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Autore: Urban BlackWolf    16/09/2018    3 recensioni
Può un falco forzare se stesso e rallentare per mettere in discussione le scelte fatte nonostante la sua natura lo costringa alla velocità, alla determinazione nel raggiungimento dell’obbiettivo di una vendetta?
E può una gru riuscire a proteggere con l’amore e la cieca fedeltà tutto ciò nel quale crede fermamente?
Possono due esseri tanto diversi fondersi in uno per tentare di abbattere le barriere che li separano pur solcando lo stesso cielo?
Ungheria 1950: Michiru, figlia della ricca e storica Buda, dove tutto è cultura e tradizione, lacerata tra il dovere ed il volere, dalla parte opposta di un Danubio che scorre lento e svogliato, Haruka figlia di Pest, che guarda al futuro correndo tra i vicoli dei distretti operai delle fabbriche che l’hanno vista crescere forte ed orgogliosa.
Una serie di eventi le porteranno ad incontrarsi, a piacersi, ad amarsi per poi perdersi e ritrovarsi nuovamente, a fronteggiarsi e forse anche a cambiare se stesse.
Genere: Romantico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Le Gru della Manciuria

 

 

I personaggi di Haruka Tenoh, Michiru Kaioh, Setsuna Meioh, Usagi Tzukino. Mamoru Kiba, Makoto Kino, Rei Hino e Minako Aino apparsi in questo capitolo appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Capitolo XXII

 

 

La furia del Turul di Pest

 

 

Haruka sembrava volare, i suoi piedi incollati al pavimento bianco e nero, il fiato cadenzato anche se pesante. Correva come il vento, come un dio alato, come il suo animale guida, il falco, che dalla nascita la seguiva e la proteggeva. Correva lungo i corridoi che dall’infermeria portavano alla rimessa. Correva spinta dall’angoscia, dalla necessità di dover far presto. Correva e ad ogni cancellata chiusa ci si abbatteva contro come un masso, sferrando calci ai ferri nell’attesa che una troppo lenta Shiry le aprisse per permetterle di passare. E Annamariah cercava di starle dietro, di mantenerne il passo, giudicando quell’ovvia frenesia come la disperazione di una sorella che sta rischiando di perderne un’altra.

“Cazzo… Muovetevi!” Urlò serrando le dita all’ennesimo sbarramento.

“Eccomi.” Ingoiando bocconi enormi d'aria comunque incapaci di soddisfare la necessità d’ossigeno dei suoi poveri polmoni, la guardia infilò la grossa chiave nella toppa forzando un po’ la mano.

“Tenoh, devo passare prima in armeria.”

“E dove sarebbe?”

“Al primo piano, vicino le stanze del personale.”

“State scherzando?! Allungheremo e Johanna non ha tempo!”

“Lo so, ma devo armare le mie ragazze.” Spiegò lasciando scorrere la cancellata sulle guide.

“Per un coltellino? Ma andiamo! - E ripresero a correre. - Per quella demente basterà sbattergli una manganellata sul muso.”

“Non credere. Non c’è da fidarsi di una che ha appena ammazzato la sua donna e che… - Riuscendo ad arpionarle il braccio la costrinse a fermarsi un attimo. - Aspetta! Haruka guarda le luci. Se salta la corrente dovrò dichiarare lo stato d’emergenza e non voglio che la mia squadra debba rotrovarsi al buio senza la possibilità di potersi difendersi in caso di bisogno.”

La bionda sembrò pensarci su una frazione di secondo, poi guardandola freddamente alzò le spalle facendo una smorfia. “Non me ne frega uno stramaledettissimo cazzo. Io vado alla rimessa… Con o senza di voi.”

Deglutendo l’altra tolse lentamente la mano da una tensione muscolare che aveva portato il bicipite sinistro di Haruka a gonfiarsi e tremare. Lo fece con comprensione e alla luce della situazione parallela venutasi a creare con l’arrivo della Polizia Segreta e del piano che da li a breve avrebbe messo in scena, decise di lasciarla andare.

“Va bene, ma cerca di stare attenta.”

“Datemi la chiave dell’armadio degli attrezzi, se non volete che lo apra a pedate.”

Le scaffalature erano piene di potenziali armi, ma non poteva certo finire di aggiustare quel motore con la forza del pensiero, così, anche se di malavoglia, la guardia la sfilò dal grande anello che portava sempre con se.

“Occhio Tenoh. Mi fido di te.”

“Se avrò la fortuna di vedermi quella porca davanti, vi assicuro che per fargliela pagare non mi serviranno oggetti appuntiti, ma solo questo.” Mostrandole il pugno chiuso lo rilasciò attendendo la chiave con il palmo rivolto all’insù.

“Haruka…” Ma Shiry la vide scattar via e sospirando fece altrettanto imboccando il vano scale.

 

 

Setsuna Meioh era una gran bella donna, alta, formosa, con la carnagione scura. I capelli corvini, lisci e lunghissimi, le labbra carnose, dove non mancava mai un filo di rossetto, gli occhi profondi di chi sa di avere in un particolare colore la forza di sguardi intensi. Si, Setsuna Meioh era una gran bella donna, che in quella sera speciale aveva addirittura smesso il suo abituale completo scuro per valorizzare le sue morbide sinuosità dentro un vestito da ballo. Eppure in quel preciso momento aveva davanti tre uomini talmente irritati da risultare immuni a qualsiasi forma di coercizione femminile.

Ma che maschi siete?! Si domandò amara terminando di versar loro l’ennesimo bicchierino di liquore.

Agenti; due della Polizia Segreta ed uno di quella Tributaria, insofferenti, resi ancora più smaniosi da compiti che per causa di forza maggiore non stavano riuscendo a svolgere con la solita velocità. La tormenta stava bloccando tutta la città. Persino la grande sfilata dei carri era stata interrotta per ovvi motivi di ordine pubblico. Le strade si erano fatte deserte già all’ora di cena ed ora, dopo quasi tre ore di una burrasca nevosa come non se ne vedevano da anni, erano ricoperte da uno spesso manto bianco.

Dilatando le narici la direttrice guardò di soppiatto l’agente Hino ferma accanto alla porta d’ingresso. Era riuscita a rientrare dal suo distaccamento proprio quando quei tre stavano attendendo in guardiania di essere ricevuti. Togliendosi cappotto e berretto completamente inzuppati, la ragazza li aveva guardati in modo strano, perché la loro presenza ad un’ora tanto insolita come quella l'aveva incuriosita, poi riconoscendone gli abiti scuri, i cappelli dalle rigide tese sempre calate sugli occhi e l’immancabile fare guardingo, aveva tremato. Agenti dell’ÁHV. Forti della loro posizione non si erano neanche scomodati a darle un cenno di saluto, anzi lagnandosi avevano iniziato a dare in escandescenza domandando al secondino di guardia al portone il perché in una prigione stesse andando in scena una festa e la direttrice stessa vi stesse prendendo parte. L’unico che a Rei era sembrato apparentemente più umano e meno tracotante, era stato il rappresentante della tributaria, che porgendole la mano si era presentato.

"Anche lei qui per il gran ballo?" Ci aveva scherzato su sorridendole.

"Pura casualità collega. Agente speciale Rei Hino."

“Agente Thöryn.” E lei aveva capito in un attimo che forse tra i tre quello era il più pericoloso.

La ragazza conosceva quell’uomo, ma non di persona, ma per sentito dire. La nomea che lo precedeva non era per niente rassicurante. Uno stato di servizio eccellente in una scorza gelidamente pragmatica. Di lui sapeva che l’aspetto fisico quasi albino ricalcava per intero un’anima glaciale. Misogino, amante della bella vita, narcisista, preciso sul lavoro e spietato con coloro che reputava suoi nemici. I suoi metodi di persuasione erano conosciuti per tutti i distretti, tanto da essere spesso accostato all’ÁHV pur non facendone parte.

