E detto questo l’accompagnò silenziosamente in una stanza, la camera matrimoniale dei signori Allen, tenendola per mano. Danielle Allen aprì la porta e la lasciò entrare, chiudendosi poi la porta alle spalle: la stanza era poco illuminata a causa delle spesse tende tirate e delle serrande socchiuse e l'aria nella stanza era viziata e calda. La madre andò subito ad aprire la finestra per cambiare un po' e subito una ventata di aria fresca portò l'odore del mare e le voci provenienti dalla città che iniziava a svegliarsi.
“Danielle…”
chiamò una voce fioca proveniente dal letto. La madre si
avvicinò subito e gli si
sedette accanto nel letto, poggiando una mano su quella del marito e
passando con l'altra un panno bagnato sulla sua fronte. Josephine la
seguì lentamente; con loro era entrato anche
James e le si avvicinò lentamente, restando un po' più in
disparte, mentre la famiglia Turner era
rimasta fuori. Josephine guardò il padre: Theodore Allen era
steso a letto, coperto da lenzuola bianche e una coperta di velluto color porpora, e stringeva
la mano della moglie mentre il suo respiro si faceva di tanto in tanto
affannoso. Josephine raggiunse il letto, gli occhi che le si riempivano
di lacrime, e cercò dietro di sé la mano
del marito; quando la trovò, la strinse per ricevere coraggio
necessario a parlare con lui. Suo padre voltò
il viso e la guardò: pur essendoci poca luce, la ragazza
poté vedere il brillio
di gocce di sudore che gli imperlavano il volto pallido.
“Padre…”
mormorò lei commossa.
“Josephine?”
domandò lui incredulo. La sua voce era molto flebile, ma aveva
mantenuto il vigore di sempre. “Sei tu? Sei veramente tu?”
Jo annuì con vigore mentre le lacrime scendevano copiose dai
suoi occhi.
“Si, padre,
sono io.” Gli si sedette accanto e un sorriso comparì sul suo volto.
“Rieccoti,
figlia mia. Ci sei mancata enormemente ed ora la mia famiglia è di nuovo al completo.” Lei sorrise.
“Anche a me
siete mancati, padre.” Rispose lei accarezzandogli l'altra mano poggiata lì vicino. “Vorrei presentarti
una persona, padre.” Fece un cenno a James che si avvicinò. “Lui è mio marito.” Il
signor Allen guardò l’uomo che si era fatto avanti.
“Non
capisco... chi siete voi?” domandò con voce flebile scutando James con occhio indagatore e studioso.
“Sono James
Norrington, signore.” Rispose lui. Il vecchio sobbalzò.
“Ammiraglio?”
domandò incredulo.
“Ex-ammiraglio,
signore.” Lo corresse lui gentilmente. Il vecchio malato rise, ma la leggera
risata si trasformò presto in un colpo di tosse. Josephine e sua madre gli si
avvicinarono preoccupate.
“Ah, sto meglio ora, non preoccupatevi.” Mormorò con voce strozzata ricadendo pesantemente sul cuscino. “Ma come... come può essere, ammiraglio? Le notizie che mi erano giunte vi dipingevano come un traditore fuggito chissà dove e ora vi trovo qui, sposato con mia figlia..." James scosse la testa in disappunto.
"E' vero che ho tradito, signore, ma ho tradito per il bene di molte persone, soprattutto per la salvezza di vostra figlia: se non avessi tradito, ora sua figlia non sarebbe qui, e io nemmeno." rispose. Il vecchio Allen annuì con vigore.
"Siete
stato un vero gentiluomo, signore. Sono contento ed onorato di avervi in
famiglia, soprattutto perchè non lo avrei mai creduto. Siate il
benvenuto." mormorò. "Ora però vorrei parlare con
Josephine, se possibile.”
Danielle annuì e si alzò, stringendo la mano del marito e
la spalla della
figlia. Anche James fece per andarsene, ma il suocero lo fermò.
“Voi non
andatevene, signor Norrington. Oramai siete mio figlio anche voi e io
non ho segreti per i miei figli.” Mormorò.
James tornò al suo posto e si affiancò a Josephine che
guardò riconoscente il
padre, il quale sorrise lievemente. “Volevo chiederti scusa,
figliola… no… non
interrompermi, ti prego…” esclamò quando vide le
labbra di Josephine schiudersi
per ribatterei; all’ordine del padre, Jo rimase in silenzio e
tornò a guardarlo
profondamente. Questi continuò. “Negli ultimi anni non
sono stato un buon padre,
lo riconosco: non ho scusanti e me ne pento profondamente; ho sofferto
molto dalla tua scomparsa e il rimorso mi ha attanagliato l'anima fino
a farmi ammalare. Ma ora ho la possibilità di chiederti
umilmente perdono: il motivo del mio comportamento indegno nei
tuoi confronti è a dir poco disonorevole e indegno per un padre.
