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Autore: SusyCherry    25/08/2018    5 recensioni
«Ok, ok. Ti salvi solo perché ho una bella notizia. Un tizio del nostro ospedale è andato in pensione e ho fatto domanda per il suo posto. Sherlock sarò un urologo!» dichiarò con un sorriso trionfante.
«Un…urologo?» domandò sinceramente confuso Sherlock.
«Sì un urologo. Sai apparato urinario. Non avrai cancellato anche quello insieme al sistema solare, vero Sherlock?»
«Certo che no, non essere sciocco. Apparato urinario e…apparato genitale maschile, no?»
«Esatto.»
«John vedrai peni dalla mattina alla sera?» chiese Sherlock con faccia scioccata.
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[Fanfiction scritta in occasione della Summer Challenge organizzata dal gruppo "Aspettando SHERLOCK 5 - SPOILERS & EVENTI!"]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci arrivati alla fine. Il tutto potrebbe risultare un pochettino smielato, ma ehi eravate state avvertiti! Spero che il capitolo vi piaccia e che in generale abbiate gradito la storia. Ringrazio infinitamente chi l'ha seguita, recensendo e dandomi preziosi consigli per il futuro (se mai mi deciderò a pubblicare le altre storie). Grazie davvero. Alla prossima!



Dopo la fine dello spettacolo Sherlock era semplicemente euforico. Il mutismo in cui si era chiuso in precedenza era solo un vago ricordo, in quel momento stava infatti sciorinando una serie di spiegazioni tecniche su un passaggio particolarmente complicato che era stato eseguito alla perfezione dall’artista. E, incredibile a dirsi, John lo stava seguendo con interesse. In realtà tutto ciò che usciva da quelle labbra era per lui estremamente avvincente, fosse anche una lunga disquisizione sui duecentoquarantatré tipi di tabacco o sui diversi tipi di cenere. Lo spettacolo era stato davvero emozionante, più di quanto si sarebbe aspettato, anche se doveva ammettere che avere seduto accanto a sé il detective che fissava il palco con la faccia di un bambino di fronte ai regali di Natale aveva avuto la sua parte di merito. Sì, era stata proprio una grande idea quella di portarlo a quello spettacolo. Il pensiero si spostò automaticamente a Mycroft, di certo questo non sarebbe stato possibile senza di lui. Chissà se aveva previsto tutto, avrebbe dovuto comunicargli in seguito i progressi che avevano compiuto quella sera? Probabilmente no, ci avrebbe pensato Sherlock in qualche modo fantasioso, ideato solo per irritarlo. O forse sarebbe accaduto il contrario, il maggiore avrebbe stuzzicato il fratellino solo per il gusto di ostentare il fatto che lui sapeva, perché lui era il più intelligente ed altre amenità simili. Quei due quando ci si mettevano erano realmente due bambini capricciosi. Ma non li avrebbe cambiati per nulla al mondo, erano la sua famiglia. Sì, anche l’irritante e pomposo governo inglese, per quanto gli costasse ammetterlo, sebbene da quel giorno lo ammirasse un po’ di più. In fondo tutto quello che era successo era anche merito suo, ed era stato fatto con un gesto così disinteressato, così poco da Mycroft. Forse davvero credeva che lui fosse degno di stare con suo fratello, in fondo riponeva molta fiducia in lui per quanto riguardava la sua protezione e gli Holmes generalmente non erano proprio propensi a dar credito alle altre persone.  In ogni caso con molta probabilità era già al corrente di tutto, forse aveva piazzato qualche uomo qui o lì per spiarli. Chissà se in quel parco c’erano telecamere della CCTV, forse Mycroft aveva visto tutto in diretta. Decise che era meglio accantonare quel pensiero, non voleva davvero sapere se esisteva un filmino in alta definizione di quello che avrebbe dovuto essere un momento intimo e privato.

