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Autore: padme83    05/09/2018    17 recensioni
1. Rapture (Se non dopo, quando?): "Ti è bastato un istante, durante la prima passeggiata in paese, per capire, per avere l'assoluta certezza che con quella massa scomposta di ricci scuri niente sarebbe stato facile – per te, più che per lui. Hai incrociato il suo sguardo per la frazione di un secondo, e ti sei sentito perduto."
2. Devotion (La collina di Monet): "Ti guarda divertito – la sua timidezza, così come l'impaccio iniziale, non sono altro che un vago ricordo – e il suo sorriso è un miracolo del quale ancora non riesci a capacitarti. Si erge rilassato fra le lenzuola, scivolandoti addosso con la grazia e l'eleganza di un cigno che volteggia sulle acque placide di un lago."
3. Annihilation (La sindrome di S.Clemente): "- Non ti staccare da me. - soffi sulle sue labbra - Per nessuna ragione al mondo. - Il "No" che ricevi in risposta è a malapena un sussurro, così flebile che non sei nemmeno certo di averlo udito davvero."
4. Choices (I luoghi dello spirito): "Ma, che ne sia conscio o meno, Apollo ormai vola con lui, ed Euterpe lo accompagna, donandogli ali di diamante, e un universo infinito da conquistare."
[Oliver's POV]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il mondo intero è una spaventosa collezione di ricordi,
e ognuno di essi grida che lei è esistita, e io l'ho perduta.

(Emily Brontë - Cime Tempestose)


 


 


 

~ Annihilation ~

 

 


 

"No one knows what it's like to be the bad man,
to be the sad man behind blue eyes.
And no one knows what it's like to be hated,
to be faded to telling only lies.
But my dreams they aren't as empty
as my conscious seems to be.
I have hours, only lonely.
My love is vengeance that's never free."

 

 

 


 

"Oh dolci baci, oh languide carezze!
Mentre io fremente, le belle forme

disciogliea dai veli."

 

Le strofe struggenti della "Tosca" di Puccini[1] echeggiano malinconiche nella tua mente, ricordo di una gelida serata d'inverno trascorsa al Lincoln Center di New York[2] in compagnia di tutta la tua famiglia. Tua madre era una vera bellezza, e camminava altera al tuo fianco porgendoti il braccio, elegantissima nel raffinato soprabito di seta azzurra ricevuto in dono per il compleanno, che tanto bene si intonava ai suoi soffici capelli color del grano maturo. Quando la voce del pittore Cavaradossi, interpretato da un famoso tenore italiano, si era inerpicata vigorosa e disperata sulle battute finali di "E lucevan le stelle", i suoi occhi d'oltremare avevano brillato, umidi di lacrime; la sua mano, ancora liscia come quella di una ragazzina, tremava nel cercare furtiva la tua, quasi a volersi scusare di averti reso partecipe di quel passeggero – e, forse, per lei inopportuno – momento di debolezza. Le avevi stretto le dita fra le tue, piano, e le avevi sorriso, con premurosa sollecitudine, in quel tuo modo aperto e rassicurante che non manca mai di incantare chiunque, lei compresa. In realtà, allora non avevi capito affatto cosa l'avesse scossa tanto profondamente, proprio lei che, da che avevi memoria, si era sempre distinta per la tempra e la freddezza invidiabili dimostrate davanti a ogni tipo di situazione. Certo, la musica era divina, tra le più belle che avessi mai udito, e la vicenda portata in scena intensa e drammatica – il protagonista condannato a morte e il suo sogno d'amore svanito per sempre –, tuttavia tu non riuscivi, neppure con un enorme sforzo d'immaginazione – e sì che, di fantasia, nei hai sempre avuta parecchia –, a entrare in empatia con quel giovane sventurato... Semplicemente perché, di quel sentimento impetuoso, puro e carnale ad un tempo, consumato tra l'estasi e la rovina sopra i bastioni di Castel S.Angelo, nella città più seducente e passionale del mondo, di quel moto dell'animo che artiglia lo stomaco e prosciuga i polmoni, tu... tu non sapevi niente.
Ti porti una mano sul viso, in un muto cenno di resa. Dal balcone si intravede una sottile striscia di cielo, e la sua iridescenza è soffusa; al di là del profilo frastagliato dei tetti, il nero lucido della volta celeste viene trafitto soltanto dal baluginio effimero di uno sparuto grumo di stelle.
Bergamo come Roma, il sagrato della Basilica di S.Maria Maggiore[3] come la Cappella degli Attavanti, una piccola camera d'albergo come le alcove di Palazzo Farnese. E lo sa Dio se non preferiresti sfidare un plotone d'esecuzione, bendato e spogliato di ogni cosa, persino della dignità, piuttosto che salire sul quel dannato treno e affrontare l'interminabile viaggio che, da qui a qualche ora, ti porterà lontano dall'Italia, lontano dall'ultima estate felice della tua vita, lontano dal frammento più prezioso e autentico di te stesso. Lontano da lui.

