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Autore: TaliaAckerman    19/08/2018    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Tirava vento.
Si insinuava fra i lembi che celavano l'ingresso del padiglione e con spifferi gelati suscitava brividi nei membri del Consiglio lì riuniti, nonostante il fuoco magico che scoppiettava in svariati angoli della tenda.
Il Re delle Cinque Terre aveva deciso di far montare ancora una volta l'immenso padiglione nel quale aveva alloggiato nelle settimane precedenti alla conquista di Hiexil; il motivo era che il palazzo di giustizia della città non disponeva di una sala delle riunioni adeguatamente grande per ospitare un simile numero di persone. Perché quella sera, come in molte altre sere precedenti, non erano solo i componenti del Gran Consiglio di Grimal a presiedere: a loro si aggiungevano i gerarchi dell'Esercito delle Cinque Terre, più i Lord più importanti della nazione ariadoriana. E infine, tutti e quattro i Custodi rimasti fedeli all'alleanza: Farer, seduto a pochi posti di distanza dal Re delle Cinque Terre, e accanto a lui Anther dall'Haryar, Verion di Tharia e Minston del Bianco Reame.
Ciascuno di loro era stato chiamato a rispondere all'appello delle Cinque Terre molto prima che il dominio nordico su Hiexil cadesse, affinché mettessero a servizio della causa la loro sconfinata conoscenza delle arti magiche. Il Re in persona li aveva svincolati dal giuramento prestato al momento della loro investitura come Custodi: non prendere parte alcuna alle questioni politiche di Fheriea.
Per quanto riguardava il sigillo che aveva condotto Ïsraen Kryss alla morte, il segreto delle Pietre era ormai stato svelato. Nessuno di loro sarebbe stato costretto a incorrere nella stessa sorte toccata al Custode dello Stato dei Re.
Jel, seduto al suo posto tra Gala e il maestro Anérion, teneva lo sguardo incollato sul Re delle Cinque Terre senza perdersi una parola del discorso che stava pronunciando.
- Miei signori - esordì con voce profonda dopo che il suo attendente personale ebbe snocciolato i nomi e le cariche di tutti i presenti. - Siamo qui riuniti per l'ultima volta, prima che in un modo o nell'altro questa guerra finisca. Grazie al lavoro svolto dai Custodi seduti a questo tavolo, domani saremo pronti per varcare il confine delle Terre del Nord e muovere alla volta di Amaria. Custode Farer, se volete prendere la parola.
L'anziano Ariadoriano si alzò in piedi.
- Quasi un mese fa ci è stato richiesto di provare a riprodurre il genere di magia protettiva usato secoli fa dai primi Custodi per schermare i Consiglieri delle cinque Terre dall'esplosione delle Pietre volta a distruggere gli ultimi Maxers esistenti e di confinarla in un oggetto di piccole dimensioni e facilmente trasportabile. Un amuleto, un ciondolo per esattezza. Durante l'assedio di Hiexil siamo riusciti a produrne un prototipo, e siamo ora fieri di annunciare che tutti i trecento pezzi che erano stati richiesti sono ora pronti per essere utilizzati.
Jel avvertì un brivido corrergli lungo la schiena. Un paio di settimane prima il Custode Farer aveva mostrato ai membri del Gran Consiglio una semplice collana di spago, con un pendente che assomigliava a una grossa biglia di vetro.
L'uomo fece un cenno a un paio degli attendenti che stavano in silenzio in svariati angoli della tenda; i due ragazzi sollevarono un forziere di ferro con evidente fatica e lo trasportarono fino al tavolo. A quel punto Farer estrasse dal mantello una spessa chiave e la inserì nella serratura. Vi fu un piccolo scatto e il forziere si aprì.
Jel vide Gala allungare il collo per osservarne meglio il contenuto.
- Trecento ciondoli, non uno di più, non uno di meno - ribadì il Custode.
Trecento... quella cifra fece sorgere in Jel un dubbio che fino ad allora non aveva considerato. Era stato stabilito che un solo battaglione si dirigesse al santuario, e nemmeno quelli più importanti contavano più di un paio di centinaia di uomini...
- Grazie, Custode Farer - asserì il Re, atto al quale i quattro Custodi rispose portandosi una mano al cuore e chinando la testa. I due attendenti richiusero il forziere e lo levarono dal tavolo.
Indi il sovrano riprese a parlare: - A seguito della nostra ultima riunione ho riflettuto lungamente insieme ai nostri generali, e infine sono giunto alla conclusione che il nostro iniziale piano debba subire una rettifica.
Un mormorio concordante si diffuse intorno alla tavolata.
Il totale fallimento della missione diplomatica ad Amaria condotta dal maestro Raenys aveva messo il Consiglio in una situazione ancora più precaria di quanto già non fosse stata. Per quanto il maestro di Tharia sostenesse di non aver mai discusso in privato con il proprio attendente Dane Westerling delle decisioni del Gran Consiglio, era risaputo il fatto che gli attendenti prendessero parte in modo passivo alla maggior parte delle riunioni e che, trovandosi a palazzo in ogni momento, avessero modo di osservare e rilevare gli avvenimenti più importanti, o cogliere brandelli di conversazioni tra maestri, consiglieri e sovrani.