Finalmente giunsero al ristorante dove John aveva prenotato per quella sera, si accomodarono e ordinarono da mangiare. L’atmosfera carica di eccitazione di poco prima si era smorzata, per lasciare il posto a dei toni più rilassati e sereni. John si soffermò ad osservare il suo compagno, fortunatamente tutta la tristezza che aveva visto sul suo volto prima di chiarire il malinteso era completamente sparita, ciò non di meno notò che c’era ancora qualcosa che lo turbava. Di cosa poteva trattarsi questa volta? Cercò di osservare con attenzione il comportamento del detective, per provare a dedurre come più volte aveva provato a insegnargli: i movimenti delle mani mostravano un lieve spasmo involontario, dovuto a un qualcosa che lo stava agitando, ma il volto non mostrava grandi segni di inquietudine. Poteva essere dovuto alla scelta del locale? Escluse quasi immediatamente questa possibilità, Sherlock non aveva battuto ciglio alla proposta di andare a mangiare qualcosa. Cosa era cambiato quindi? Si sforzò di riflettere. Fino a quel momento avevano parlato dello spettacolo, Sherlock aveva espresso tutto il suo entusiasmo e la sua frenesia. Probabilmente una volta esaurito il discorso il consulente investigativo aveva cominciato a ripensare a quello che era successo nel parco e questo gli stava provocando quella reazione. Forse era pentito del bacio? Eppure aveva partecipato con uno slancio di impeto e ardore. Anche in seguito, durante lo spettacolo e la strada che avevano fatto per raggiungere il ristorante, John lo aveva beccato più volte a guardarlo con sguardo adorante. No, non poteva essere quello. Ma cosa allora? Proprio in quel momento intercettò i suoi occhi che nervosamente si posarono sulla mano del medico, che giaceva rilassata sul tavolo. Oh! Ora gli era tutto più chiaro. Sherlock voleva un contatto con lui, ma non riusciva a trovare il coraggio per coprire quella breve distanza con la sua mano. Certo prima l’aveva stretto per sottrarlo alle grinfie di quella che ai suoi occhi doveva apparire come un’arpia mangiauomini, ma era stato un gesto fatto d’impulso, mosso dalla gelosia. Ora era una situazione completamente diversa, Sherlock aveva avuto tutto il tempo per pensare a ciò che avrebbe voluto fare e proprio questo rimuginare lo stava bloccando. Ma John non voleva agire al posto suo, era giusto che il detective vincesse le sue incertezze, quindi si limitò a guardarlo regalandogli un sorriso rassicurante e incoraggiante. Sherlock sembrò davvero ricavare forza a quella vista e mosse leggermente le sue dita ad intrecciarsi delicatamente con quelle del medico.

«Capitano Watson!»

Quello che era stato un contatto flebile e appena accennato fu immediatamente interrotto da queste parole, Sherlock infatti aveva ritirato la mano con uno scatto nervoso.

John voltò la testa con aria infastidita per individuare chi era colui che aveva osato interromperli in un momento tanto importante, ma quando il suo sguardo si soffermò sulla persona in questione la sua espressione si rilassò e il suo volto si aprì in un sorriso sincero, mentre si alzava in piedi per salutare il nuovo arrivato.

«Tenente Taylor! Che piacere rivederti, non sapevo fossi a Londra.»

«Sono tornato da poco Capitano. Sa mi sono sposato.»

Sherlock, nel frattempo che i due uomini conversavano amabilmente, rimase in un angolino a guardarli confuso e imbarazzato. Ad un tratto però John si voltò verso di lui indicandolo con una mano.

«Posso presentarti Sherlock Holmes? Lui è il mio…ragazzo.»

Sottolineò lievemente con tono di domanda l’ultima parola, in maniera tale che l’interrogativo fosse percepibile solo dal diretto interessato. Sherlock a quelle parole si riscosse immediatamente dai suoi pensieri alzandosi a sua volta per stringere la mano del Tenete.

«Oh sì, certo. Molto piacere Tenente Taylor.»

Il soldato rimase in silenzio un attimo soppesando la situazione e Sherlock lo fissò incerto, ma se John non aveva problemi a presentarlo come suo compagno di certo non se li sarebbe fatti lui.

Quel momento di stallo durò davvero solo qualche secondo, dopo di che il tenente strinse la sua mano con calore mentre il suo viso venne riscaldato da un sorriso affabile.

«È davvero un onore per me conoscerla. Sa, lei è un uomo molto fortunato signor Sherlock Holmes. Il Capitano Watson è una persona straordinaria, oggi non sarei qui se non fosse per lui. Ha salvato la mia vita e quella di molti miei commilitoni. È un vero eroe.»

«Oh mi creda, lo so bene» rispose il detective, voltandosi a guardare John negli occhi «ha salvato anche la mia di vita.»

