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Autore: time_wings    10/09/2018    1 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TAVOLI IMMACOLATI
 
“Quell’Ottaviano me lo ricordo… ci ha provato con me alla festa di Halloween di Drew Tanaka, se non sbaglio.” Disse Piper guardando preoccupata il suo ragazzo, quella situazione non le piaceva per niente.
“Io sono stato a bere con lui, quella sera. Effettivamente era amico di Percy, ma non mi sono sembrati tanto affiatati.” Piper si lasciò scappare una risata nervosa: “Be’, difficile esserne sicuri in quelle condizioni.”
“Che intendi, scusa?” Domandò Jason, mentre un principio di sorriso si faceva strada sul suo viso.
“Intendo…” Iniziò Piper, lasciandosi contagiare da Jason: “che sia tu che Percy eravate totalmente andati. Ricordi com’è finita, poi?”
“No.” Scherzò Jason prima di chinarsi verso di lei per baciarla tra le risate.
“Dobbiamo fare qualcosa.” Disse, dopo un po’, Piper, tornando velocemente seria: “Il gruppo sta crollando.”
“Conosci Percy, quando si mette sulla difensiva.” Si giustificò Jason: “Non ho voglia di fare a botte con lui.”
 
La situazione andava di male in peggio. Annabeth non voleva più saperne di lui. Come darle torto? Pensò Percy, mentre raggiungeva Frank al solito bar. Il ragazzo era davvero rimasto l’unico disposto a dargli una mano. La sua presenza era diventata vitale per lui, era tutto ciò che lo teneva legato alla sua parte razionale, tutto ciò che lo fermava dal buttarsi nel calderone di degrado e tristezza che era il suo vecchio gruppo di amici.
“Ehi, ti stavo aspettando.” Lo salutò Frank, appena il moro raggiunse il bar.
“Scusa, ho…”
“Risparmiati le bugie. Non penso tu abbia davvero avuto molto da fare.” La sincerità del suo amico lo riscosse momentaneamente dal turbine infinito dei suoi pensieri. Lui era Frank, con lui non doveva mentire: “Sì, scusa. La verità è che mi sono trascinato fuori di casa.” L’altro annuì comprensivo: “Va bene.”
“E a te? Come vanno le cose?” Domandò Percy tanto per cambiare discorso. Non aveva assolutamente voglia di ammorbare il suo amico con i suoi problemi.
“Nessuna novità. Mia nonna continua ad urlarmi in testa, ma per fortuna oggi mi vedo con Hazel.”
“Oh, a proposito di questo… per caso hai sentito…”
“Percy.” Cercò di fermarlo Frank.
“O, se non tu, per caso Hazel ha parlato con…”
“Percy.” Ritentò il ragazzo riuscendo finalmente ad interrompere il suo amico: “Le serve tempo. Non starle addosso.” Continuò con dolcezza. Soffriva anche lui, nel vedere così il suo amico, ma sapeva per certo che fargli sapere cosa pensava Annabeth di lui gli avrebbe fatto solo male.
Percy fissò il poster sbiadito dei Rolling Stones che aveva davanti a sé. La celebre lingua spuntava dall’aurora boreale norvegese annunciando che il concerto si sarebbe tenuto il quattordici novembre del ’64. Non l’aveva mai notato, in tutte le volte che era stato lì, eppure adesso sembrava essere il perno attorno al quale ruotava l’intero bar, l’intero mondo. Scosse la testa, riscuotendosi dai pensieri vaghi e di dubbia utilità che si ritrovava spesso a dover scacciare, ultimamente: “Hai ragione, scusa.”
“Va bene.” Concluse Frank, fissando ancora il suo amico, come per accertarsi che stesse bene. E no, non sembrava star bene: “Io ora devo andare, va bene? Però puoi chiamarmi per qualunque cosa.” Disse poi, sinceramente preoccupato. Percy sorrise appena: “So badare a me stesso, grazie mamma Frank.”
