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Autore: TheSlavicShadow    18/09/2018    1 recensioni
C'era un'idea. Stark ne è informato. Si chiamava "Progetto Avengers". La nostra idea era di mettere insieme un gruppo di persone eccezionali sperando che lo diventassero ancor di più. E che lavorassero insieme quando ne avremmo avuto bisogno per combattere quelle battaglie per noi insostenibili. [Nick Fury]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Aprile 2009

 

“Non puoi scendere in battaglia quando non sei autorizzata.”

Aveva preso un profondo respiro prima di rispondere. O voltarsi. O fare qualsiasi cosa. Non si aspettava un incontro ravvicinato così presto. Non mentre stava perdendo tempo nel rimettere l’armatura nella propria custodia facendo finta di controllare che fosse tutto a posto.

“Sei in ritardo per il briefing con Fury. Non dovresti andare?”

Era stata brava. Si era defilata immediatamente, non appena erano saliti sul helicarrier con il prigioniero, e si era nascosta nell’hangar con la sua armatura per sfuggire sia a Fury e Coulson che a Steve. Soprattutto a Steve.

“Fury aspetterà.” Lo aveva sentito muoversi. I suoi stivali avevano scricchiolato contro il pavimento di metallo e Natasha non voleva averlo vicino. Non così tanto da sentirlo muoversi per aggirarla e immettersi nel suo campo visivo. Si erano ignorati per due anni. Avevano fatto finta di non conoscersi. Di essere perfetti estranei che non si erano mai visti prima. “C’erano dei civili. La situazione poteva sfuggire di mano.”

“Le stavi prendendo da uno che sembra uscito da Rock of Ages.” Evitava di voltarsi. Non lo voleva guardare. Non voleva neppure parlargli. Era sicura che non appena fosse tornata a New York avrebbe avuto bisogno di una serata di alcool e Rhodey. E di piangere sul latte versato.

Lo aveva fatto ogni volta in cui aveva incrociato Steve allo S.H.I.E.L.D..

Steve la mandava fuori fase. I suoi circuiti cerebrali sembravano sempre difettosi in qualche modo dopo che lo vedeva.

“Stark, sei una civile. Non puoi fare di testa tua e presentarti in mezzo ad una battaglia!”

Aveva cominciato a chiamarla Stark ogni volta che la incontrava. Non era più Natasha, o un più carino Tasha. Era Stark. E questo metteva ancora più distanza di quanta ce ne fosse in realtà.

Aveva estratto il telecomando dalla propria tasca per chiudere l’armatura e tenerla al sicuro dallo S.H.I.E.L.D.. Non sapeva se Fury lo sapesse o meno, ma aveva installato un sistema di sicurezza anche su quella. Se qualcuno avesse cercato di forzare le ante, si sarebbe autodistrutto tutto. Custodia e armatura.

“Fury poteva non coinvolgermi. Stavo bene a New York e questo è più di un lavoro di consulenza. E non è giovedì.”

Si era voltata questa volta. Aveva guardato Steve Rogers negli occhi ed era da troppo tempo che non succedeva. Aveva quasi dimenticato com’era essere guardata da Steve Rogers quando questi era arrabbiato.

“Non sto scherzando. Sei una civile. Attieniti a questo ruolo finché sei qui.”

“Non sei nella posizione di darmi ordini, Rogers. Non sei neppure nella posizione di esprimere la tua preoccupazione, se è quello che stai cercando di fare. Carter sa che sei qui? Da solo con me? Non credo le farebbe piacere, visto quanto non è affatto brava a nascondere la propria gelosia. Cos’è? Gemi il mio nome mentre sei sopra di lei?”

Steve aveva stretto la mascella. Aveva toccato un punto debole nominando la sua attuale compagna. Ma non le importava. Howard le aveva insegnato che in guerra tutto è lecito. E con Steve era sempre tutto una eterna battaglia.

“Sbrigati a raggiungerci per il briefing, Stark.”

Le aveva dato le spalle dopo aver pronunciato il suo cognome come se fosse qualcosa di sgradevole. Come se fosse un veleno. E un po’ ci sperava di essere un veleno che Steve non riusciva ad espellere dal proprio sangue. A questo modo non avrebbe mai potuto dimenticarla. Sarebbe rimasta dentro di lui fino alla fine dei suoi giorni e avrebbe corroso ogni atomo del suo corpo. Come Steve stava facendo con lei senza molto probabilmente rendersene conto.

Non le piaceva guardare Steve che si allontanava. Non dopo che avevano litigato. Odiava guardare quella schiena rigida dalla rabbia e i pugni stretti che quasi non si muovevano mentre camminava. Steve non era mai stato bravo a nascondere la propria rabbia.