Io ti confrontavo.” Rispose
semplicemente. “Guardavo le tue coetanee, soprattutto la cara
Elizabeth Swann, e guardavo te, ma vedevo un grande
abisso tra voi, tante differenze che ai miei occhi sembravano
fondamentali
nella crescita di una ragazza.”
“Padre io…”
cercò di interromperlo Josephine, ma lui la zittì con un cenno della mano.
“Aspetta,
permettimi di finire. Quel giorno… anzi… quei giorni in
cui ti ho schiaffeggiato… sappi
che non ero io. Tutto ciò che ti ho detto, tutto ciò che
ho pensato, non ero io
ma la mia frustrazione immotivata a pensarlo e a dirlo.” Scosse
la testa. “Non so se tu mi potrai perdonare, ma…” un
colpo di forte tosse lo interruppe. “volevo
che tu lo sapessi…” Josephine gli premette un dito sulle
labbra, piangente. Scosse la testa e sorrise.
“Non è stata
colpa tua.” Sussurrò lei. “Non avrei mai dovuto essere una ragazza così poco
raffinata: avrei dovuto comportarmi come tutte le altre, come…” si guardò le
mani e pesanti gocce caddero sul palmo. Una mano dolce le si avvicinò e gliela
strinse: la mano di suo padre. “… Elizabeth. Lei era perfetta, un ottimo
modello, ma… io pensavo di dover essere me stessa, n-non qualcuno che non ero…”
un singulto improvviso la scosse e una mano calda si appoggiò sulla sua spalla,
quella del marito.
“E
avevi
ragione, figlia mia. Tu devi essere ciò che sei, ma io
l’ho capito solo da
quando sho saputo della tua morte. E' stato il moemtno peggiore della
mia vita: capii che ero stato un pessimo padre e non avrei
dovuto…” ma Josephine si gettò tra le sue braccia,
piangendo. La mano del
vecchio cominciò ad accarezzarle i capelli e ben presto anche
lui si commosse. James sentiva un gran nodo serrargli la gola in
quel momento, ma si trattenne dal versare anche solo una lacrima
davanti al padre di sua moglie.
“Oh, papà!
Non è vero che ti odio!” sussurrò la figlia con voce rotta. “Non l’ho mai pensato e mai
lo penserò! Io ti voglio bene e te ne vorrò per sempre.” L’abbraccio del padre
la strinse e lei ricambiò con tutto l’affetto che aveva in corpo. James li
guardava dolcemente e con nostalgia: aveva sempre desiderato un padre come lui, ma non l’aveva
mai conosciuto e questo era stato causa del suo carattere e dell’espressione
corrucciata. Fece per alzarsi: si sentiva di troppo in quella stanza, ma una
mano possente lo tenne al suo posto.
“Ammiraglio
Norrington…” lo chiamò il vecchio infermo. Lui scosse la testa.
“James, signore.” Lo corresse nuovamente.
“E io ora sono vostro padre padre, James.” Ribatté. Poi sorrise. “Ve l’affido volentieri, James.
Ho sempre desiderato un partito buono quanto il…” tossì di nuovo, ma stavolta
con preoccupante potenza. “…quanto il vostro, ma ho sempre pensato che alla fine
avreste sposato Elizabeth e vi avevo completamente escluso dalle possibilità.”
Terminò poi un nuovo attacco di tosse lo colpì. Josephine strinse fortemente la
mano al padre.
“Non te ne
andare.” Gli mormorò tra le lacrime la ragazza. “Non mi abbandonare, papà…” la
mano rugosa del vecchio le sfiorò la guancia con affetto e lei si lasciò andare
nella sua carezza.
“Dovunque io
vada…ci rivedremo…” mormorò. Poi tossì nuovamente, con più potenza di prima.
“Accettate…” disse flebilmente. “... la benedizione di un vecchio malato?” domandò.
Sua figlia sorrise e annuì chiamando vicino a sé il marito. Il vecchio impartì
la sua benedizione poi chiese loro di uscire e di chiamargli la moglie. Loro
fecero come era stato loro ordinato poi rimasero in attesa davanti alla porta
della camera da letto. Era un attesa dolorosa per tutti i presenti: Elizabeth,
rimasta al suo posto mentre Will e il figlioletto erano usciti, si avvicinò
lentamente all’amica e l’abbracciò. Josephine, che aspettava quell’amichevole
abbraccio da dieci anni, ricambiò affettuosamente la stretta: sapeva che suo
padre se ne stava lentamente andando, ma nonostante ciò il dolore era troppo
grande per poterla far piangere. Rimase abbracciata a lei per tanto tempo,
finché la porta della camera non si aprì qualche minuto dopo. Danielle Allen
uscì pallida in volto, cercando di mantenere un certo contegno. Josephine non
riusciva a parlare, a chiederle come stava suo padre: un enorme groppo le si
era formato in gola e questo le impediva di emettere un qualsiasi suono, ma lo
sguardo afflitto e sofferente della madre diceva tutto; diceva che suo padre
ora non c’era più, che era spirato felice di aver potuto rivedere quella figlia
con cui si era tanto comportato male. Comprese che aveva fatto uscire lei e
James per poter morire in pace, in compagnia dell’unica donna che aveva amato
con tutto il cuore sino alla fine. La signora Allen scosse lentamente la testa,
confermando tutto ciò che i suoi occhi dicevano, poi, non potendosi più
trattenere, si avvicinò alla figlia e sfogò il suo dolore in un lungo pianto
liberatorio.
