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Autore: Riikah    13/09/2018    0 recensioni
Park Jimin viene in possesso di un aletiometro, una bussola in grado di rispondere a qualsiasi domanda tramite dei simboli. Insieme al suo Daimon Yoongi, la propria anima in forma animale, dovrà proteggere lo strumento durante una pericolosa avventura.
Ci sono tre regole fondamentali per un Daimon: non parlare mai della trasformazione, non trasformarti e non innamorarti del tuo proprietario. Yoongi fallisce in modo spettacolare in tutti e tre.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1: La toga e il tocai

La sensazione dei granelli di terra umida che scivolavano attraverso le dita delle mani e il profumo di bosco che essi emanavano, riuscivano a donare a Jimin un senso di leggerezza e appagamento. L'immensa soddisfazione di modellare e accarezzare il terreno a suo piacimento gli fece dimenticare di tutto il resto del mondo attorno a lui. Non si accorgeva di come i raggi del sole filtravano dalle foglie e dai rami degli alberi illuminando tutta la vegetazione e il limpido lago, di come i ragazzini dagli abiti sporchi e malconci giocavano e urlavano intorno ad esso, e di come il mantello d'ossidiana del felino al suo fianco si stava pian piano modificando. Il micio era sdraiato a pancia in giù e stava sonnecchiando con il muso tra le zampe sulla riva del lago quando improvvisamente si svegliò, accorgendosi del suo mutamento. Il bianco aveva già avvolto i suoi arti e si stava prolungando per tutta la sua pancia, contrastando il nero rimanente lungo il corpo. Come già era successo milioni di volte, il rossastro aveva fatto la sua apparizione sfumandosi ovunque e formando delle macchie evidenti sulle punte delle sue lunghe orecchie, sotto il suo occhio sinistro e un'altra quasi al centro della fronte.

Nonostante continuasse ad arricciare in segno di fastidio il piccolo naso rosato, e avesse lanciato occhiate annoiate al ragazzo attraverso i suoi occhi allungati color ghiaccio, la sua coda non smetteva di agitarsi freneticamente in tutte le direzioni. Purtroppo non era mai stato e non sarà mai qualcosa in grado da riuscire a poter controllare. L'eccitato e curioso gatto calico che era in Jimin si faceva spesso sentire nei momenti di spensieratezza e serenità, assumendo il comando.

«Vedo che ti stai divertendo.» La voce ruvida e canzonatoria venne accompagnata da un basso ringhio. Il gatto si spostò per potersi avvicinare di più a Jimin, il quale alzò lo sguardo dalle sue mani piene di terra per poter seguire le azioni del felino, che si era nuovamente sdraiato ed era occupato a leccare il suo pelo multicolore. Non che gli dispiacessero gli altri colori, ma il manto nero corvino era sempre stato il suo preferito. Tutto questo bianco lo avrebbe fatto sembrare più sporco del solito.

«Oh Yoongi, smettila di prendermi in giro! Sai che non posso farci niente se cambi colore in base al mio umore. Se proprio ci tieni posso sempre riempirti di terra, così sarai di nuovo scuro.» Minacciò pericolosamente Jimin, avvicinando le mani piene di terriccio al muso di Yoongi. Ciò che ricevette in risposta fu un verso schifato e l'ennesima predica. «La colpa è comunque tua che ti diverti con poco. Non so neanche se questo sia effettivamente considerato divertirsi. I tuoi amici stanno giocando e tu sei qui ad appallottolare mucchi di terra sporca.»

«Lo dici come se fossi davvero dispiaciuto! Sei stato tutto il tempo a dormire e se avessi voluto giocare con loro ti avrei dovuto trascinare in braccio ovunque.» L'unica reazione di Yoongi fu un lungo sbadiglio in grado di mostrare tutti i sottili e taglienti denti. Cosa c'era di sbagliato? Lui amava dormire. In ogni caso avrebbe preferito fare un sonnellino anziché sporcarsi inutilmente.

«Non mi prenderete mai!» La profonda voce del loro amico Taehyung arrivò alle loro orecchie. Benché Yoongi fu abbastanza sicuro che Jimin l'avesse sentito, quest'ultimo rimase impassibile con il viso chino, continuando a giocherellare con i mucchi di granelli incastrati tra le piccole e carnose dita. Yoongi appiattì le proprie orecchie sulla testa. Non c'era bisogno di analizzare la figura di Jimin, poiché percepiva attraverso il proprio petto, molto vicino al cuore, una fitta di tristezza e delusione. Sbuffò e si mise a quattro zampe. Non voleva che Jimin si sentisse escluso e in qualche modo bloccato con lui quando non gli andava di fare qualcosa. Odiava i sensi di colpa e amava la felicità che Jimin era sempre stato in grado di trasmettergli.