E ora era arrabbiato con lei. Per l’ennesima volta.

Si era appoggiata alla custodia della propria armatura. C’erano momenti in cui avrebbe voluto vivere tutta la propria esistenza protetta da quella armatura. Poteva scappare. Poteva stare zitta. Poteva piangere. Poteva avere qualsiasi espressione avesse voluto sotto l’elmo e nessuno avrebbe mai visto nulla.

Avrebbe aspettato a raggiungere Steve, Fury e tutti gli altri per questo briefing. Non voleva che qualcuno potesse pensare che lei e Steve fossero insieme da soli. Non voleva che a causa sua a Sharon Carter scoppiasse una vena sulla fronte perché non era capace di contenere la propria gelosia. Sperava anzi che la donna fosse rimasta a terra, che Fury fosse stato abbastanza previdente da non portarla in un luogo così contenuto. Non erano mai andate d’accordo loro due. Si erano incontrate qualche volta da bambine, e si erano sempre contese l’amore di Peggy Carter.

E ora la contesa era per Steve Rogers. Anche se Natasha non aveva mai fatto alcuna mossa per riprendersi Steve dopo che questi l’aveva lasciata. Avevano deciso così. Avevano deciso che forse era meglio stare lontani per qualche tempo. Non si erano più cercati. E non si erano più sentiti.

“Signorina Stark, manca solo lei per il briefing.”

Aveva alzato lo sguardo e Phil Coulson era di fronte a lei. Le sorrideva lievemente e sapeva sicuramente cos’era successo. Agente era sempre sul pezzo, anche se non sembrava.

“Devo trovare il cubo. Lo so.” Si era passata una mano sugli occhi, prima di raddrizzare la schiena. Non si doveva mai far vedere debole, da nessuno. Agente compreso, anche se insieme ne avevano passate di cotte e di crude.

“Ho incontrato il Capitano mentre stavo venendo a cercarla. Posso permettermi di darle un consiglio?”

“No, non puoi.” Aveva pensato di vestirsi come se fosse davvero al lavoro. Di far vedere la sua Stark persona, quella pubblica. Aveva pensato ad un tailleur, alle scarpe col tacco, ad un trucco perfetto. Avrebbe in effetti potuto farlo. Era appena rientrata da una riunione e sarebbe bastato salire sul quinjet così.

Ma aveva preferito cambiarsi, mettersi qualcosa di più comodo. Qualcosa che poi le avrebbe permesso di chiudersi in laboratorio senza dover pensare al mal di piedi. Aveva previsto che non sarebbe stata proprio una passeggiata ritrovare il Tesseract. E avrebbe dormito sicuramente in laboratorio, con la testa appoggiata sulla scrivania.

“Dovrebbe parlare con il Capitano. Parlare seriamente, non provocarlo tanto da fargli prendere a pugni il muro. Soprattutto non mentre siamo in volo.”

“Non ho fatto nulla. Gli ho solo chiesto se Carter sapeva che era da solo con me.”

“L’agente 13 non è sul Helicarrier. Fury ha preferito lasciarla a terra.”

“Oh, ora capisco perché Steve era così sulle spine. La piccola Sharon gli avrà fatto scenate su scenate riguardo alla mia presenza. E siamo finiti in mondovisione dopo Stoccarda, giusto? Il romantico ricongiugimento in battaglia tra Rogers e Stark. Ma ti prego.” Si era staccata dalla cabina protettiva della armatura e aveva mosso qualche passo. Sapeva che Coulson l’avrebbe seguita. “Non parlo con Steve da anni, quindi Sharon dovrebbe darsi una calmata.”

“Il Capitano tiene ancora molto a lei, Stark. Dovrebbe rendersi conto che questo non cambierà facilmente.”

“Steve ha deciso che non potevamo più stare insieme.” Anche se la colpa era sua. Se ne rendeva perfettamente conto anche se non era facile da accettare. Pensava che avrebbero superato tutto. Ma non era stato così. Non avevano superato proprio tutto.

“Tasha.” Phil Coulson si era permesso di fermarla per un polso e sembrava molto serio quando l’aveva guardata. “Il Capitano tiene ancora moltissimo a lei. Si era opposto al farla venire qui ad aiutare Banner.”

“Mi sembra alquanto strano e mi viene difficile da credere. Da quando sta con Sharon poi non mi ha più rivolto la parola, neppure quando era necessario.”

“Forse voleva solo evitare che la sua attuale compagna soffrisse nel vedervi interagire.”