Frank sorrise appena, prima di salutarlo con una pacca sulla spalla ed infilare la porta. Il fantasma di un sorriso era ancora chiaramente visibile sulle sue labbra, mentre guardava il suo amico, attraverso il finestrone del bar, farsi strada nel freddo newyorkese. Percy voleva davvero bene a quel ragazzo. Non gli aveva chiesto spiegazioni, ma si fidava di lui, gli credeva, gli era stato vicino e non l’aveva abbandonato. Si meritava la verità. In quel momento, in quel bar noioso e chiassoso a New York, Percy Jackson giurò a se stesso che avrebbe fatto di tutto per riavere indietro la sua ragazza ed i suoi amici e che avrebbe detto la verità, a tutti, a cominciare da Frank. Non immaginava, però, che, di lì a poco, quello stesso Frank avrebbe vissuto un brutto quarto d’ora.
 
Hazel era incredibilmente stressata. Attorno a lei tutto crollava sfuggendole irrimediabilmente via di mano. Nico si era chiuso in casa da qualche giorno e non vedeva più Will, ma con Nico era così: provare a chiedergli del biondo era totalmente fuori discussione, doveva essere lui ad aver voglia di parlare, chiedere non avrebbe portato a niente, tranne qualche battutina sarcastica di troppo ed una porta in faccia. Ad Annabeth, poi, serviva il suo spazio e Hazel lo capiva, lo capiva benissimo, ma aiutare qualcuno parlandoci poco stava rendendo la situazione insostenibile. La ragazza sapeva anche che lasciarla sola era ciò che la bionda le aveva espressamente chiesto, ma non poteva fare a meno di chiedersi se non stesse sbagliando tutto con lei, se quella fosse una strana ma palese richiesta d’aiuto. Per di più, neanche con Frank le cose sembravano girare per il verso giusto. O almeno, questo era quello che percepiva lei. Per il ragazzo la situazione sembrava normale, immutata, ma non sentiva più la stessa intesa con lui. Qualcosa si era spezzato e la ragazza l’aveva iniziato a notare la sera che più tardi avrebbero battezzato tra loro col nome di: “L’inferno al bowling”. Non che trovarsi in disaccordo col suo ragazzo l’avesse turbata, assolutamente, ma da quel momento aveva iniziato a notare certi atteggiamenti che proprio non le andavano giù, cose che aveva fino ad allora messo sempre a tacere, quando si presentavano fastidiose nella sua testa, cose che aveva giudicato di poco conto, irrilevanti, ma che adesso iniziavano a pesarle come un macigno. Quel giorno decise che gliene avrebbe parlato, che avrebbe deciso una volta per tutte se la loro storia era stata una decisione giusta o se era arrivato il momento di svelare i dubbi che aveva sempre nutrito. Il ragazzo si presentò con un po’ di ritardo alla sua porta, le guance rosse per il freddo: “Scusa il ritardo, stavo parlando con Percy.” Disse posandole un leggero bacio sulle labbra e superando la soglia della porta di casa.
“Figurati, è solo qualche minuto.”
“Ci vediamo un film?” Domandò Frank con un sorriso timido, improvvisamente stranito dalla tensione nell’aria e dall’esitazione negli occhi della sua ragazza. Non era tipo da fare proposte, ma sentiva di dover tastare il terreno.
“In realtà volevo parlare.” Annunciò Hazel sedendosi sul divano ed invitando Frank a fare lo stesso: “Mh, posso farti una domanda?”
“Sì.” Riuscì a stento ad articolare Frank, con la bocca improvvisamente secca.
“Okay. Tu… Cosa ne pensi di tutti noi? Uno per uno. Con sincerità.”
Okay, Frank si aspettava di tutto, davvero di tutto, ma non che la sua ragazza se ne uscisse con la richiesta di un commento personalizzato su tutti i loro amici e soprattutto… cos’era tutta quella gravità nel tono? Iniziò a credere che Hazel stesse cercando di fargli una domanda più specifica, ma non ne era poi così sicuro.
“Oh, mh, ecco… Jason è uno a posto, tranquillo, non mi ha mai dato problemi…”
“Mh-mh.” Annuì la ragazza, ma sembrava davvero poco interessata, sembrava aspettare molto altro. Adesso ne era certo. Non era certo un idiota e quella non era solo una strana sensazione.
“Hazel.” La chiamò quindi, invitandola ad alzare lo sguardo su di lui: “Perché vuoi sapere cosa penso di Leo?” Hazel arrossì vistosamente. Bingo.
