Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    09/09/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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30. Colpo decisivo
 

Non appena raggiunsi la stalla per preparare il mio e il suo cavallo, Levi si era diretto nello studio di Erwin a mia insaputa, al fine di spiegargli brevemente la situazione. Per qualche ragione a me inspiegabile, che ad ogni modo si rifaceva alla grande fiducia che il Comandante riponeva in lui, Levi ottenne il permesso di mettersi in marcia verso Mitras, chiedendo al biondo di preparare comunque una pattuglia, che avrebbe effettivamente raggiunto la città sotterranea qualche ora più tardi e che avrebbe agito nel caso fosse stato necessario un intervento ulteriore a quello mio e del capitano.
Venni a conoscenza di tutti questi particolari solo dopo; a seguito, ripromisi a me stessa di adempiere a qualsiasi mio dovere e a ubbidire per sempre a Erwin per ripagare quel grosso favore che mi aveva concesso.
Edmund e Blue trottarono a tutta velocità nei territori interni: attraversarono quelli di Rose, approdando nel distretto di Stohess, dove Levi dové mostrare un improvvisato mandato di transito da parte del Comandante. Qualche ora successiva, avevamo già raggiunto la capitale; non perdemmo ulteriore tempo a superare i controlli nella dogana della città sotterranea: i due gendarmi ingaggiati ronfavano rumorosamente davanti ad una delle gigantesche scale che conducevano all’interno di quel luogo svergognato. Non a caso, Levi aveva scelto proprio quella rampa, convinto che non avremmo perso ulteriore tempo prima di approdare finalmente alla nostra meta.
Il mio ritorno nella città sotterranea parve ancor più raccapricciante dal momento in cui fu dovuto dalla improvvisa scomparsa di mio fratello; per qualche scherzo del destino, fino a qualche giorno prima avevo pensato di non dover più mettere piede in un posto tanto macabro, adesso lottavo con tutte le mie forze per non preoccuparmi ulteriormente e convincermi che io e Lex avremmo percorso entrambi indenni la stessa scala nell’arco di pochi minuti.
Con molta più fretta della volta precedente – non venni tantomeno scortata da Levi, anche perché io avevo già memorizzato il percorso all’alloggio di Conrad – percorremmo la città per giungere quanto prima al luogo predestinato.
Durante il tragitto, seguirono ulteriori avvertimenti di Levi, sempre più ostinato a lasciarmi dietro di sé affinché non mi cacciassi in ulteriori guai.
-Quella feccia inaffidabile… mi chiedo perché abbia richiesto proprio di tuo fratello – commentò. Proprio mentre rifletteva, non avevo indugiato all’idea di affrettare il passo.
Di corsa, raggiunsi la stradina in cui si trovava la dimora di Conrad; per quanto Levi mi stesse ammonendo ulteriormente di non camminargli davanti e di aspettarlo prima di agire in maniera sconsiderata, arrivai davanti la porta dove l’uomo si era mostrato per la prima volta. La trovai socchiusa.
Rimasi impalata sull’uscio, chiedendomi cosa fosse giusto fare; il corvino era intanto approdato dietro di me.
- Levi… - iniziai, già più tesa di prima.
Per quanto non avessimo entrambi aggiunto altro, entrambi capimmo che quella porta socchiusa non presagiva alcuna circostanza piacevole che ci avrebbe accolti all’interno di quella dimora; questo pensiero fu la ragione per cui con molta lentezza iniziai a spingere la porta per entrarvi.
Levi afferrò il tessuto del mio mantello, guardandomi con aria austera e interdetta; non prestai il minimo interesse a quella richiesta di attenzione, il mio orecchio aveva già captato il suono di una voce che non pareva quella di Conrad, tantomeno di mio fratello.
Mi accorsi presto che le voci sconosciute, provenienti dal lato più interno della casa, quello che non avevamo avuto modo di esplorare la volta precedente, erano due. Due uomini parlavano animatamente tra loro nell’ultima stanza del lungo corridoio, riposta proprio davanti la malmessa porta di casa.
- Credo che non sappia proprio niente.
- Ma il capo ha detto di indagare – disse il secondo.
