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Autore: Crystal eye    28/08/2018    1 recensioni
"Ma non successe nulla per molti, lunghi minuti, tanto che Harry abbassò leggermente la guardia. In quel preciso momento, la sensazione triplicò e si alzò un forte vento nel parco.
“Sarai mio!”.
Quelle due parole portate dal vento erano state pronunciate da una voce così calda e suadente che al giovane sembrò terribilmente familiare."
Una guerra che rischia di sconvolgere tutto il Mondo Magico, una tregua forzata, nuovi amori e nuovi amici.
Abbiate pietà è la prima storia che pubblico e spero vi piaccia. è dedicata alla mia migliore amica Averyn, che mi ha incoraggiato a pubblicare. Crystal
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VI libro alternativo
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NOTE DELL'AUTRICE: Salve a tutti.... so che è passato molto tempo dall'ultimo aggiornamento, ma posso comunicarvi con gioia che i capitoli sono quasi finiti e questa volta non impiegherò anni a pubblicarli :) Spero vi piaccia e come sempre ringrazio chi ha seguito e segue ancora questa storia!!!
Un bacione
Cry

 

Capitolo 24


Un profumo delizioso lo circondava, mentre un suono cadenzato e regolare cullava il suo riposo e stuzzicava la sua sete.

Inspirò profondamente quel profumo e la bocca gli si seccò completamente, avvertendo distintamente l’odore ferroso del sangue fresco.

Lo voleva.

Lo desiderava.

Ne sentiva il bisogno.

Doveva risentire quel sapore, di cui conservava chiaro il ricordo.

Si mosse lentamente verso la fonte, gli occhi ancora chiusi.

Strusciò delicatamente il naso su quel collo morbido e setoso, avvertendo le due piccole ferite da cui, fino a non molto tempo prima, fuoriusciva il liquido caldo che sentiva pulsare nelle vene. Le tracciò con la punta della lingua e stava per mordere di nuovo quando.

“Adrian! Che stai facendo?!?” domandò una voce acuta, destandolo dalla trance in cui era.

Spalancò gli occhi, che presentavano venature rossastre, e si allontanò di scatto da Harry, il quale gemette e si lamentò leggermente per la perdita del colore e dalla presenza dell’altro.

“Ehi, stai bene?” domandò sua cugina Sarah, avvicinandosi lentamente a lui.
In risposta Adrian scosse la testa, cercando di schiarirsi la mente.

“Devo allontanarmi da qui!”. Disse, per poi correre fuori dell’Infermeria e incappando in suo fratello maggiore, che lo bloccò.

“Adrian! Che hai? Che succede?” chiese preoccupato nel vedere venature rossastre nei suoi occhi blu scuro.
“Io… non ne sono sicuro… credo di aver bevuto troppo da Harry… temo di averlo ferito… e se non fosse arrivata Sarah… oddio! Avrei potuto ucciderlo…” mormorò, senza riuscire a guardare Valerian, che lo strinse in un abbraccio consolatore.

“Andiamo. Prima di tutto dobbiamo assicurarci che tu non perda il controllo.” Disse, allontanandosi leggermente per accompagnarlo dal Re e condurlo in una delle stanze apposite per la disintossicazione da sangue.

Adrian seguì suo fratello maggiore, sentendolo parlare con il padre e poi condurlo in una camera interamente bianca, con un letto e senza finestre. Lo fecero sdraiare e tutto il suo essere si ribellò, desiderando riavere il calore di Harry, il suo profumo, il suo sangue.

Cercò di liberarsi dalle prese ferree dei due vampiri, gridando e cercando di allontanarli.
“Lasciatemi! Devo andare da Harry! Ho bisogno di lui! È la mia metà! Ho bisogno di stare con lui! Lasciatemi andare! Non potete tenermi lontano da lui! Lasciatemi!”