«Prendiamoli, Jimin.»

Bastò quell'unica parola per far scattare la testa di Jimin in alto, facendogli smuovere ogni ciocca argentata via dal suo viso com'era solito fare con la sua mano (di solito più pulita), e farlo sorridere come se lo avesse reso l'uomo più allegro al mondo. O almeno questo appariva agli occhi di Yoongi. Un radioso ragazzo che riusciva a sorridere formando due occhi a mezzaluna e mostrando ogni dente. Yoongi inclinò il muso in segno di confusione quando Jimin formò due palle di terra con le mani prima di alzarsi e urlare un “ti prendo prima io”, dirigendosi verso i ragazzi che si stavano rincorrendo e addentrando sempre di più attraverso la foresta. Per quanto Yoongi fosse un gatto pigro, era molto agile e non lasciò mai il fianco di Jimin. Le risate e le grida riecheggiarono tra tutti gli alberi che sorpassarono, nascondendo le voci di alcuni richiami dei genitori rimasti sulla riva del lago. Quando arrivarono al confine della foresta, un ampio campo di grano mancante di sentieri si aprì alla loro vista. Ogni ragazzo si era quindi disposto in fila indiana per non perdersi, tutti nell'intento di catturare il loro nuovo obiettivo: Taehyung.

Il ragazzo alto e mingherlino dai capelli biondi e disordinati aveva una buona resistenza ed era sempre stato piuttosto scattante. Poteva correre molto velocemente e per parecchio tempo con il suo Daimon tra le braccia, Yeontan. Il Pomerania di piccola taglia aveva una criniera molto folta e soffice, un'adorabile coda a riccio portata sulla schiena e delle macchie color cioccolata sul pelo bruno; lungo la coda, le zampe, la pancia, le sopracciglia e il muso. Ogni volta che Taehyung avrebbe guardato il cane correre con le sue corte zampe, avrebbe iniziato a ridere incontrollabilmente e senza riuscire a fermarsi. Nonostante il carattere dolce e giocoso di Yeontan, come quello di Taehyung, se infastidito era in grado di provocare parecchi guai e dispetti. Quando Taehyung apprese che era meglio non far innervosire Yeontan, decise di prenderlo in braccio ogni volta che avrebbero dovuto correre lunghe distanze. Che entrambi i Daimon dei ragazzi finirono per andare d'accordo non fu una sorpresa.

Quando inaspettatamente Taehyung inciampò cadendo a terra (continuando a proteggere il suo Daimon, che guaì dal dolore tra le sue braccia), riuscì a sentire la voce di Jimin sopra tutte quelle degli altri ragazzi, che lo invitava a rialzarsi velocemente e a correre. Ma prima che potesse solo pensare di rialzarsi, fece contatto visivo con un basso ragazzo dai capelli scuri che si avvicinò pericolosamente a lui. Si ritrovò stranamente paralizzato alla vista di quelle due pozze nere che sembravano scrutarlo nell'anima.

«Ti abbiamo ingoiato! Ora devi fare tutto quello che dico!» Urlò il ragazzo, contrastando le parole alla sua giovane voce. Taehyung riuscì a scorgere Jimin lanciare palle di terriccio, le quali colpirono la nuca dell’assalitore che mugugnò dal dolore e ancora frastornato, gli diede abbastanza tempo per alzarsi da terra e fuggire insieme all'amico.

I due fuggiaschi decisero di ripararsi nella città, inseguiti ancora ferocemente da tutti gli altri adolescenti. Attraversarono ogni strada possibile, alle quali si innalzavano numerose e maestose strutture in stile gotico su entrambi i lati. Ognuno di loro cercò anche di imboccare percorsi alternativi per poterli circondare, ma nessuno si curò particolarmente di non disturbare le persone che passeggiavano, il mercato che si avviava all'aperto e ne tanto meno le guardie che svolgevano i loro turni. Sgattaiolando in un piccolo sentiero per loro familiare, che finiva con un alto cancello in ferro, sia Taehyung che Jimin rallentarono il loro passo. Nonostante Jimin fosse molto più basso dell'amico, gli si parò davanti in modo protettivo.