- Quello è più stupido di quanto possa sembrare – sussurrò il primo uomo.
La mia mente già faticò a riflettere su chi fosse colui che non sapeva, tantomeno sulla misteriosa identità del cosiddetto “capo”. Era chiaro che la situazione fosse assai strana e per niente tranquillizzante, dunque sentii ancor di più crescere dentro di me il bisogno di agire.
Mi voltai verso Levi, rimasto ad osservare la camera più grande dell’appartamento riposto alla sinistra dell’entrata, ridotta allo sbaraglio a causa degli innumerevoli tomi precedentemente riposti in una libreria da muro, ora gettati e disfatti sul pavimento.
- Non sento la voce di Lex – sussurrai preoccupata. – Ci sono due che stanno parlando laggiù.
Mossi i primi passi verso gli sconosciuti, ma Levi mi aveva già bloccato il polso, facendomi segno di rimanere quanto più all’erta.
-Non parlerei così di lui – proseguì uno dei due probabili malintenzionati.
-Hai ragione, è dietro la porta sul retro, potrebbe sentirti.
Riportai a bassa voce al mio compagno di un secondo accesso alla casa, riposto in un’ala della dimora a noi sconosciuta.
-Chi c’è dietro la porta sul retro? – domandò lui, sempre più confuso, mentre tentava a fatica di capire il nesso logico tra gli stralci del discorso che udivo svolgersi dai due uomini e che gli ripetevo preoccupata.
La conversazione improvvisamente prese una piega decisamente contorta, appena uno dei due riferì: -Un po’ mi fa pena, deve avere poco più di vent’anni.
-Già – rispose l’altro. –Non credo neanche che sia tanto importante come dice lui. L’altro lo era.
In punta di piedi, percorsi l’intero corridoio, nascondendomi al lato della porta da cui si accedeva in quella che poteva essere considerata l’unica stanza “animata” della casa, da cui provenivano le voci.
Levi imitò furtivamente il mio gesto, mentre la mia mano era scesa sulla vita in cerca di uno dei due pugnali.
Tesi l’orecchio quanto più potevo. Ben presto compresi che la stanza doveva essere assai ampia: l’eco delle voci erano assai udibili, esse provenivano inoltre alla destra dell’entrata, non percepivo alcun suono proveniente dalla parte opposta.
Lentamente, avvicinai il viso al piccolo varco della porta, da cui era possibile intravedere ciò che vi era nascosto al lato sinistro della stanza; quel che potei vedere fu per me di un’atrocità unica, che mi mozzò il fiato: mio fratello Lex giaceva inerme su una sedia, a cui era legato da una fune posta attorno alle cosce e – pur non avendola vista – compresi che un’altra gli impediva di muovere liberamente le mani; svenuto, la sua testa era tesa in avanti, rigoli di sangue fuoriuscivano dalla fronte tagliata.
Portai una mano alla bocca, cercando con disperazione di soffocare un urlo. Levi, nascosto anche lui dietro il lato sinistro della porta, mi osservò inorridito e alquanto spaventato. Anche lui sfoderò un coltello, pronto ad attaccare alla prima occasione.
Un altro particolare ci mise in allarme: -Ma non è che ‘sti militari ci arrestano davvero?
-Si dimenticheranno di noi, posso garantirtelo – l’uomo emise uno sbuffo, da cui aveva probabilmente cacciato una nuvola di fumo – ero tanto in allarme che riuscivo a percepire qualsiasi genere di suono, dallo scricchiolio del pavimento provocato dal piede di uno dei due malvagi al respiro affannato di Lex. - Ma dobbiamo fare attenzione comunque – proseguì. -Non a loro, quanto ad altri.
-Che vuoi dire?
Levi approfittò di quel momento per dare un’occhiata alle altre stanze della casa, in particolare a quella riposta dietro di sé. Aprì lentamente l’ingresso, scoprendo così il cadavere esangue di Conrad appeso ad una corda legata al soffitto, sul vecchio lampadario privo di candele.