“M-mi…”
balbettò la madre. “Mi ha detto di dirti c-che, se vorrai, i libri della
b-biblioteca li potrai tenere, insieme a t-tutto ciò che vorrai.” Si dileguò
dall’abbraccio della figlia e scese la scalinata fino all’ingresso. Josephine
rimase immobile davanti alla porta. Voleva entrare, ma non ne aveva il
coraggio.
James
guardò
la ragazza, provando a leggerle nel pensiero: ammirò gli occhi
grigio-perla di
quella dolce giovane moglie tanto bella, di cui si era innamorato
troppo tardi ma che alla fine non aveva perso per sempre;
la sua mano calda incontrò quella fresca di lei e le loro dita
si
intrecciarono. Lei si voltò a guardarlo con occhi pieni di
tristezza, occhi che le aveva visto solo una volta, molto tempo prima,
e che sperava di non vedere più. Si chiese se, quando lui era
morto quel fatidico
giorno di dieci anni prima, lei avesse avuto lo stesso sguardo
sofferente di
quel momento. Si rimproverò per quei pensieri poco opportuni e,
con la mano, le
alzò delicatamente il viso.
“Vuoi che ti
accompagni?” domandò delicatamente
baciandole le mani fredde. Lei lo guardò e, senza dire nulla,
entrò nella
stanza, portandosi appresso James. Le tende, mosse dal venticello
mattutino, erano state tirate e la stanza ora era illuminata dal sole
che
filtrava attraverso le finestre aperte; Josephine trattenne il respiro:
suo
padre, il cui volto era illuminato da uno dei tanti raggi di sole che
erano entrati, sorrideva. Il viso invecchiato era ora rilassato e
tranquillo e un
sorriso sereno lo attraversava; il
braccio sinistro era lungo il fianco, sopra la coperta rosso porpora
che
copriva il vecchio, e la mano destra riposava sul suo petto. La ragazza
lo
guardò teneramente come non faceva da tanto, troppo tempo, poi
si inginocchiò
accanto al letto e gli accarezzò la mano fredda.
“Ci
rincontreremo, padre. Te lo prometto.” Mormorò. Poi si alzò senza distogliere
lo sguardo da quel volto felice, che aveva tanto amato e che l'aveva fatta tanto soffrire. James, che si era tenuto in disparte
osservando la scena rispettoso, le si avvicinò, pronto a darle il suo conforto.
Voltò la ragazza verso di sé e l’abbracciò. Josephine accettò quell’abbraccio
dapprima senza muoversi, poi, risalendo la schiena del marito con le braccia,
lo strinse a sé per paura di perdere anche lui. E non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Non
abbandonarmi mai.” Mormorò con voce flebile, mentre nuove gocce le rigavano le guance.
“Mai e poi mai.” Rispose l’uomo.
Hooooolaaaaa!!!! Sono tornataaaaa!!!! Allora, già tutti in vacanza??? Io ho finito da pochi giorni l'esame e, vi giuro, sono felice come la pasqua senza sapere ancora i risultati!! E chi di voi è neomaturando, com'è andata? Spero bene :D
Per festeggiare la fine di tutto, un nuovo capitolo... è vero, non è per nulla allegro, ma questo passa in convento :P Beh, perlomeno il babbo di Jo ha avuto ancora il tempo di chiederle scusa per tutto quello che le ha combinato... menos mal! Ed ora, un grazie a tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo, recensenti (ma esiste?) e non.
Lollapop: tanti auguriiiiiiii!!!! (bel ritardo, un mese ^^) Caspitona, comincia a starti simpatico Beckett? Ooooops XD Prima o poi tornerà anche lui, non ti preoccupare, e poi vedremo se ti starà ancora simpatico! muahahah! ... ok, momento di pazzia finito (spero...) Spero che con gli esami sia tutto ok e poi no te preocupes: la storia andrà avanti ancora per un po' :)
QueenLilly: su, su, non ti indepressire: pensa alla telefonata che ci siamo fatte e a quante castronate ci siamo dette, così ti metti a ridere. E poi, senti, si vedrà: se son rose fioriranno (come con Jo) ^^ Ora fai la brava e pensa all'Inghilterra (salutami Daniel Radcliffe se lo vedi *ç*) e... cartolinaaaaa!!!
Giulia: grrrrr... XP
Moooolto bene, fine fase ringraziamenti. Ora me ne torno alle mie fantasticherie con le mille e una fantastiche coppiette che sono qui, nella mia testa, e mai se ne vanno: al prossimo capitolo!!
Ciauuuuuuu!!! Monipotty