«Fermi! Se ci tenete alla vostra vita non fate un altro passo!» Strillò, dopo aver gonfiato il petto con il poco ossigeno rimasto a causa della corsa. Gli altri ragazzi si bloccarono tutti sul proprio posto con il fiatone, tranne uno, il quale stava avanzando lentamente verso di loro. «Questo non è un gioco, Jungkook. Non sai cos'è questo cancello?» Domandò, rivolgendosi al ragazzo dai capelli scuri che gli rispose in modo brusco. «L'ingresso posteriore del tuo stupido college, e allora?»

«Questo cancello è maledetto e voi Gyziani dovreste saperlo. Superare questo cancello è peggio del toccare un Daimon altrui a mani nude.» Affermò Jimin, cercando si spaventarli ma ricevendo un sonoro sbuffo in cambio. «E perché a te non è successo niente?» Il Daimon del ragazzo, Cooky, un piccolo coniglietto nero dagli occhi scarlatti molto coraggioso, iniziò ad infastidire Yeontan, il quale era balzato a ripararsi dietro la forma felina di Yoongi, di nuovo col mantello nero e intento a mostrare le zanne e gli artigli all'altra creatura. «Perchè noi viviamo qui ed abbiamo un passaggio sicuro, capisci? Tanto per cominciare è mia madre che ha maledetto questo cancello.»

«Quale madre se dicono che sei un orfano e che tuo zio ti ha lasciato qui solo perché nessuno ti voleva.» Il ragazzo ottenne uno sguardo infastidito e di sfida. Jimin intimò di venirglielo a ripetere più vicino, ma proprio mentre fu in procinto di avvicinarsi uno dei suoi amici gli consigliò di fermarsi e di non spingersi troppo oltre.

«Dovresti dar retta al tuo amico. Gli Accademici hanno una stanza speciale dove si occupano degli intrusi. Sai, hanno una toga avvelenata e questa ti brucia vivo.» Jungkook sbuffò nuovamente, ripetendo che fossero solo delle sciocchezze inventate.

«Te lo dimostrerò rubandola. Prenditelo Taehyung, basta che ti infili la toga.» Disse Jimin, alzando le spalle e ghignando. Dopo un breve momento di silenzio e riflessione in cui i due sembravano mantenere una lotta di sguardi, l'altro annuì in segno di accordo.

«Portala con te stasera, altrimenti guerra.» I due finiscono per darsi una stretta di mano, sorridendo e salutandosi a vicenda. Tutti gli Gyziani si avvicinarono al loro amico dandogli delle pacche rassicuranti sulla schiena e mormorando di quanto fosse stato audace solo un attimo prima. Anche Cooky tornò saltellando con allegria dal suo proprietario, dopo aver ricevuto un paio di leccate affettuose sia da Yoongi che da Yeontan.

Mentre Jimin li guardava allontanarsi, il basso sussurro di Taehyung catturò la sua attenzione. «Mi consegnerai a lui per davvero?»

«Certo che no. Posso rubare qualsiasi toga, tanto lui non se la proverà. Perchè, volevi essere consegnato per caso? Sai ho visto prima come l'hai guardato, hai perso tempo a fissarlo mentre potevi alzarti e scappare. Invece sono dovuto intervenire io e salvarti.» Schernì Jimin, ridacchiando maliziosamente e continuando a prenderlo in giro.

«Uh, non mi dispiacerebbe così tanto se mi consegnassi a Jungkook.» Mormorò imbarazzato Taehyung, per poi arrossire e rendendosi conto delle sue parole ormai troppo tardi.






Lanciando un ultimo sguardo verso la porta aperta della cucina e non vedendo nessuno, Jimin decise finalmente di salire quei pochi e proibiti gradini della scalinata racchiusa da due massicce colonne ai lati e dirigersi verso la tavola d'onore. La sua vista però, si soffermò su una grande cupola sopra di lui, decorata da centinaia di affreschi dei precedenti Maestri, togati, barbuti e solenni, prima di ricadere su un lungo corridoio distinto da trifore, le quali terminavano con un maestoso arco a sesto acuto. Ogni vetrata era colorata in modo diverso e ognuna di essa rifletteva i propri colori in ogni angolo della sala. I posti dei commensali erano caratterizzati da due file di lunghi tavoli che correvano da un capo all'altro del salone, apparecchiati con candelabri e cristalli scintillanti d'oro, non d'argento, e ad accogliere gli ospiti non ci furono panche di quercia bensì alte sedie eleganti, guarnite con cuscini di velluto. Jimin si fermò accanto alla sedia del Maestro e diede seccamente un colpetto al bicchiere più grosso con l'unghia di un dito. Il suono echeggiò, chiarissimo, per tutto il salone.