 

"Svanì per sempre il sogno mio d'amore.
L'ora è fuggita, e muoio disperato, e muoio disperato...
e non ho amato mai tanto la vita. Tanto la vita."

 

Ti volti incerto verso l'interno della stanza, rischiarata appena dal fioco bagliore di una notte non ancora pronta a mutarsi in mattino, ed eccolo lì il tuo magnifico Endimione, steso supino fra le lenzuola di un letto sfatto, mollemente abbandonato nelle spire di un sonno inviolabile, accarezzato dalla luce morbida e discreta di un gentile raggio di luna. Sei geloso anche di lei.
Lo raggiungi a passi lenti, e ti siedi con cautela al suo fianco. Invidi quel riverbero affettuoso, quasi timido, che ne può sfiorare l'epidermide senza il timore di smarrirsi in essa per sempre. Vorresti fare tuo quel corpo esile che tanto adori fino a renderlo parte di te, fino a non poterlo più distinguere dalle tue stesse membra. Carne, ossa e sangue. Una cosa sola. Eppure, lo ammetti, urgente è anche il bisogno di fuggire via da questa tortura continua che ti sta uccidendo nell'intimo, dal logorio insopportabile che ti rosicchia il cranio con le sue zanne affilate e mostruose, perché la verità, Oliver, è che hai paura, una paura fottuta, indicibile, di te stesso, di Elio e delle emozioni sconosciute e travolgenti che ti fa provare quando siete vicini. Con lui è tutto così grande, così spaventosamente immenso, da non poterlo reggere, in alcun modo. Non eri preparato ad una tale epifania, sei abbastanza onesto da riconoscerlo: ti ha colpito subdola alle spalle, con una energia inattesa, violenta, distruttiva. Sei atterrito, privo di difese, incapace di reagire e combattere. Anni di studi accademici, passati a spaccarsi la testa sui più criptici pensatori della storia dell'umanità, spazzati via da un elementare gioco di sguardi. Che ironia.
Un rumore secco e improvviso, proveniente dalla strada – forse lo sbattere della portiera di un'auto –, scuote bruscamente Elio dal suo torpore. Allunga una mano per cercarti accanto a sé, sussurrando confuso il tuo nome, e, non trovandoti, alza di scatto il capo. Si guarda attorno con una frenesia che non fai fatica a comprendere, e quando finalmente si accorge della tua presenza silenziosa, si volta subito verso di te, mentre un sommesso sospiro di sollievo gli sfugge involontario dai denti.
Ed è proprio in questo momento, nell'istante preciso in cui i vostri pensieri entrano di nuovo in collisione tra loro, che l'intero Universo si frantuma, e voi insieme a lui.
Gli occhi di Elio scintillano ardenti nella penombra, percorsi da lampi di cieco terrore. Sono lo specchio esatto dei tuoi, non hai alcun dubbio a riguardo. Elio e Oliver. Oliver ed Elio. Mai come ora siete stati l'uno il riflesso perfetto dell'altro. Niente più maschere, niente più finzioni, bugie, sotterfugi per non confrontarsi con la realtà. Solo due anime messe a nudo, epurate di qualsivoglia inibizione o condizionamento, esposte e sconvolte dalla consapevolezza di una separazione tanto imminente quanto inevitabile e dolorosa. Vi siete appena trovati, e già siete costretti a perdervi.
Restate così, immobili, sopraffatti da una verità tanto potente e terribile da lasciarvi senza fiato, spezzati, tramortiti, annullati.