“I-io… Non è che… Non mi piace come ti comporti con lui, sembra sempre che tu non veda l’ora che si azzittisca e quando non c’è sembri più tranquillo, ecco.” Silenzio. Silenzio interminabile, assordante, pesante distanziava i due.
“Perché stiamo parlando di lui?”
“Non l’abbiamo mai fatto.”
“Perché adesso?” Hazel non lo sapeva, non ne aveva idea: “Ti piace?”
“Cosa? No!” La risposta le era uscita di bocca in un baleno, ma anche questa volta la verità era che non lo sapeva, non ne aveva idea.
Frank la guardò insicuro ed incredibilmente triste: “Ti ha fatto un regalo a Natale, ti ha baciata alla festa di Annabeth, ti guarda ammirato… Mi sembra ovvio che abbia paura di lui, non ti pare?”
“Io sto cercando di salvare questa nostra amicizia.” Disse Hazel, con un filo di voce.
“Be’, non mi sembra stia dando buoni risultati.” Frank era stato… be’ non Frank, era stato tagliente.
“Non è colpa mia se Percy è uno stronzo.”
“Non è vero niente di quello che ha detto Ottaviano, come fate a non capirlo?”
“Come fai tu, ad essere così cieco?” Hazel non se n’era accorda, ma stavano ormai urlando e le lacrime le uscivano copiose dagli occhi: “Continui a scaricare la colpa su Leo, ma il problema è tra me è te. Lui non c’entra nulla. È colpa tua.” Sapeva di aver improvvisamente cambiato discorso, ma sentiva di dover dire quelle cose e di doverle anche dire immediatamente. Le ultime frasi sembravano aver ferito enormemente il ragazzo, che la guardò adesso seriamente preoccupato: “Che cosa stai cercando di dirmi?” Il tono della voce tornato ormai un sussurro.
“Che forse ho confuso l’amicizia con l’amore e ho sbagliato tutto.” Rispose la ragazza, con un soffio appena udibile, ma che giunse chiaro alle orecchie di Frank. La prima immagine che gli passò per la mente erano loro due, seduti sulla sabbia, davanti al fuoco crepitante. Lui le aveva detto che l’amava, lei l’aveva baciato, ma non gli aveva detto che l’amava a sua volta. Aveva preferito non pensare a quella scena per tutto quel tempo, ma in quel momento gli balenò in mente come un chiaro avvertimento. Si alzò dal divano, nonostante la paura che le ginocchia non lo tenessero. Doveva uscire dal tepore di quella casa, voleva stare al freddo, voleva non sentire più la punta del naso e le dita, voleva non sentire più niente: “È finita?”
“Mi dispiace, Frank, io…”
“Va bene, ho capito.” Rispose con un filo di voce, prima di aprire la porta e sentire appena il fievole sollievo del gelo sul viso.
 
Al diavolo le riconquiste, tutto ciò che voleva Percy era un po’ di pace. Luke gli aveva proposto di passare una serata insieme e lui aveva accettato. Non aveva di meglio da fare. Il problema della serata insieme era che non sarebbero stati soli e questo Percy lo scoprì troppo tardi. Eccolo di nuovo, il gruppo di folli che aveva sempre odiato, ma Luke era stato davvero gentile, aveva detto che dopo quello che aveva fatto Ottaviano gli aveva urlato di andarsene, di sparire per sempre dalla sua vista e Percy aveva ribattuto dicendo che anche lui l’aveva tradito, che aveva registrato la conversazione per girarla a suo favore e che aveva fatto domande specifiche. Luke aveva sospirato e poi aveva scosso la testa con un sorrisino. “Incredibile. È davvero incredibile. Non ho fatto nulla, io, deve aver trovato un modo per registrare quello che dicevamo, ma io non ho mai avuto nessuna nota vocale. Davvero.” Aveva detto il biondo tra un sorso di birra ed un altro. Percy gli aveva creduto. Luke gli stava vicino, gli era sempre stato vicino, nel bene e nel male. Sempre. Come aveva potuto abbandonarlo così? E quindi adesso Percy si trovava a casa di Clarisse con una nuvola di fumo attorno a lui, mentre rideva e beveva. Accanto a lui Rachel muoveva la testa nell’incavo della sua spalla. Al ragazzo venne da ridere. Sembra un gatto che fa le fusa. Pensò e non fu tanto sicuro di averlo solo pensato visto che la ragazza iniziò a ridere sguaiatamente, coinvolgendolo. Quando smisero di ridere Percy si rese conto che Rachel si era avvicinata tantissimo in poco tempo e adesso lo fissava con gli occhi grandi. I suoi occhi non erano affatto male, erano verdi, ma non come i suoi. Quelli di Rachel sembravano più del colore del muschio nei boschi dai tronchi d’albero scurissimi e molto poco simili a quelli del fondale marino. Provò l’impulso irrefrenabile di baciarla e si chinò verso di lei, le punte dei loro nasi si toccarono, ma all’improvviso, al posto di quel verde, il grigio di un cielo in tempesta gli si parò davanti. Si allontanò di scatto dalla rossa, il nuvolone di fumo lo stava soffocando col suo abbraccio stregato. Si alzò in un baleno, la testa gli girava, ma non gli importava, voleva un po’ d’aria. Si avvicinò alla finestra più vicina… no, era un balcone, si affacciò e New York gli si parò davanti col suo sguardo gelido e critico. Si sentì giudicato.
