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Autore: Chiaroscura69    12/08/2018    1 recensioni
Riflessioni cupe, a volte affrante, altre volte apatiche, dettate dal mio malessere
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vivere lontano da casa mi ha fatto capire, in quest'ultimo periodo, che non ho mai riflettuto abbastanza sul legame che mi stringe alla mia famiglia.
Tutti noi facciamo affidamento sulla famiglia come se fosse la colonna più solida della nostra vita; la diamo per scontata la maggior parte delle volte e non ci soffermiamo mai sui singoli rapporti che intraprendiamo con ogni membro.
C'è una parte di mia madre in me che rinnegherò per sempre, è la stessa parte di cui mi affliggo quando i miei rapporti con le persone naufragano. Ho sempre vissuto con la consapevolezza che quell'inettitudine alla vita, quella mancanza di osmosi con l'esistenza stessa, fosse una mia pecca, un mio difetto. Invece col tempo ho visto nei miei fallimenti riflettersi quelli di mia madre.
Si può voler bene a qualcuno pur essendo consapevoli di tutti i suoi enormi difetti? Credo di sì, purchè non diventi la vittima dei difetti altrui.
E se lo diventi credi di essere in grado di sopportarlo tutta la vita perchè sei consapevole che qualunque cosa tu faccia quella persona non cambierà mai? Onestamente non lo so.
Vivere lontano dalla mia casa mi ha fatto capire che sono molto meno indipendente di quanto pensassi, sono un atomo indivisibile dal mio nucleo familiare, tuttavia, allo stesso tempo, mi ha resa consapevole del fatto che il mio benessere vive di solitudine.
C'è una parte di mio padre in me di cui sarò sempre orgogliosa, è la stessa parte che mi compiaccio di sfoggiare con vanagloria a me stessa, quando, negli attimi di riflessione, cerco di valutarmi in maniera oggettiva. Entrambi abbiamo la capacità di ''sentire'' in maniera diversa dagli altri, abbiamo il superpotere di saper andare oltre il dato effettivo, la realtà dei fatti, e vederci qualcosa di più profondo, di meno definito, di più vagheggiato. E' la parte di me che si traduce in ciò che scrivo, nei mondi che mi invento o nelle cose reali che mi piace trasfigurare nelle mie poesie. 
E' normale sentirsi in colpa di avere ereditato questa parte perchè non la si sfrutta o potenzia come si dovrebbe?
E' sbagliato sentirsi una ladra per averne rubato una stilla dal proprio padre?
Sono cresciuta con un 'educazione che, per quanto ottima, mi ha sempre portato a vivere come i greci nella cultura di colpa e di vergogna. I miei genitori hanno sempre usato con me la tecnica del 'bastona e sprona' e hanno ottenuto così una donna fragile, insicura, che non sa riconoscere neanche i propri successi.
Io e mio fratello condividiamo tante parti di noi senza saperlo, ogni giorno, parlando del più e del meno, le scopriamo come se portassimo alla luce delle tombe egizie, ammirati, affascinati e un po' intimoriti. Una sola, grande, differenza incombe fra noi: i nostri genitori.
Si possono crescere due figli come se uno dei due fosse il prescelto e l'altro un errore?
   
 
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