Tanto in apprensione per mio fratello, solo più tardi riuscii a spiegarmi il motivo per cui avevano ricorso ad appendere il corpo dello sfortunato, simulando quindi un falso suicidio per non allarmare qualunque fosse addetto agli innumerevoli crimini che prendevano luogo in quella città malfamata e che, malgrado rare occasioni, difficilmente venivano considerati come fatti di cronaca di grande rilevanza. Era stato deciso che Conrad dovesse morire togliendosi la vita, così sarebbe risultato a chi si occupava dell’ordine pubblico.
Ciò nonostante, mi domandai avvilita chi fossero quei due che avevano aggredito Conrad, già stato privato della sua misera esistenza, e Lex, ancora scampato – c’era da chiedersi fino a che punto - al destino crudele toccato all’uomo del quale si era ingenuamente fidato.
Il malvivente fece un altro tiro dalla sigaretta, o da qualsiasi altro oggetto da fumatori si trattasse, riprendendo il discorso. – Il capo mi ha detto che non molti giorni fa in questa merda di posto sono venuti dei ricognitori.
Il mio cuore si fermò. Guardai Levi, già pronto a sguainare qualsiasi arma di difesa: il suo sguardo era divenuto spietato e irascibile; se non avevo ancora iniziato a temere quei due sciagurati dietro la porta che ci divideva, lo dovevo in parte alla presenza di un uomo senza ombra di dubbio più forte di qualsiasi nemico dovessi affrontare. 
-Cosa c’entrano i ricognitori, adesso?
-Secondo te cosa sono venuti a fare, se non per parlare con quello stronzo di Conrad? Quelli non perdono mai l’occasione di mettersi in mezzo ai casini, avranno portato con loro anche questo ebete.
L’uomo si avvicinò a mio fratello, immobile, col viso rivolto per terra. Potevo finalmente osservare con i miei occhi il tale: aveva la mascella squadrata, era basso di statura e grosso, ma decisamente vecchio e incapace di tenere testa a qualsiasi scontro corpo a corpo, per come il suo fosse appesantito.
Un gigantesco senso d’ira mi pervase quando egli alzò la testa del povero Lex afferrandolo per i capelli, lasciandola ricadere nella posizione precedente appena si accorse che il ragazzo era ormai privo di sensi.
-Non dirmi che sono venuti qui… – rispose l’altro.
-E hanno portato anche il figlio di Hares, ma di lui nemmeno l’ombra. Se potessimo ottenere informazioni sul padre da questo bastardo quasi morto… il capo ha detto che la cattura di Hares varrebbe un sacco di denari.
Stentai a realizzare che coloro i quali erano responsabili del trambusto che aveva accolto me e Levi quella notte, coloro che lavoravano per il “capo” di cui stavano parlando, erano alla ricerca di un tale che, così sembrava, per quanto venisse ricercato da diversi anni, vagabondava ancora in incognito per le strette mura. Repressi un sentimento di odio per quel padre che non aveva mostrato il minimo interesse nei riguardi della propria famiglia, lasciandola indifesa senza alcuna protezione, ma continuai ad ascoltare la conversazione dei due nella stanza appresso.
-Io ho come l’impressione che questo ragazzo non sappia davvero niente.
-Tu hai ammazzato quel Conrad prima che potessimo ottenere le informazioni che stavamo cercando! – sbraitò l’altro. –Il capo non ci lascerà liberi subito, sappilo.
-Il capo vuole che vi sbarazziate di tutti i materiali in possesso di Conrad – proruppe una terza voce maschile, appartenente al vero responsabile dell’aggressione di Lex, provenuto certamente dalla famosa seconda entrata di cui i due avevano discusso qualche minuto precedente e che, senza ombra di dubbio, si trovava nella stessa camera. Non appena avevo udito il rumore dei suoi passi, un altro suono mi incuriosì, allarmandomi più del dovuto, ossia il suono delle cinghie dell’imbracatura al quale, da soldato, mi ero abituata da parecchi anni: certamente, il nuovo arrivato doveva trattarsi di un militare.
-S…stiamo facendo il possibile, signore – rispose il fumatore.
-Vi ho dato un ordine, ubbidite. E controllate anche la porta principale della casa, invece di rimanere qui a chiacchierare.
