alla scrivania, prima di chinarsi lievemente, insieme a Nimura. «Faremo tutto ciò che va fatto per fare luce su questa questione e chiuderla definitivamente.»

 

Una cameriera dall’aria gentile lo accolse non appena mise piede nel bar della stazione della metropolitana di Shibuya. Lì difficilmente qualche collega avrebbe sentito lui e Aizawa parlare di ciò che era successo. Fatti di cui Urie, teoricamente, non poteva parlare con nessuno prima della probabile istruttoria in cui l’avrebbe cacciato Sasaki. Urie non aveva paura di ripercussioni lavorative, però. In condizioni normali, la consapevolezza di un possibile licenziamento o peggio, di un congedo con disonore e una pena di scontare, lo avrebbero terrorizzato.

Ma l’inferno di cui era stato testimone la notte precedente gli impediva di preoccuparsi di qualsiasi ripercussione personale. Ogni suo pensiero finiva laggiù, nel ricordo di ciò che aveva visto, rabbrividendo mentre lo riviveva ancora e ancora.

Adocchiò la chioma bionda del patologo, seduto ad un tavolino in angolo, raggiungendolo immediatamente. Quando prese posto di fronte a lui, Ivak smise di leggere il giornale, guardandolo con uno sguardo che Urie non avrebbe mai e poi mai dimenticato. «Basta con la pietà», sbuffò il quinx, lanciando un’occhiata alla prima pagina. «Ormai non si parla d’altro, vero?»

«Un ghoul infiltrato nei sotterranei della sede centrale? È un miracolo che siano riusciti a rigirare la storia.» Schiarendosi la voce, Aizawa lesse un piccolo estratto dell’articolo. «Il nome del ghoul rimane sconosciuto, ma il suo raiting, secondo le dichiarazioni del direttore Washuu Yoshitoki, era di livello SS. Durante lo scontro almeno tre agenti sono rimasti feriti e uno di loro, il prima  classe Masa Aiko, di ventitré anni, ha perso la vita. Io non mi ricordo di nessun ferito.»

Urie non aveva parole per commentare. L’insabbiatura avrebbe reso semplice il lavoro di indagine interna e al contempo avrebbe tutelato il bureau dallo scandalo. «Dovrei dire la verità alla stampa.»

Ivak lo guardò confuso. «La verità?»

«Hirako l’ha uccisa. Io ero lì e ho visto tutto. È stata una esecuzione, non un combattimento.»

Il biondo prese un respiro profondo, accantonando il giornale e appoggiando la mano sul braccio del giovane. «Senti, Kuki, fermati a pensare alle conseguenze di una simile decisione», si mordicchiò il labbro, cercando le parole giuste. Ma non esistevano parole giuste. «Ci sono passato anche io con Mei. Lo so come ti senti, lo so davvero e non posso permetterti di fare scelte avventate. Se ora tu parli con la stampa ti comprometterai per sempre. Senza contare che è impossibile che tu possa ottenere giustizia per lei se si inizia a parlare del suo coinvolgimento con Aogiri. E i Washuu lo faranno sapere, se saranno costretti. Ora come ora la nostra arma più potente è ciò che Aiko ha lasciato dietro di sé, tutte le molliche di pane che possiamo seguire per capire cosa diavolo è successo. Se te lo stai chiedendo no, non avrai giustizia. Non l’ho avuta io e non l’avrai nemmeno tu, perché c’entra Kishou Arima e lui non paga mai. Però possiamo fare luce su ciò che è successo. Possiamo farlo per noi stessi e per lei. Per dormire la notte.»

La presa sul suo braccio si intensificò, mentre Kuki meditava su quelle parole. Sapeva di non essere lucido, in quel momento. Sapeva che Ivak ci era passato e aveva provato ciò che stava provando lui, anche se irrazionalmente non poteva davvero credere che qualcuno potesse sentirsi in quel modo. Si sentiva dilaniato, distrutto. Però doveva fidarsi dell’amico, perché ci aveva visto giusto; se conosceva Aiko, si era sicuramente lasciata qualcosa alle spalle prima di lanciarsi verso quella missione suicida e apparentemente priva di senso, per una persona così metodica. «Ok, faremo così. Lavoreremo per conto nostro, senza chiamare in causa Sasaki

«L’idea è quella di comunicare con lui, in realtà.» Ivak incrociò le mani di fronte a sé, sperando di non farlo infuriare. «Ho parlato con lui e mi ha promesso che mi terrà aggiornato sulla sua indagine se noi lo faremo con la nostra.»

Urie assottigliò lo sguardo. «Prima hai parlato delle analisi sul sangue di Masa…. Le hai comunicate prima a lui che a me?»

«Era nel palazzo e l’ho incontrato per caso.»

Ivak fu veloce ad alzarsi prima di Urie, tenendolo seduto sulla sedia. «Dovevo farlo. Lui vuole davvero capire cosa è successo o almeno questo è ciò che ho capito io. Pensaci, Kuki! Era un suo sottoposto nei quinx, vuole sapere cosa le è successo tanto quanto noi.»

«Lui è un cane di Arima

«Abbiamo appena concordato che non ci aspettiamo giustizia ma verità, o sbaglio?» Il primo livello doveva concordare di nuovo con lui. Tornò a sedersi, attendendo di sapere cosa Ivak aveva in serbo per lui. «Cheiko ha eseguito le analisi poco prima di pranzo», gli fece sapere, parlando piano. «Nel sangue di Masa c’era qualcosa di davvero interessante: oltre a una conta irragionevolmente bassa di cellule rc, le analisi chimiche hanno rivelato la presenza di un alta percentuale di tetrodotossina nel sangue.»

Kuki lo guardò stranito. «Tetrodotossina? Il veleno del pesce palla?»

Aizawa annuì. «O del polpo dagli anelli blu. Un essere umano normale può venire ucciso da una goccia da venticinque milligrammi. Non possiamo stimare con certezza la dose che è stata introdotta nel sistema circolatorio di Aiko, ma Cheiko stima oltre i cinquantadue milligrammi per uccidere un quinx. Non era comunque sola. Anche se non ne abbiamo trovato traccia, la tetrodotossina era in compagnia di qualche sorta di inibitore.»

«La sua conta rc

«Ottantaquattro.»

«Questo non ha senso», Urie si passò una mano sulla fronte, sentendola scottare contro i guanti di pelle. «Più basso di quello di un essere umano. Non sarebbe mai riuscita ad usare la kagune in quelle condizioni.»

Gli occhi di Ivak scintillarono. «Appunto. Tu l’hai vista utilizzarla?»

Urie annuì lentamente. «Quando sono arrivato, stava usando un singolo tentacolo contro l’agente Hirako. Però è durato poco lo scontro a cui ho assistito. Quando era stesa a terra non sembrava nemmeno in grado di alzarsi.»

«Perché non poteva. La tetrodotossina è un veleno neurotossico cento volte più potente del cianuro. Uno dei suoi effetti è il blocco del sistema nervoso e di quello cardio respiratorio. Non possiamo esaminare il corpo, ma sono sicuro che se avessi effettuato dei tamponi sulle ferite, avrei trovato delle tracce lì.»