«Vorrei che mi dessi retta ogni tanto.» Mormorò Yoongi nella sua forma di gatto calico, mentre passeggiava con cautela su uno dei due tavoli allestiti cercando di non danneggiare qualcosa. «Tu non la stai prendendo sul serio, questa cosa.»

«Dobbiamo solo trovare una toga, poi ce ne andremo subito. Smettila di agitarti e di fare il vigliacco.» Rispose Jimin, impegnato a danzare elegantemente sopra una sedia e l'altra.

«Se io non facessi il vigliacco tu dove saresti, eh?»

«Sarei già nel salotto privato, quindi sbrighiamoci.» Dopo essere arrivati al capolinea della stanza, scendendo dalle sedie e dal tavolo, bastò loro svoltare l'angolo per ritrovarsi davanti ad un ampio portone. Jimin lo spalancò con prudenza per evitare inutili rumori. I due si affacciarono dentro la stanza, per fortuna vuota, dandole un occhiata veloce. Assomigliava vagamente ad uno studio, o meglio, una sala riunioni. Piena di oggetti astronomici e con un enorme tavolo ovale lucidato, sul quale si trovavano vari bicchieri e caraffe piene. Jimin aveva trascorso la maggior parte della sua vita dentro il college ma non aveva ancora mai visto il salotto privato prima d'ora: ad esso venivano ammessi solo gli Accademici e i loro ospiti. Mai nessuna donna, nemmeno le cameriere per fare le pulizie, al massimo, quel compito era riservato al maggiordomo. Il ragazzo sembrava molto più interessato a guardarsi attorno, tanto che aveva ignorato l'armadio delle toghe.

«Insomma, questo è quello che desideravi fin dal principio. Venire e spiare. Come ho fatto a non rendermene conto subito?» Sospirò Yoongi tra i suoi lunghi baffi.

«Forse. Lo sanno tutti che hanno dei segreti.» Ammiccò Jimin strizzando una delle sue palpebre, rendendo infastidito ancora di più il suo Daimon.

«Ma non sono affari nostri! Dovresti sentirti superiore e lasciare che si divertano in pace. Spiarli di nascosto è solo infantile. Poi si sa, la curiosità uccise il gatto.» L'ultima parte fece ridacchiare il ragazzo che si permise di finire il proverbio. «Ma la soddisfazione lo riportò in vita.»

«Da quando ti sei preso l'approvazione di poter prendermi in giro?»

Prima che Jimin potesse avere tempo di rispondere, dei forti e improvvisi passi arrivarono alle loro orecchie, facendoli zittire di colpo. Entrambi si guardarono a vicenda con gli occhi spalancati, presi dal panico e con il solo obiettivo di trovare un posto dove poter nascondersi. Jimin si guardò un attimo attorno, per poi decidere di aprire frettolosamente le ante dell'armadio contenente le varie toghe ed entrarci dentro, mentre Yoongi, capendo che non ci sarebbe mai entrato nella sua forma di gatto, si trasformò in un piccolo merlo nero dalle macchie rosse, gialle e bianche su entrambe le ali. Lo zampino di Jimin sulle sue mutazioni era abbastanza evidente. Yoongi aveva sempre pensato che la voce di Jimin assomigliasse a quella di un uccello canoro in grado di emettere senza sforzo delle note alte e melodiose. Con le sue fine e piccole zampe si aggrappò alla spalla di Jimin, picchiettandogli dolcemente la guancia. «Ci farai scoprire, te l'avevo detto.»

Due eleganti uomini entrarono nel salotto, uno richiuse con poca delicatezza le ante dietro di loro, e l'altro passeggiò curiosamente attraverso la stanza.

«Lord Jihyon è un membro imminente di questo college.» Disse il primo uomo, staccandosi dalla porta e avanzando verso il tavolo. Quando Jimin riuscì ad osservarlo meglio attraverso le fessure dell'armadio, lo riconobbe come il Maestro del college: con la sua folta barba bianca e ciuffi di capelli disomogenei, gli occhi infossati, la lunga veste nera e dorata, e l'inquietante corvo nero appollaiato sulla sua spalla.