Per questo motivo il fatto che Raenys fosse tornato dalla capitale nordica in uno stato di malnutrizione e principio di ipotermia ma, soprattutto, solo, aveva insinuato nella mente di tutti il tarlo che Dane, catturato sotto gli stessi occhi del maestro, avesse sotto torchio rivelato dettagli fondamentali sulla natura e il funzionamento delle pietre e su come il Consiglio intesse muoversi. E il fatto che Theor avesse richiamato Sephirt prima della battaglia di Hiexil ad Amaria non faceva che dare solidità al presentimento che i Ribelli avessero scoperto almeno parte del loro piano.
Nella precedente seduta del Gran Consiglio molti generali e consiglieri - Raenys per primo - avevano espresso l'urgente necessità di cambiare strategia per evitare di essere colti di sorpresa dai Ribelli.
Il problema era che la soluzione sulla bocca di tutti avrebbe comportato un notevole compendio di vite umane tra le fila dell'Esercito delle Cinque Terre e delle truppe feudali ariadoriane, motivo per cui alcuni consiglieri si erano mostrati contrari. Per questo il Re aveva aspettato la seguente riunione per comunicare la sua decisione finale.
- L'idea che una parte del nostro esercito si scinda dal corpo centrale per raggiungere il santuario rimane un punto fermo della nostra strategia, ma con alcune modifiche. Generale Fànersan, lascio a voi la parola.
Il distinto e slanciato gerarca ariadoriano dell'Esercito continentale si alzò in piedi a sua volta; non doveva avere più di cinquant'anni, ma il volto segnato e i capelli biondi ingrigiti lo facevano apparire più vecchio.
- Se Theor è realmente venuto a conoscenza del nostro piano è probabile che si sia messo alla ricerca di questo santuario per presidiarlo e impedirci di prelevare le il talismano. Motivo per cui abbiamo stabilito di incrementare il numero di soldati che prenderanno parte a questa missione, raddoppiando il numero di battaglioni coinvolti.
- Perché - intervenne Lord Penrose, signore di Pensbrook - perché a questo punto non dirigere l'interezza delle nostre truppe verso il santuario, in modo da annientare qualunque resistenza?
- Mobilitare l'Esercito delle Cinque Terre in questa missione significherebbe una manovra troppo lenta che ci farebbe perdere tempo prezioso. Inoltre, gli esploratori nemici individuerebbero senz'altro un così vasto dispiegamento di forze e, vista la conformazione del territorio, la cosa ci farebbe offrire il fianco ad eventuali imboscate e azioni di sabotaggio, senza contare che i Nordici conoscono quel genere di territorio molto meglio della maggior parte di noi. Cercherebbero di spezzare le nostre linee e disperderci prima ancora che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.
- Più si procede verso nord-est più le colline si fanno aspre e scoscese, prima di trasformarsi in rilievi rocciosi in prossimità della costa - spiegò il figlio del defunto Lord di Hiexil e nuovo governatore della città. - Gli uomini dovrebbero attraversare numerose conche e strettoie, e come se non bastasse la presenza di grotte naturali garantisce ottimi nascondigli per eventuali assalitori.
- Grazie, lord Berald - fece il generale annuendo, prima di proseguire. - Come stavo dicendo, le modifiche più rilevanti apportate al nostro piano d'azione riguardano i movimenti del grosso delle nostre truppe. Invece di attendere il ritorno della delegazione diretta al santuario nella piana di Dárenlas, esse punteranno direttamente su Amaria per intraprendere un attacco fulmineo e anticipato rispetto a quanto si aspettano i Ribelli. Theor lascerà sicuramente alcune truppe a presidiare la città per precauzione, ma non saranno sufficienti a fermarci. Pensiamo invece che, puntando tutto sull'attacco al santuario, deciderà di portare con sé la sua famosa Strega Rossa.
- Sephirt - disse Jel a bassa voce quasi senza rendersene conto.
Fánersan gli lanciò un'occhiata gelida. - Come, prego?
- Sephirt - ripeté Jel con più convinzione. Era stanco di sentire alludere a lei come a una specie creatura mistica. - Il suo nome è Sephirt. La strega che tutti cercano.
- Jel Cambrest era il Consigliere designato per radunare le Sei Pietre - gli venne in aiuto il maestro Althon - Ha avuto modo di conoscere i poteri della Strega Rossa sulla propria pelle.
- Capisco - commentò il generale freddamente; non sembrava che l'informazione lo toccasse più di tanto. - In ogni caso, crediamo che Theor terrà Sephirt accanto a sé nel caso decida davvero di attenderci al santuario.
Diversi tra i presenti si agitarono sulla sedia, e Jel immaginò che ciascuno di loro stesse ardentemente sperando che a venire destinato al santuario non fosse il proprio battaglione. Lui a contrario vedeva uno scontro con Sephirt come unica via per chiudere la loro guerra personale; non aveva sostenuto mesi di durissimo addestramento per poi non avere la possibilità di portare a termine l'obiettivo che si era prefissato. O morire nel tentativo.