«Stai dicendo che Arima potrebbe aver messo del veleno sulla sua quinque

«Perché no? È l’invincibile Shinigami. Magari gioca sporco.»

Per l’agente, tutto ciò non aveva senso. «L’ho visto in azione, non ha alcun senso imbrogliare per lui. È davvero veloce e forte, perché usare un simile stratagemma?»

Aizawa scrollò le spalle, «Dobbiamo scoprirlo.»

«Dalle analisi non è emerso altro?»

Gli occhi azzurri del dottore si scostarono dai suoi, mentre cercava qualcosa nella giacca. «Niente di rilevante per il caso.»

«Qualcosa di non rilevante?»

«No, niente.»

Urie sapeva che stava mentendo, per il semplice fatto che Ivak non sembrava più esserne in grado. Non dopo la morte di Mei, dopo aver perso tutto ciò che riempiva il suo mondo freddo. Non forzò la mano però, deciso a fare il suo gioco. «Quando il corpo tornerà da noi per i funerali potremo effettuare i tamponi. Sperando che non verrà lavato bene.»

Il biondo annuì prendendo un blocco per appunti e appoggiandoselo di fronte, insieme a una penna a sfera. «Esatto. Quando arriveranno i risultati dell’autopsia possiamo almeno confrontare il tossicologico con quello degli affari interni per verificare se stanno o meno mentendo per coprire il gran bastardo.» La cameriera versò ad Urie il caffè, interrompendoli. Poi portò via il piattino vuoto che Aizawa aveva ripulito e sorrise nuovamente ai due. Solo quando furono di nuovo soli, il medico riprese a parlare. «Posso farti qualche domanda scomoda? Sai, su Aogiri e i nastri...»

Una lancia immaginaria trafisse il cuore di Urie. Non ci aveva ancora pensato. «Tu pensi che lei fosse li sotto per cercare quei nastri? Mi aveva detto che Arima le aveva garantito che avrebbe insabbiato tutto, sia quello che il suo…. Coinvolgimento con Aogiri

A quel punto fu Ivak a stupirsi. «Arima sapeva di Aogiri?» «»

«Lei glielo aveva confessato qualche giorno prima.»

Il biondo venne preso in contropiede. Segnò qualche riga sul blocco, prima di tornare a guardare l’investigatore. «Dobbiamo tenere conto che lui l’ha uccisa. Non direttamente magari, ma è come se fosse l’esecutore.»

Urie annuì lentamente. «Hirako esegue i suoi ordini, no? Però non ha senso. Se lei e Arima avevano un accordo, perché ucciderla? E perché era là sotto?»

«Forse perché non lo avevano fatto, un accordo, e lei ti ha mentito per farsi perdonare.»

Urie appoggiò la tazzina di caffè senza averne preso nemmeno un sorso. «Se così fosse allora sarebbe solo colpa mia. Se lei è scesa nel cavou per cercare i nastri in cui io-»

«Fermati, no. Non è colpa tua, va bene? Aiko cercava qualcosa là sotto ma non possiamo sapere cosa. Se Arima sapeva davvero di Aogiri, allora sicuramente non lo dirà al presidente. Magari voleva usare Aiko come spia per la ccg, invertendo il gioco, ma qualcosa è andato storto e non ha potuto coprirla. Non traiamo conclusioni azzardate.» Fece una pausa, sentendo di aver fatto un danno. Non avrebbe dovuto far menzione di quei maledetti nastri, anche perché lui sapeva benissimo che Aiko era lì sotto per quello. Lui aveva congiurato con lei per farla scendere quella notte. Cosa che non avrebbe detto a Kuki in quel momento, quanto meno. «Io credo che il primo passo sia capire dove sia il corpo, ok? Senza quello non abbiamo niente.»

«Ce l’hanno gli affari interni.»

«Siamo sicuri?»

Urie alzò le spalle. «Chi altro dovrebbe averlo preso?»

«Aogiri», lo freddò Aizawa. «I Clown, qualcuno della ccg che vuole insabbiare tutto, i Washuu stessi o magari…. Gli affari interni.»

Il ragazzo iniziò a vedere qualcosa dietro il comportamento del medico. «Tu sai qualcosa che non so.»

«So tante cose che non sai, ma devo capire se sono o meno utili. Hai visto un quadernino nero?»

«Un quadernino nero?»

Ivak gli fece cenno con le mani. «Grande circa così, pieno di annotazioni e frasi criptate.» Dai suoi occhi, Aizawa capì che Urie non aveva idea di cosa stesse dicendo. «Aiko lo ha trovato mentre indagava su Nagachika e ha passato molto tempo a cercare di decodificarlo. Era pieno di nomi in codice e annotazioni su spostamenti. Chiunque lo abbia scritto stava pedinando tutti noi, oltre che alcuni membri delle organizzazioni che ho citato prima. Troviamo il quaderno e gli appunti di Aiko e troveremo forse delle risposte.»

«Io non ne avevo davvero idea che lei stesse- per chi indagava? Per la ccg? O per Aogiri

Il medico non se la sentì di dire la verità. Non voleva caricarlo troppo di pesi. «Voleva tenerti al sicuro e voleva farlo anche con tutti noi. Non importa se lavorava per Aogiri, ok? È una stronzata, Urie. Lei ti amava davvero e noi non sappiamo le motivazioni che l’hanno spinta a tradire, anni fa. Non sappiamo un cazzo, ma la conoscevamo in questo preciso momento storico e sappiamo entrambi che deve esserci sotto qualcosa di grosso. Scopriamolo e facciamola finita.»

«Lo cercherò fra le sue cose, a casa.» Urie aveva molto su cui rimuginare, dopo quella conversazione. C’erano troppe note stonate in quella sinfonia e lui voleva solo venirne a capo. Si sentiva messo all’angolo, si sentiva colpevole e allo stesso tempo non riusciva a non provare un po’ di odio verso Aiko. Lei aveva mentito per così tanto tempo. Mentiva da prima ancora di conoscerlo e nonostante sapesse cosa lui provasse, come lo avesse fatto sentire il Gufo col Sekigan, lei lavorava per Aogiri e lo faceva con dedizione. Un cuore innamorato però non può non piangere in una situazione del genere. Ogni singolo crimine commesso da Aiko, ogni bugia, ogni secondo fine, era passato inesorabilmente in secondo piano. Perché era morta e lui non avrebbe più avuto la possibilità di arrabbiarsi con lei per questo, ma nemmeno di abbracciarla o farsi confortare. Non l’avrebbe più sentita blaterare di sciocchezze o di esporre uno dei suoi ragionamenti machiavellici riguardo una indagine. Una tristezza profonda, peggiore di quelle provata fino a quel momento, lo colse. Portò una mano alla fronte mentre veniva investito dalla consapevolezza che l’aveva persa per sempre e la colpa era anche sua. Incolpava strenuamente Hirako per non fare i conti con la realtà. Lei era morta per lui e non sapeva come assimilarlo. «Per questo non mi ha lasciato nemmeno un biglietto.»

Aizawa smise di scribacchiare lo guardò. Ciò che vide distrusse anche lui. «Urie io-»

«Mi sono chiesto per ore e ore il motivo per cui non mi avesse lasciato nemmeno un post-it sulla scrivania. Non mi ha scritto nulla perché non voleva che io sapessi il motivo per cui lo ha fatto.»