“Stai calmo, figliolo! Andrai da Harry quando sarai più calmo e saremo sicuri che non cercherai di attaccarlo!” cercò di rabbonirlo Joseph, stringendo il più possibile le catene ancorate al letto per evitare che suo figlio si liberasse e uscisse da quella stanza.
“Uscirai da qui quando starai meglio, fratellino! Fino ad allora di Harry ci occuperemo noi!” gli disse Valerian.
“No! Harry è mio! Il suo sangue è solo mio! Voi non potete! Non avete diritto di tenerci lontano!” gridò Adrian, combattendo contro le catene che lo bloccavano, mentre gli altri due uscivano, chiudendosi la porta alle spalle e bloccandolo con un incantesimo che solo uno di loro due avrebbe potuto sciogliere.


°°°


Intanto, in Infermeria, Sarah si era fermata a controllare come stesse Harry, trovandolo in buono stato e non rinvenendo alcun segno di esagerazione da parte di Adrian nel nutrirsi di lui.

Perciò l’unica spiegazione a quanto era accaduto era che…

“Adrian?!?” chiamò Harry, svegliandosi e cercando il vampiro.

“Fermo, fermo. Resta sdraiato, riprenditi prima di alzarti. Adrian ha dovuto allontanarsi, perciò lo potrai vedere più tardi.” Lo rassicurò, posando una mano sulla sua spalla e passandogli gli occhiali.

Harry li indossò per poter guardare la vampira dagli occhi di gatto e cercare di capire se gli stava mentendo, tuttavia, in quell’espressione un po’ vacua e distratta non era possibile leggere nulla.

“Quando potrò parlargli?” decise di chiedere, sperando di poterlo rivedere presto.

“Non prima di domani, forse. Per ora hai ancora bisogno di riposare, poi, quando starai meglio potrai iniziare l’addestramento insieme ai tuoi amici.” Il grifondoro ingoiò le proteste per non poter vedere prima Adrian e si tolse gli occhiali, posandoli
sul comodino accanto al letto e lasciando che la spossatezza che sentiva lo
prendesse.

Sognò nuovamente il vampiro mostruoso dagli occhi rossi, che questa volta non lo torturò, ma gli disse solo.

“Forse non sarà necessario il mio intervento, lo distruggerai tu, prima che io riesca anche solo a scalfire la sua corazza!” Con tono malevolo e un sorriso sinistro.
Harry arretrò spaventato e si svegliò di soprassalto, sentendo la voce di Adrian nella sua testa chiamarlo come da molto lontano.

Si alzò e cercò di seguirla, anche se con passo un po’ malfermo, sentendo il bisogno fisico di stare accanto a lui.

Giunse fino al corridoio che portava alla stanza dove Adrian era stato rinchiuso, ma lì venne fermato da Valerian, che gli si parò davanti.

“Mi dispiace, ma non puoi andare per di qua… il corridoio non è aperto ai ragazzini!” disse con tono burbero e scontroso.

Il giovane non si fece intimorire e ignorò bellamente il vampiro che aveva davanti cercando di oltrepassarlo.

Quest’ultimo lo bloccò di peso, caricandolo in spalla e portandolo nella sua camera.

“Lasciami! Devo vedere Adrian, ha bisogno di me! Mi sta chiamando! Devo andare da lui!” Disse, dimenandosi nella presa salda del vampiro, nel tentativo di liberarsi e raggiungere il suo compagno.

“Non puoi vedere Adrian ora, la tua presenza lo farebbe solo stare più male!” disse brutale l’altro, rimettendo il giovane a terra e guardandolo negli occhi; lo scosse per le spalle cercando di fargli capire la gravità della situazione.

Quelli verde giada del moretto si spalancarono, mentre i ricordi del sogno che aveva fatto gli tornarono prepotentemente alla mente.

Valerian allentò la presa sulle sue spalle e Harry si afflosciò, come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili.

Quel mostro aveva detto la verità.

Per questo sentiva che qualcosa non andava, perché quella specie di demone vampiro era fin troppo felice e lo aveva lasciato andare senza torturarlo o cercare di controllarlo. Forse avevano ragione, forse era davvero colpa sua, forse era davvero lui la causa del male di Adrian; d'altronde lo aveva ripetuto anche Valerian.

°°°

Aprì gli occhi, sentendo qualcuno sfiorargli la fronte con delicatezza e si trovò a guardare la figura sfocata di Hermione, riconoscibile dalla sua massa di ricci
incontrollabili.