Fànersan stava tentando di calmare gli animi per poter continuare a illustrare il piano. - Si tratta senza dubbio della principale minaccia per i nostri uomini, tuttavia pensiamo sia inutile mandarle contro un maggior numero di legioni: l'uso delle armi non sembra sortire alcun effetto su di lei. È per questo che abbiamo deciso di accorpare ai due battaglioni un considerevole numero di maghi fra gli stessi membri del Consiglio, possibilità che era già stata accolta precedentemente.
Così dicendo compì un vago gesto della mano, come indicando i vari maestri e Consiglieri versati nelle arti magiche. Jel sentì crescere l'agitazione: di certo il generale stava per pronunciare i nomi dei maghi che si sarebbero uniti ai due battaglioni per la missione al santuario...
E invece a prendere la parola fu il sovrano dell'Ariador, Aesyon - I due battaglioni prescelti per tale compito sono stati individuati seguendo una serie di criteri - esordì solennemente, squadrando i presenti con occhi determinati, quelli di un uomo che non ammetteva repliche. - Innanzitutto riteniamo che questo compito spetti a truppe originarie di questa nazione, e non all'Esercito delle Cinque Terre. Non si tratta - aggiunse nel notare l'espressione contrariata di alcuni membri del Consiglio - solamente di una questione di merito o di responsabilità, ma di strategia: i soldati dei lord ariadoriani conoscono il territorio meglio di qualunque recluta delle Cinque Terre. Ecco perché, in aggiunta, abbiamo preso in considerazione solo battaglioni facenti riferimento a feudi delle regioni settentrionali, sicché abbiano dimestichezza con i territori simili a quelli dove si trova il santuario.
Fece una breve pausa.
- Infine, abbiamo escluso quelli che contassero un numero inferiore a cento componenti.
- Dunque? Quali sono i due battaglioni su cui ricadrà quest'onere? - chiese impaziente un Lord ariadoriano di cui Jel non conosceva il nome.
Aesyon emise un lungo sospiro; era evidente come, in quanto supremo referente delle truppe feudali ariadoriane, provasse rammarico nel destinare così tanti uomini a una morte quasi certa.
- Tramite un equo tiro a sorte - disse ponderando ogni parola - sono stati designati i battaglioni di Harrel, guidato da Lord Versjan, e il battaglione di Rocca Tarth del comandante Jack Cox.
Jel impiegò una manciata di secondi per rendersi conto di cosa questo significasse. Poi il suo cervello si mise in moto e in una frazione di secondo percorse tutti i passaggi necessari. Rocca Tarth. Jack. Era il battaglione di Dubhne.
- Dal momento che nessuno dei due comandanti è presente a questa riunione - proseguì Aesyon a voce alta per sovrastare il brusio che si era levato intorno al tavolo - Mi occuperò a breve di comunicare loro la decisione.
Jel vide che Gala a suo fianco aveva gli occhi sbarrati. Considerando il fatto che era in debito di vita con il comandante Cox, oltre all'amicizia che l'aveva unita a suo fratello Nigel, non c'era da stupirsi che la notizia l'avesse colpita con forza. - Per quanto riguarda i maghi che si occuperanno di dare man forte nell'impresa - proferì a quel punto il Re della Cinque Terre, al che le orecchie del giovane mago si drizzarono immediatamente - mi sono preso la responsabilità di nominarli io stesso.
Estrasse dal mantello una pergamena che srotolò sotto gli occhi di tutti e si accinse a leggere.
- Maestro Felinor Althon. Maestro Gerd Raenys. Lenka Birthenson, grado di Consigliera della nazione di Tharia. Maestro Sven Anérion. Gala Sterman, grado di apprendista esperta dello Stato dei Re.
Jel sentì l'amica afflosciarsi sulla sedia accanto lui e avvertì un tuffo al cuore. - ... Steward Flemm, grado di Consigliere dello Stato dei Re. Adem Læris, Consigliere del Bianco Reame.
Volse lo sguardo nella direzione del maestro Ellanor e di Lady Kaief.
- Miei signori, ho ritenuto necessario che almeno due dei nostri maghi più potenti seguissero il grosso del nostro esercito per l'attacco ad Amaria.
- Certo, mio signore - rispose la donna del Bianco Reame, per una volta senza replicare, chinando il capo.
A quel punto il Re rivolse un lungo sguardo a Ellanor.
- Sarà un onore poter partecipare alla conquista della città - affermò il maestro ariadoriano con ferma risolutezza nella voce. - E porre fine all'egemonia dei Ribelli.
- Così sia allora. Queste sono le mie scelte.
Gala aveva lo sguardo di chi ha appena scoperto di essere rimasta sola al mondo. Fissava Jel aprendo e chiudendo la bocca senza riuscire a emettere suono.
Per quanto lo riguardava, una rabbia mista a terrore gli aveva avvinghiato le viscere. Ma non ebbe tempo di parlare perché il Re si rivolse direttamente a lui.
- Consigliere Jel Cambrest, suppongo sia doveroso riconoscere che, senza di voi, il nostro attuale piano non potrebbe esistere. Il vostro proposito di recuperare le Sei Pietre si è rivelato provvidenziale, così come la vostra fede. Per questo motivo abbiamo deciso di affidarvi il comando delle truppe sul fronte orientale dell'attacco ad Amaria.