«La scelta è stata sua. Ora noi dobbiamo fare la nostra. Quanto sei disposto a scavare per trovare risposte che non ti piaceranno?»

«Sono disposto ad andare a fondo.»

Ivak gli porse la mano, che l’altro strinse, siglando così l’accordo. «Allora ci muoveremo come avrebbe fatto lei; iniziamo dagli indizi che sono rimasti e muoviamoci di conseguenza. Oggi iniziano ufficialmente le nostre indagini.»

Sul primo foglio, lasciato volutamente bianco, il patologo scrisse al centro solamente un paio di righe, abbastanza grandi da poter essere lette da Urie.

18 novembre 2016. Il Caso Masa.

 

Capitolo trentasei

22 settembre 2016. Una data storica, seppure non universalmente riconosciuta, ma che Aiko Masa non avrebbe mai e poi mai dimenticato. Come ci sarebbe riuscita, dopotutto? Quella pallida mattina di autunno, mentre il sole attardava il suo esordio giornaliero e una leggerissima nebbiolina avvolgeva la prima circoscrizione facendo odorare l’aria di pioggia, il primo livello mise piede nella struttura con il suo nuovo badge. Quando lo passò per la primissima volta, nemmeno i detector rc all’ingresso volevano crederci: negarono l’accesso per tre volte di fila prima dell’intervento di uno dei tecnici.

Nemmeno quel passaggio artificiale riusciva a concepire come Aiko Masa, ventitré anni da farsi, stretta in un completo elegante che Aizawa le aveva trovato all’ultimo e che sicuramente era appartenuto a Mei, fosse riuscita ad entrare nella squadra di punta della S3. No anzi, nella squadra di punta dell’intera ccg.

«Hai preso il bento

«Sì.»

«La tua cartella personale? La richiesta per la quinque

Aiko prese un respiro profondo, sventolando sotto al naso di Urie tutto ciò che lui le stava elencando e trattenendolo dall’aggiungere altro. «Mi manca solo un po’ di autostima, in questo momento.»

«Che strano, ne hai sempre avuta in abbondanza di quella.»

I due si scambiarono un’occhiata, lui sempre serioso nella sua posizione diritta da soldatino e lei di leggero avvertimento, mentre una ciocca scappava dalla coda di cavallo che aveva stretto in fretta e furia mentre era già in macchina. La parò dietro all’orecchio, prima di rispondergli, adocchiando alle sue spalle Kuramoto Itou. «Io vado a vedere il mio nuovo ufficio. Augurami buona fortuna.»

«Lavorerai con Kishou Arima; la fortuna lasciala tutta a me.»

Masa sbuffò apertamente, avviandosi in un oscillarsi di fianchi a causa dei tacchi che indossava. «Invidioso.»

«Dispotica vipera.»

Aiko decise di non aggiungere altro, conscia di quanto fosse dura per l’altro accettare che lei era appena arrivata laddove lui ambiva di arrivare da quando aveva sei anni. Non avevano litigato, né tanto meno lui l’aveva trattata con sufficienza o maleducazione quando aveva trovato la sua firma sulla richiesta di trasferimento, ma in quel preciso istante poteva concedergli un po’ di amarezza. Nei due giorni precedenti, a casa, si era comportato come un fidanzato modello con tanto di colazione a letto celebrativa e ben mezza giornata di permesso da passare insieme. Non poteva chiedergli troppo, alla fin fine, che fosse o meno maturato dalla morte di Shirazu, rimaneva sempre Urie Kuki.

Itou le sorrise maliziosamente, facendo un passo verso l’ascensore e tenendole le porte aperte. Quel sorrisetto non le diceva niente di buono. «Come devo chiamarti ora? Primo livello Masa? O posso già darti l’Associato alla Classe Speciale?»

Aiko lo guardò alzando le sopracciglia, prima di scuotere il capo. «Stai volando un po’ troppo con l’immaginazione, Kuramoto

«Sembri Koori», rispose pragmatico il biondo, alludendo forse alla frangetta o all’abbigliamento formale. «Fuori dalla porta dell’ufficio sembri disinteressata al mondo, ma una buona promozione e BOOM!», Aiko quasi sussultò, portando poi una mano al timpano sfondato dall’amico. «Ti trasformi in un super investigatore di ghoul in completo firmato e fai la seria.»

«Per prima cosa, non credo che questo completo sia firmato. Secondariamente», proseguì mentre Itou le ribatteva che era un Gucci, «non sono seria, sono preoccupata. Non ho nemmeno più la mia quinque. La nostra quinque, Kuramoto

L’altro agente annuì, ora un po’ con espressione un po’ amara. «Ho sentito che non è riparabile. Tatara ha distrutto il nucleo.»

«Chingyou ci sta lavorando da giorni», gli disse Aiko. «Però non sta avendo i risultati che sperava. Dice che vuole provarle tutte prima di dirmi che è una quinque inutilizzabile, ma la verità è che sta solo rimandando le brutte notizie.»

«Concentriamoci su quelle buone, ok?», le disse Itou, come al solito positivo. «Izanami ti ha servito bene per anni e adesso che sei nella S3 potrai avere una nuova quinque ad alto potere offensivo. Nutcraken è ancora disponibile, no?»

«L’arma di Shirazu? No, non la voglio. L’ha quasi fatto uscire di testa, quella spada è maledetta.»

Gli occhi di Kuramoto, se possibile, si fecero ancor più sottili. «Hai già in mente quale sarà la tua prossima quinque, vero?»

Lei non rispose. Gli sorrise appena, facendogli l’occhiolino. La conosceva fin troppo bene. Le porte si aprirono sul settimo piano e di fronte ad esse si materializzò, con un sorriso smagliante e un bicchiere di cartone contenente una miscela profumata, Furuta Nimura. «Da qui in poi la prendo io», disse con tono pacato eppure allegro il giovane, salutando Itou che non uscì dall’ascensore, augurando buona fortuna all’amica. Aiko prese il cappuccino che le veniva offerto, sorpresa. «Hirako ha detto che lo prendi al ginseng, giusto?»

«Hirako si ricorda i miei gusti, sono colpita.»

Furuta ridacchiò soave, prima di indicare la cartellina cartacea che la donna aveva in mano. «Il tuo fascicolo? Posso?», lei glielo passò, mentre soffiava sul liquido bollente. Camminarono fianco a fianco lungo i corridoi dove entrambi salutarono più persone del previsto, mentre lei beveva il suo cappuccino e lui leggeva una riga sì e due no. «Sasaki è il segretario della squadra, ma questo tipo di lavoro di ufficio lo fa fare a me», le fece sapere, tenendo una mano vicino alla bocca, prima di arrivare a destinazione. Roteò anche gli occhi con enfasi. «Non ho mai avuto un partner così noioso. Sta tutto il giorno con il naso fra i fascicoli e parla da solo come i pazzi. Mi fa paura, sai? Mi manca Kijima

Aiko si ritrovò a pensare che non poteva esistere una persona più diversa dal Sasaki che lei ricordava di quell’uomo che Furuta stava descrivendo. Haise, il mentore dei Quinx, che li aveva trascinati a ballare per paura che non si godessero la loro giovinezza, era diventato l’ombra di se stesso. Lo Shinigami Nero della ccg non poteva essere più lontano da ciò che era stato prima di quella notte al Lunar Eclipse. Le mise tristezza, quella consapevolezza. Sentimento che venne in fretta accantonato quando, seduto sulle poltroncine di fronte all’ufficio della S3, vide un ragazzo con i capelli celesti e gli occhi luminosi, piegati in una curva un po’ tesa. «Ikari», lo salutò ritrovando l’allegria nel momento in cui lui le sorrise cortese. «Cosa ci fai qui? Non dovresti salire sull’Eva?»