Ancora una volta, è Elio a recuperare per primo la forza di ribellarsi all'incantesimo, troncandone di netto l'occulto fluire: si sporge deciso verso di te, per poi portarsi lentamente alla tua medesima altezza. Prende il tuo volto fra le mani con estrema delicatezza, e la tensione creata da quel lieve contatto inizia a pulsare tra voi come il magma di un vulcano attivo in procinto di esplodere. Le iridi del ragazzo, sfolgoranti di malachite e giada, si tingono di tenebra, e la certezza di essere stato tu, tu e nessun altro, a generare quell'ombra cupa e strisciante al centro del suo cuore ti fa tremare le vene per l'angoscia e il senso di colpa. E, ciò nonostante, lo sguardo che Elio incatena al tuo è fermo, determinato, fiero. Asciutto. Non piange – oh no, no, non piangerànon adesso, non ti caricherà di questo peso (che tale non sarebbe per te, ma non riesci a dirglielo), ne sei fermamente convinto: si trattiene, per rammentarti anche in quest'occasione che, tra voi due, il più forte e coraggioso rimane sempre e comunque lui.
Perché Elio non conosce la paura, e la sua volontà può smuovere le montagne.
Avvicina dolcemente la fronte alla tua, e il fiato caldo che ti solletica le palpebre è seta e fuoco, desiderio e tormento, ammaliante tentazione ed ebbrezza stupita. Ti àncori alla sua bocca come un naufrago disperso tra le onde di un mare in tempesta, affidandoti completamente a lui mentre ti attira sicuro su di sé un attimo prima di sprofondare fra i cuscini.
Lo baci famelico, con tenerezza e ferocia, avvolgendolo con tutto te stesso, anima e corpo, per rimarcargli la tua presenza, il tuo esserci – qui, ora, in quest'ultima notte d'estate profumata di pesche e bagnata dal pianto remoto e commosso delle Perseidi.
- Non ti staccare da me. - soffi sulle sue labbra - Per nessuna ragione al mondo. - Il "No" che ricevi in risposta è a malapena un sussurro, così flebile che non sei nemmeno certo di averlo udito davvero. Lo stringi fra le braccia, forte, sempre più forte, fino a strappargli dalla gola un gemito strozzato. Gli fai male, ma non allenti la presa, non questa volta, e non gli chiedi perdono: delle tue scuse Elio non saprebbe che farsene. Non ti penti neppure dei segni con i quali le tue unghie stanno marchiando la sua pelle immacolata, ustionandola, vergandola senza pietà di stigmati che tra qualche minuto sporcheranno di carminio il candore virginale della sua schiena e delle scapole finemente cesellate. Ti scosti appena, quando l'ossigeno comincia a mancare a entrambi, e ti avventi con furia sulla linea pulita degli zigomi e della mascella, per poi scendere avido lungo la curva sinuosa del collo, dove indugi per un tempo infinito prima di proseguire ingordo verso il petto, il ventre e i fianchi, imprigionando fra i denti ogni singolo lembo di pelle che incontri sul tuo cammino, mordendolo, succhiandolo, consapevole di ogni minimo spasmo, di ogni sussulto che percuote il corpo di Elio, conscio che il modo in cui freme e singhiozza sotto il tocco bruciante della tua lingua sarà un ricordo che perdurerà in eterno, e che conserverai con imperitura devozione fra le pieghe nascoste e sigillate della memoria. Per il resto dei tuoi giorni, ricordare sarà la tua benedizione più grande... e la tua più perversa maledizione.
Torni a divorargli la bocca, disperatamente. Lo lasci solo per riprendere fiato, ma non resisti a lungo. Oltre il velo opaco delle lacrime – le tue –, Elio sorride, radioso, trionfante, e ti scruta come se volesse rubarti l'anima, inglobando i tuoi sospiri tra i graffi roventi e le spinte di una marea che monta smaniosa e implacabile in mezzo alle cosce. Si modella come creta nelle tue mani, agonizzante di piacere, arreso, accogliente, mentre ti penetra da parte a parte con quei suoi occhi così luminosi che nemmeno il firmamento intero sarebbe in grado di restituirne a pieno lo splendore.
Lo vuoi. Lo vuoi ancora. Lo vuoi così tanto che ti sembra di impazzire.
Un'ultima volta, prima che sorga il sole.