“Piacere.” Aveva risposto non inquadrando la situazione. Perché si trovava li, in quel momento, assieme a due colleghi di un’altra sezione?

“Potreste essere tanto gentile da condurci dalla direttrice Meioh? Sono venti minuti che aspettiamo.”

Così aveva fatto e Setsuna, alla quale avevano appena comunicato che una detenuta stava sputando sangue in lavanderia, se li era visti arrivare di gran carriera. Con ancora l’abito da sera calzato addosso, il trucco, le scarpe con il tacco alto, aveva sorriso loro cercando di dissimulare il panico che l’era esploso dentro, capendo dai loro sguardi torvi, di stare venendo disapprovata e perché no, mal giudicata.

Tornando a guardare il denso liquido carminio, Setsuna ascoltò un’aperta critica fioccarle addosso senza neanche troppo preavviso.

“Una festa da ballo in una struttura di correzione?! Mi sembra quanto meno curioso direttrice Meioh. - Il più alto in grado dei tre, si alzò abbandonando sul bracciolo della poltrona i guanti di pelle nera che fino a quel momento aveva tenuto in mano. - E non vorrei che le signorine che stiamo aspettando stiano facendo ritardo proprio in virtù di questa particolarissima occasione.” Disse ironico seguito dal collega.

“Presto la neve coprirà totalmente le ruote del furgone e per noi sarà impossibile tornare al comando. Direttrice, vorremmo che voi e le vostre agenti foste un tantino meno frivole ed un po’ più celeri.”

Uno, due, tre e voltandosi languida, la donna sfornò un sorriso accattivante. “Vi dispiacerebbe proprio tanto passare la notte qui da noi?” E porse loro i bicchieri.

All’unisono rifiutarono mentre quello in piedi prendeva ad aggirare la scrivania per piazzarsi davanti al vetro della finestra quasi del tutto offuscato.

“Non è questo Dottoressa, ma credo che abbiate già il vostro bel da fare. - Indicando con un dito il lampadario proseguì quasi divertito. - L’intervallo fra un calo di tensione e l’altro si sta facendo sempre più ravvicinato e presto rimarrete pressoché al buio. Non prendetevela a male, ma non è una circostanza che vorremmo affrontare.”

Punzecchiata sul vivo lei si voltò nuovamente verso il mobiletto ritrovandosi a sbattere i due bicchieri sul piano. “Leggo una critica alla mia gestione, signore!”

“Be Direttrice Meioh, mettetela così; sappiamo che nonostante l’ausilio di forze esterne come l’agente Hino, non siete ancora riuscita a venire a capo di un’aggressione mortale, perciò con tutto il rispetto, non vorremmo essere invischiati in faccende che non ci riguardano. Se la coscienza vi segue, potete organizzare tutte le feste danzanti che volete, ma per quanto ci riguarda, questa sera siamo venuti qui per prelevare due detenute e nulla più.”

“La stessa cosa vale per me. Gradirei che la signorina Kaioh si sbrigasse così che io la possa accompagnare da suo padre.” Concluse Thöryn.

Già, l’ordine di scarcerazione che quell'agente le aveva sventolato davanti agli occhi e al quale lei non credeva affatto. In anni di carriera Setsuna non aveva mai conosciuto tanta solerzia nei confronti di una detenuta, anche se ricca come Michiru Kaioh. Portarle un ordine di scarcerazione così a tarda sera, in un giorno festivo, insolitamente accompagnato da un agente di quel calibro e non dal consueto e più formale telegramma, aveva un non so che di sospetto.

“Agente, rimango interdetta dal sapere che all’interno della Polizia Tributaria ci sia tanta premura verso una detenuta.”

Stirando le labbra ed alzando le spalle ancora cinte dal cappotto, il poliziotto ammise che per un personaggio tanto importante era quasi dovuto. “Per la figlia del banchiere Alexander Kaioh questo e altro.” E la vistosa cicatrice che gli solcava il viso all’altezza della guancia si mosse all’insù seguendo le labbra.

Quasi dovuto un cavolo, pensò la donna tornando a guardare Hino stranita anche più di lei. “Molto bene. Allora sono sicura che se dovessi interpellare il segretario del Ministro di Grazia e Giustizia, questi mi confermerebbe le vostre lodevole intenzioni. Corretto?”

Sostenendone lo sguardo chiarissimo attese una risposta che non le piacque affatto.

“Fate pure signorina, anche se devo avvertirvi che nonostante il maltempo, a quest’ora ogni funzionario che si rispetti starà partecipando alla grande festa per il venerdì grasso che annualmente va in scena nelle sale del Parlamento.”

Canaglia, ve la siete apparecchiata proprio bene… he?!

“Non voglio certo discutere le direttive del Ministero. Vi chiedo solo di portare un altro po’ di pazienza. Spero capiate quanto le questioni interne all’ÁHV abbia la precedenza su tutto il resto, anche sulla gentilezza dovuta ad un facoltoso banchiere. Manderò a chiamare la signorina Kaioh non appena le signorine Aino saranno consegnate ai vostri colleghi.” Un affondo per lei.

Facendo una smorfia grottesca proprio mentre qualcuno bussava alla porta, Thöryn le indicò l’anta scostandosi per lasciarla passare. “Spero solo di non dover attendere tutta la notte …signorina.” Un affondo per lui.

Chiamami Direttrice, imbecille! Smorzando la voglia di piantargli quattro nocche in bocca, Setsuna andò ad aprire e quando gli occhi di Annamariah Shiry le si inchiodarono addosso, capì che la situazione di per se già abbastanza difficile, si era ulteriormente complicata.

“Dove sono le detenute che devono essere trasferite?” Scandendo le parole perché i presenti nella stanza potessero sentire, sperò che l’altra afferrasse la difficoltà del momento.

E il caposquadra lo fece. “Direttrice… dovrei parlarvi un attimo.”

“Delle signorine Aino?”

“No. Loro saranno qui a breve. Il generatore ausiliario…, prego.” Facendole cenno di seguirla riuscì a portarla nel corridoio.

“Rei cortesemente, fate voi gli onori di casa. Signori… - Lasciando l’anta aperta per non destare sospetti, le due si fermarono accanto ad una finestra del corridoio sufficientemente lontane per poter parlare tranquillamente. - Allora Anna, qual è la situazione?”

Emettendo una specie di grugnito, Shiry le snocciolò in pochi secondi il dramma consumatosi in una manciata di minuti nel vano lavanderia. Mery, il coltello, la morte di Tesla, il ferimento di Johanna.

“Johanna?! Come sta ora?”

“Non bene. Dovrebbe immediatamente essere portata all’ospedale. Ho lasciato Haruka libera di provare a finire di aggiustare il furgoncino, ma dubito che ci riesca in breve tempo. Magari loro…” Un impercettibile movimento del mento verso l’ufficio.

“Loro chi?! Non possiamo certo chiedere alla Polizia Segreta di portare all’ospedale un nostro agente che poi agente non è! Anzi, che non soltanto ha una parentela di primo grado con una detenuta, ma è anche la figlia di un povero Cristo torturato dalla stessa ÁHV perché tacciato di frode ai danni dello Stato.”

Abbassando la testa Shiry iniziò a strofinarsi la fronte.

“Cercate di mantenere la calma. Conosco la scorza di quella ragazza e la testardaggine della sorella e sono sicura che ce la faranno. Johanna terrà duro ed Haruka aggiusterà quel fottuto motore.”