Per un attimo Jel fu così spiazzato da non riuscire a replicare. Diversi Lord e Consiglieri si erano voltati verso di lui e nei loro occhi il giovane lesse il proprio stesso sconcerto.
- Ma io non ho esperienza in ambito militare - disse debolmente. - Ho preso parte a malapena a due battaglie e di certo non ho mai comandato alcun battaglione. Credo che sarebbe più utile inviare anche me al santuario.
- Ciascun battaglione avrà il proprio ufficiale di riferimento, non vi preoccupate. Si tratta più che altro di un ruolo rappresentativo per le nostre truppe, oltre ad essere una buona occasione per dimostrare il vostro valore.
- Non sono d'accordo mio signore - insorse Jel cercando di modulare il tono della voce. - Io conosco Sephirt meglio di chiunque altro e, se c'è qualcuno che può avere una possibilità di batterla, quello sono io.
Aveva parlato forse con troppa superbia, rivolgendosi direttamente al Re delle Cinque Terre per di più, ma in quel momento non gli importava. Non aveva potuto tacere.
- Non discuterò oltre, Consigliere Cambrest - replicò questi una volta superato l'infinitesimale istante di stupore. - Vi abbiamo concesso l'onore di guidare un reggimento in quella che sarà probabilmente la più importante battaglia di questo secolo, per cui onori a sua volta questo incarico.
Jel provò l'impulso di alzarsi in piedi e lasciare la sala seduta stante, mandando al diavolo tutti, Re delle Cinque Terre incluso, e andare a cercare Sephirt da solo. Ma l'attimo di follia ebbe vita breve.
- Sì, mio signore. Perdonatemi.
- Un eccesso d'intemperanza, mio Re - intervenne il maestro Anérion scoccandogli uno sguardo di rimprovero. - Sono sicuro che il ragazzo comprenda il privilegio che gli avete concesso.
Questa volta fu Jel a sostenere con freddezza lo sguardo del maestro dello Stato dei Re. - Non credo che il Re abbia bisogno del vostro aiuto per comprendere la situazione, signore.
- Adesso basta - nitrì il sovrano infastidito. - Stiamo progettando un assalto o ve lo siete dimenticati? Risolverete le vostre divergenze più tardi.
Con la sensazione di aver appena ingerito a forza un pugno di sassolini Jel si costrinse a tacere. Il suo animo ribolliva: non credeva all'eventualità che il Re lo avesse separato dalla possibilità di affrontare Sephirt ancora una volta di proposito, eppure la cosa lo riempiva di rabbia. Forse il maestro Anérion, con il quale il rapporto si era incrinato non poco negli ultimi mesi c'entrava qualcosa con quella faccenda.
Il Re nel frattempo si accingeva ad elargire le ultime disposizioni.
- L'avanguardia sarà composta da tre battaglioni e la sua gestione verrà affidata a voi, Lord Gerard.
Il signore di Rosark, un uomo guercio da un occhio e dal fisico asciutto, rispose portandosi una mano al cuore. - Vi ringrazio per questo onore, vostra maestà.
- Infine, il generale Fanersan, in quanto artefice principale del nostro piano d'azione e comandante in capo dell'attacco, sarà alla testa del corpo centrale, mentre il generale Marat guiderà il fronte occidentale.
I due gerarchi dell'Esercito delle Cinque Terre si limitarono a chinare il capo come gesto di consuetudine. Era evidente che di generali fossero al corrente di tutti i dettagli militari da ben prima della riunione.
Il silenzio si impadronì del padiglione per qualche istante. I lembi della tenda continuavano a ondeggiare, frustati da quel vento gelido. In piedi ai loro posti, gli attendenti erano scossi dai fremiti.
- Miei signori - proferì alla fine il Re, seduto con le mani congiunte sotto la punta del naso. - Generali delle Cinque Terre, Lord dell'Ariador... Ho condiviso con voi quanto c'era da sapere. Non mi resta che ringraziare ciascuno di voi per la vostra presenza e il vostro operato, la fedeltà nel perseguire la causa, gli uomini che avete sacrificato. Comunque vada, presto questa guerra finirà. Prego di aver fatto tutto il possibile perché, quando sarà il momento, possiamo ergerci sul campo da vincitori.
- Ora però vi chiedo di lasciarmi solo con i miei Consiglieri, per discutere di affari strettamente riservati.
I presenti estranei al Gran Consiglio, incluso l'alto comando delle Cinque Terre, lasciarono i loro posti; alcuni di loro rivolsero ai rimanenti occhiate cariche di disappunto. Un paio di generali parvero addirittura sul punto di muovere qualche protesta, ma alla fine desistettero.
Jel li guardò andare via in uno stato d'animo ancora piuttosto astioso, ma fu richiamato all'attenzione quando il Re delle Cinque Terre parlò: - Miei fidati Consiglieri, immagino che abbiate intuito perché vi ho trattenuti ulteriormente.