“Buongiorno, bell'addormentato! Ci stavamo preoccupando per te, sai?” Lo prese in giro bonariamente, anche se dal suo tono traspariva forte e chiara la preoccupazione
per lui.

“Io… mi dispiace… io… ehm ehm….” gracchiò con la gola secca.

Ron gli passò un bicchiere d'acqua.

“Ecco, bevi questo, amico.”

Harry si allungò per bere, poi tornò ad appoggiarsi sui cuscini.

“Adrian?” Chiese con voce ancora gracchiante.

Desiderava disperatamente vederlo e pregava che stesse meglio.

I suoi migliori amici si guardarono l'un l'altra prima che Hermione gli prendesse la mano.

“Harry senti…” iniziò, fermandosi come se non sapesse in che modo andare avanti, si scambiò un'altra occhiata con il rosso, poi guardò il bambino sopravvissuto, prendendo un respiro profondo. “Ecco… dicono che Adrian deve stare per un po' in
isolamento… non può ricevere visite da nessuno e ha bisogno di riposo
assoluto….” disse.

Harry deglutì, con gli occhi che si riempivano di lacrime e con voce rotta dai singhiozzi mormorò.

"È tutta colpa mia! È tutta colpa mia…"

I due ragazzi lo guardarono preoccupati e la riccia lo abbracciò stretto mentre Harry si lasciava andare ad un pianto disperato, continuando a ripetere che era tutta
colpa sua, anche se gli altri non capivano come fosse possibile.

Nel corso delle due ore successive entrarono nella stanza di Harry tutti gli altri studenti che facevano parte del suo gruppo, ovvero Ginny, Luna, Draco, Pansy, Blaise e Theo.

Questi gli si avvicinò titubante, volendo provare a risollevare l'animo del moretto, ma insicuro su come fare a dirgli ciò che sapeva.

I ragazzi cercarono di tirargli su il morale e distrarlo con racconti di ciò che avevano fatto all'addestramento, perlopiù verifiche delle loro capacità e delle loro
conoscenze.

Riuscirono per pochi istanti a non farlo pensare a ciò che stava succedendo a lui e al suo vampiro.

Theo rimase in silenzio per quasi tutto il tempo, raccogliendo i pensieri e le parole giuste per poter parlare ad Harry e approfittò del momento in cui Alex andò a chiamarli per approcciare Harry.

“Potter!" Lo chiamò una volta soli.

Harry lo guardò sorpreso.

"Ci sono delle cose che dovrei dirti… anche se non so se ti faranno esattamente sentire meglio… Probabilmente peggiorerà le cose, ma credo che tu debba sapere perché Adrian non può vedere nessuno e perché qualcuno ha incolpato te, ingiustamente, aggiungerei." Disse il serpeverde.

Harry corrugò le sopracciglia, pensando a ciò che gli aveva detto, pur rimanendo molto scettico riguardo.

"Non è stato ingiustamente… È colpa mia se Adrian sta ancora male! Solo colpa mia… Non c'è altro da dire." Ribatté infatti, alzandosi dal letto per sgranchirsi le
gambe e consumare un po' dell'energia che sentiva bruciare dentro.

Theo lo guardò con gli occhi sgranati dallo sconcerto.

"E non vuoi sapere perché sarebbe colpa tua? Se è davvero così?" Domandò con tono
aspro.

Il Grifondoro non rispose, abbassó lo sguardo e fece un passo verso la porta per allontanarsi e non ascoltare qualunque cosa gli volesse dire l'altro.
Theo lo seguì e inizio a spiegare, che l'altro volesse sentire oppure no.

"Il sangue per i vampiri non è solo la fonte di nutrimento, può essere anche una droga pericolosa. È il motivo per cui Adrian ha avuto il compito di uccidere lo zio…
E il sangue della propria anima gemella… Beh… Quando si tratta di anime
gemelle, per poter scambiare il sangue senza problemi, è necessario un rituale
in cui Adrian prenda il tuo sangue solo il momento giusto e non in grande
quantità come ha dovuto fare per poter guarire. Non è stata propriamente colpa
tua. Avrebbero dovuto pensarci loro che Adrian poteva non aver mai preso il tuo
sangue.” Spiegò.

Harry si bloccò completamente, girandosi quasi a rallentatore a guardare il serpeverde negli occhi.

