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Autore: crissi    25/08/2018    12 recensioni
Il mio lavoro mi costringe a volte a diventare invisibile nelle famiglie; obbligato a rimanere, indesiderato testimone, anche in momenti che intimi e segreti dovrebbero restare. E a restare imperturbabile, saldo, professionale, anche quando il loro dolore diventa mio.
Missing moments molto liberi visti da una personaggio marginale, una figura professionale ricorrente nell’anime, che ho voluto immaginare sempre come lo stesso individuo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2 Inevitabile follia
2 - INEVITABILE FOLLIA



16 luglio 1789, strada per Versailles

Il lento ciondolare della testa di questo imponente cavallo da tiro ha un effetto quasi ipnotico su di me; tengo le redini mollemente, i gomiti poggiati pesantemente sulle cosce. Sono stanchissimo, molto più di quanto immaginavo di essere quando siamo partiti. Sembra un viaggio che non debba finire mai questo nostro. Non ardo dal desiderio di arrivare a destinazione, d’altronde.
Tutto attorno a noi, il silenzio della campagna è pressoché totale nella calura pomeridiana di luglio e mi pare irreale questo scenario di quiete dopo ciò che abbiamo vissuto a Parigi.
Irreale e ingiusto che il mondo sia così iniquo, mi dico. Un po’ di equilibrio non guasterebbe in questa commedia degli orrori … Ma cosa pretendere da un mondo tondo? Per alcuni è sopra, per altri è sotto; per uno è male, per l'altro è bene. E per me ora, è nè uno nè l’altro, e pure tutto insieme.
Mi sento lo stomaco in subbuglio.
Troppa ansia.
Forse mi sono assunto un compito che va al di là delle mie forze. Forse Rosalie avrebbe avuto bisogno di qualcuno più forte di me, qualcuno più distaccato che potesse accompagnarla e spalleggiarla. E difenderla, all'occorrenza.
Che strana sensazione la mia: non vorrei arrivare, ma neppure tornare indietro. Potessi, mi fermerei qui, ora, per dissolvermi in un istante perpetuo, senza l'angoscia del futuro, senza il dolore del passato.
Mi par d’avere un macigno sul petto, ma preferisco ignorare questo sintomo; no, non ci voglio pensare: rimuginare troppo complica certe cose e toglie il sonno. Parola di medico.
- Tutto bene, dottore?
Mi scuoto dai tristi pensieri.
- Come?
- L’ho sentita sospirare, dottore, e domandavo se vi sentite bene. Non avete una bella cera, signore … - mi dice Rosalie.
La guardo e riconosco nei suoi occhi arrossati una sincera preoccupazione.
- No, immagino di non avere l’aspetto più sano del mondo e … effettivamente sono molto stanco, Rosalie. – confesso in un sospiro - Mi fareste il favore di condurre voi per un poco il carro? Solo … - esito - Solo pochi minuti per chiudere gli occhi e riposarli. Solo per poco …
Rosalie allunga le mani sulle mie e sfila con delicatezza le briglia, che già stringevo con poca determinazione.
- Non preoccupatevi, dottore. Conosco bene la strada e non si vedono anime sul cammino. Siamo soli. Riposate pure, mi occupo io di tutto, signore.
Annuisco e stringo le braccia conserte sul mio petto; allungo una mano sugli occhi, passandocela nell’inutile tentativo di levar via le immagini di questi ultimi giorni. Il buio portato dalle palpebre serrate, pare quietarmi un poco; mi illudo per un istante che d’ora in avanti potrò ancora fare sonni tranquilli e, cullato dall’andatura per ora abbastanza regolare del carro, mi affloscio su questo spartano sedile e mi addormento, lasciando che siano i ricordi ad occuparmi il sonno.