«In realtà salgo a bordo di qualcosa, ma non è un robottone senziente con la personalità di mia madre. È la squadra Arima

«Anche tu sei nella S3 ora?»

«Con effetto immediato dopo il colloquio di ieri mattina», le fece sapere Nimura, prendendo anche il fascicolo personale di Naoki, prima di appoggiare una mano sulla porta. «Sono così felice di avere due nuovi ingressi in squadra, soprattutto perché qui dentro è un vero mortorio e voi due già mi piacete. Ci divertiremo un mondo insieme.»

Aiko ne dubitava, mentre Nao al suo fianco sembrava sul punto di fare i salti di gioia. La mora si interrogò per qualche secondo sulla peculiare scelta di avere un elemento con Ikari nella squadra, soprattutto in virtù del fatto che non sapeva si fosse distinto per merito. Quindi non lo aveva fatto. Arima doveva avere qualcosa in mente per creare un nuovo team sulle basi di ragazzi così giovani. Haise aveva la stessa età di Aiko, mentre Ikari doveva ancora compiere i venti. Per non parlare di Furuta, che aveva il viso di un ragazzino.

Questa fu esattamente l’impressione che ebbe quando mise piede nello spazioso ufficio della S3. Un gruppo di ragazzini freschi per poter venire addestrati ad hoc. L’ambiente, molto luminoso grazie alla vetrata a muro che lo costeggiava in lunghezza e che dava direttamente sulla facciata anteriore dell’edificio, era caloroso, domestico quasi. Profumava di caffè. C’erano due divani verdi sul lato occupato dalla parete monocroma, decorata solamente da due bacheche. Una piena di fogli, circolari e promemoria e un’altra, più colorata, con foto e bigliettini di auguri e congratulazioni. Al centro della stanza la faceva da padrone un grande tavolo ovale. Non c’erano celle separatorie, non cerano piccoli cubicoli. L’ufficio era aperto e loro avrebbero lavorato gomito a gomito, senza niente a dividerli. Questo la colpì molto mentre, insieme a Naoki, avanzava qualche passo poco sicuro.

Seduti alle loro postazioni c’erano già Sasaki e Hirako. Entrambi alzarono il capo per guardare le nuove leve e Haise le sorrise, seppur pallidamente. «Benvenuta, Aiko-chan

«Grazie, Haise», fu la risposta informale della giovane, sgombra da ogni possibile trascorso fra loro. Si erano create delle situazioni parecchio complesse dopo la chiusa del caso Nagachika, ma ad entrambi conveniva fingere che nulla fosse mai successo.

«Aiko, tu sei seduta qui. Naomi, invece mettiti qua.» Hirako attirò la loro attenzione, indicando loro rispettivamente i posti alla sua sinistra e alla sua destra. E sbagliando anche il nome del nuovo acquisto. Quando Masa prese posto dove le era stato indicato, di fronte a un computer che sembrava di ultima generazione, si ritrovò alla sinistra di Take e di fronte a Sasaki. Furuta stava invece accanto al suo partner, dall’altra parte del tavolo, tutto giulivo e desideroso di indovinare quale fosse la qualità di caffè preferita da Nao e come lo prendesse la mattina. Più che un investigatore sembrava un segretario. O un amico particolarmente gentile.

Solo quando furono tutti ai loro posti, come chiamato da Dio in persona, apparve Arima. Entrò in ufficio senza particolare fretta, mentre tutti si rialzavano per fare un breve inchino. Il primo a risedersi fu Take che, senza aspettare nemmeno di sapere se il capo aveva qualcosa da dire, riprese a battere a macchina alcuni appunti svolazzanti che si era annotato su dei tovaglioli da bar. Non che ad Arima potesse importare. La sua attenzione sembrava calamitata dalle facce nuove o relativamente nuove. Aiko lo conosceva già da anni, dal suo ingresso nella squadra Hirako. Avevano parlato più volte ed erano anche usciti a bere insieme con il solito gruppo, ma in quel momento la prospettiva da cui lo guardava era totalmente nuova. Era sempre stato bene o male il suo capo, almeno fino a che Matsuri era subentrato come coordinatore dei Quinx, qualche mese prima. Era rimasto una figura di riferimento anche allora, quando andava da lui a chiedergli di firmarle rapporti e mandati perché il rampollo dei Washuu la disprezzava e le impediva di portare a termine le sue indagini private. In quel momento però si sentiva terribilmente in soggezione, come se qualcosa stonasse in quella sinfonia. Il suo ingresso nella squadra migliore del dipartimento aveva qualcosa di forzato. Di nuovo, Aiko si chiese perché l’avesse presa. Sapeva che non poteva rifiutare un’offerta del genere e le sue implicazioni con Aogiri le impedivano di attirare su di sé l’attenzione di tutti. Il fatto che potesse proprio centrare Aogiri, che Arima potesse aver visto oltre ciò che aveva sospettato Nakarai, le faceva venire i sudori freddi. Trovò comunque la forza di sorridergli gentile e lui, dopo essersi sfilato il cappotto, prese posto a capo tavola. Proprio alla sua destra.

«Oggi iniziano le operazioni del nuovo nucleo della squadra coordinatrice della S3.» Il discorso introduttivo del capo parve fermarsi lì. Arima non era mai stato bravo nei discorsi, quello era un dato di fatto. Era un uomo d’azione dopotutto. Ciò però non impedì ad un silenzio un po’ imbarazzato di venire a crearsi, mentre Sasaki e Hirako continuavano a lavorare e Furuta faceva allegramente colazione.

Haise provò pena per lui quando notò che non faceva altro se non ricambiare lo sguardo di Aiko e Naoki. Sospirò, il moretto, prendendo un pezzo di carta e scarabocchiandoci sopra un paio di appunti, prima di passarlo allo Shinigami Bianco. Questi lo prese, sollevandolo all’altezza degli occhi, prima di riabbassarlo.

«Grazie Haise», gli disse, senza vergognarsi neanche un po’, mentre sistemava gli occhiali spingendoli verso la radice del naso. «Per quel che riguarda gli orari di servizio e di allenamento congiunto, ne parleremo col tempo. Per adesso presentatevi quando il vostro partner vi dirà di farlo. Per la S3 i lavori di internato sono sospesi perché molto spesso dobbiamo coprire i casi ad altro profilo con interventi di emergenza. In parole povere, tenete sempre il cellulare acceso sul comodino anche quando siete di riposo o fuori servizio.»

Vista la nuova pausa che seguì, Hirako si sentì in dovere di intervenire. «Non ci hai diviso in coppie.»