 
Agli occhi di tutti doveva essere stato piuttosto divertente, ma Nico non si era affatto divertito. Il suo ragazzo. Will l’aveva definito il suo ragazzo. Roba da non credere. C’erano milioni di problemi in questa definizione. Prima di tutto Nico avrebbe dovuto ammettere (almeno a se stesso) di provare qualcosa di vero per Will, qualcosa di forte che aveva davvero poco a che fare con del sesso occasionale. In più avrebbe dovuto ripercorrere tutto il loro rapporto, fino a quel momento, e legarlo alle persone più vicine a lui e questo significava una sola cosa: come l’avrebbe presa Hazel? Certo, la ragazza l’aveva, in un certo senso, già saputo da Will e si era dimostrata entusiasta, ma che conseguenze avrebbe avuto sulla loro vita se fosse stato vero? Il problema, però, era che per Nico Will significava già qualcosa: a causa sua era finito per parlare della sua omosessualità a sua sorella (okay, già lo sapeva, ma lui questo non poteva saperlo, no?), l’aveva chiamato durante un attacco di panico, per di più nel bel mezzo della notte e… maledetto Will, teneva davvero a quel ragazzo.
Sarebbe andato tutto a meraviglia se solo Nico non avesse rovinato di nuovo tutto con Will, per pura e semplice paura. Sì, perché spaventato dalle implicazioni necessarie dell’ammissione di Will con sua sorella e terrorizzato dal discorso che avrebbe dovuto affrontare col biondo, Nico aveva fatto la sola cosa che, a parer suo, gli era sempre riuscita a meraviglia. Affrontare i problemi? Prendere le cose di petto? Trovare una soluzione? No, Nico era scappato. Non rispondeva a messaggi, telefonate, videochiamate. Era scomparso con un messaggio breve e povero di spiegazioni che recitava un misero: ‘Meglio se non ci vediamo per un po’”.
Non che Nico volesse davvero non vederlo per un po’, ma Will stava entrando nella sua vita con una velocità allarmante e Nico non era sicuro di volere una nuova presenza nella sua vita, non voleva attaccarsi a qualcuno e rischiare di rimanere, un giorno, deluso.
Adesso, però, non ne poteva più. Will si meritava una spiegazione e… al diavolo le belle ragioni, Nico sentiva un bisogno disperato ed asfissiante di parlare con lui, di vederlo, di toccarlo…
Gli scrisse un messaggio. Un inutile ehi. Si sentiva uno stupido. Si aspettava davvero che dopo settimane di silenzio e terribile calma piatta Will volesse ancora parlare con lui? Sì, si aspettava davvero tutto ciò… o almeno lo sperava. Probabilmente si era già trovato un passatempo di gran lunga meno impegnativo e capriccioso. Nonostante tutto, però, il biondo gli rispose dopo qualche minuto, con un semplice ed ironico Bentornato tra i vivi. E Nico non potè fare a meno di sorridere. Qualche minuto dopo si erano già messi d’accordo per vedersi al solito vecchio bar. Dio, quante cose gli avrebbe dovuto spiegare.