“Speriamo…”

“Non abbiamo più tempo ne scelta. Anna… - afferrandole una spalla la vide rialzare lo sguardo. - …dobbiamo fare evadere le sorelle Aino! Nonostante ci sia una tormenta e sia notte.”

“Sono già pronte nel locale caldaia.”

Non nascondendo una certa sorpresa, Setsuna se la guardò compiaciuta. In anni di lavoro fianco a fianco troppe volte aveva sottovalutato l’arguzia di quella donna ed ora non poteva che fare un mea culpa e ringraziare il cielo per averla accanto.

“Sono sole?”

“No, c’è Julie con loro.”

“Bene… So di chiedervi tanto, ma non possiamo fare altrimenti e mi dispiace che siate proprio voi due a rischiare maggiormente.”

“Direttrice non si faccia un’idea distorta della cosa. Julie ed io lo facciamo per il Generale, non per spirito eroico. Siamo entrambe madri e non ci alletta affatto il pensare che potremmo finirci noi alla casa della giustizia.”

Setsuna accettò lo stesso quell’azione pazza e coraggiosa. “E’ comunque lodevole, Anna. Ma ora abbiamo un’altro problema… - La luce cedette e per un paio di secondi tutto si ammantò di grigio. - Ecco, anche questa. Quando il generatore ausiliario entrerà in funzione, sappiamo che non tutti i blocchi saranno egualmente illuminati, perciò voglio che ogni guardia sia armata. Abbiamo sempre un’assassina ancora a piede libero!”

“Ho già dato l’ordine di distribuire i fucili e ho portato questa per voi.” Estraendo dal cinturone una piccola, ma letale Beretta 418, gliela porse senza farsi vedere.

“Grazie. Spero non mi serva.” Ratta si tolse lo scialle che portava sulle spalle nascondendola tra le spire del lino colorato.

“E’ tutto?” Chiese la capo squadra.

“Purtroppo no! Kaioh. Qui c’è un agente della Tributaria con un mandato di scarcerazione ed io non sono assolutamente convinta che sia vero.”

Anche Anna sembrò diffidente e vedendo con la coda dell’occhio un certo movimento nella stanza, cercò di velocizzare la conversazione prima di attirare sospetti. “Non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale?”

“No, ed è per questo che la cosa mi puzza. Da qualche anno a questa parte non è raro che i giovani rampolli della Buda bene spariscano improvvisamente per saltar fuori dopo qualche presunta donazione elargita della famiglia a qualche alta carica dello Stato. E chi meglio di un facoltoso banchiere come Alexander Kaioh potrebbe essere raggiunto da un riscatto?! La ragazza è in cella?”

“No, in infermeria. Ha un gruppo sanguigno compatibile con quello di Johanna.”

Setsuna si accese d’entusiasmo, perché almeno per Michiru aveva una scusa per temporeggiare. “Una ragazza che ha appena donato il sangue non può certo muoversi andandosene in giro per la città! Riuscirò a non farla salire nella macchina di quell’uomo almeno fino a domani mattina. Non appena riaprirà il Ministero, chiamerò un mio amico per avere una conferma sulla sua scarcerazione.”

“Va bene, allora io vado.”

“Anna. - Sul bel viso della Direttrice comparve tutta l’ansia del mondo. - Non c’è bisogno che ve lo dica, ma state attente. Un’evasione porta già di per se un gran casino, quella delle figlie di Ferenc Aino ci scatenerà contro tutto il Regime. Per quanto possibile cercate di rimanerne fuori.”

Scuotendo leggera la testa bruna, il capo delle guardie la salutò lasciandola rientrare nella sua personalissima arena.

“Bene signori, scusate l’intermezzo, ma purtroppo non ho buone nuove, soprattutto per voi agente Thöryn…” Disse seria richiudendosi la porta alle spalle.

 

 

Era strano, ma da quando Haruka le aveva confessato chi fosse, avvertiva uno senso d’affetto per lei, tanto che quando il dottor Kiba le aveva chiesto di prestarsi per la donazione di sangue, Michiru non aveva accettato solo per la sua bionda, o per bontà d’animo, ma anche per la stessa Johanna. Non si somigliavano molto nell’aspetto, a parte il taglio degli occhi e alcuni tratti somatici del viso, ma i modi di fare di quella ragazzetta sempre attenta, erano tali e quali a quelli del suo tornado biondo.

Una volta che il medico decretò conclusa la trasfusione con un cerotto a testa, Michiru la vide riaprire gli occhi finalmente un po’ più vigile.

“Come ti senti?” Chiese poggiando entrambi i gomiti sul sottile materasso del lettino.

“Mi ronzano le orecchie e la testa… gira tutto.”

“E’ normale. Avete perso una quantità esagerata di sangue. - Disse Kiba dando loro le spalle iniziando a sfilarsi il cravattino dal collo. - Vado a cambiarmi. Cercate di non muovervi. Non è detto che la clampatura regga.”

“Clampatura...? Cos’è successo!?”

“Non ricordi? Sei stata ferita da Mery. Ti ha pugnalata al petto quando eravate in lavanderia.” Disse Michiru accarezzandole il viso.

Cercando di sistemarsi meglio sulla schiena, Johanna avvertì un immediato dolore sotto la clavicola sinistra. “O cacchio…. - E perse per un attimo il fiato. - Brutta disgraziata! Ha fatto finta di stare male per dividermi da Julie ed aggredirmi.”

“Già e non è tutto. Ha colpito a morte Tesla. Molto probabilmente un raptus. Non so.”

L'altra la guardò come se non avesse capito bene, poi le tornarono in mente sprazzi di conversazioni afferrate qua e la prima d'iniziare a perdere conoscenza.

“Ricordo poco. Mery voleva usarmi come ostaggio, ma la slava ha cercato in tutti i modi di farla desistere. Improvvisamente mi sono sentita afferrata e spinta a terra. Poi una specie di gemito. Il resto è un’accozzaglia d’immagini distorte. Dov’è ora quella pazza?”

“E’ scappata prima che ti venissero prestati i primi soccorsi. - Muovendo in aria la destra Kaioh fece una faccia che era tutto un programma. - La stanno cercando.”

“E Haruka?”

“Sta provando a mettere in moto il furgone della prigione così che si possa portarti in ospedale. Le linee telefoniche sono fuori uso e non è possibile chiamare un’ambulanza.”

Johanna sembrò non prestarle ascolto. Nella testa un lampo. “Mery ha un coltello… Michiru è quello che Haruka aveva con se al momento dell’arresto!”

“Si, ma tranquilla, Shiry è con lei e le altre guardie la prenderanno prima che possa fare altro male. Ruka non corre alcun pericolo.”

Scorgendo una collega dritta in piedi accanto agli armadietti dei medicinali, Johanna fece cenno all’altra di avvicinarsi per poterle parlare ad un orecchio. “Quello è un Kés e la sua lama è sacra. Usandolo Mary ha fatto un affronto alla nostra famiglia.”

Tirando il busto indietro, Michiru aggrottò la fronte non capendo. Anche se ungherese da parte di padre, c’erano tante cose che non conosceva di quella cultura. Visioni fortemente arcaiche che Alexander non le aveva mai voluto insegnare. La parte più oscura della loro splendida cultura.

“Non ti seguo Johanna.”

“Michiru…, Haruka è mia sorella.”

“Lo so. Me l’ha detto. Ma cosa c’entra con…”

“Non gliela lascerà passare liscia.”

Scuotendo la testa le afferrò la mano. “Johanna… Cosa devo fare?”