Egli si allontanò. Seguirono alcuni attimi di silenzio, dopodiché i due rimasti decisero di agire, accordandosi che l’uno dovesse prelevare tutti i documenti e i libri che potevano “ostacolare il bene pubblico”, il secondo, il fumatore, avrebbe chiesto al “capo” riguardo il ragazzo.
Come sentimmo il passo del primo uomo avvicinarsi verso di noi, Levi mi afferrò un braccio, trascinandomi all’interno della stanza buia dove risiedeva il corpo di Conrad.
Vedemmo un tale alto e robusto percorrere il corridoio per giungere alla stanza principale della casa.
- Devo salvare Lex – sussurrai col cuore in gola. – Questa è l’occasione giusta.
- Claire, - mi chiamò l’ultima volta Levi, - Sii prudente.
Capii che aveva intenzione di occuparsi dell’uomo appena passato, addetto alla sparizione dei documenti in possesso del padrone di casa, affinché non impedisse la riuscita del mio piano d’azione; mi diressi quindi immediatamente da Lex nella camera vuota, esitando un paio di secondi non appena ritrovai davanti a me la sua figura distrutta e sofferente che mi procurò un dolore lancinante.
Autocontrollo. Come avrei potuto dimenticare in un momento simile quel requisito fondamentale che mi permetteva senza problemi di usare il dispositivo tridimensionale e che certamente mi avrebbe permesso di scampare a una situazione difficile come quella? Avrei dovuto semplicemente slegare le corde di Lex, caricarlo sulle spalle e allontanarmi da quella stanza quanto prima.
Strinsi il pugnale nella mano, affrettandomi a raggiungere il retro della sedia per liberare il ragazzo: come la lama del coltello entrò in contatto con la fune, mio fratello si risvegliò, iniziando a balbettare.
Persi un battito, ma riacquisii rapidamente la lucidità per inginocchiarmi davanti a lui e rassicurarlo: - Lex, sono Claire. Va tutto bene, ora.
Le lacrime iniziarono a rigare il suo viso spossato, lo zittii, continuando a tagliare velocemente le corde. E avrei continuato fino a terminare il lavoro se non avessi percepito un ulteriore suono di passi avvicinarsi.
Un’ombra comparve sull’uscio della porta che affacciava su un’entrata secondaria dell’appartamento; frettolosamente, mi nascosi dietro un vecchio e imponente armadio, Lex si sistemò nella posizione precedente.
Accortezza. Dovevo rimanere quanto più sagace possibile per stendere al tappeto l’infame venuto a sfidarmi. Al mio fianco, trovai un vecchio fucile; lo afferrai, stringendolo per la parte della canna. Non appena il tizio ebbe modo di accorgersi di me, passandomi davanti, colpii velocemente il calcio del fucile sulla sua testa, facendolo cadere privo di sensi ai miei piedi.
Completai il lavoro con il pugnale, pronta a caricare sul mio corpo quello di Lex e sgattaiolare da Levi.
Prima che potessi sollevare mio fratello, udii l’arrivo di un terzo uomo, di qualcuno la cui voce non avevo udito e che certamente non era il militare di prima. -Allora, Hares? – sghignazzò. –Non ci sei stato tanto d’aiuto. Cosa dovremo fare con te, or…?
Alla vista del suo compare svenuto, la voce dell’uomo si fermò di colpo.
Uscii allo scoperto alle spalle della sedia: soppiantai l’uomo, facendolo cadere a terra, bloccandogli brutalmente una delle due gambe colpendola con il pugnale. Corsi a prendere infine il fucile, riservandogli lo stesso trattamento inferto al tizio precedente.
Agilità. Non fui troppo rapida, stavolta: l’uomo aveva infatti gridato per ricevere soccorso, dunque mi aspettavo l’arrivo dell’ennesimo malcapitato.
-Che sta succedendo qui? – mi si parò davanti un soldato di Gendarmeria dai capelli rossi ed eccessivamente magro, oltre che alto. –Chi cazzo sei, tu? – mi indicò con ira.
Vedere una giacca militare mi tranquillizzò: egli avrebbe sicuramente aiutato me e Lex a fuggire da quell’inferno, dopo avergli spiegato la brutta situazione nella quale ci eravamo improvvisamente trovati.