«Stavo per farlo», rispose educatamente Kishou, attirandosi uno sguardo di biasimo da parte del compagno di lunga data. «Ho pensato di fare in modo che i meno esperti possano apprendere qualcosa dai veterani. Haise continuerai a lavorare con Nimura sul caso aperto. Take, il giovane Naoki verrà con te, mentre io lavorerà con Aiko

Masa socchiuse le labbra, guardandolo stupita. Voleva dire qualcosa, ma venne presa totalmente in contropiede. Era convinta che l’avrebbero riassegnata a Take, non avrebbe mai pensato di diventare il braccio destro di Arima. Sarebbe diventata una delle sue creazioni, con Hirako, Ui e Hairu. Tutto il dipartimenti ne avrebbe parlato per mesi e mesi.

«Il caso, Arima-san», fece notare Sasaki, con tono basso a causa della concentrazione. Non smise nemmeno per un istante di battere sulla tastiera ritmicamente. «Non hai parlato del caso.»

«Giusto», farneticò lo Shinigami Bianco, dimostrando come sempre di avere una pessima memoria. «Il direttore ci ha incaricati di lavorare su Aogiri. Non su tutto il gruppo, ma sull’individuazione e sull’eliminazione del Re con il Sekigan. Sempre che esso esista, ovviamente.»

Haise prese un respiro profondo, prima di incrociare le mani coperte dai guanti rossi sul tavolo, guardando alternativamente Masa e Ikari. «Stiamo operando in modo congiunto, seppure per nuclei separati, al fine di catturare almeno uno dei capi di Aogiri e cercare di scoprire così l’identità del Re. Non è scontato che essi parleranno, naturalmente, ma togliere dalla strada anche una sola di queste personalità sarebbe un enorme passo avanti.»

Aiko annuì, mostrandogli che stava seguendo il discorso. «Chi sono gli obiettivi?»

«Tatara, Naki degli Smoking Bianchi e il Gufo col Sekigan», le rispose Haise, inclinando di lato il capo per osservarla bene. «Io e Furuta stiamo lavorando su quest’ultimo, mentre il prima classe Hirako ha chiesto di proseguire le indagini su Naki, visto che è stato un suo vecchio caso.»

«Come mai lavori sul Gufo?»

«Perché l’ho vista in faccia.»

Aiko sorrise, voltandosi verso Arima. «Allora noi lavoreremo su Tatara.»

Non voleva sapere come avrebbe dovuto sentirsi in quel momento, né come avrebbe fatto da lì in avanti. Se avesse tenuto aggiornati Tatara, Eto e Naki, l’avrebbero senza dubbio scoperta. Era finita in una trappola da cui non poteva uscire viva.

Avrebbe sacrificato Naki, mentre Eto se la sarebbe cavata da sola, o non avrebbe rivelato il suo volto, ma come avrebbe fatto con il Laoshi?

«Qualche idea su dove iniziare?»

Aiko si morse piano il labbro, prima di decidere di discutere di ciò che tutti sapevano. Così non avrebbe fatto la figura della incompetente, ma al tempo stesso non avrebbe dovuto rivelare niente. «Hakatori e Labbra Cucite sono sue dirette sottoposte, vero?»

«Buona idea iniziare da loro. Raccogli informazioni e se trovi qualcosa chiamami.»

Arima si alzò e sembrava già pronto ad andarsene. A quel punto, però, mancava solo Furuta a ricordargli che aveva dimenticato qualcosa. «Arima-san», lo chiamò con un sorrisetto. «La questione delle quinque»

«Ah già, è vero. Quella di Aiko è distrutta e quella di Naoki troppo debole.» Lo Shinigami ci pensò su solamente due secondi. «Pensaci tu, Take.»

«In realtà», si inserì Aiko, alzandosi a sua volta, «Io volevo fare richiesta per una quinque specifica, ma che però è sotto la tua tutela.»

Arima si infilò il cappotto. «Se stavi pensando a Yokimura, puoi avere una delle tre. Infondo era la mia idea, affidarti quella spada.»

«No, non stavo pensando a YokimuraMasa prese un respiro profondo, prima di avanzare la richiesta. «Volevo chiederti di prendere Aus

«La quinque di HairuArima fece una pausa, riflettendo. Non sembrava però arrabbiato, anzi. Quasi incuriosito. «Puoi prenderla, ma solo se impari ad usare anche T-Human. Sarà divertente vedere se saprai destreggiarti con quella lancia come faceva Hairu. Lei era parecchio brava.»

«Lo era, sì.»

«Puoi prenderla, Take ti darà le chiavi del magazzino. Per quel che riguarda Naoki, siate creativi.»

 

 

Il magazzino dove venivano conservate le quinque non utilizzate sul campo era al primo piano interrato, nel corridoio opposto rispetto alla sala autoptica. Quando Hirako spalancò la porta usando una vecchia e obsoleta chiave metallica – ben diversa da quelle magnetiche che si impiegavano nel resto dell’edificio- sia Aiko che Naoki si guardarono perplessi. Una volta, prima che Aiko entrasse nella squadra Hirako e prendesse servizio nella prima giurisdizione, aveva sentito dire che il curatore di quella particolare area della struttura era il padre dell’associato alla classe speciale Mado, Kureo. Lui non era mai stato particolarmente incline ai fronzoli e preferiva investire tutto nelle nuove tecnologie per le armi, piuttosto che trasferire le quinque altrove per ristrutturare il magazzino.

Il risultato di questa scelta pratica, ma poco estetica, aveva prodotto quello che sembrava letteralmente lo scantinato di un palazzo. Sopra ogni piccola porta metallica c’era un nome, di persona o identificativo di una squadra. Le prime cinque porte erano proprio di proprietà del defunto Kureo Mado.

Passando oltre, trovarono quella della S1. Hirako prese dal mazzo che gli avevano consegnato all’ingresso la chiave annessa e aprì la porta, permettendo ad Aiko di entrare. C’erano alcune valigette, disposte su diversi scaffali, circa una ventina. Fu semplice individuare quelle che stava cercando, perché erano le sole nere laccate in argento sui bordi. Le prese entrambe, come aveva detto Arima, controllando per scrupolo la targhetta.

Prima classe Hairu Ihei, deceduta. Stato della quinque: non attiva.

«Trovate», fece sapere ad Hirako, passandogli una delle due e uscendo fuori, permettendogli di chiudere di nuovo tutto. Quando arrivarono di fronte alla porta con segnato ancora il nome della ormai ex squadra Hirako, il rosso si fece da parte per permettere a Naoki di potersi sbizzarrire nella scelta.

C’erano almeno il triplo delle valigette lì dentro e Aiko sapeva benissimo il motivo. Mentre Hirako aveva sempre puntato a una lavoro veloce e pulito, Koori lavorava più come Arima e alla fine non rimaneva mai molto con cui fare un’arma.

«Posso davvero scegliere quella che voglio?», domandò Ikari con lo stesso tono di un bambino immerso fra gli scaffali di un negozio di caramelle.