"Aspetta un momento! Vuoi dire che tutto questo poteva essere evitato?" Chiese con
voce di ghiaccio, facendo spaventare l'altro.

"Sì… In teoria, loro avrebbero dovuto fargli assumere il tuo sangue un po' alla volta…" Rispose comunque.

"Ma non c'era nessuno con me… Ero solo con Sarah e lei non ha parlato di controindicazioni… Anzi mi ha fatto capire chiaramente che se non l'avessi fatto, e in fretta, Adrian sarebbe morto!" Ribatté Harry, mantenendo il tono gelido, ma tinto
di una rabbia così spaventosa che Theo che temette per un momento che il
grifondoro sarebbe andato a cercare la vampira per ucciderla o torturarla.

"Potrebbe averlo fatto di proposito…” ragionò il serpeverde, prima di aggiungere velocemente "Vorrebbe dire che nella famiglia reale ci sono altri traditori! Ma lei è sempre stata contro le idee dello zio! Forse…" Theo sapeva che Sarah non avrebbe mai messo Adrian in pericolo di proposito, era più che certo, ma quale spiegazione ci poteva essere dietro al suo comportamento?

Harry strinse i pugni, sforzandosi di trattenere le emozioni e la magia che sentiva esplodere dentro, pronta a distruggere.

Lei era una veggente, doveva sapere che Adrian non aveva mai preso il suo sangue…

Allora perché? Perché comportarsi in questo modo? Perché mettere a rischio un suo familiare a favore di un pazzo?

A meno che…

L'idea che gli era balenata in testa poteva avere senso, ma non sapeva abbastanza sui vampiri per poterla provare.

"I vampiri possono essere controllati?" Domandò a Theo, che lo guardò sorpreso e
speranzoso.

"Beh… Sì… Ma per controllare Sarah… Ci sarà voluto un vampiro molto potente o l'aiuto di qualche pozione o incantesimo di controllo…" Rispose.

"Il vampiro che ha cercato di controllare me era parecchio forte, Adrian ha fatto fatica a riportarmi indietro… Potrebbe essere stato lui…” ragionò Harry.

“Se davvero c'è un vampiro così potente tra le linee nemiche, che può controllare vampiri potenti come Sarah, dobbiamo avvisare subito il re! Forse riusciremo ad evitare che controlli qualcun altro!" Fece Theo, avviandosi fuori dalla porta diretto
nello studio del sovrano.

Una volta davanti alla porta tentennarono per un secondo, poi presero coraggio e bussarono.

"Avanti!" Disse una voce profonda dall'interno.

Il re si trovava alla sua scrivania, intento a studiare delle carte e alzò uno sguardo sorpreso su di loro, prima di dire.

"Mi dispiace ragazzo, ma se sei qui per chiedermi di vedere Adrian, temo di non poterti accontentare." Disse prima ancora che i due avessero il tempo di commentare.

Harry rimase interdetto per qualche istante, prima di scuotere la testa e abbassare lo sguardo per un momento.

"Lo so…” Mormorò piano, ancora ferito dal fatto che non lo potesse vedere. "Ma non è per questo che sono qui, Maestà" aggiunse, guardando il vampiro negli occhi. "Ho il brutto presentimento che qualcuno stia lavorando dall'interno per la fazione nemica, o che alcuni di voi siano stati controllati da un nemico" disse non tentennando neanche per un istante.

Il sovrano si alzò dalla sua sedia, guardando negli occhi il giovane.

"Sono accuse pesanti quelle che stai muovendo, ragazzo, hai delle prove?" Chiese,
avvicinandosi.

"Non esattamente, signore. Solo ipotesi, ma visto ciò che è successo con Adrian e i
sogni che mi sono stati mandati…" Cercò  di spiegare.

"Sogni? E cosa c'entra quello che è successo con Adrian?" Lo interruppe, confuso.

Sapeva che suo figlio aveva preso troppo sangue dal suo compagno, ma quello era qualcosa che poteva capitare.

"Adrian non aveva mai bevuto il mio sangue… E se avessi saputo che era necessario un rituale per rendere la cosa sicura, non avrei mai fatto come mi ha detto Sarah…" Spiegò il grifondoro.