Tuttavia, l’uomo caricò il fucile in spalla, puntandolo contro di me. - Che tu sia la morosa di questo stupido non mi interessa. Ragazzina, puoi anche mettere a terra quell’arma, per te è finita.
Iniziai a tremare, eppure non dimenticai la sicurezza che pian piano, nel corso della mia vita da ricognitore, stavo imparando ad acquisire nelle circostanze più ardue.
Mi resi conto che l’arma da fuoco che reggevo era in funzione, per questo la caricai come fece lui, stringendo il pugnale con l’altra mano.
- Dunque tutto questo casino l’avete fatto voi militari, non certamente tre stupidi malviventi della città sotterranea – parlai irritata. – Cosa volete da mio fratello, da me? Cosa c’entriamo noi in questa storia?
-Hai ragione, bambina mia – finse un tono compassionevole. – Ma finché non acciuffiamo quel disgraziato di tuo padre, questa situazione non finirà mai. È stato lui a volere tutto questo, sai? È proprio un demonio.
-Voi lo siete! – urlai. –Avete ammazzato voi mia madre, dico bene? Porci bastardi! Voglio saperne la ragione, parla!
Egli rise. Le mie gambe cedevano dall’ira e dall’odio. Anche se avessi dovuto togliergli la vita, in quel momento poco mi importò: finalmente ebbi modo di incontrare i responsabili della morte di nostra madre, coloro che avevano causato le continue sofferenze di due poveri ragazzi orfani da troppi anni. In quell’istante ne ero convinta: tali esseri non meritavano affatto di vivere.
– E tu cosa ne sai? – continuò lui. - Sono motivi che una bambina come te non può capire. Comunque, dato che non ti rimane molto, non posso dirti altro se non questo: è stato per il bene comune.
Il cuore mi scoppiò nel petto. –Bene comune?! Mi parli tu del bene comune, bastardo?!
-Zitta! – caricò nuovamente l’arma. –Preparatevi a morire, tu e il tuo stupido fratello. Siete figli di un eretico e di una traditrice della corona! Siete figli della feccia uman…
Prima che potesse continuare il suo discorso razzista, pietoso e ingrato, per poi conficcarmi nel cranio una pallottola proveniente dal suo fucile, risposi sparandogliene una delle mie nel mezzo del petto. Prima che potessi rendermi conto del reato appena commesso, l’uomo mi fissò sconvolto per qualche istante, dopodiché cadde a terra probabilmente senza vita; perciò, decisi di lasciare definitivamente quella stanza, caricando Lex sulla mia schiena.
-Claire… - mormorò il ragazzo, gli occhi spalancati. –Lui… è morto?
-Non avevo altre alternative – ribattei decisa. –Adesso andiamocene di qui.
Puntai il fucile fuori la porta della stanza, ribassando l’arma come mi accorsi che davanti a me era rimasto soltanto Levi.
Percorsi con rapidità il corridoio, raggiungendolo. Ero rimasta a osservare l’uomo da lui pestato e privo di coscienza quando lui mi aveva chiesto se avessi appena utilizzato l’arma che stringevo.
-Penso che questo non sia il momento giusto per parlarne – risposi a nervi freddi. –Sappi solo che staranno sicuramente venendo altri a darmi la caccia.
-Allontaniamoci, allora – ribadì lui.
Proprio mentre io e Levi eravamo in procinto di uscire da quella maledetta casa, Lex ci fermò: -Aspettate, ho bisogno di trovare una cosa! – indicò la pila di materiali cartacei che il tizio aggredito da Levi aveva iniziato a sistemare.
-Non abbiamo tempo, cazzo! – esclamò Levi.
-Lex, ti supplico, andiamocene!
-E’ un documento ufficiale che riguarda quello di cui Conrad ci ha parlato, - continuò il ragazzo, accovacciandosi sul pavimento, -non sono supposizioni. Vi prego, datemi un minuto!
Osservai il volto e i capelli riccioluti sporchi di sangue; sospirai: dedussi che, nonostante le sofferenze provate sul suo stesso corpo per aver preso la decisione tanto azzardata di raggiungere quel posto infame senza la compagnia altrui, Lex avrebbe trascorso la sua vita col rimorso di aver lasciato in quella dimora angusta delle informazioni scritte su carta probabilmente rivelategli prima dell’arrivo dei malcapitati, guidati da quel militare a cui avevo appena tolto la vita. D’altra parte, anche io desideravo conoscere altro sui tanti dubbi che fino a qualche giorno precedente mi avevano profondamente turbata.