- Serve qualcuno che tenga al sicuro le Pietre durante la battaglia - mormorò Raenys con un sorriso distaccato. - E che si occupi di recuperare il talismano.
- Esattamente. Per quanto mi riguarda, siete tutti egualmente meritevoli di caricarvi sulle spalle questo onore. Ecco perché ho deciso di affidare la scelta a un sistema di votazioni.
Un mormorio concordante si diffuse all'interno della tenda; Jel lanciò un'occhiata furtiva a Gala e constatò con piacere che la strega aveva riacquistato un po' di colore.
- Dunque, chi si candida per questo delicato compito?
Tra coloro che erano stati designati per la missione al santuario soltanto in quattro alzarono la mano: Anérion, Althon e, con gran sorpresa di tutti, la stessa Gala.
- Siamo stati noi a trovarle - spiegò con un fil di voce, lievemente rossa in viso, in direzione di Jel. - Sento che questo compito ci appartiene.
Il giovane rispose con un tirato sorriso d'incoraggiamento. Non era sicuro che l'amica fosse la scelta più adatta per un incarico del genere; come lui, non aveva grande esperienza in battaglia.
- Chi è a favore del maestro Anérion come portatore delle Pietre?
L'intera delegazione dello Stato dei Re - eccetto Jel e Gala - alzarono la mano, al che quattro o cinque Consiglieri di altre nazioni li imitarono.
- Chi per il la Consigliera Gala Sterman?
Lady Brinn Kaief alzò la mano, seguita da tutti gli altri Consiglieri del Bianco Reame.
Gala rivolse loro uno sguardo sorpreso: di certo si era aspettata che nessuno la sostenesse in quella decisione. La Lady maestro della Gente Bianca la guardò con un lieve sorriso. - Siete stata in grado di sostenere e portare a termine la ricerca della Pietra del Nord. Sono sicura che riuscirete a tenerle al sicuro anche in questo frangente.
Alla fine, anche Jel consegnò a Gala il proprio voto. Dopotutto, la vita della ragazza sarebbe stata in pericolo comunque per cui, se desiderava prendersi quella responsabilità, meritava che le venisse concessa una chance. Senza contare che sarebbe stata un soggetto molto meno facilmente individuabile di Althon o Anérion: Theor non si sarebbe mai immaginato che proprio quella ragazzina dai capelli viola potesse avere con sé le armi che li avrebbero distrutti.
- Chi infine, per il maestro Althon?
Le mani di tutti i Consiglieri restanti si levarono quasi all'unisono.
Il Re delle Cinque Terre emise un sospiro. - Molto bene. Così è deciso: il maestro Felinor Althon si occuperà di proteggere le Pietre durante la battaglia, di recuperare il talismano e, qualora si renda necessario, di attivarne la magia per contrastare i Ribelli.
Jel avvertì un fremito di rabbia e di paura attraversargli la colonna vertebrale. Per la prima volta dopo secoli le Pietre Magiche sarebbero state risvegliate e, qualunque cosa significasse, lui non sarebbe stato presente. Il Gran Consiglio avrebbe avuto la possibilità di usarne lo sconfinato potere contro Sephirt, e lui non sarebbe stato presente.
Quando il Re parlò, si intuì che la riunione era giunta al termine. E, nonostante il risentimento, Jel non poté impedirsi di pensare che mai quell'uomo avesse parlato loro con tale sentimento e gravosità.
- Miei signori. Miei Consiglieri. Compagni in questa tempesta, amici. Non ci sono parole per descrivere la gratitudine che nutro nei confronti di ciascuno di voi per il lavoro continuo ed estenuante che avete sostenuto da due anni a questa parte. Abbiamo avuto la fortuna di vivere, finora, in una Fheriea perlopiù pacifica e distante dalle grandi guerre del passato, ma questo ha fatto sì che una Ribellione di questa portata ci cogliesse assolutamente impreparati. Eppure mi sento di dire che non sostituirei nessuno di voi per il comportamento ineccepibile che avete mantenuto, e per l'abilità con cui avete messo in pratica le vostre vaste conoscenze. Dovete fidarvi quando vi dico che è stato un onore poter lavorare insieme a voi.
Non fosse stato così infuriato, forse Jel si sarebbe commosso nel sentire quelle parole. Di certo era un evento assolutamente eccezionale che il sovrano delle Cinque Terre parlasse loro con simile trasporto.
- A tutti coloro che fra voi si ritroveranno in battaglia, nel prossimo futuro, auguro che la grande Magia che governa il nostro mondo possa guidarvi.
Si alzò in piedi stagliandosi davanti a loro, perfetto emblema di regalità mentre si ergeva avvolto nel proprio mantello rosso cremisi adornato da una pelliccia di ermellino.
- Miei signori, prendo congedo.
Mentre si accingeva a lasciare il padiglione, fu avvicinato da diversi fra i Consiglieri e maestri a lui più vicini, ai quali rispose con solenni strette di mano e persino un paio di gesti d'affetto. Quando infine uscì, una decina di guardie del corpo si materializzarono a suo fianco per riaccompagnarlo in città.