"Sarah? Non può essere… Lei non ci avrebbe mai traditi… Non ti avrebbe mai spinto a fare qualcosa che avrebbe potuto ferire Adrian…" Negò il re, anche se l'ombra del dubbio attraversò la sua espressione. "Hai parlato anche di sogni?" Chiese, con le sopracciglia leggermente aggrottate.

"Sì, signore. Ho avuto alcuni sogni che mi sono stati mandati da un vampiro dagli occhi rosso sangue.” Confermò il ragazzo.

"Adrian mi aveva accennato qualcosa, ma credevo avesse risolto quel problema…" Mormorò il re, perdendosi nei suoi pensieri per qualche minuto.

"Mi scusi… Che significa "pensavo avesse risolto quel problema”?” Chiese Harry, quasi timoroso di avere la risposta.

Il re tornò a focalizzare la sua attenzione su di lui.

"Il modo più semplice per bloccare le influenze esterne fuori dalla tua mente sarebbe stato unire le vostre, completando il rituale di accoppiamento che i vampiri
praticano quando trovano l'anima gemella. Il rito necessita che vi scambiate il
sangue, per questo quando uno dei dottori mi ha detto che Adrian aveva bevuto
il tuo sangue non mi sono preoccupato…" Spiegò, corrugando la fronte con
preoccupazione. "Però se quello che dici è vero… Sarà meglio che inizi a
controllare tutti gli abitanti di questo castello. Se c'è una spia, o peggio qualcuno che sta venendo manipolato, è necessario trovarla e in fretta!” Aggiunse dopo poco. “Voi sarà meglio che teniate gli occhi aperti, ma non date nell’occhio, dovete cercare di mantenere un comportamento il più normale possibile e ora dovreste andare ad allenarvi!” li congedò il Re.

Theo guardò preoccupato il grifondoro che non rispose, ma uscì dallo studio del sovrano e si recò nella sala che sapeva essere adibita ad aula di addestramento.

Arrivati lì trovarono uno spettacolo che non avrebbero mai creduto possibile.

Lord Voldemort stava sfidando a duello uno degli istruttori vampiro e stava avendo la meglio.

Harry sgranò gli occhi verdi e rimase incantato a guardare un Tom Riddle un po’ più vecchio di quello che aveva visto nella Camera dei Segreti.

Si muoveva, schivava, attaccava e parava, sia con la bacchetta che senza, con una grazia felina.

Più che combattere sembrava ballare.

Si sentiva come ipnotizzato da quel modo di muoversi, ipnotizzato e invidioso. Anche lui doveva imparare a combattere così! A riuscire a tenere testa ad un vampiro e a vincere, quasi con facilità. Ma se continuava a finire in infermeria o ad
essere controllato dal vampiro dagli occhi rossi, non sarebbe mai riuscito a
farcela.

“Avete visto com’è bravo?”

“Ma chi è?”

“Non ho mai visto nessuno combattere così!”

“Io non l’ho mai visto ad Hogwarts… da dove verrà?”

Il giovane Potter si riscosse.

-Quello è l’uomo che ha ucciso i miei genitori- pensò con rabbia, stringendo i pugni. -E ha cercato di fare lo stesso con me…-

Proprio in quel momento Tom atterrò il vampiro con un incantesimo.

“Non male, mago! Ma la prossima volta che ci sfideremo non riuscirai a vincere così facilmente!” fece il vampiro, rialzandosi dal muro contro cui l’aveva mandato con l’ultimo incantesimo.

L’uomo ridacchiò, sistemandosi la camicia e togliendosi la polvere dal vestito.

“Non credo che il finale sarebbe diverso, ma se vorrai sfidarmi di nuovo, non mi  tirerò indietro.” rispose, stringendogli la mano in segno di rispetto, poi si girò a guardare i ragazzi che si erano radunati a guardare il suo duello.

“Harry! Sono felice che ora stai meglio! D'altronde, il tuo principe avrà bisogno di te!” gli disse con un sorriso ironico.

I suoi amici lo guardarono confusi, tranne Ginny, che come Harry aveva riconosciuto la versione più vecchia di Tom Riddle.