-Levi, va’ avanti tu. Sei una persona importante, se ti riconoscessero in questo caos, per te sarebbe la fine – proposi.
-Finiscila di dire assurdità – troncò lui. –Ce ne andiamo tutti adesso.
Gli strinsi le spalle. – Fa’ come ti dico, ti prego. Me la caverò.
Mi guardò accigliato. –Non abbiamo tempo, lo capisci? Perché vuoi…?
-Levi, ti sto supplicando. Dacci un attimo, tu nel frattempo accertati che la squadra mandata da Erwin sia sul posto e ricongiungiti con loro – debolmente lo lasciai. –Starò bene, te lo prometto.
Gli sguardi supplichevoli miei e di Lex erano entrambi puntati su di lui.
- Tch, sia come dici – rispose irato lui, alzandosi il cappuccio. – Non metteteci troppo, o sarete nei guai fino al collo.
Prima di andarsene, mi rivolse un’altra occhiata, poi sparì definitivamente.
Lex, per quanto visibilmente debilitato, si era trascinato verso un tavolo rovesciato, dove a terra risiedevano vecchi libri impolverati.
Accorsi per aiutarlo, ma lui mi ammonì: - Lascia perdere, faccio io. Altrimenti rischio solo di aumentare questo casino.
Per questo motivo, corsi a sbarrare con una sedia la porta dietro cui avevo trovato mio fratello. Dietro cui adesso risiedeva il cadavere di un uomo morto per causa mia.
Percorrendo il corridoio per tornare da mio fratello, il mio cuore accelerò i suoi battiti, un fuoco improvviso iniziò a divampare nel mio petto e nel mio stomaco.
- Ho ucciso un uomo – dissi, tremando. –Ho ucciso un uomo.
Lex, intento a frugare tra i vari volumi antichi, si bloccò per un attimo, osservandomi qualche istante prima di tornare al lavoro di prima. – L’hai detto tu che non avevi scelta.
La sua voce sempre tranquilla, per quanto precedentemente egli fosse stato sottoposto a diversi atti vandalici – aveva un occhio nero, le braccia erano pieni di lividi e del sangue incrostato si trovava sulla testa e sulla fronte – risultò confortante alle mie orecchie.
Ero consapevole di essermi macchiata le mani compiendo un’atrocità disumana, uccidendo un mio simile, che, come me, faceva parte di una specie ormai sul punto di estinguersi. Poi, la mia mente rievocò le parole ripugnanti e le offese da lui proferite. Compresi che la descrizione di quel tale combaciasse più con quella di una bestia, che di un uomo; oltretutto, avevo preferito preservare la vita mia e di Lex piuttosto che lasciarci morire.
D’altra parte, mi rendevo comunque conto delle terribili conseguenze che mi avrebbero aspettato non appena la polizia fosse stata messa al corrente del motivo della morte di un loro membro; pregai con disperazione affinché l’atto da me compiuto non fosse la ragione per cui non sarei morta valorosamente sul campo di battaglia a causa dei giganti, come mi ero prefissata, ma agonizzante su una forca, davanti ad una folla spietata e crudele.
Vidi Lex strappare un foglio di carta da un vecchio libro, rendendomelo. – Mettilo al sicuro.
Obbedii, infilando il foglio di carta nella tasca dei pantaloni, preparandomi a caricarlo ancora una volta sulla schiena. – Lex, andiamo via da questo posto.
Egli acconsentì. Alcuni secondi dopo, già correvo per fare ritorno da Levi.
Sentivo che ce l’avremmo fatta, che sarei tornata sana e salva in caserma assieme al capitano, lui a Karanes dai genitori di Petra.
Tuttavia, il tragitto mi parve spaventosamente lungo, addirittura dubitai di star prose; Lex, inoltre, era assai indebolito, temevo profondamente per la sua salute. Ripensai agli orrori che aveva dovuto affrontare e l’ansia di dover riporlo in salvo divenne sempre maggiore; a costo di rischiare la mia vita, desideravo il bene della sua.