Gala attese che anche Jel si fosse alzato dalla sedia per gettargli le braccia al collo con una commozione e un'urgenza che lui non aveva mai avvertito prima. Il mago rispose con tutto il calore di cui era capace, portando una mano ad accarezzarle la testa, come aveva fatto tante volte durante il loro viaggio.
- Non credere che io abbia paura - mentì la ragazza stropicciandosi gli occhi. - È solo che avrei voluto essere al tuo fianco nell'ultima battaglia.
- Lo sarai presto - rispose lui senza essere convinto appieno di quella parole. - Una volta che avrete recuperato il talismano ci raggiungerete ad Amaria e vedrete anche voi i Ribelli dichiarare la resa.
Mentre maestri e sovrani sciamavano all'esterno della tenda ricongiungendosi con le personali guardie, i due giovani si trattennero ancora pochi istanti senza parlare, scrutando la notte scura che si spalancava appena oltre i veli del padiglione. Quando però i gli attendenti rimasti cominciarono a spegnere i candelabri e a rivoltare le sedie sopra il tavolo, anche loro si decisero a uscire.



Fu un caso, o forse la sorte, a far scorgere la figura di Dubhne a Jel mentre stringendosi nel mantello rientrava in città per dirigersi verso l'alloggio che gli era stato assegnato. Si era separato da Gala da pochi minuti.
La ragazza si stava congedando da un gruppetto di altri quattro guerrieri, tra cui un'altra giovane donna. Il tono di voce dei tre uomini lasciava intendere che fossero piuttosto ubriachi. Uno di loro portava un braccio appeso al collo, avvolto in una benda.
Dopo che si furono salutati, piuttosto rumorosamente a dire il vero, Dubhne si separò dagli altri e prese a camminare imboccando una stradina sulla sua destra. Il giovane aspettò che i suoi compagni voltassero le spalle e tornassero sui propri passi prima di fare altrettanto.
Era avvolta in uno stendardo color vinaccia - almeno per quanto il mago poté scorgere grazie alle fiaccole che illuminavano la strada; la sua espressione era stranamente distesa, le labbra increspate dall'ombra di un sorriso, e l'andatura vagamente incerta suggeriva che avesse bevuto anche lei qualche bicchiere di troppo.
All'improvviso comprese: se per il Gran Consiglio la presa di Hiexil era significata una mole di riunioni in più e delicate decisioni da prendere, per la maggior parte dei soldati si era trattato di un eclatante motivo di festeggiamenti. Le seconda importante vittoria ottenuta sui Ribelli dopo mesi e mesi di disfatte e frustrazione. La ex Combattente doveva essere di ritorno da una serata di baldoria, probabilmente in qualche bettola insieme a Jack e altri suoi commilitoni.
Qualcosa di cui tu sai molto poco, non è vero?
Istintivamente, il mago si chiese come il comandante avrebbe reagito nel sapere che il proprio battaglione era stato destinato alla missione più delicata. E Dubhne... beh, era sicuro che per lei non cambiasse molto dove si sarebbe diretta. Dopotutto non aveva un centinaio di uomini sotto la propria responsabilità; qualora le cose fossero andate male, la colpa di averli condotti al macello non sarebbe ricaduta su di lei, cosa che invece sarebbe potuta succedere a Jack e a Lord Versjan.
No, probabilmente l'unica cosa che contava per quella ragazza era avere un'altra occasione per alimentare il fuoco che le ardeva dentro e - anzi - se ciò l'avesse condotta alla morte, sarebbe stato come darle un'ultima, grande vampata per poi estinguerla per sempre.
Non seppe spiegare esattamente cosa lo stesse inducendo a seguirla.
Tenendosi a distanza, percorse i suoi stessi passi, quasi senza rendersene conto, senza chiedersi che cosa avrebbe fatto una volta raggiuntala. Sapeva solo che quella notte non sarebbe riuscito a dormire, per cui che senso aveva chiudersi in casa tormentandosi per l'angoscia e il risentimento?
Una manciata di minuti e, vista anche l'ora tarda, il giovane già non sarebbe più stato in grado di ritrovare la strada per tornare al proprio alloggio; quindi non gli restava che continuare no?
Vide Dubhne portarsi presso una casa sulla destra e salire dei gradini prima di spingere in avanti una pesante porta di legno. Non c'era nemmeno una chiave.
Dopo la riconquista, quella che gli alleati delle Cinque Terre si erano trovati ad abitare temporaneamente era poco più di una città fantasma. Diversi abitanti l'avevano abbandonata diverse settimane prima dell'attacco dei Ribelli, agli albori della Guerra del Nord. Rispetto a Qorren, era stata sotto il loro dominio per più tempo, e sotto il comando del generale Ferlon oltretutto, il più feroce tra i cani da caccia di Theor. Già stremata al tempo del primo assedio da parte delle truppe ariadoriane, era stata ulteriormente devastata dal tempestivo arrivo di Sephirt. Il fatto che all'epoca gli ariadoriani fossero già a un buon punto della riconquista non aveva fatto che peggiorare la situazione: il massacro perpetrato dalla strega si era consumato tra le vie della città. Il numero di vittime fra i civili era stato incalcolabile. Per l'intera durata del suo interregno, Ferlon aveva governato con il pugno di ferro; si erano tenute impiccagioni a tappeto, i membri delle famiglie nobili della città erano state imprigionate o giustiziate. Il fatto che le linee di rifornimento dall'Ariador centrale fossero state spezzate aveva fatto calare fame e miseria in città: i nuovi governanti avevano potuto contare sulle risorse provenienti dalle scorte di Amaria, ma a venire destinata alla popolazione era stata una minima parte. Questo aggiunto al freddo dell'inverno più rigido dell'ultimo decennio aveva causato decine di morti anche senza l'uso diretto della violenza. Da quello che Jel aveva rilevato, a Qorren il generale incaricato di guidare l'attacco aveva usato un pugno un po' più morbido, nonostante Sephirt fosse intervenuta anche lì, e il calo demografico era stato meno significativo rispetto a quanto accaduto a Hiexil.