“Fermala…, ferma Haruka prima che sia troppo tardi. - Inspirò esageratamente sentendo le palpebre pesanti. - Ti prego… KAIOH.” Esausta iniziò a sprofondare nel sonno.

“Come? Come mi hai chiamata?”

“Signorina Kōtei, adesso basta!”

Uscendo fuori da un separé aperto a nascondere un angolo dell’infermeria, Kiba la guardò con rimprovero non potendo certo immaginare quello che di gravissimo le due si erano appena dette.

“L’agente Horvàth deve risparmiare le forze. Lasciatela riposare e anche voi... - Con un cenno richiamò l’attenzione dell’altro secondino. - … tornate nella vostra cella e stendetevi un po’. Mi assicurerò che vi portino qualcosa di sostanzioso da mangiare.”

“Non posso! Devo parlare con Haruka, dirle che Johanna sta meglio.” Ma si sentì afferrata per un braccio dalla guardia.

“Avvertirò io Tenoh, ma ora voi tornate in cella.” Ordinò l'altra cercando un tatto che dopo tutto quello che era accaduto proprio non sentiva di avere. In quella stanza c’erano puzza di sangue e disinfettante e non vedeva l’ora di riportare quella ragazza al blocco d’appartenenza.

Sentendo resistenza iniziò a strattonarla. “Su coraggio Kōtei, avete sentito il dottore no? Andiamo.”

Abbandonando le dita di una Johanna ormai completamente assente, Michiru si lasciò condurre fuori.

Iniziarono così a tornare indietrompercorrendo velocemente il Blocco C. Guardandosi intorno Michiru riconobbe le svolte che portavano ai locali tecnici e da li, alla rimessa. Una volta uscite non sarebbe più potuta rientrare senza permesso. La luce era bassissima, il corridoio deserto e lei voleva, doveva raggiungere Haruka. Allora agì.

Rallentando quanto basta per portarsi leggermente dietro all'altra donna, si scusò prima di sferrarle con il taglio della mano un micidiale shuto alla base sinistra del collo. Pronta a sostenere la guardia tramortita, l’adagiò a terra con le spalle rivolte al muro.

“Mi dispiace tanto, ma ora non posso proprio darvi retta.” Ed anche se la testa le girava un poco, scattò ugualmente verso i locali tecnici.

 

 

Minako abbracciò Usagi mentre sedute su un paio di casse, aspettavano l’arrivo del capo squadra. Strappate quasi con forza dalla festa per essere ricondotte nella loro cella con l’ordine di cambiarsi in favore di abiti più consoni ad un viaggio che ad un ballo, erano ora immerse in un silenzio rotto solo dal borbottio della caldaia e dal vento che sbatteva sul grigliato di sicurezza delle finestrature a nastro. Avevano perfettamente capito che era accaduto qualcosa, che dovevano essere trasferite, ma Julie, il vice di Annamariah, ancora non si era degnata di spiegar loro la situazione. Muta come una statua di cera, la donna se ne stava appoggiata alla porta, in ascolto, come un soldato sul mastio di una roccaforte. Armata di un fucile a ripetizione adagiato tra le braccia conserte, aveva lo sguardo scuro e il viso totalmente inespressivo.

“Si può sapere cos’è successo? Perché siamo qui e perché siete armata?” Sbottò Minako.

“Vi ho già detto che dovete attendere. Le spiegazioni arriveranno non appena Shiry sarà qui.”

“E’ un nostro diritto almeno il capire se siamo in pericolo o meno.”

“Visto questo… non credo che qualcuno possa farvi del male.” Mostrando e dando due colpetti l’arma, stirò fieramente le labbra non facendo altro che agitare la biondina ancora di più.

“E se ci volessero trasferire? Magari proprio nella sede della Polizia Segreta?” Chiese sommessamente Usagi spalancando sulla sorella i suoi grandi occhi azzurri.

“Non dire sciocchezze amore e poi dove vuoi che ci portino con questa tormenta?”

“Si, ma l’ÁHV non viene ad interrogarci da giorni e lo sai che quelli non mollano tanto facilmente. Il fatto di non avergli dato informazioni, non vuol dire che abbiano deciso di lasciarci in pace.”

“E’ così?!” Scattò l’altra alzandosi verso la guardia.

“Vi ho detto che appena…” Tendendo l’orecchio, si mise il fucile in spalla aprendo leggermente la porta di metallo.

“Grazie al cielo.” Spalancando l’anta la donna accolse il superiore con un sorriso.

“Svelta richiudi. - Ordinò Shiry guardandosi le spalle. - Le ragazze stanno bene? Le hai informate?”

“No!” Intervenne Minako guardando entrambe a brutto muso.

“Ho preferito aspettare che ci fossi anche tu.”

“Poco male. Signorine, la Polizia Segreta è venuta a prelevarvi per portarvi alla casa della giustizia.” Annunciò quasi stentorea e Usagi storcendo la bocca, seguì la sorella in piedi sbattendo le braccia lungo i fianchi.

“Ecco… Lo sapevo!” Se ne uscì mentre la maggiore prendeva con meno filosofia la notizia iniziando ad inveire.

“Siamo letteralmente fottute Usa!”

“State calme, non è affatto detto. - Scendendo i gradini, il capo squadra prese i cappotti abbandonati sul finire del corrimano porgendoglieli. - Ma dobbiamo muoverci. Ascoltate con attenzione perché non abbiamo tempo. Julie ed io siamo al servizio di vostro padre. Qualche ora dopo la vostra cattura, abbiamo ricevuto l’ordine che se foste state in pericolo vi avremmo fatte evadere. Ora, lo so che fuori è brutta, ma non avete altra scelta. Apriremo il cancello di servizio quanto basta per farvi uscire e voi non dovrete far altro che cercare di raggiungere la parte settentrionale del distretto, dove c’è la scuola di Agraria. Li c'è sempre un nostro agente pronto alla bisogna. Avrà una macchina e vi porterà fuori città.”

Prendendo ed infilandosi i cappotti di lana grigia, le due la fissarono quasi inebetite.

“Ma avete capito?!” Chiese lei scuotendo Mina per un braccio.

“Allora nostro padre è ancora in patria!”

“No, è al sicuro sul suolo cecoslovacco, ma non sappiamo di preciso dove. Lo sapete come funziona; nessuno di noi deve mai avere la completezza delle informazioni. L’autista vi accompagnerà in una località sicura, poi quando le acque si saranno calmate, espatrierete e potrete riabbracciarlo. - Tornando sulle scale sorrise alla collega rimasta a guardia della porta. -Sbrighiamoci però. Quei bravi signori non aspetteranno per sempre il vostro arrivo.”

Riaprendo l’anta Julie tornò ad imbracciare il fucile controllando il corridoio.

“Non ci avete detto del perché siete armate.” Chiese Minako sbirciando la pistola che Shiry portava incastrata nel cinturone di servizio.

“Abbiamo ancora un’assassina a piede libero.”

“Chi?” La curiosità infantile completamente fuori luogo della piccola Usagi le fece quasi tenerezza.

“Mery.”

“Lo dicevo io che quella era matta come un cavallo.”

Iniziando a camminare nella penombra arrivarono poco dopo al bivio che portava da una parte al centro di smistamento e dall’altra all’uscita, quella accanto alla rimessa.

“Julie, adesso torna dalle altre, se tutto andrà come spero, ti raggiungerò dopo aver richiuso il cancello.”

“Vuoi andare da sola?”

“Sei il mio vice e sai meglio di me che almeno una delle due deve essere sempre presente nella struttura. Coraggio, non ci metterò molto.” La esortò con una pacca sulla spalla.