John arrossì di fronte a quella confessione così poco da Sherlock, si schiarì la voce e ricominciò a parlare, ma solo dopo aver appoggiato il palmo della mano sulla schiena del compagno, muovendo il pollice in una tenera carezza.

«Sicuramente avrai sentito parlare di lui, è un famoso consulente investigativo, spesso risolve casi per Scotland Yard…»
 
 
 
Dopo una lunga chiacchierata il Tenente si era congedato lasciando la coppia alla loro cena. Questa volta Sherlock si era immediatamente riappropriato della mano del dottore senza nessuna esitazione. Avevano parlottato per un po’ di argomenti futili, quando John raccolse tutto il suo coraggio per discutere ad alta voce di ciò che finora si erano detti solo con le azioni o con frasi indirette.

«Quindi per te va bene?»

«Cosa John? Che tu mi presenti come il tuo ragazzo?» e il medico rispose annuendo con il capo.

«Certo è un’espressione che si adatta maggiormente a degli individui più giovani, ma credo che nel linguaggio comune suoni meglio di “il mio compagno”. È una terminologia che ho sempre trovato tremendamente artificiosa. Ovviamente c’è possibilità di variazione, ci sono varie formule come ad esempio “il mio fidanzato” o “il mio partner”, che per inciso trovo anche peggio della definizione di compagno. Ragazzo o fidanzato ritengo siano i più adeguati.»

«Andiamo Sherlock, sai bene cosa intendevo, non volevo una disquisizione sulla semantica.»

«Perché non dovrebbe starmi bene? Non sono io John ‘non sono gay’ Watson» rispose con una punta di sarcasmo. In fondo meritava di essere un po’ punito per averlo mandato a lungo fuori strada. Se solo ripensava a tutto il tempo sprecato. Ma non era il momento di perdersi in quelle riflessioni.

John sbuffò leggermente risentito, ma Sherlock gli regalò un sorrisetto divertito e decise di accantonare la questione. “In fondo” pensò “almeno ora ho un modo per tappargli la bocca quando diventa estremamente irritante o quando assume quell’aria strafottente così dannatamente seducente e irritante allo stesso tempo”.

«Non so se è una buona idea, sa Capitano Watson? Questo potrebbe spingermi a rendermi volutamente insopportabile, se il risultato sarebbe ottenere un bacio.»

Ecco che le sue capacità di deduzione e di lettura del pensiero erano ritornate a fare capolino. John ridacchiò allegro e strinse un po’ la stretta sulla sua mano.

«Sai che non hai bisogno di nessuna scusa per farlo vero? Puoi baciarmi tutte le volte che vuoi.»

Anche Sherlock strinse la presa a quelle parole. Non gli sembrava vero che tutto quello che era successo non fosse solo un suo sogno. Riprese a parlare dopo un po’ con tono serio:

«A dire il vero non me l’aspettavo. Parlo del modo in cui mi hai presentato al tuo amico. Cioè anche tutto il resto, ovvio. Ma non credevo che mi avresti definito “il tuo ragazzo” davanti a lui.»

«Perché no? Non sono mica io Sherlock ‘sono sposato con il mio lavoro’ Holmes» ecco, forse non aveva accantonato del tutto la battutina di poco prima.

Sherlock rispose con una smorfia, ok forse non era stato solo il medico a confondere le acque. Ma che ne poteva sapere lui che John gli avrebbe sconvolto così tanto la vita?

«Sherlock davvero, perché non avrei dovuto? Anche in quel corridoio ti ho preso la mano e l’ho fatto davanti a tutti.»

«Sì ma lì non ci conosceva nessuno. E poi eravamo talmente vicini che probabilmente non era nemmeno possibile rendersene conto. Invece il Tenente è qualcuno di più intimo, rappresenta l’esercito, una parte della tua vita. Sei davvero sicuro di volermi con te anche in questo? Sei sicuro di volere che sappiano che c’è…qualcosa tra di noi?»

John spalancò la bocca di fronte a tale ammissione. Come poteva pensare che volesse escluderlo da anche solo un aspetto della sua vita?

«Sherlock io vorrei urlarlo al mondo intero ciò che provo per te! Come fai a non capire che la tua presenza permea ogni fibra della mia esistenza? Tu occupi ogni angolo della mia mente, di tutto me stesso. Non potrei mai tenerti nascosto come uno squallido segretuccio.»