Per questo motivo molti dei soldati stabilitisi in città erano state assegnate case o stanze vuote dove alloggiare, appartenenti a padroni morti o che nessuno aveva ancora reclamato. Il grosso dell'Esercito delle Cinque Terre aveva invece piantato le tende appena a sud della città.
Jel rimase fermo davanti all'ingresso, indeciso sul da farsi. Dalle finestre al piano di sopra proveniva una flebile luce di candela. Dubhne era lassù? Oppure non era l'unica inquilina di quella vecchia costruzione di pietra? Se si fosse presentato lì e le si fosse già trovata in compagnia di qualcun altro, amico, amante o compagno di camerata che fosse, l'umiliazione sarebbe stata piuttosto marcata.
Alla fine si accostò alla porta e, dopo aver preso un lungo respiro, batté due volte con le nocche sul legno ruvido. Immediatamente fu colto dal desiderio di voltarsi e fuggire prima che Dubhne potesse riconoscerlo, ma non ne ebbe il tempo.
Era già sul secondo gradino quando sentì dietro di sé la porta aprirsi e una lieve luce aranciata provenire da dentro.
Il mago si immobilizzò; la ragazza era proprio a pochi passi da lui, ne era sicuro, eppure non fiatava. Forse per la sorpresa nel trovarselo davanti a quell'ora della notte. Lo aveva riconosciuto? Qualcosa nel suo cuore gli suggeriva di sì.
Non ci fu ulteriore bisogno di chiederselo quando la Combattente pronunciò quasi in un sussurro il suo nome.
- Jel.
L'uomo si voltò verso di lei. La luce che proveniva dall'interno rendeva il suo volto ombroso, tanto che non riuscì a coglierne chiaramente l'espressione. Si era tolta di dosso lo stendardo e indossava solo una casacca color beige e dei pantaloni lunghi di cuoio. Le raffiche della notte le sferzavano il viso facendola rabbrividire.
Il pensiero che quella potesse essere l'ultima volta in cui l'avrebbe vista gli diede il coraggio e l'incoscienza per prendere la sua decisione.
Mosse un paio di larghi passi verso di lei e, prima che potesse fare qualunque cosa, la baciò.
All'inizio non riuscì a pensare a nulla. L'unica cosa che sentì furono le labbra della ragazza sulle proprie, i suoi capelli lunghi che gli sfioravano il viso, il suo corpo che si era irrigidito a quel contatto inaspettato. Il primo pensiero che riuscì a formulare fu che di lì a pochi secondi Dubhne l'avrebbe allontanato prendendolo a pugni.
Ma con sua somma sorpresa ciò non accadde e, al contrario, Jel la sentì rilassarsi e rispondere al bacio. Un calore spropositato lo avvolse, una sensazione così travolgente da dargli il capogiro.
Quando si separarono, tornando a respirare, Dubhne lo prese delicatamente per la camicia e lo attirò dentro casa richiudendo la porta un attimo dopo. Sulla parete di fondo si apriva un vano con delle scale, ma dal piano di sopra non proveniva alcun rumore.
- Io non... - blaterò Jel come cercando di dare spiegazioni per un simile comportamento, ma le parole appropriate non gli si presentarono. - Io non so che cosa... Questa è forse l'ultima volta che potrò vederti... ma devi dirmi se... se...
- Jel - era la seconda volta in pochi attimi che lo chiamava per nome, e questa volta il sorriso che si disegnò sulle sue labbra fu così luminoso da lasciarlo senza parole. - Non capisco neanch'io. Ma in questo momento non mi importa.
- Dici sul serio?
Gli sembrava incredibile che potesse essere così facile. Una decina di minuti prima non gli sarebbe mai passato per la mente di fare una cosa del genere, il suo unico programma sarebbe stato andare a letto e cercare inutilmente di dormire...
- Sì, lo so, lo so che non ha... senso... ma voglio stare con te questa notte. Solo - e le sue gote si tinsero di un caldo color prugna - che io non ho... non ho mai...
Questa volta le sue parole lo lasciarono davvero interdetto. Non avrebbe mai pensato che una come Dubhne, proprio lei che aveva vissuto così a lungo in mezzo agli uomini, potesse essere ancora vergine.
Ci vollero un paio di secondi prima che il mago riuscisse a replicare, ponendo la domanda che, nel profondo, lo tormentava già da tempo.