Hirako si appoggiò allo stipite con la spalla. «Dal livello S- in poi, quella che preferisci. Leggi anche le specifiche e se hai domande, chiedi.» Lasciato il giovane partner ai suoi svaghi, Take tornò a concentrare la sua attenzione su Aiko. La trovò con un ginocchio appoggiato a terra e le valigette di fronte. I capelli avevano vinto la battaglia e ora le cadevano lisci sulle spalle e sulla schiena, liberi dalla coda. Sembrava assorta in un pensiero che si rimpicciolì nei suoi occhi appena lui le rivolse la parola. «Come mai le quinque di Hairu? Nostalgia?»

Masa scosse il capo. «Non lo so spiegare. Forse c’entra anche un po’ la nostalgia, perchè l’ho sognata di recente e grazie a quel sogno ho pensato che magari potevo usare Aus. Se devo essere onesta, però, volevo questa quinque perché è forte. Quando avevo Izanami mi sembrava di maneggiare uno stuzzicadenti rispetto alla lancia di Hairu. Poi il modo in cui la usava era perfetto. I suoi movimenti erano così rapidi da incantarmi. Ho sempre pensato che non avrei mai raggiunto il suo livello e infondo so che non lo raggiungerò mai.»

Take si mise le mani in tasca, facendo un passo verso di lei e porgendole la mano per farla alzare. Quella di Masa era fredda. «Dovrai provarci o lui te la leverà e ti farà usare Yokimura. Non è un uomo che parla a vanvera, Arima. Devi imparare a usare Aus e T-Human come faceva Ihei

«Impossibile.»

«Devi solo impegnarti seriamente.»

Aiko lo guardò negli occhi, alzando un sopracciglio. «Da quanto sei così tanto calato nella parte da supporter, Hirako

«Lo sono sempre stato, tu non lo notavi.»

Come al solito, stavano per litigare. O meglio, lei stava per litigare, facendo tutto da sola, mentre lui le rispondeva normalmente. «Mi hai sempre impedito di fare tutto. Ma abbiamo già accantonato l’argomento quella sera in macchina, no?»

Take non fece una piega. «Pensavo fossi troppo ubriaca per ricordartelo.»

«Tu sottovaluti il mio potere.» Non smisero di guardarsi, mentre lei faceva un passo verso di lui. «Credi che riuscirò a usare quella quinque come la usava Hairu

«Ne sono certo.»

«….Bugiardo.»

«Scusate se vi interrompo, ma ho trovato qualcosa di interessante!»

Aiko fece due passi indietro, guardando stupita Naoki, mentre Take rimaneva granitico nella sua posizione. «Qualcosa cosa?», si informò, guardandolo mentre agitava una valigetta con impeto. Gli fu accanto in due falcate veloci, curiosa come una gatta, riuscendo a prendere la targhetta di carta che pendeva dal manico. «Dente di Fata», lesse a voce alta, facendo voltare Hirako. «Ukakou, livello S+. Sì mi ricordo di lui, ci ha fatto penare davvero tanto quella sera. Ti ricordi, Take? Ha quasi ucciso Machibita. Poveretto, era destinato a Noro però.»

Hirako per la prima volta mostrò a Naoki una emozione: lo scetticismo. «Quella quinque è…. Particolare. La modalità spada è molto stabile e versatile. Ha un taglio preciso. Però lo scudo da dei problemi di stabilità e la frustra è ingestibile.»

Aiko sembrava confusa, mentre gli occhi di Ikari brillavano per la meraviglia. «Come fa una quinque a essere ingestibile? Errore di fabbricazione?», chiese al prima classe, mentre osservava Naoki che accarezzava la copertura in acciaio della valigetta come se stesse coccolando un cucciolo. Era già sua.

«No, è stata costruita in modo eccellente. Ha solo un carattere molto forte da domare e non sono riuscito mai ad utilizzarla senza ferirmi o costringerla a rimanere nella modalità spada.» Take si avvicinò a Naoki, guardandolo negli occhi, mentre Masa capiva il punto. Qualcosa del ghoul rimaneva intrappolato nel suo kakuho in certi casi. Aveva sperato in questa teoria quando aveva affrontato Ginshui e ne era uscita vittoriosa usando le bende di Eto. «Se lo vuoi davvero dovrai trovargli un nome e imparare a farti rispettare. Non ti mentirò; non credo che questa quinque potrà mai essere utilizzata.»

Ikari sorrise, giulivo. «Sono sicuro che io e Oberon andremo perfettamente d’accordo non appena avrà imparato a conoscermi un po’ meglio!»

«Oberon? Il re delle fate?», Aiko sorrise, divertita, incrociando le braccia sotto al seno. «Fai sul serio? Anzi, entrambi fate sul serio? Take, non puoi lasciargli prendere una quinque instabile. Non combattiamo per la squadra di Marude, siamo la S3. Al centro di un combattimento non può avere problemi logistici.»

Hirako guardò di nuovo Ikari, prima di prendere le chiavi per chiudere il magazzino. «Lui ha scelto e sarà sua responsabilità ora gestire la sua arma. Tu impara a usare le tue o prenditi Yokimura come tutti i pivelli di Arima

Masa rimase a bocca aperta di fronte a quella dichiarazione così sfrontata di Take. Lo guardò raccomandarsi a Naoki di registrarla prima di provarla, possibilmente in palestra o in un ambiente controllato. Ikari lo ascoltò attentamente, prima di sfrecciare via tutto felice, lasciandoli soli in quel corridoio.

«Sei davvero uno stronzo. Dovevi per forza umiliarmi così di fronte a quello nuovo?»

Hirako non pareva della stessa opinione. Le prese anche le valigette, come un vero cavaliere. «Anche tu sei quella nuova, in realtà.» Non era la risposta che lei si aspettava, tanto che non si spostò di un centimetro. «Non ho detto niente di strano, solo la verità. Poi Yokimura è una ottima quinque, la usa anche Sasaki che è Associato alla Classe Speciale. Perché ti sei offesa?»

«Senti, lasciamo perdere, dammi Aus», senza attendere gliela sfilò dalla mano.

«Non aprirla prima di averla registrata.»

Come se non avesse parlato. Aiko sganciò la sicura e la valigetta nera si aprì, mentre la lancia si solidificava nella sua mano. Era pesante rispetto a Izanami, ma ben bilanciata. Take fece qualche passo indietro mentre lei si metteva di profilo, iniziando a rigirarsela fra le mani. Era davvero un’arma spettacolare, bianca e ricca di venature rosate, con un occhio centrale che sembrava fatto di vetro limpidissimo. Tutto di quella lancia le ricordava Hairu, persino l’odore.

«Se impari a usare quella quinque insieme alla tua kagune e a T Human, allora non avrai rivali. Fra le donne.»

«Ora sei anche sessista?»

«Ammetterai che Arima, Sasaki e Suzuya sono una competizione a cui tu non puoi partecipare.»

Aiko lo spiò da sotto la frangia, prima di lanciare la quinque. La afferrò con la kagune, allungandola fino a pochi millimetri dalla gola di Hikaro.