Harry iniziò a tremare dalla rabbia alla velata provocazione.

“Sai vorrei offrirti i miei insegnamenti...potrebbero tornarti utili per quando andrai a combattere contro il leader dei nostri nemici!” continuò, guardandolo con gli occhi socchiusi.

“Non intendo accettare lezioni dall'uomo che ha ucciso i miei genitori!” esclamò Harry a denti stretti, cercando di mantenere la calma.

Tutti i presenti trattennero il fiato capendo di avere davanti Lord Voldemort.

E proprio mentre questi si apprestava a rispondere al ragazzo che da diversi anni aveva continuato a sfidarlo, apparve Adrian nel corridoio collegato all’altro lato della sala dei duelli.

Il cuore di Harry saltò un battito e il ragazzo iniziò a correre il più veloce possibile verso il vampiro.

“Adrian!” Lo chiamò con tutto il fiato che aveva in gola, ma questi proseguì senza fermarsi.  

“Adrian, aspetta!” chiamò ancora Harry, correndo il più possibile per raggiungerlo.

Per sua fortuna, il principe vampiro fu costretto a fermarsi per via di alcune guardie e Harry lo raggiunse, afferrandolo per una manica e costringendolo a guardarlo.

“Adrian! Ero preoccupato per te! Sentivo che avevi bisogno di me ma non potevo raggiungerti… sentivo che stavi male…” disse Harry con il fiatone e le lacrime agli occhi.

“Mi dispiace che tu abbia sentito quelle cose… ma ora sto meglio. Devo andare, mio padre mi ha affidato una missione importante, perciò non ho tempo da perdere…” cercò di liquidarlo il vampiro con voce distaccata.

“Cosa?!? Ma… Adrian, io…” cercò di dire il moretto, troppo stupito dalla freddezza dell’altro.

“Harry, ora devo andare, lasciami, non ho tempo per parlare con te!” disse, guardandolo con gli occhi blu che si tingevano di rosso.

Harry lasciò la presa sul braccio per lo stupore e il vampiro ne approfittò per fuggire.

Le grida di Harry intanto però avevano attirato altri vampiri, tra cui Alex e Valerian. Il secondo, degnando a malapena di uno sguardo il ragazzo, andò dietro al fratello, per assicurarsi che stesse bene e non avesse nuovamente perso il controllo.

Il primo, invece, si avvicinò ad Harry che guardava con occhi vacui il punto in cui poco prima c'erano quelli del suo amato, trasformatisi in quelli dell'essere che più lo terrorizzava al mondo.

Anche Voldemort e gli altri si avvicinarono e l'uomo, con aria piuttosto seria disse.

“A quanto pare il tuo vampiro ha deciso di combattere da solo… se non sarai in grado di seguirlo, anche contro la sua volontà, lui si farà uccidere… Ma ora… ora sei troppo debole per poter anche solo sperare di batterti al suo fianco…” poi fece per allontanarsi, mentre la maggior parte dei presenti gli lanciava occhiatacce e Alex rassicurava Harry.

“Sta tranquillo, tornerà sui suoi passi. Valerian, mio padre e io stesso ci parleremo e lui tornerà da te!” diceva, tenendo un braccio attorno alle spalle del Grifondoro, ma questi si ribellò riscuotendosi.

“Voldemort! Nonostante ciò che sto per dire, quando questa storia sarà finita farò di tutto per eliminarti; sappilo! Ma fino ad allora… avrò bisogno di un insegnante…” disse, guardandolo dritto negli occhi.

“Harry!” esclamarono in coro i suoi amici.

“Non puoi, Harry! È probabile che sia un trucco! Io e te sappiamo bene quanto possa essere pericoloso” disse Ginny, sperando di distoglierlo da quella follia.

Voldemort non disse nulla, ma lanciò una breve occhiata alla ragazzina, poi tornò a guardare Harry e annuì con un cenno del capo, accettando le parole del moretto.

Harry si girò a guardare la direzione in cui era sparito Adrian e giurò a se stesso che avrebbe fatto di tutto per cercare di salvarlo da quella situazione e non gli avrebbe permesso di lottare da solo.

Ora che l'aveva trovato, non l'avrebbe più lasciato andare.

 


 
  
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