«Maestro.» Chiamò il secondo uomo voltandosi. Era molto più giovane, con curati baffi, un vestiario altolocato e il Daimon di una biscia che spuntava fuori da uno dei taschini della giacca. Jimin non riuscì a riconoscerlo nemmeno quando non fu più di spalle. Probabilmente era un ospite. «Lo dico per il Magisterium, deve obbligarlo ad abbandonare il suo piano.»

«Il Magisterium non ha autorità dentro queste mura.» Rispose con voce ferma il Maestro.

«Si sbaglia, il Magisterium ha autorità ovunque. Se lei si rifiuterà, Lord Jihyon verrà ridotto al silenzio in un modo o nell'altro.»

«Forse, ma mentre lui è qui allo Yonsei la sua proposta verrà audita. E' la mia ultima parola sulla faccenda. Ora se vuole scusarmi devo richiamare all'ordine il concilio per la riunione d'oggi.»

Il Maestro si attenne alle proprie parole e uscì dal salotto, lasciando sospirare l'altro uomo che si era andato a sedere su una delle eleganti sedie. Jimin e Yoongi, che erano occupati a mantenere un respiro leggero e calmo, fissarono ogni suo movimento. Entrambi si accigliarono quand'esso stappò la brocca poggiata sul tavolo, contente un liquido giallognolo, per far scivolare dentro una polverina bianca racchiusa da un pezzo di carta. L'uomo richiuse la brocca, decidendo di uscire dalla stanza come se nulla fosse successo. Jimin sentiva i pensieri affollarsi e scontrarsi in modo confuso nella sua mente e non avrebbe chiesto di meglio che condividerli con il suo Daimon, ma c'era l'orgoglio che glielo impediva. Forse, per una volta, era meglio provare a districarli senza il suo aiuto. Sicuramente Yoongi gli avrebbe fatto la predica come al solito. L'elemento dominante era l'ansia, e forse anche un po' di paura, ma non per se stesso. Si era trovato nei guai abbastanza spesso da esservi abituato. Era per Lord Jihyon che si sentiva in ansia questa volta. Non accadeva spesso che lui venisse in visita al college, e il fatto che quello fosse un periodo di forti tensioni politiche significava che non era venuto soltanto per mangiare, bere e fumare con dei vecchi amici. Sapeva che sia Lord Jihyon e sia il Maestro facevano parte del Consiglio di Gabinetto, l'organo consultivo speciale del Primo Ministro, e quindi forse si trattava di faccende di quel tipo; solo che le riunioni del Consiglio di Gabinetto si tenevano a palazzo, non nel salotto privato dello Yonsei.

Proprio quando Jimin aveva intenzione di esprimere il casino nella sua mente con Yoongi, il portone si riaprì, ma questa volta da un nobile e familiare leopardo delle nevi affiancato da Lord Jihyon e seguito da un maggiordomo in divisa.

«Le vuole proiettare qui le diapositive, Lord?» Chiese piano il maggiordomo. «Sì, meglio qui che nell'aula accademica. A proposito, è tocai quello che vedo lì sul tavolo?» Parlò Lord Jihyon, con la sua voce rauca e autoritaria.

«Il Maestro me lo ha fatto versare in caraffa espressamente per lei, mio signore. Si è ricordato che lo apprezza molto, ne sono rimaste solo tre dozzine del '98.»

«Tutte le cose buone finiscono. Comunque avrò bisogno di uno schermo e di una lanterna di proiezione.» Detto questo il maggiordomo uscì dal salotto per poter soddisfare la richiesta.

Jimin ormai non si stupiva più del forte contrasto che c'era tra Lord Jihyon e il grassoccio maggiordomo, o gli Accademici languidi e ingobbiti. Lord Jihyon, suo zio, era un uomo alto dalle spalle possenti, dal viso scuro e crudele, con occhi che sembravano mandar lampi e accendersi spesso selvaggiamente. Era un viso da cui esser dominati, o con cui lottare; non certo da poter considerare con condiscendenza o compassione, mai. Ogni suo movimento era ampio e perfettamente equilibrato, ma in quel momento Jimin notò che aveva un'espressione distante e preoccupata. Il suo Daimon gli si avvicinò e gli appoggiò la testa all'altezza della vita, e lui le lanciò uno sguardo insondabile prima di voltarsi dall'altra parte e dirigersi energicamente verso il tavolo. Jimin provò subito una contrazione allo stomaco che avrebbe potuto con facilità provare anche Yoongi, perché Lord Jihyon aveva tolto il coperchio alla caraffa dal liquido giallognolo, e se ne stava versando un bicchiere.