“Stai attenta.”

Annamariah la guardò allontanarsi e con un gesto del capo spronò le ragazze a seguirla verso l’estero, verso quel mostro bianco fatto di turbini che stava montando potenza nella notte di Budapest non sapendo che dietro ad una delle porte che si affacciavano sul corridoio, orecchie tese le avevano ascoltate.

 

 

Colpendo con violenza la pelle del volante, Haruka cercò di ricacciare indietro le lacrime. Era disperata e più cercava di stare calma, di riflettere e più le sembrava di stare perdendo tempo prezioso che sapeva di non avere.

Non essendo nella sua natura l’arrendersi, provò l’ennesima volta a girare la chiave forzando la frizione con il piede sinistro e dando gas con il destro. Un forte sussulto assorbito dalle molle cigolanti sotto il sedile, un paio di scossoni e nulle più. L’immobilità totale. Emettendo un grido rabbioso piantò la fronte su uno dei tre raggi metallici del manubrio iniziando a lacrimare.

“Dannato bastardo. Vaffanculo!” Ed un nuovo colpo con il palmo ormai arrossato.

Era imbestialita, per tutto. L’inettitudine che stava dimostrando come meccanico la stava destabilizzando, perché conosceva le sue capacità e non si sarebbe mai aspettata un fallimento. Mai! Era imbestialita perché sapeva che quella poteva essere l’unica speranza per salvare Johanna. Era imbestialita perché il suo Kès era servito per far male ad una delle due donne che in quel momento sentiva di amare più di tutto. Era imbestialita perché i suoi occhi stavano nuovamente diventando liquidi nonostante il giuramento fatto alla morte di suo padre.

Digrignando i denti si aggrappò al volante rialzando la testa. “No! Haruka Tenoh non piange, agisce cazzo!”

Passandosi con stizza il dorso della destra sulle guance respirò l’odore di Michiru che ancora aveva addosso. Non era neanche un’ora che si erano lasciate e già le mancava da morire.

Scendendo dalla cabina tornò al cofano lasciato aperto. Arpionando il bordo iniziò ad esaminare quel motore che conosceva ormai pezzo per pezzo. L’aveva amato, coccolato, servito, nutrito con grasso ed attenzioni e ora lui la tradiva.

“Ragiona Haruka. Cosa ti sta sfuggendo?!”

Ti sfugge che sei una mezza sega, ecco cosa ti sfugge. Quello è un motore, non una macchina per lo stampo dei rivetti, le avrebbe detto Johanna girandole lentamente dietro le spalle con fare strafottente. Le mani serrate ai reni e quel sorrisetto imbecille che la bionda non sopportava perché marcatamente ironico e pronto a sottolineare ogni suo fallimento.

“Zitta tu che di un camion non sapresti riconoscere una candela da un pistone!” Disse rendendosi conto di aver parlato al nulla.

O Jo… Abbassando la testa sentì di stare nuovamente per cedere quando una voce benedetta le solleticò l’udito.

“Ruka…”

Uscendo fuori dall’ombra del cofano, Haruka s’illuminò tutta. Michiru se ne stava ferma sulla porta. Le braccia lungo i fianchi, la postura eretta, un leggero fiatone ad alzarle ed abbassarle lo sterno, ma con una strana smorfia sul volto pallidissimo.

Nel vederla la bionda trattenne il respiro ipotizzando l’irreparabile. “Michi… Johanna?”

“E’ stabile. - La rassicurò facendo un passo in avanti. - Ruka… Stai calma.”

Interdetta l’altra la imitò scuotendo la testa. “Michi che hai? Non capisco.”

Poi un suono le colpì le orecchie. Un clak che conosceva molto bene. E capì il perché di quel viso teso.

Strisciando da dietro il corpo di Kaioh, Mery le piazzò la lama del coltello ad un paio di centimetri dalla gola. “Bene, bene, bene. Ecco qui anche la nostra bella bionda.”

Haruka non si mosse, dilatò semplicemente le pupille avvertendo nitidamente un’esplosione di calore all’altezza della fronte. Poi un fuoco dentro che di rimando le fece serrare i pugni fino al bianco delle nocche.

“Mi stavo facendo gli affari miei quando ho sentito un improvviso vai e vieni di gente. In ultimo... questo fiore tutto solo soletto ...”

Spinta ai reni per un paio di passi, Michiru si sentì stringere l’avambraccio sinistro al collo. “Se Tesla ci scoprisse sono sicura che non la prenderebbe bene. Dobbiamo mantenere il segreto. Capito Tenoh?!” Annusando i capelli della sua preda fremette sommessamente.

“Cosa stai farfugliando? Lasciami Mery.” Ordinò Michiru afferrandole la manica.

La donna continuò a guardare il verde degli occhi di Haruka senza però vederli veramente, come se stesse galleggiando in una sorta di trance. “Perché Tesla continua a stravedere per te? Che cos’hai che l’attira tanto?”

“Mery… lasciami.”

“Lei ha bisogno di avere accanto una donna che si faccia dominare e tu bionda, tu sei come un turbine di vento che non si può ingabbiare.”

Ascoltandola parlare al presente, come se gli avvenimenti delle ultime ore non fossero mai accaduti, Michiru iniziò a capire che forse quella bava di ragno che stava tenendo in piedi la sua stabilità, si era definitivamente sfilacciata. Così provò a giocare d’astuzia. Avrebbe potuto liberarsi facilmente, ma qualcosa nello sguardo di Haruka le impediva di farlo, le urlava di prendere tempo. La bionda era immobile. Non aveva risposto ne detto ancora nulla. Il suo fiato era cadenzato e profondo e questo la preoccupò più del sentirsi una lama di svariati centimetri alla carotide. Sembrava una furia pronta allo scatto, un ghepardo attento fisso sulla preda.

“Su dai, lo sai che non è vero. Tesla ti ama e non farebbe mai nulla per dispiacerti.” Disse convinta come se stesse parlando con una vecchia amica davanti ad una tazza di te.

Lentamente la donna armata spostò le iridi dalla bionda all’ostaggio, allentando impercettibilmente la stretta. “Mi ha picchiata, ed è tutta colpa tua, sai?”

“Mi dispiace Mery. Siamo state fraintese, ma è pentita per averti fatto del male.”

“E tu che ne sai?!” Chiese stizzita.

“Me l’ha detto lei. Ti ama ed è questo quello che conta.”

“Davvero?” E la lama si abbassò un poco.

“Certo! Haruka, diglielo anche tu. Rassicurala…”

Quell’innocente smania di cercare di sistemare le cose con la condiscendenza, maturò frutti completamente diversi da quelli che Michiru si sarebbe aspettata di cogliere e questo perché nonostante tutto l’amore che provava per Haruka, si conoscevano ancora relativamente poco per sapere tutto l’una del carattere dell’altra. Così cercando di fare del bene, di cristallizzare una situazione che aveva superato il punto del non ritorno già da tempo, si ritrovò a far peggio.

“Cosa cazzo dovrei dirle Kōtei? Che ama talmente tanto la slava da non voler ricordare che il sangue su quella lama è anche il suo?!”

“Haruka!”

Una volta analizzata quella vergata, Mery prese a fissare sul coltello quell’accozzaglia rossastra ormai raggrumata corrugando la fronte. “Cosa sta dicendo, Michiru?”

“Nulla Mery è che…”

“L’hai ammazzata, così come hai ammazzato quella povera vecchia! Hai spezzato la vita della tua donna e ora dovrei avvallare questa pagliacciata solo perché ti è andato in pappa il cervello?!”