Parigi, marzo 1761

Sono un medico.
Devo ripetermelo più di una volta perché solo ieri ero uno studente di medicina, un topo da università, con più ore passate tra i cadaveri che un becchino, ed ora sono qui, fuori della stanza che ho occupato negli ultimi anni e per la prima volta la mia pensionante, madame Furette, si è rivolta a me chiamandomi dottore; senza ironia, senza quel velo di acidità col quale pronunciava la parola, irridendomi quando mi ritrovavo in ritardo con il pagamento della pigione. Ora sono davvero un dottore e lei lo sa, ora appartengo ad un livello sociale superiore al suo, sebbene io continui ad esser in ritardo col pagamento della stanza e lei continui ad esser più benestante del presente, novello medico.
Mi passo una mano sul bordo della giacca, tirandola appena e guardo distrattamente gente di ogni genere passeggiare per la via, qui dall’uscio che ho appena richiuso alle mie spalle. E’ il primo giorno di lavoro, indosso il mio vestito più dignitoso, l'unico buono che ho, e sto per recarmi allo studio del dottor Seville che oggi andrà in pensione ed io rileverò i suoi pazienti. Per i primi tempi mi assisterà, consigliandomi, informandomi, ma poi sarò solo e nel bene o nel male le vite di tante persone dipenderanno solo da me.
Sono incredibilmente fortunato, non potrò mai smettere di ripetermi pure questo. Il mio mentore non solo mi ha pagato gli studi, ma ora ha messo una buona parola per me assicurandomi la successione al dottor Seville, un medico molto conosciuto, con gran parte della clientela non solo a Parigi, ma pure tra le famiglie nobili di Versailles.  Praticamente parto in carrozza con la mia professione. Niente gavetta tra croste o infestazioni da pidocchi, niente ubriachi di strada: solo pazienti di prima classe con malattie da ricchi ed il denaro necessario per permettersi le mie attenzioni.
E mentre cammino sovrappensiero per la strada, gongolando tra me e dondolando la borsa coi ferri del mestiere, mi immagino già fidanzato con la bella figlia di qualche ricco mercante: sì, decisamente la mia carriera parte bene.
- Oh, eccovi! Finalmente siete arrivato, dottor Lasonne! – esclama l’anziano dottor Seville aprendomi l’uscio un istante prima che io possa picchiare il battente – usciamo subito per una visita a domicilio a Versailles, ho già pronto il calesse, conducete voi, sì? – blatera fulmineo il vitale ottuagenario.
So che non si aspetta una risposta mentre mi passa accanto scendendo piano i quattro scalini, aiutandosi col bastone.
- Sì certo, ma forse dovrei precedervi a cavallo, così tanto per far prima se si tratta di una emergenza- mi offro, ansioso di far buona impressione.
- Oh, non c’è da preoccuparsi! Tanto quel diavolo di donna ci sotterrerà tutti quanti! – esclama accompagnandosi con un gesto, come se volesse scacciare una mosca fastidiosa o la stessa diavolessa e lo fa con tanta foga che il suo ondeggiare pare promettere una caduta rovinosa, che in barba alla famosa gravità, non avviene.
Sorrido sorpreso da una così precisa diagnosi a distanza e mi avvio al calesse, precedendo il barcollante ed intemperante ometto con pochi, lunghi passi.
- Sarà lunga fino a Versailles … - mormoro aiutando il mio esimio collega a salire poco agilmente a cassetta.
- Ci fermeremo prima, parecchio prima, dottor Lasonne. – afferma puntando saldamente il bastone fra le gambe ossute e visibilmente arcuate,  poggiandosi ad esso con entrambe le mani come se questa fosse la posizione più comoda al mondo. - Siamo diretti ad un palazzo nobiliare di una famiglia molto, molto, molto importante – sottolinea fissandomi di sottecchi appena mi accomodo accanto a lui.
“Bene, molto, molto, molto importanti …”, penso non riuscendo a non sorridere di soddisfazione.
- Quindi facciamo visita ad una nobildonna di alto rango … - commento schioccando le redini.
Il collega sorride beffardamente.
- Nobildonna? Beh, facciamo visita alla padrona di casa e questo è certo.
La strana precisazione mi suonò poco comprensibile allora, ma con gli anni avrebbe acquistato pieno significato.









   
 
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