«No!» Il tenue grido gli uscì prima che potesse reprimerlo. Jimin si precipitò fuori dall'armadio e si slanciò a strappargli il bicchiere dalla mano. Il vino spruzzò fuori, espandendosi sul bordo del tavolo e sul tappeto, mentre il bicchiere cadde a terra e andò in pezzi. Lui gli afferrò il polso, e lo torse con forza. «Jimin! Che diavolo? Prima che ti spezzi il braccio, come osi venire qui dentro?» L'espressione in volto a Lord Jihyon mostrò quanto fosse scioccato e deluso. «Lasciami andare e te lo dico!» Rimasero fermi per un istante, Jimin con il viso contorto dal dolore ma anche dallo sforzo di non piangere più rumorosamente, e l'uomo curvo su di lui con un tempestoso cipiglio carico di minaccia. Quando la presa si allentò, Jimin prese un respiro e provò a parlare. «Quel vino è avvelenato.» Mormorò lui, continuando a stringere i denti. «Ho visto che ci hanno messo dentro una polverina.» Lord Jihyon lasciò andare del tutto la presa, facendo cadere Jimin sul pavimento mentre Yoongi gli svolazzò pieno d'ansia sulla spalla. Suo zio guardò in basso con furia trattenuta, ma lui non ebbe il coraggio di incontrarne lo sguardo. «Ero entrato solo per vedere com'era fatta la stanza, so che non avrei dovuto.. Volevo andar via prima che potesse entrare qualcun altro, solo che ho sentito arrivare il Maestro e un'altra persona e sono finito in trappola. L'armadio era l'unico nascondiglio. Se io non avessi-» Si udì un colpetto alla porta.

«Torna lì dentro, tieni la bocca chiusa e gli occhi aperti. Farò in modo che i guai in cui ti trovi non diventino ancora peggiori. Se sento il più piccolo rumore ti farò desiderare di essere morto.»

Jimin tornò tremante dentro l'armadio con Yoongi, riuscendo a sentire ancora la preoccupazione del Daimon per lui. Lord Jihyon si accostò all'armadio e parlò sottovoce. «Fa' un solo rumore là dentro e io non ti aiuterò più, dipende da te.» Quando la porta si aprì per l'ennesima volta, una pesante scatola di legno con maniglie di ottone veniva trasportato dentro il salotto. Tutti si bloccarono inaspettatamente alla vista del vino e del vetro a terra. «Sì era il tocai, che peccato.» Disse Lord Jihyon. «La lanterna mettetela vicino all'armadio, lo schermo lo voglio dall'altra parte.»

Jimin si rese conto che avrebbe potuto vedere lo schermo e le relative immagini. Ingoiò a vuoto, chiedendosi se lo zio l'avesse fatto mettere così appositamente. Coperto dal rumore fatto dal servitore nello srotolare la tela rigida e nel sistemarla entro la sua cornice, Jimin si rivolse a Yoongi.

«Tranquillo, non mi ha fatto così male. Beh, hai visto? Valeva la pena di venire, eh?» Yoongi fece schioccare la lingua tra il becco. Jimin non si ricordava che qualunque cosa avrebbero fatto al suo corpo l'avrebbe potuta provare anche lui?

«Forse sì-» Rispose Yoongi austeramente, con la sua vocina da uccellino. «E forse no.»

Lord Jihyon guardò dritto verso l'armadio, dall'altra parte della stanza, e Jimin sentì quasi fisicamente la forza della sua occhiata, come fosse stata una freccia o una lancia. Poi lui distolse lo sguardo e parlò piano al suo Daimon, Sora. Lei venne ad accucciarglisi accanto con calma, vigile, elegante e pericolosa, e i suoi occhi verdi sorvegliarono tutta la stanza prima di volgersi, insieme a quelli castani di lui, verso la porta del salone non appena la maniglia girò. Jimin non era in grado di vedere la porta, ma sentì trarre un respiro quando entrò il Maestro e l'uomo del Magisterium. Quest'ultimo si presentò a Lord Jihyon dopo aver gettato un occhiata al tocai sul pavimento, dichiarando di aver tenuto sempre d'occhio le sue azioni da vicino.

«Maestro.» Enunciò Lord Jihyon, inchinandosi leggermente. «Faccia entrare pure il resto degli ospiti. Ho qualcosa di molto interessante da farvi vedere.»

   
 
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