 
Will entrò nel bar con un gran sorriso. Si aspettava già di vedere Nico seduto ad un tavolo, ma niente. In realtà il bar era tutto occupato. Bella fregatura. Neanche un tavolo libero. Poi, però, sembrò piovere dal cielo una soluzione, come se l’intero mondo si fosse mosso affinché i due si vedessero e parlassero. Non poteva essere un caso. Will non era tipo da vedere un segno in ogni evento, ma il ragazzo dall’aria triste e gli occhi verdi che si alzò da un tavolo ancora pulito ed inutilizzato sembrava essere piovuto dal cielo. L’angelo di Will abbassò la testa corvina imbarazzato ed il biondo poté giurare di averlo visto asciugarsi una lacrima dal viso, mentre apriva la porta del bar lanciandosi nel freddo pungente. Povero ragazzo pensò Will sedendosi al suo posto. Non sapeva chi fosse, ma a quanto pareva, quel tavolo, quel giorno, avrebbe assistito a gioie e dolori e Will sperò vivamente che le sue fossero gioie. Poco dopo, il suo… Be’ il suo Nico si presentò con un sorriso timido e colmo di sensi di colpa, lasciandosi cadere sulla panca, attento a non incrociare lo sguardo del biondo.
“Posso spiegare.” Prese coraggio il corvino, con voce timida.
“Non sono un giudice o un avvocato, ma ammetto che mi farebbe piacere.” Rispose Will con un sorriso ed un tono tutt’altro che offeso. Nico alzò di scatto lo sguardo su di lui, sorpreso. Allora non ce l’aveva con lui? Il biondo arrossì appena per l’improvviso contatto visivo: “Se vuoi.” Aggiunse, tremendamente spaventato dal fatto che Nico potesse averlo guardato così perché offeso.
“No, no, cioè sì, voglio. Mh, hai detto a mia sorella che...”
“Oddio, scusa, sono stato un idiota.” Tagliò corto Will, che aveva immaginato la storia fosse nata da questo: “So cosa mi stai per dire. Non… Be’ non voglio perderti, mi va bene una relazione basata solo sul sesso, davvero.” Nico arrossì vistosamente e gli intimò con un gesto di abbassare la voce, ma non riuscì ad interromperlo perché Will era troppo deciso a finire il suo discorso: “L’ho detto solo perché… Cioè credevo che quello della sera prima fosse stato un passo avanti e mi sono lasciato prendere perché mi piaci davvero e… Dio, sono davvero in imbarazzo, ma non avrò mai più il coraggio di dirtelo ed oggi è una bella giornata e mi sento positivo quindi sto dicendo tantissime cose a caso perché…”
“Will.” Lo fermò Nico approfittando del fatto che Will fosse umano e avesse bisogno di prendere fiato: “Non… non è questo il problema. È che ho avuto paura.” La frase riuscì a zittire l’altro del tutto. Nico giurò che se fosse stato un cartone animato Will avrebbe avuto in testa un grande punto interrogativo rosso: “Che vuoi dire?”
“Intendo che… Insomma sai cosa è successo alla mia famiglia. Non voglio legarmi a qualcuno se non posso proteggerlo e non voglio che… Insomma che mi abbandoni, quindi…”
“Frena, frena, frena, frena, frena, frena…” Will lo guardò fisso, tentando di elaborare i pensieri: “Frena.” Ribadì: “Mi stai dicendo che è davvero questo il problema? Vuoi negarti la felicità perché in passato hai sofferto? Fai prima a smettere di vivere e basta.”
“Mh, non mi sembra una cattiva idea.”
“Sono serio. Non puoi attaccarti a Hazel. Devi lasciarla libera, non sarà sempre lì per te.”
“E tu potresti?” Domandò Nico ironico.
“Sì.” Rispose Will con una fermezza sconvolgente: “Nico, quello che è successo alla tua famiglia è terribile, ma non è stata colpa tua. So che mi avevi detto di non dire frasi scontate come queste, ma a me sembra che tu sia convinto del contrario.”
“Ho anche avuto problemi…”
“Ne abbiamo avuti tutti.” Tagliò corto Will: “E poi non è certo l’etichetta a determinare il rapporto.”
“Cosa? Che… che intendi?”