- Quindi tu... tu e il capitano non avete mai...?
- Vuoi dire Jack? - ripeté Dubhne con un sorriso che accese ancora di più il suo desiderio, prima di scuotere la testa con un'inedita ombra di dolcezza nello sguardo. - Lui è come me - spiegò lievemente rossa in viso. - E sinceramente basto già io per cacciarmi nei guai.
- Quindi pensi che io sarei più responsabile?
- Non lo penso - una lieve strizzatina d'occhi accompagnò quelle parole. - Lo so.
A quel punto Jel non riuscì più a trattenersi; la attirò a sé tenendole una mano dietro la testa, affondata nei suoi capelli morbidi, e la baciò di nuovo, con maggiore enfasi, un bisogno che trascendeva il mero desiderio di provare piacere. Quella ragazza lo aveva stregato e l'idea che potesse essere sua era così incredibile che ancora stentava a crederci.
Le sue mani corsero alle stringhe della casacca di lei quasi senza che se ne rendesse conto. Dubhne sembrava rimettersi completamente a lui e alla sua - per quanto scarsa - esperienza, motivo per cui lo lasciò fare mentre le sfilava quel logoro indumento, rimanendo ferma e un po' impacciata. Non aveva paura; era una delle molte cose meravigliose di lei, quell'attitudine a non lasciarsi intimorire da qualcosa di sconosciuto.
Quando ebbe finito, per diversi lunghi istanti Jel lasciò correre gli occhi a contemplare il suo corpo perfettamente proporzionato e reso asciutto dai duri allenamenti e dalle battaglie. Non c'erano aspetti che non fossero strettamente necessari al suo lavoro - il seno poco accentuato come quello di una bambina, i fianchi stretti - ma il giovane l'avrebbe trovata quantomai desiderabile in ogni caso. A catturare più di tutto la sua attenzione furono le cicatrici che marchiavano indelebilmente la sua pelle: una striatura lunga e sottile le percorreva il ventre orizzontalmente, e un'altra simile, anche se decisamente più evidente, il braccio sinistro. La più impressionante però era il bollo bianco-grigiastro vicino all'incavo della medesima spalla; qualcuno doveva averla trafitta in profondità in quel punto. Combattuto tra il fascino e la repulsione, provò l'improvviso desiderio di sfiorare la ferita con un dito.
Dubhne lo lasciò fare, paziente, prima di prendergli di nuovo delicatamente il viso tra le mani per tornare a baciarlo.
Jel la spinse delicatamente sul giaciglio di pelliccia facendole intendere di stendersi, prima di cominciare a sua volta a sbottonarsi la camicia. Quando la lasciò cadere a terra, istintivamente corse con lo sguardo a controllare il proprio petto; era davvero magro, pensò avvertendo un vago calore diffonderglisi alla base del collo; di certo niente di paragonabile ai vari guerrieri che Dubhne doveva aver conosciuto nella sua vita.
Ma l'aria candidamente impertinente della ragazza stesa davanti a lui ebbe il potere di distoglierlo da qualunque motivo d'impaccio; si stese sopra di lei e lasciò scivolare le labbra sul suo viso, sul collo, nell'incavo sotto la clavicola.
Soltanto una settimana prima non avrebbe mai neanche creduto possibile che un giorno si sarebbe ritrovato in una situazione simile proprio con lei, la Ragazza del Sangue, probabilmente la persona più ostinata e irascibile che avesse mai conosciuto. Eppure era accaduto, senza fra l'altro che lui avesse alcun tipo di merito.
Forse era destino che quel momento fosse il suo canto del cigno prima della fine.
- Jel.
Le sue mani erano corse alla propria cintura nell'intento di slacciarla quando la ragazza si rivolse a lui. L'uomo la guardò, rimanendo catturato dai suoi grandi occhi castani, così profondi, che durante la sua vita erano stati specchio di emozioni così intense.
- Qualunque cosa farai, falla con delicatezza.








Note dell'autrice: ... Un bel respiro. Ebbene sì, è successo. So che ad alcuni di voi sembrerà una cosa affrettata e banale, ma sono sicura che se andrete a rileggere alcuni capitoli precedenti ma, soprattutto, quelli che devono ancora arrivare, cambierete idea almeno in parte. Ammetto che questa scena era presente fin dalle primissime versioni di questa terza storia, ma con il tempo e la maturazione ho deciso di attribuirle un significato diverso. Spero che bei prossimi capitoli comprenderete meglio le prospettive di Jel e, soprattutto, di Dubhne. E intanto la battaglia finale si avvicina!!
Spero anche che vi sia piaciuta l'ultima riunione del Gran Consiglio, per me è stata molto divertente da scrivere, oltre ad essere la più lunga che abbia mai scritto, così come l'intero capitolo è uno dei più lunghi della trilogia.
Recensite in tanti, ho bisogno dei vostri pareri più che mai : )
Non so se riuscirò ad aggiornare entro la fine delle vacanze, anche perché domani parto per la Costa Azzurra, quello che è certo è che ci vedremo a settembre.
~Talia
  
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