«Ti concedo Arima e Suzuya, ma scommettiamo su Sasaki

Hirako spostò la lama con due dita, prima di avvicinarsi. «Sei lenta», le fece notare, non timoroso di offenderla. «Se avessi avuto Nagomi ti avrei disarmata e distrutto la kagune.» Guardò gli occhi gialli della ragazza ombrarsi di rabbia, ma non se ne curò, di nuovo. «Non avere fretta di dimostrare niente. Registra questa quinque, vai a casa e inizia a prenderci la mano. Quando la saprai usare conoscendola in ogni sua modalità e soprattutto quando la tua mano avrà fatto l’abitudine al suo peso, allora usa anche la kagune. Ti fregherà un giorno, pensare di essere un passo avanti perché ti hanno fatto un’operazione.»

Masa decise di arrendersi di fronte all’evidenza. Effettivamente, non era stata veloce. Non in quel modo sorprendente che avrebbe dovuto rispecchiare i canoni della sua nuova squadra. Ritirò a sé la kagune, prendendo in mano l’arma e guardandola di nuovo, con occhi diversi, improvvisamente più tristi. Chi voleva prendere in giro? Non sarebbe mai stata all’altezza di Hairu. Avrebbe fatto meglio a rimetterle via e accettare l’arma che Arima aveva pensato di darle. Una mano si poggiò sulla sua testa e quando alzò di nuovo lo sguardo in quello di Take, lui sembrava quasi dispiaciuto per averle abbattuto lo spirito.

«Aiko, davvero. Non devi dimostrare niente a nessuno. Sei stata scelta per lavorare con noi, non hai fatto la carità. Da adesso impegnati e basta con queste messe in scena. Non sei più con i Quinx, né con la squadra Suzuya. Noi lavoriamo in modo diverso e imparerai molto in fretta quanto molesto eppure utile sia Arima come mentore.»

L’ultima affermazione strappò un sorrisetto a Masa. Per puro istinto abbassò la lancia, allacciando il braccio libero dietro al collo di Hirako per abbracciarlo. Lui le appoggiò una mano sulla schiena. «Va bene, Take, sto per dirti una cosa, ma non montarti la testa.»

«Spara.»

«Ero tesa quando ho firmato per questo cambio di team. Non sapevo perché Arima volesse proprio me e ho anche pensato di non essere adatta. Poi però ho realizzato che qui c’eri anche tu.»

Hirako alzò gli occhi al cielo. «Stai dicendo che sono imbranato o…

«No, idiota. Ti sto facendo un complimento.» Lei scrollò il capo, con una leggera punta di fastidio. Era sempre così fra loro, sembravano parlare due lingue diverse. Si chinò sulla valigetta, richiudendo al suo interno Aus, mentre proseguiva. «Ti conosco e so come lavori. Mi rassicura lo stare qui con te. Se volevo sospettare che qualcuno non fosse all’altezza avrei detto Furuta

«Ti stupirai delle abilità di Furuta», la corresse subito lui, facendole cenno di uscire di lì. «In ogni caso, sono contento che la mia presenza ti dia forza.»

«Ora non esageriamo.» Il magazzino venne di nuovo chiuso a chiave e una volta in ascensore, Aiko decise di levarsi anche l’ultimo dubbio. «Ikari cosa ha detto ad Arima al colloquio per farsi prendere?»

Hirako prenotò il settimo piano, senza guardarla. «Che secondo lui non è giusto perseguire e uccidere tutti i ghoul, ma che dovremmo applicare un criterio di selezione tra quelli pericolosi e quelli che cercano solo di sopravvivere. Incredibile, vero?»

«Un simile ragionamento potrebbe portarti in carcere, se formulato male. Ha coraggio»

«Penso che sia per questo che Arima lo ha voluto così tanto.»

Masa non aggiunse altro.

Se Furuta l’avrebbe sorpresa, Ikari non sarebbe stato da meno. Improvvisamente si sentiva l’ultima persona in grado di dare giudizi sugli altri.

 

 

Mizurou le aveva fatto avere i suoi effetti personali, rimasti nella sua piccola stanza nella sede della tredicesima, subito dopo pranzo. Non era la sola cortesia che le aveva fatto, però. Si era anche impegnato per non mantenere la promessa fatta a Nakarai riguardo alla segretezza sul caso della talpa. Il castano aveva approfittato del fatto che nell’ufficio di Arima non vi fossero le telecamere di sorveglianza per spiattellare tutto ciò che sapeva.

A quanto pare Marude aveva tolto il caso a Keijin, decidendo di dare un taglio netto a quella serie inconcludente di supposizioni capate in aria che, a detta dello stesso classe speciale, erano più mirate a scagionare che a catturare.

«Il prima classe Nakarai è furioso.»

Urie continuò a guidare la strada, mentre ascoltava la ragazza seduta sul sedile del passeggero. «Tu non lo saresti? In modo molto sottile Marude ha detto che è un incompetente e che non merita il caso.»

«Keijin è uno dei migliori investigatori che io abbia mai incontrato. Quel rompipalle di Marude non riesce semplicemente a capire che siamo persone e non macchine e che sotto accusa potrebbero finirci decine e decine di investigatori che non c’entrano proprio un cazzo

Il capo dei Quinx non si sentì di aggiungere altro. Aveva rispetto per il classe speciale, ma non poteva difenderlo da quelle parole. Tutti temevano il giorno in cui Itsuki Marude si sarebbe messo a far loro una ramanzina. Anche lui. Era quasi una tappa fondamentale del percorso di un investigatore.

«Tu cosa ne pensi?»

Aiko smise di giocare con la ciocca di capelli corvini, osservandone con scetticismo le doppie punte, per potersi concentrare sulla domanda del ragazzo al volante. «Cosa ne penso di Nakarai

«Cosa ne pensi della talpa. Sei una profiler, no? Traccia un profilo psicologico del soggetto.»

Questo sì che è divertente.

Giusto per far scena, Masa sospirò teatralmente. «Chiesto così su due piedi non è così semplice.» Si mise seduta diritta, sistemandosi la cintura sul petto. «Non abbiamo avuto svolte significative abbastanza per poterlo fare.»

«Un’idea te la sarai fatta però, no? Hai lavorato con il prima classe Nakarai direttamente sul caso.»

«Posso dirtelo come una confidenza fra le lenzuola? Solo fra me e te?»

Questa volta fu Urie a sbuffare. «Puoi farmi confidenze anche senza lenzuola o copertile di pile di mezzo, Aiko

La mora sorrise, leggermente divertita. «La persona con cui abbiamo a che fare è meticolosa, scrupolosa», iniziò a spiattellare, guardandosi le mani e chiedendosi come potesse descrivere se stessa senza che lui ci arrivasse. «Non lascia nulla al caso, non lascia indizi e quello che rimane è confusione mentale. L’accuratezza con cui riporta ogni singola mossa ad Aogiri mi fa pensare che forse non lavora da solo. Potrebbero essere due o tre persone. In questo caso sarebbe più semplice scoprirli perché su tre teste ce n’è sempre una meno sveglia.» Appoggiando il gomito contro il finestrino, Aiko si rilassò sul sedile, guardando assorta il panorama urbano che scivolava via attorno a loro. «Se invece fosse un singolo individuo, ipotizzo che soffra di un qualche disturbo ossessivo compulsivo. Una mente camaleontica capace di mimetizzarsi perfettamente sia fra di noi che fra loro. Non so se posso aggiungere altro.»

«Ho una domanda.»

«Spara, Cookie.»

«Credi che la spia sia anche la stessa persona che ha progettato e creato le bombe nella sede centrale e nella diciannovesima?»