“Intendo che hai deciso nel momento in cui mi hai chiamato che volevi che facessi parte della tua vita. La parola ‘fidanzato’ è solo un’etichetta e dovresti scrollartela di dosso. Siamo quello che siamo, io e te, non una stupida parola. Quella è… quella serve agli altri, non a noi.” Nico non sapeva che dire. Non era mai stato bravo con le parole, ma adesso non sembrava averne neanche una a dargli una mano. Will aveva ragione in tutto ed il bel discorso che aveva preparato sembrava sgretolarsi ai suoi piedi, senza logica. Si sentiva totalmente abbandonato dalle sue idee e pienamente d’accordo con quelle diametralmente opposte di Will. Alzò gli occhi sul biondo ed annuì impercettibilmente. Will sembrò notarlo perché sorrise, contagiando anche Nico. Il moro, però, si concesse un sorriso appena più malizioso: “Mh, ti va se continuiamo il discorso da me?” Domandò. Si sentiva un po’ in imbarazzo a parlare così, ma… d’altro canto Will era il suo ragazzo, ormai… per la società, be’… Sì, insomma, aveva afferrato il concetto.
“Volentieri.” Disse Will mettendosi il cappotto, alzandosi e porgendogli scherzosamente il braccio, come se Nico fosse stato un aristocratico da scortare fuori.
Per la seconda volta di fila, quel giorno, quel tavolo rimase pulito.
 
Note di El: Oh, troppo presto? Ripasso tra un mesetto? Be’, per una volta ho fatto primaaa. Sono una frana coi titoli, Dio mio, ormai dovreste averlo capito. Mh, che dire. Oh, ho citato Coco. Sì, tutti quei “frena” di Will… Nulla, volevo omaggiare quel film e Will ci stava troppo bene. Ah, allora partiamo con la fine? Va bene. AVETE AVUTO LA VOSTA SOLANGELO, ADESSO CUCCIA. No, okay, ho adorato scrivere quel flusso di pensieri, all’inizio. Mi piace lo stile confuso e incoerente e contrastante. Evviva, per una volta sono soddisfatta. Sì, di mezzo rigo, ma vabbè. Sappiate che questo non è Will. Cioè, sì, è Will, insomma lo sapete che è lui, ma tutto il discorso delle etichette è un’idea che appoggio tantissimo di un mio amico, che mi ha fatto vedere le cose sotto una nuova prospettiva e mi ha un po’ cambiata. E nulla, siccome quei due sono praticamente due gocce d’acqua in tutto ho pensato che Will dovesse esprimere il suo pensiero. Ecco, altro omaggio fatto. Oh, avete capito chi era il ragazzo che è uscito dal bar mentre Will entrava? Adoro questo genere di cose.
Ora, eh lo so che Percy si sta lasciando andare, ma mi serve che stia via per un po’, che sbagli, perché di errori ne facciamo tutti e non sarebbe realistico. Ah, scusate se spesso i suoi pensieri risultano stupidi e incoerenti e se New York ha avuto uno sguardo, alla fine del suo pezzetto, ma dovevo adattare lo stile alla confusione di quei momenti e di tutto quel fumo.
LA FRAZEL, mh, non mi posso esprimere troppo su di loro perché sono il tipo di persona che si fa scappare il regalo di compleanno in un discorso sui dinosauri perché è disattenta, quindi ho paura di anticipare qualcosa. Comunque sappiate che è dal capitolo 0 che doveva andare così. Ho tutto sotto controllo, giuro, anche se quando nei film lo dicono nulla è davvero mai sotto controllo.
Frank e Percy non passavano più molto tempo insieme per motivi di gruppo, quindi mi piaceva l’idea che Frank potesse essere l’unico dalla sua parte. Ha sorpreso anche me (Oh, no, così sembra che la storia mi sfugga di mano, dannazione).
Piper e Jason sembrano un po’ le pettegole della situazione ma ehi, uno alla volta.
Ringrazio tutti i folli seguaci e la mitica in tutto _Viola02_ (Ti piace anche Haikyuu CIOÈ TI ADORO).
Ah, scusate se Leo è assente… OH NO... BASTA ZITTA, EL. BEEEEEEE' Note finite. A presto (spero). Ciao.
Adieu,
 
El
   
 
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