“Haruka no!” La riprese Kaioh ritornando a sentire l'avambraccio della rossa serrarsi al suo collo.

“Sei una bugiarda Tenoh. Io amo Tesla e non le farei mai del male.”

“Lascia subito! E affronta la verità!”

“Io non… Sei cattiva! Non dovresti parlare in questo modo…” Una sorta di voce infantile, un improvviso tremore nella mano che reggeva l’arma e Michiru agì prima che potesse essere troppo tardi.

Spezzando quel picco di tensione, riuscì a svincolarsi schiacciando con il tallone destro il collo del piede dell'altra e sentendosi libera quel tanto, le sferrò una gomitata allo stomaco sgusciando alla sua sinistra e rotolando via verso il muro. Voltandosi pronta a fermare Haruka, fu però colpita da un violento senso di vertigine rimanendo confusa per qualche secondo.

Ormai libera da ogni freno, la bionda si fiondò su Mery. Bloccandole la parte posteriore del ginocchio con una gamba, riuscì a buttarla in terra, a soverchiarla mettendosi a cavalcioni sopra di lei. Afferrandole la mano armata, iniziò a sbattergliela violentemente sul marmittone della rimessa facendogliela aprire.

“Questo è mio!” Riprendendo il Kés ne guardò la lordura della lama e il suo cervello si spense. Con un gesto secco lo abbandonò alle sue spalle piantando un primo pugno sul viso della donna rimasta inebetita.

“Non me ne frega un cazzo se sei uscita fuori di testa! Hai fatto del male a Johanna. Non avresti dovuto... sporca bastarda!” E già un altro paio di colpi.

“Se muore è colpa tua!” Un quarto ed un quinto affondo.

“Haruka…” Allucinata Michiru cercò di rialzarsi poggiandosi al muro.

”Hai usato ciò che mi appartiene dalla nascita per far male a mia sorella!”

Schizzi di sangue iniziarono a fiottargli addosso, ma neanche le avvisaglie dei primi dolori alle articolazioni della dita impedirono alla bionda di fermarsi. Continuando a colpire duro non sentì neanche i richiami di Michiru e le sue braccia che le avvolgevano la vita nel disperato tentativo di fermarla.

“Per carità Haruka, fermati!”

Ma non era come nelle docce. Questa volta Tenoh sembrava essersi trasformata in un animale assetato di sangue. Lo sguardo lucido di chi sa quello che sta facendo, non ne gode, ma lo ritiene necessario al fine di una giustizia sommaria tutta sua. La forza messa nei muscoli della schiena, nelle spalle e nelle braccia, costrinsero Kaioh ad uno sforzo sovrumano. Aiutandosi con tutto il peso del corpo riuscì a buttare indietro Haruka e a scostarla da una Mery mezza tramortita.

“Lasciami Kōtei!” Divincolandosi la sentì totalmente avvinghiata a se.

“Basta!”

Ma nonostante tutto Haruka era più forte e non aveva appena donato del sangue. Facendo leva sulla carica nervosa che ancora aveva nelle gambe, Tenoh riuscì a mettersi in piedi trascinando con se anche l’altra. Ansimando come una locomotiva tornò a guardare il viso imbrattato di sangue di Mery ed i primi movimenti che stava cercando di compiere per rialzarsi e nuova linfa violenta scorse in lei.

“Non ho ancora finito con te! - Le urlò contro cercando di scrollarsi Michiru di dosso. - Alzati bastarda! Alzati!”

“O detto basta!” E Kaioh colpì.

Uno schiaffo secco. Un dolore acuto, che percorse i sensi di entrambe. Occhi negli occhi si fissarono. L’incredulità di Haruka. La determinata sofferenza di Michiru. Portandosi la destra alla guancia la bionda chinò la testa improvvisamente quieta, mentre l’altra si voltava verso Mery ormai in ginocchio.

“Sparisci! Non m’importa dove, ma vattene via!”

“Lo dirò a Tesla e non te la farà passare liscia. Hai capito Tenoh?!” Delirò quella tenendosi la bocca barcollando all’indietro per poi uscire malconcia dalla porta.

Kaioh tornò a guardare la compagna. La frangia dorata calata sulle belle ciglia chiuse, il respiro pesante. Non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva appena visto. Era sconvolta. L’adrenalina le aveva intimato di agire, di gettarsi su Haruka per cercare di fermarla in ogni modo. Ma quella furia non era la ragazza della quale si era innamorata. Quelle mani ricoperte da sottili rivoli rossi non erano le stesse che le facevano fremere i sensi spalancandole l’anima ogni qual volta la toccavano. Quegli occhi ciechi offuscati di ferocia, che non vedevano, non capivano, non erano gli stessi dalle mille sfumature verdi che tanto adorava fissare.

“Cosa ti è preso… Haruka!” Più un’affermazione che una domanda.

La sentì tremare un poco. Uno spasmo. Un ritorno di coscienza.

Era delusa anche se l’ira che aveva trasfigurato quella ragazza, la sua ragazza, era comprensibilissima. Pronta a qualsiasi reazione violenta, Kaioh arretrò di qualche centimetro pronta all’urto verbale, ma nuovamente nell’arco di quei pochi minuti si rese conto di aver sbagliato calcolo. Haruka non reagì come si sarebbe aspettata, anzi, alzandole contro due occhi disperati, serrò i denti evidenziando i muscoli della mascella.

“Non… Non riesco a farlo partire.”

“Il furgoncino? - Chiese provando a farsi capire. - Ma questo non giustifica il tuo comportamento.”

“Non ci riesco… Io… non riesco.” E le palpebre della bionda si serrarono cercando di bloccare due lacrime sottili.

Colpita al cuore l’altra se la strinse forte contro arpionandole i capelli. “O mio amore.”

“Eppure… sono… brava. Michiru, sono brava.”

“Lo so Ruka, ma non puoi aggiustare tutto.”

“Io devo aggiustarlo.” E purtroppo aveva ragione.

“Ascoltami… - Afferrandole le guance la fissò pretendendo uno sguardo di rimando. - Sei proprio sicura di aver fatto tutto quello che potevi?”

Con un sospiro la bionda rispose di si. “Anche più del dovuto. Ero convinta che fossi a tanto così dal riuscire a farlo ripartire.” Avvicinando pollice ed indice a mezz’aria, si voltò verso il cassonato verde militare.

“Johanna sta riposando, abbiamo ancora un po’ di tempo per ricontrollare tutto. Non devi scoraggiarti.”

Parole d’incoraggiamento che diedero a Tenoh un ritrovato contegno. Un respiro secco e piegandosi a raccogliere il coltello, ne pulì la lama strofinandola con forza nel bordo del maglione, poi richiudendolo se lo mise in tasca ammettendo che Michiru avesse ragione. Doveva tentare ancora.

Seguita ritornò al cofano iniziando ad elencarle i singoli lavoretti che aveva fatto su ogni parte di quell’emisfero all’altra completamente avulso. Non potendola aiutare cercò quanto più possibile di farle domande capendo che il lasciarla parlare, non soltanto era utile per cercare di trovare un’eventuale falla, ma soprattutto serviva a calmarla. Haruka ripercorse con meticolosa precisione ogni passaggio fatto, arrivando alla più logica delle conclusioni; aveva realmente fatto tutto il possibile.

Dando un colpo di stizza alla carrozzeria guardò la ragazza allargando le braccia. “Visto?!”

“Eppure se non parte qualcosa c’è. - Ragionò Kaioh improvvisamente illuminata da un pensiero apparentemente infantile. - Ma… la benzina? Ce l'hai messa la benzina?”