 

- Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio. -

 

 


 

"No one knows what its like to be mistreated,
to be defeated behind blue eyes.
No one knows how to say that they're sorry,

and don't worry I'm not telling lies.
But my dreams they aren't as empty
as my conscious seems to be.
I have hours, only lonely.
My love is vengeance that's never free."

 

 

 

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Tosca_(opera)
[2] Cercate su youtube Pavarotti - E lucevan le stelle (1980, Lincoln Center, New York). Non sono riuscita a scoprire in quale mese si sia tenuto questo concerto, per cui la "gelida serata d'inverno" è una mia spudorata licenza poetica. Nel caso disponiate di informazioni più specifiche, rendetemi edotta al riguardo.
[3] La Chiesa di Bergamo sul sagrato della quale Oliver... balla. A modo suo.

 

 

{Words Count: 1635}

 

 

 


 

Nota:

Avete presente quando le parole vi ronzano in testa continuamente, e l'unico modo per non impazzire è quello di buttarle tutte quante fuori, in un modo o nell'altro? Ecco, è proprio ciò che mi sta succedendo in questi giorni: la preoccupazione per l'integrità della mia salute mentale mi ha imposto di scrivere subito questo capitolo, anche e soprattutto per il benessere del #PiccoloPadawan e del #PiccoloSith, per i quali sarebbe opportuno avere una madre ancora capace di intendere e di volere. Più o meno insomma.

Ora, come è evidente, la storia in pratica finisce qui. Sappiamo tutti cosa succede dopo l'ultima notte a Bergamo. Però... c'è un però. Oliver potrebbe – e ribadisco potrebbe – avere ancora qualcosina da dire a proposito dell'intera faccenda. Per cui... stay tuned :D

Tra l'altro, è la prima volta che una delle mie raccolte assume una struttura così precisa, perché è chiaro che a questo punto le tre OS debbano essere lette in successione. Non era una cosa voluta all'inizio, ma è capitata, quindi ora bisogna effettivamente tenerne conto.

La colonna sonora che, anche in questo caso, mi ha accompagnata nella stesura del capitolo è, come avrete notato, duplice (ma dai?): oltre a "Lucevan le stelle" (che è parte integrante del testo, e non ha certo bisogno di presentazioni), la OS prende il via sulle note di Behind blue eyes dei The Who – anche se io l'ho ascoltata e ri-ascoltata e ri-ri-ascoltata nella versione dei Limp Bizkit. Sembrerebbe non avere nulla a che fare con la storia, ma in realtà non più di tanto, perché altro non è che un mio sentitissimo omaggio al personaggio di Oliver, nei confronti del quale in questi ultimi mesi si sono riversate le più terribili ingiurie. È passato per lo stron*o di turno, per il narcisista anaffettivo, bastardo e opportunista, e di più non mi dilungo, per carità di Dio. Ovviamente, se sono arrivata fin qua calandomi completamente nel suo punto di vista è lapalissiano che io a tal riguardo la pensi in maniera del tutto opposta (perché i suoi sogni non sono così vuoti come la sua coscienza sembra essere): si tratta certo di una mia opinione personale, che potrebbe naturalmente essere smentita, anche se questo è uno di quei rari casi in cui sono abbastanza sicura del fatto mio.

Comunque.

Prima Rumplestiltskin, poi Kylo Ren, adesso Oliver... tutti personaggi a cui la gente vuole un gran bene. Non è che il problema, alla fin della fiera, sono io? Mi chiedo quale sarà il prossimo disgraziato a difesa del quale mi ergerò a paladina XD

Ringrazio come sempre chi vorrà leggere, e magari lasciarmi un piccolo commento :)

Ringrazio chi ha già recensito, e chi ha inserito la storia fra le preferite.

Mi trovate su Lost Fantasy, venghino ragazzuole e ragazzuoli, venghino! (per raggiungermi in fretta, basta cliccare sull'icona con i due gioppini vicino all'immagine del profilo) ;)

Alla prossima!


Bacioni :****


padme

   
 
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