«Ma la tua eterosessualità…»

«Ma chi se ne frega della mia eterosessualità! Non saprei nemmeno come definirmi in questo momento, ma francamente non potrebbe importarmene di meno. Tutto ciò che conta, che realmente conta, è seduto qui di fronte a me in questo momento.»

Sherlock abbassò gli occhi di fronte a quelle parole tanto sincere, arrossendo visibilmente.

«Sei il solito romantico» borbottò.

«E pensi che questo rappresenti un qualcosa di negativo per me?» ridacchiò in risposta il medico «Tu piuttosto Sherlock, sei sicuro di tutto questo?» aggiunse con un sospiro.

A quelle parole Sherlock rialzò immediatamente la testa puntando gli occhi nei suoi.

«Non sono mai stato così sicuro di qualcosa in tutta la mia vita» rispose con tono solenne «volevo solo essere certo che anche tu fossi convinto di questa cosa. Perché non sopporterei un tuo passo indietro, non dopo aver avuto un assaggio di cosa si prova.»

«Non mi tirerò indietro Sherlock. E so che è successo tutto velocemente, dovrei prendere le cose con più calma e rispettare i giusti tempi, ma mi sembra di aver aspettato fin troppo, mi sembra di aspettare da una vita.»

Sherlock ascoltò quella confessione con un’espressione soddisfatta e felice. Con la mano libera iniziò a giocherellare con il polsino della camicia e John seguì per un po’ con gli occhi i movimenti impacciati.

«È la mia camicia preferita sai? Questa viola intendo. Credo che ti stia particolarmente bene» ammise, se pur con un pizzico di imbarazzo.

«Oh ma lo so bene, mio caro dottor Watson» rispose a sua volta con un velo di malizia.

«Lo sapevo che non poteva esserti sfuggita una cosa simile. Quindi la indossavi con il chiaro intento di farmi impazzire?»

«Vorrei poter dire che questo corrisponde a verità, ma no John. Era più una speranza che una consapevolezza.»

«Ma come hai potuto proprio tu non capire tutto fin dall’inizio? Mi aspettavo di continuo che deducessi qualcosa da un momento all’altro, non mi spiego ancora come io non mi sia fatto beccare immediatamente. Non è da te sbagliare una deduzione Sherlock. Starai per caso perdendo il tuo smalto con l’avanzare dell’età?» lo stuzzicò con un ghigno.

«Molto divertente. Non è che non notavo i segnali John, ma non sapevo quanto di quello che osservavo fosse vero e quanto invece derivasse da ciò che volevo vederci io. È pericoloso permeare un ragionamento logico con i sentimenti, si finisce per farsi portare fuori strada e costruirsi illusioni inutili e deleterie.»

«Osservami ora. Deducimi. Cosa vedi?»

Sherlock si prese qualche secondo per far vagare lo sguardo sull’intera figura del dottore, per poi sorridere dolcemente guardandolo negli occhi.

«Vedo uno splendido uomo in un meraviglioso completo elegante. A proposito stai benissimo vestito così. Dovremmo farlo più spesso.»

«Cosa, fraintendere totalmente le intenzioni dell’altro, montare una sceneggiata assurda che sconfina quasi in una crisi isterica, per riuscire finalmente a scambiarci un bacio?»

«No idiota!» e lo punì pizzicandogli senza troppa forza un braccio «intendevo uscire per fare qualcosa, una cena o per andare a teatro. Cose del genere. Solo noi due, senza che sia necessario un caso risolto da festeggiare. La parte del bacio però la terrei.» 

«Oh! Credevo trovassi estremamente noiose queste cose.»

«Non ho mai detto…» ma un’occhiata torva da parte dell’altro lo convinse a correggere il tiro «ok potrei aver pensato qualcosa del genere. Presumibilmente. Ma verosimilmente potrei essermi reso conto che non rappresentano situazioni troppo deleterie per il mio cervello. Non se ci sei tu con me. Sempre parlando in maniera ipotetica.»

Quella era probabilmente la cosa più vicina a un’ammissione di errore che John avrebbe mai ottenuto da Sherlock, ma evitò battute sarcastiche su quanto quella confessione lo portasse quasi sull’orlo delle lacrime. Sherlock che concedeva la possibilità di essersi sbagliato, ma quando si era visto mai?