Aiko, come sempre, non fece una piega. Dentro di sé però si chiese perché Urie doveva essere sempre così brillante. «Non saprei. Non ci sono prove in merito. Cosa te lo fa pensare?»

«Hai detto pressappoco le stesse cose sul bombarolo. Scrupoloso. Attento.»

«Ma anche narcisistico. Non è un narcisista una persona che spiando agisce nell’ombra e porta alla morte i nostri colleghi.»

Kuki fermò l’auto di fronte allo chaetau, tirando il freno a meno. «Invece sì. Dopotutto è fra i nostri ranghi, guarda e se ne compiace.»

Masa sorrise tristemente, appoggiandogli una mano sul braccio. «Allora speriamo che ci pensi il karma, non credi?»

«Meglio ancora: ci penseremo noi.» Il discorso venne bruscamente interrotto, per la somma felicità della mora. «Vado a fare spesa. Tu vedi di disfare le valige senza fare un cesso nella mia stanza.»

«Vorrai dire la nostra stanza», lo ribeccò subito lei, scaricando la valigetta con dentro Aus e la grande valigia. Quando chiuse il bagagliaio fece il giro dell’auto, appoggiandosi alla portiera del conducente. Gli sfilò gli occhiali da sole per poterlo guardare, prima di appoggiare un bacio sulle sue labbra. «Fai presto, voglio allenarmi con la quinque

«Se mi lasci andare, tornerò prima.»

Lei roteò gli occhi, infilandogli di nuovo gli occhiali sul naso, storti. Lo guardò sistemarli con la mano guantata di nero, mentre arretrava con le braccia incrociate sotto al seno. «Veloce Cookie, il tempo è denaro!», gli urlò dietro, mentre lui faceva manovra e si rimetteva in strada.

La mora lo guardò andare via, svoltare dopo una curva e poi espirò profondamente, svuotando i polmoni. Troppo stress tutto insieme da mascherare. Recuperò le sue cose, utilizzando nuovamente le chiavi per aprire la porta di casa dopo tanto tempo. Non c’era nessuno nell’ingresso e l’intero stabile era incredibilmente silenzioso. Accese la luce delle scale, maledicendo le giornate che accorciandosi avrebbero fatto arrivare delle belle bollette, trascinando la valigia fino alla stanza che aveva diviso già in precedenza con Urie. Prima di iniziare a sistemarsi si mise a sedere sul letto. Sospirò pesantemente, lasciandosi cadere stesa con le mani fra i capelli e gli occhi puntati contro il soffitto.

Non voleva iniziare a perdersi in pensieri catastrofisti su Arima, sul nuovo lavoro e sulla pressione ad essa correlata, immergendo il viso nel cuscino e mugolando sofferente. Solo un bussare leggero sull’uscio le fece rialzare il capo.

Di fronte a lei, sulla soglia, c’era Hsiao. «Ciao Ginny», le disse, mettendosi diritta. «Non pensavo ci fosse qualcuno in casa.»

«Sono tornata un po’ prima oggi. Speravo di parlarti.»

Aiko la guardò curiosa, mettendosi seduta e facendole cenno di raggiungerla. Hsiao però non prese posto accanto a lei. Preferì rimanere in piedi, incidendo lentamente nella stanza. La stava studiando, controllava le sue reazioni. Qualcosa non andava.

«Tutto bene?», domandò con voce morbida eppure ricca di perplessità Masa. Hsiao non rispose, agì e basta. Le buttò qualcosa accanto e quando Aiko lo riconobbe, sentì il pavimento mancarle sotto ai piedi.

Un quadernino nero, dai bordi mangiati e una macchia di sangue a sporcarne le ultime pagine e il dorso. Gli appunti di Nagachika.

«Dove lo hai-»

«So che eri tu quella notte nella diciannovesima, Aiko.» Il panico si impossessò di Masa, mentre guardava con occhi sconcertati e improvvisamente capaci di mentire Ginny. Aveva usato il quaderno per distrarla, mentre quella era la vera questione. I sospetti di Aiko si fecero improvvisamente reali. «So che sei Labbra Cucite, anche se non capisco il motivo.» Non ricevendo risposta, la giovane del Giardino infilò le mani nelle tasche dei pantaloni stretti. «Sei sotto copertura, sei la spia, lavori per te stessa…. Non mi importa. Non ti sto chiedendo perché lo fai o se lo fai. So che ci sei tu dietro quella maschera grottesca. Ciò che mi interessa è il fatto che quella notte non è morto nessuno e tu l’hai saputa gestire molto bene.»

«Perché non doveva morire nessuno.»

La taiwanita inclinò il capo di lato, senza smettere di scannerizzare ogni sua singola reazione. Poi annuì lentamente. «Non ho intenzione di dirlo a Urie, se questo ti spaventa. Non lo dirò a nessuno e nessuno lo saprà. Per il momento.»  L’aria fra loro si era fatta improvvisamente irrespirabile. In qualsiasi altra situazione, Aiko avrebbe tentato il tutto per tutto cercando di uccidere Ginny, ma non ci provò nemmeno. Non voleva farlo e, soprattutto, non pensava che sarebbe stata in grado. Senza contare che la superiorità dell’altra nel combattimento era palese. E se avesse avuto successo? Come avrebbe ripulito tutto e fatto sparire il corpo? No, non ne valeva la pena.

Non avrebbe nemmeno tentato.

«Per il momento…»

«Fino a che non ucciderai davvero qualcuno, ho deciso di darti il beneficio del dubbio.»

Aiko annuì, mentre un rivolo di sudore le solcava la tempia. Che razza di situazione. «Dovrei ringraziarti. Anche per non aver tagliato le bende sul mio braccio quella notte.»

«Sapevo che sotto di essere c’era il tuo tatuaggio.»

«Come hai capito che ero io?»

La donna in piedi non rispose subito, ci pensò. «Intuito, suppongo. Poi riflettendoci, non potevi essere che tu.»

Non le disse nient’altro, inclinando il capo in cenno di rispettoso saluto, prima di lasciare la stanza con la promessa di mantenere la segretezza.

Fin quanto non fosse morto qualcuno.

Aiko non disse niente, si morse il labbra piano e lanciò con violenza il quaderno contro il muro.

Si arrabbiò. Con Eto, con Nagachika e con se stessa.

Si arrabbiò mentre la prima crepa iniziava a indebolire in muro di bugie dietro cui si era nascosta per anni e anni.

 

 

 

 

Nda

 

Sono viva. So che avvolte perdete le speranze, ma torno sempre, prima o poi.

Spero che tutti vi stiate godendo le vacanze estive.

Io fra un lavoro, la tesi e lo studio sto cercando di affrontare il lutto per la fine di TG:RE.

 

No, non lo accetterò mai.

Ma almeno ho tutte le info per portare a termine questo lavoro.

 

Ho deciso di interpretare alcune cose, quindi non vogliatemene se non vi piaceranno alcune decisioni future.

O furute (?).

 

Grazie alla personcina specialissima che mi ha commentato lo scorso capitolo e grazie a chi ancora, dopo più di un anno, continua a stare al fianco di Aiko.

 

Un abbraccio.

C.L.

 

  
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