In poche parole, l’agitazione accresceva sempre più man mano che il tempo trascorreva; fino a quando non riconobbi in lontananza la figura di Levi.
Quest’ultimo accorse verso di me. –La squadra di Hanji è venuta in nostro soccorso. È riuscita a venire qui per ordine di Erwin, hanno raccolto anche dei gendarmi con un mandato d’arresto per questi bastardi; raggiungiamoli e andiamocene da questa fogna.
Mi sentii fortemente rassicurata dalla sua presenza, oltre che dalle sue parole. Così esausta, addirittura un sorriso comparve sul mio volto. Esso si dissipò appena udii uno sparo alle mie spalle.
Un proiettile, caricato con molta probabilità da un socio di quelli che avevo temporaneamente abbattuto, si conficcò nella gamba di Lex, che gridò agonizzante.
Non tardai a cercare sotto al mantello il fucile rubato. Io e Levi ci voltammo e constatammo che, dato il numero di coloro che avevano ingaggiato battaglia, mai avremmo potuto permetterci di prendere tempo per dichiarare loro l’arresto, soprattutto in quanto entrambi non lavoravamo per la Gendarmeria.
Levi mi invitò a correre verso la squadra di Hanji, dove ci attendeva il riparo. Il corpo di Lex mi parve spaventosamente più pesante e i colpi di armi da fuoco improvvisamente aumentarono.
-Forza! – gridò Levi.
I miei occhi si riempirono già di lacrime nel sentire gli strilli del povero ragazzo sulle mie spalle; anche io gridai, appena un secondo proiettile strisciò sul mio fianco, oltre che su quello di Lex.
La zona ferita bruciava, procurandomi un dolore che rallentò decisamente il mio passo. Levi era sempre più lontano da me, le urla di Lex divennero sempre più assordanti non appena venne colpito nuovamente, stavolta dietro la schiena.
Di colpo, le sue lamentele si arrestarono; con un filo di voce, mi pregò: - Claire, lasciami qui e scappa. Ormai non puoi…
- Sì che… posso – mi voltai, lanciando uno sguardo puro d’ira ai nostri nemici. – Io posso salvarti.
La mia corsa si fermò definitivamente quando un ultimo colpo decisivo finì, seppur superficialmente, nel mio polpaccio sinistro.
Malgrado la vista offuscata, adocchiai l’arrivo dei nostri soccorsi, ma constatai di non poter fare più niente per raggiungerli.
Prima che l’ennesimo proiettile potesse colpire me o Lex, col cuore in procinto di scoppiare come una bomba, lanciai furiosa un coltello addosso a uno degli inseguitori, privandolo dell’uso di una delle braccia.
Quel gesto non fece altro che destituirmi quel briciolo di forza che mi era rimasto; poco precedentemente l’arrivo di Levi e dell’unità di Hanji, un uomo che aveva terminato le munizioni della propria arma mi lanciò spietatamente la sua arma addosso; il manico di una vecchia pistola mi colpì la testa, facendomi cadere a terra svenuta quando avevo incontrato per l’ultima volta gli occhi scuri di mio fratello Lex, prima che questo venisse colpito dal terzo, fatale proiettile.
 
 
 
Spazio Autore: konnichiwa, fandom di Shingeki!
Ritorno dopo due settimane con un capitolo piuttosto corto che, in tutta sincerità, poco mi ha convinta, a livello di scrittura. Devo ammettere, comunque, di non aver mai scritto storie con tale livello di azione, e considero questi capitoli come esercizi o esperimenti di scrittura. E’ probabile che in futuro vi ritornerò per la correzione e per apportare alcune modifiche, per il momento mi basta proseguire con la narrazione di questa storia che, lo ribadisco, si avvicina pian piano al termine.
Anticipo solo che nel prossimo capitolo l’atmosfera, seppur abbastanza scoraggiante – vi invito a comprenderne la ragione – si farà comunque più tranquilla. Mi piacerebbe comunque conoscere la vostra opinione riguardante l’ultimo aggiornamento :).
A presto!
  
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