«Andiamo a casa, vuoi? Ho bisogno di stenderti sul divano e baciarti fino a che non ti avrò consumato le labbra.»

Sherlock si sentì improvvisamente accaldato e si alzò di scatto, portandosi dietro la mano del dottore che ancora stringeva tra la sua. Quell’entusiasmo fece gongolare internamente il medico che non aveva mai desiderato così tanto di arrivare al 221B il più in fretta possibile.
 
 
 
Dopo aver messo in pratica a lungo il proposito espresso al suo compagno, John si ritrovò a pensare alle parole del suo amico dottore e decise di chiarire quell’ultimo aspetto della questione.

Si allontanò affannato dalle labbra tentatrici del consulente investigativo e si rimise seduto sul divano.

«Sherlock.»

«Mmmh» mugolò il detective mentre sollevando la schiena cercava di riappropriarsi della bocca dell’altro.

«Sherl, aspetta ho bisogno di dirti una cosa.»

«Ora? Ne parleremo con calma più tardi, o domani o mai» e riprese a baciarlo con passione.

Il medico si godette quell’ennesimo bacio, ma alla fine gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle per scostarlo delicatamente, ma con decisione. Poi portò una mano sulla sua guancia sinistra tirandogliela con un pizzicotto.

«Frena i bollenti spiriti, è importante» gli intimò ridacchiando.

Sherlock rispose con un’espressione offesa e, con la migliore espressione da bambino capriccioso, iniziò:

«John la tua bocca mi appartiene ormai. È una mia proprietà. Sapevi a cosa andavi incontro, ora semplicemente non puoi più negarmela.»

John proruppe in una risata. Quell’uomo non gli avrebbe lasciato più scampo.

«E io non ho nessuna intenzione di farlo» si interruppe un momento per baciargli via il broncio, poi riprese a parlare «ma mi preme mettere in chiaro una cosa. Ho visto quanto il mio nuovo lavoro ti abbia turbato e voglio rassicurarti su questo. Non hai assolutamente nulla di cui preoccuparti.»

Sherlock prese a muoversi nervosamente sul posto e quando parlò una lieve nota di panico si avvertiva sul fondo della sua voce.

«Continuerai ad avere a che fare con uomini nudi e con i loro…beh sì, hai capito.»

Sherlock imbarazzato era qualcosa di semplicemente adorabile, John a stento si trattenne dal ributtarsi su di lui facendolo sdraiare nuovamente per passare tutta la notte a esplorargli ogni anfratto di quella bocca meravigliosa. Ma quella era una faccenda che andava chiarita, Sherlock non avrebbe dovuto più agitarsi per cose che riguardavano il suo lavoro.

«Detta così però sembra che io di lavoro faccia il pornoattore gay!» esclamò con una risata «Sherlock ci sono due motivi per cui non dovrai mai nemmeno impensierirti per questa cosa. Il primo è che prendo molto sul serio il mio lavoro e questo lo sai bene. Ogni caso, ogni paziente, lo osservo con occhi professionali. Non c’è nulla di attraente per me in qualunque uomo o donna che mi capita di visitare. Sono i miei pazienti Sherlock, hanno bisogno del mio aiuto, non potrei mai tradire loro e la mia professione. Sono molto fiero di essere un medico, ho giurato di curare chi si rivolge a me, non di insidiarlo!»

«Immagino che la seconda ragione abbia a che vedere col fatto che di solito non trovi attraenti gli uomini.»

«No Sherlock, la seconda riguarda te. Anche perché lo sai che a volte visito anche donne, vero? Sono meno frequenti, ma anche le donne possono aver bisogno di un urologo.»

Sherlock sollevò lo sguardo al cielo, con uno sbuffo. Bene, ora la quota di gente da cui preservare il suo ragazzo (adorava ripeterselo nella testa, anche se davanti a John avrebbe sempre ostentato indifferenza) durante l’orario di lavoro si era raddoppiata.

«Non dovrai mai preoccuparti del mio lavoro e dei miei pazienti, anzi non dovrai mai farlo di nessuna persona al mondo, semplicemente perché io ti amo Sherlock Holmes. E sì, lo so che sto bruciando le tappe, ma non riesco più a tenermi tutto dentro. Prima, al ristorante, ti ho detto che mi sembra di aspettare da una vita, la verità è che mi sembra di aver aspettato te per tutta la vita. E ora che finalmente sono riuscito a dirti tutto, ora che quasi come un miracolo ho ottenuto ciò che nemmeno osavo sperare di raggiungere, credimi non sarò così stupido da rovinare le cose. Non esiste nessun altro oltre te. Solo tu Sherlock, solo tu.»