Per una frazione di secondo sul viso della bionda montò una smorfia di saccenza mista ad arroganza, poi…

“O… cazzo…”

Saltando con due balzi al serbatoio, ne svitò il tappo dando un’occhiata al suo interno per poi lanciare una tuonante imprecazione che Michiru fece finta di non aver sentito. “Porca puttana! Sono veramente una mezza sega! Ci saranno neanche due dita di carburante. E’ praticamente a secco! Dobbiamo trovare della benzina. Forza Michi… negli armadietti. Cerca delle latte rettangolari.”

Rivitalizzate di speranza, spulciarono in ogni armadio, arrivando anche a spaccare con una spranga i lucchetti di quelli dei quali non avevano la chiave. Ogni ripiano, ogni angolo. Non trovando che porcherie piene di polvere, stavano per desistere quanto Kaioh lesse un’etichetta sbiadita che la riportò in un certo senso a casa. “Manciuria Petroleum Company. Haruka… potrebbe andare?”

“Ma guarda che residuato bellico! - Una latta da dieci litri seminascosta su uno scaffale troppo alto per Michiru. - Questa è roba vostra. Una benzina sintetica derivante dagli scisti della Manciuria. Durante la guerra la usavano anche i tedeschi, ecco perché è qui.”

“Nostra? Vuoi dire giapponese?”

“Si.” Rispose entusiasta tirandola giù ed aprendola.

Svuotando la latta nel serbatoio la ragazza tornò a sedersi al posto di guida e dopo un sonoro sbuffo, riprovò a mettere in moto. Questa volta per l’ambiente della rimessa riecheggiò un poderoso rombo.

Colpendo nuovamente il cerchio del volante, ma questa volta con entusiasmo, la bionda scese abbracciando e baciando l’altra.

“Hai visto?” Chiese Michiru soffocata dalla bocca dell'altra.

“Grazie… Grazie, grazie, grazie…” Le soffiò poi tra i capelli.

“Sei tu che lo hai aggiustano. Visto che le ruote hanno già le catene non rimane che portarlo nello spiazzo. Avanti, aiutami ad aprire le ante.”

 

 

Contrariato per la situazione, ma tutto sommato in piacevole compagnia di un’affascinante collega, l’agente Thöryn guardò Rei ferma in piedi accanto a lui allungandole il pacchetto di Leek rosse. Era uscito dall’ufficio per fumarsi una sigaretta e lei lo aveva seguito non riuscendo più a sopportare lo stato di tensione che era venuto a crearsi tra la Direttrice Meioh e i rappresentanti della Polizia Segreta. La lentezza nel consegnar loro le sorelle Aino stava sollecitando la già di per se risicata pazienza dei due uomini.

“Direttrice questo è assurdo!” Urlò uno dei due sbattendo un pugno sulla scrivania della donna che per nulla intimorita riprese a versarsi da bere come se non ci fosse un domani.

“Se proprio ci tenete, perché non ve le andate a prendere da soli? Capirete il perché di tutto questo ritardo.” Sentendosi leggermente brilla, benedisse la gradazione alcolica che stava impedendo alla paura di saltar fuori.

“Non ci sono problemi! Troveremo il blocco anche se ci dovesse essere un buio pesto, ma devo avvertirvi che questo comportamento sarà segnalato al vostro superiore!” Minacciò uscendo seguito dal collega mentre un poderoso vaffa mentale veniva partorito dai pensieri della donna.

“Ma fai come ti pare... imbecille.” Borbottò lei storcendo la bocca prima d'inarcare la schiena e gettarsi nella gola nuovo calore liquido.

Osservandoli allontanarsi di gran carriera, Rei aggrottò le sopraciglia per ritrovarsi una batteria di sigarette quasi sotto il naso.

“Sono estoni. Molto corpose. Le conosce?”

Sorridendo scosse la testa. “No, grazie. Non fumo.”

“E’ un peccato, rilassa i nervi.”

“Allora è questo il segreto della vostra calma.”

Portandosi un filtro alle labbra, l'uomo ne estrasse una accendendola con la fiamma di un accendino d’oro. “In realtà credo proprio che in questo caso sia tutto merito di una bella collega dagli splendidi capelli scuri. E poi non ho tutta questa gran fretta di mettermi al volante con un tempo come questo.”

Lusinghiero anche più della decenza, spostò l’attenzione dalla ragazza alla finestra con il telaio esterno ormai interamente bordato di neve. Riponendo il pacchetto nella tasca interna del cappotto, iniziò a pulire il vetro mettendo finalmente in evidenza lo spiazzo sottostante ed il cancello secondario.

“Una tormenta in piena regola. - Ammise all’immagine di se che la fiochissima luce ancora riusciva a rimandargli. - Una di quelle che si dovrebbero passare davanti al tepore di un camino, con un buon bicchiere di Vodka e le braccia amorevoli di una donna ad accarezzarti la pelle stanca. Non siete d’accordo con me, agente?”

“Non mi è mai piaciuta la Vodka.”

A causa dell’ovvia idiosincrasia che come donna dall’aspetto piacevole aveva sviluppato nel sentire troppo spesso illazioni come quella, rispose in maniera più fredda di quanto non avrebbe voluto provocando il lui uni provvista chiusura.

La brutalità che Thöryn mise nella battuta di risposta la stupì. “Spero non siate una di quelle donne fautrici di quell’amore saffico che tanto ha preso ad andare di moda nei caffè di Parigi?!”

“Non riesco a seguirvi e comunque questi non sarebbero affari vostri.”

“Sapete che in questo carcere è detenuta la responsabile di questa. - Indicando lo sfregio sulla guancia si arpionò ai reni una mano nell'altra tornando con gli occhi al buio della notte. - Una donna, se così si può dire, molto particolare. Bellissima se si vestisse civilmente e si lasciasse crescere i capelli. Una creatura che la natura ha fatto nascere sbagliata.”

“Agente Thöryn…”

“Scusate! Sto divagando. Mi avete solo confessato di non amare la Vodka… Giusto?”

Sentendosi penetrata da quelle particolari iridi, Rei glissò sull'omofobia del collega sforzandosi di sorridere per lasciaro così tornare a guardare al di la del vetro, quando improvvisamente l’uomo si bloccò sporgendo in avanti il collo.

“Ma cosa diavolo… Il cancello è aperto!”

“Come? Ne siete sicuro?”

“Bè, controllate voi stessa. C’è gente nello spazio… Non mi piace!” Disse scattando verso le scale mentre Rei prendeva a seguirlo dopo aver dato una voce a Setsuna.

 

 

Fu davvero faticoso far scorrere il cancello sulla massiccia guida di metallo. Il vento aveva preso a sputarle contro neve e gelo già dal primo passo fatto dopo essere uscite all’aperto, ma non avevano desistito, continuando a seguire il perimetro del muro fino alle ante chiuse della rimessa e da li verso l’uscita. Shiry, Minako ed Usagi. Tutte e tre unite mani nelle mani. Affondando nel biancore fino ai polpacci, erano infine arrivate al cancello che la donna aveva sbloccato con una delle chiavi di servizio.

“Più di così non riesco ad aprirlo, ma dovrebbe bastare. Usagi, provate a passare.” Urlò cercando di sovrastare il rumore del vento.

Un poco più bassa e corposa della sorella, la ragazzina riuscì a sgusciare agilmente dalla parte opposta.

“Ottimo! Adesso voi Minako.”

“Capo squadra… - Abbracciandola forse le lasciò un bacio sulla guancia. - Grazie. Spero di rivedervi ancora.”

“Lo spero anch’io. Mi raccomando la strada e salutatemi il Generale. Coraggio, andate!”

Guardando un’ultima volte gli occhi delle due ragazzine, Annamariah tornò a forzare le mani sul maniglione gelato tirandolo verso di se.

“Andate…” Ripetè e la sua voce si perse tra le spire del vento proprio mentre il rombo che sembrava essere di un motore le arrivava confuso alle orecchie.

Un ultimo sguardo alle sorelle ormai allontanatesi e abbandonando un istante la presa del cancello ancora semi aperto, si voltò in direzione della rimessa.

Tenoh! Ce l'hai fatta! Pensò calandosi il palmo della destra sulla fronte per proteggersi gli occhi dal vento, mentre le ante scure si aprivano lasciando intravedere due sfere gialle a squarciare il pulviscolo davanti a loro.

“Non posso crederci!” Giubilò un istante prima che un colpo bene assestato alla nuca non le facesse perdere i sensi.

 

 

Quando Thöryn spalancò la stessa porta che era servita qualche minuto prima alle tre donne per uscire sul piazzale, fu investito da uno schiaffo bianco che gli fece ondeggiare un poco le gambe. Riparandosi il viso con il braccio sinistro cercò di mettere ordine nella confusione sensoriale esplosagli nel cervello, quando un bagliore simile ai fari di un automezzo e un rombo a qualche decina di metri alla sua destra catturarono la sua attenzione. Non capendo bene di cosa si stesse trattando, abbandonò la protezione del muro per avventurarsi verso il centro dello spiazzo, da dove avrebbe avuto la possibilità di vedere meglio.

Con Michiru davanti al muso dell’automezzo che le faceva da apri strada agitando le braccia, la bionda ingranò la prima spingendo con moderata forza la pianta del piede sull’acceleratore. Grattando un po’ la marcia, digrignò i denti rendendo gli occhi a due fessure. Non immaginava che fuori fosse tanto brutta. Sarebbe stata un’impresa titanica condurre quel mezzo fino all’ospedale più vicino.

Voltando il cassonato verso il cancello, gli fece compiere qualche giro di ruota andando ad illuminare uno strano fagotto scuro tra la neve. Tirando il freno a mano lasciandolo acceso al minimo, saltò giù mentre Michiru la precedeva.

“Shiry!” Urlò Kaioh arrivando con difficoltà al corpo della guardia.

Voltandosela fra le braccia cercò di scuoterla mentre Haruka prendeva a guardarsi le spalle con una gran brutta sensazione nelle ossa.

“Annamariah, rispondetemi! Accidenti e’ svenuta. Dobbiamo portarla dentro. Ruka… Mi dai retta per favore!?” Ringhiò cercando di attrarre l’attenzione dell’altra proprio mentre un colpo di pistola riecheggiava distorto per il cortile.

Bloccandosi all’unisono, le due ragazze guardarono lo spazio scuro al di là del perimetro disegnato dalla luce dei fari, intravedendo una figura con una mano armata puntata su di loro.

“Cosa state cercando di fare Haruka Tenoh? Evadere forse?!”

Tirando leggermente in dietro il collo la bionda riconobbe l’artefice del suo arresto e capì di essere nei guai.

Guardando la canna della pistola stendersi a mezz’aria, abbandonò Michiru per farle da scudo. Mettendo le mani avanti cercò di spiegare la sua situazione.

“Aspettate. Non è come sembra. Non ho alcuna intenzione di evadere! Questo furgone mi serve per…”

“Fate silenzio! - Minacciò l'agente della Tributaria facendo un passo avanti. - Alzate le braccia!”

Il contrasto tra la luce alle spalle ed il suo avere tutta la parte anteriore del corpo in ombra, non permisero ad Haruka di vederne l’espressività del viso.

“Allontanatevi immediatamente dal cancello. - Ordinò notando poi Shiry tramortita tra le braccia di Michiru diventando ancora più autoritario. - Immediatamente, se non volete che vi lasci un buco in mezzo alla fronte!”

A quella minaccia fu Kaioh a prendere l'iniziativa alzandosi. “Non ha fatto nulla!”

“Levatevi dai piedi voi!”

E fu chiaro che ben presto alle parole sarebbero seguiti i fatti. Avanzando Thöryn raddrizzò la postura puntando al petto della donna che sentendosi spinta da un lato si ritrovò improvvisamente tra la neve.

“Michiru… Giù!” Urlò Haruka gettandosi sul suo corpo fondendo la voce con quella di un secondo sparo.

Colpo che però non partì dall’arma dell'agente, ma da un tratto del muto di cinta che dava sulla strada. Proprio vicino all’uomo, un suono secco di metallo e leggere scintille sprigionatesi dal cofano, lo spinsero ad acquattarsi e rispondere al fuoco. Colpi in sequenza; tre, che anche se direzionati praticamente alla cieca andarono comunque a segno.

Il primo le penetrò la pelle all’altezza del fianco destro. Il secondo l’addome. Aprendo le braccia rivolgendo lo sguardo ad un cielo indefinito, Mery sorrise lasciando cadere la pistola sottratta a Shiry. Sto per raggiungerti amore mio, aspettami, pensò in un bagliore di ritrovata lucidità prima che il terzo colpo non le portasse un bruciore acuto al petto mozzandole il fiato e strappandole così l'ultimo anelito di vita.

Non avendo alcuna visuale, Haruka pensò a Michiru accertandosi che stesse bene. Attendendo qualche istante il cessate il fuoco da parte del suo cecchino sconosciuto, l’agente Thöryn ritornò eretto direzionando nuovamente la canna verso le due.

“Tenoh!” L’indice sul grilletto. Lo sguardo di pietra.

Stringendo Michiru tra le braccia, la bionda rivolse le spalle all’uomo pronta a tutto pur di difendere la sua compagna.

Ma anche quel colpo non la raggiunse. Tornando a guardarlo vide Rei Hino mezza abbarbicata sul collega nel disperato tentativo di bloccarlo.

“Ma cosa fate!?” Chiese sconcertato tanto che ne nacque una specie di colluttazione grottesca tra lei che cercava di tenergli le braccia e lui che si divincolava inveendo come un pazzo.

Fu Michiru a rendersi conto per prima di una possibilità di fuga. Sgusciando da sotto il petto di Haruka le afferrò un polso strattonandola. “Vieni!”

E prima che potesse metter ordine, la bionda si ritrovò tra muro e cancello e da li in strada.

 

 

 

NOTE: Ciau. Conclusione seconda parte di questa ff.

Per cercare di pubblicare prima di avere minacce di morte ;) , ho sicuramente tralasciato descrizioni che forse avrebbero arricchito quest’ultima parte di capitolo. Non ho chiuso lasciandovi con il fiato sospeso, perché va bene che siamo in piena evasione, ma almeno non si è fatto male quasi nessuno e per quasi, intendo Mery che in un bagliore di lucida consapevolezza, ha deciso di raggiungere Tesla e perché no, salvare Michiru.

Lo so che la descrizione di Haruka che sclera di fronte al camioncino era drammatica, ma una parte comica l’ho dovuta mettere per forza, perché ad immaginarmi Kaioh che le chiede se ci fosse benza nel motore mi sono divertita troppo.

Per finire, ho voluto inserire la Manciuria Petroleum Company perché ci stava bene con il titolo della storia ;P. Reale compagnia petrolifera strappata dal Giappone alla Manciuria e poi servita nella seconda guerra mondiale per rifornire di carburante l’Asse.

Anche le sigarette Leek che Thöryn usa per attaccare bottone con Rei, sono vere.

Spero di mantenere il ritmo. Da domani avrò un botto da fare, ma cercherò di aggiornare in tempi brevi.

Grazie e a prestissimo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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