Sherlock rimase quasi stordito da quella dichiarazione così limpida e sincera, strinse le lunghe braccia intorno alla vita del medico e lo attirò a sé, affondando il volto sulla sua spalla, inspirando il profumo familiare e rassicurante del suo soldato.

«Ascoltami con attenzione John Hamish Watson, apri bene le orecchie perché raramente sarò così smielato» la voce appariva leggermente ovattata per via del corpo su cui il detective stava posando le labbra «tu non immagini quante volte io abbia fantasticato su questo momento, come una qualsiasi ragazzina innamorata persa. Tu non hai minimante idea di quante volte io abbia immaginato come sarebbe stato essere amato da te, poterti baciare, fare l’amore con te. E ancora non mi sembra vero che ora tutto questo sia reale» si allontanò poi dalla sua spalla guardandolo fisso negli occhi «certo che non mi tradirai, sai che lo capirei subito, e ucciderei questa persona, chiunque essa sia. Poi ucciderei te. Se mi sento buono. Altrimenti…»

A quel punto Sherlock proruppe in una risata. John se lo riavvicinò a sé, stringendolo forte e masticando un “idiota” tra i denti. Alla fine l’aveva buttata sullo scherzo, ma non era davvero convinto che quella minaccia fosse davvero una burla. Ma non se ne curava, era davvero un’evenienza che non aveva possibilità di realizzazione, non si sarebbe mai stancato di quell’uomo che lo confondeva e gli mozzava il respiro anche al solo suo pensiero.

Sherlock riprese a baciarlo con fare seducente e con un rapido movimento ribaltò le loro posizioni. Prese poi a far scorrere la lingua lungo la sua mandibola per giungere lentamente al suo collo dove cominciò a mordere, leccare e succhiare. John strinse forte gli occhi immergendo una mano tra i morbidi riccioli e stringendoglieli delicatamente. Solo quando lo udì non riuscire a trattenere un roco mugolio il detective si decise a sollevare le labbra.

Sherlock osservò soddisfatto il risultato del suo lavoro: un largo segno rosso campeggiava sul collo del dottore e non avrebbe potuto nasconderlo con facilità. Lo osservò con un ghigno per ancora qualche secondo, prima di essere distratto dalle parole dell’altro:

«Spero tu sia soddisfatto ora» gli disse con un tono bonario. Aveva capito subito il motivo di quel gesto, ma non si era opposto. Chissà quante altre cose in più ora gli avrebbe fatto passare.

«John era necessario» proclamò con voce limpida e fintamente innocente «dovevo marchiarti affinché loro capissero. Deve essere ben chiaro a tutti che tu sei mio.»

Sherlock era sempre stato molto possessivo, ma ora la sua gelosia stava raggiungendo livelli spropositati. E John lo adorava. Era completamente fregato.

«Ma soprattutto deve essere ben chiaro a te che anch’io ti amo.»

John avvertì il cuore battergli all’impazzata, passò una mano sul collo del detective e lo riavvicinò a sé, baciandolo con trasporto.

Perché di dolcezza e amore Sherlock, contrariamente a quanto aveva annunciato in precedenza, non gliene avrebbe mai fatto mancare. Sarebbe rimasto l’algido e austero consulente investigativo, l’unico al mondo, agli occhi di tutti, ma John non faceva parte di quel tutti. No, John era riuscito a guardare sotto la superficie, aveva visto la sua profonda essenza e se ne era innamorato. Un uomo tanto straordinario meritava un trattamento eccezionale. Tra loro non avrebbero mai dovuto fingere di essere qualcos’altro, si sarebbero sempre capiti al volo perché le loro anime si appartenevano da sempre. Non avrebbero mai potuto fare a meno l’uno dell’altro, solo l’idea sarebbe stata pura follia. Sarebbero stati per sempre Sherlock Holmes e John Watson, semplicemente assurdo pensare a uno senza l’altro.

Sarebbero stati per sempre solo loro due contro il resto del mondo. 
 




 
   
 
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