Aveva sbuffato e si era mossa di nuovo lungo il corridoio. Aveva notato ad un certo punto il segno lasciato dal pugno di Steve. Doveva essergli proprio entrata sotto la pelle con quell’ultima frase per farlo incazzare tanto. Non stavano insieme da due anni. Due anni in cui si erano parlati pochissimo subito dopo la rottura, e solo per cose strettamente inerenti al lavoro. Salvo poi interrompere ogni contatto quando Steve aveva iniziato ad uscire con Sharon Carter.

“Stark, alla buonora.” Fury aveva tuonato nella sua direzione non appena aveva messo piede sul ponte di comando.

“Stavo facendo un giro turistico con Agente.” Aveva velocemente guardato chi fosse presente. Fury stava in piedi di fronte al tavolo. Li guardava tutti come se fossero dei ragazzini in punizione. Forse lo erano davvero. Dietro di lui, dritta come una scopa, Maria Hill la guardava con disgusto. Nulla di nuovo. La sua mancanza di disciplina aveva sempre dato fastidio al braccio destro di Fury. Thor, il sedicente dio del tuono, era in piedi e guardava dritto davanti a sé perso in chissà quali pensieri. Natasha Romanoff l’aveva guardata con un sorrisetto quando era entrata, per subito dopo riprendere con la sua poker face perfetta. Non avrebbe mai giocato d’azzardo contro quella donna. Bruce Banner era in piedi, sembrava nervoso e continuava ad attorcigliare le dita. Forse lo aveva anche interrotto mentre stava parlando di qualcosa di importante. E Steve Rogers, che non l’aveva degnata di uno sguardo e continuava a guardare Fury.

“Mentre tu passeggiavi, il dottor Banner ci stava illustrando come intende procedere con la localizzazione del Tesseract.”

Aveva fatto finta di ignorare Fury e si era subito avvicinata a Banner. Gli aveva preso le mani tra le proprie e gli aveva sorriso.

“Dottor Banner, per me è un vero piacere conoscerla. Ho studiato a fondo le sue ricerche sui raggi gamma e trovo sorprendente come lei riesca a trasformarsi in quel gigante verde. Mi dispiace che Ross le stia col fiato sul collo. So quanto quell’uomo possa essere una testa di cazzo visto che vuole ottenere anche la mia armatura ad ogni costo. Penso proprio che andremo d’accordo nel lavorare insieme noi due.”

“Ne dubito visto quanto caos crei.”

Doveva essere una frase detta a voce bassa, che nessuno doveva sentire. Ma era accanto a Steve, e non aveva potuto non sentire quando l’aveva pronunciata. Voleva scappare. In quel momento voleva scappare e nascondersi da qualche parte.

“Stark, farai conoscenza con il dottor Banner più tardi. Ora ascolta quello che abbiamo da dire.”

“Loki la manderà per le lunghe e da lui non scopriremo nulla.” Steve Rogers aveva sospirato e lei aveva osservato il suo profilo. Non doveva, ma non poteva farne a meno. “Thor, qual è il suo gioco?”

“Ha un esercito. Si chiamano Chitauri. Non sono di Asgard o di altri mondi conosciuti. Intende condurli alla conquista del vostro popolo. Immagino lo faranno in cambio del Tesseract.” Il dio si era voltato a guardare Steve. Sembrava volesse trovarsi ovunque tranne che in quel luogo. Come tutti loro.

“Non mi torna perché si sia lasciato arrestare così facilmente.” Steve guardava ancora il dio, come se questi potesse avere tutte le risposte. Ma era chiaro non ne avesse. Brancolava nel buio come tutti loro.

“Non credo che dovremmo concentrarci su Loki. Basta guardarlo per vedere che ha un cervello completamente fuori fase.” L’aveva stupita quando Banner aveva preso parola. “Dobbiamo concentrarci sul suo scettro. Credo sia quello la chiave per trovare il Tesseract. Loki è pazzo e non ci dirà nulla.”

“Modera le parole, midgardiano!”

“Thor, Loki ha ucciso 80 persone in 2 giorni.”

Quando la Vedova Nera aveva preso parola, Thor si era zittito di colpo. Guardava la donna e sembrava cercare le parole giuste per ribattere. Ma non c’erano. Anche a lei era sfuggita quella informazione. Sapeva di Stoccarda. C’erano stati un paio di morti, tra cui uno scienziato.

“Fury, chi era il tizio morto a Stoccarda? Quello a cui hanno cavato un occhio.” Si era mossa. Si era avvicinata agli schermi dietro Fury facendo finta di cercare qualche informazione. E le servivano informazioni. Fury non era stato onesto. Non aveva parlato di morti. Certo, aveva dovuto prevedere che nel crollo del centro S.H.I.E.L.D. qualcuno avesse perso la vita, ma quella informazione era stata omessa dal file che le avevano consegnato. Velocemente aveva attaccato un decodificatore su uno degli schermi. Non aveva voluto ricorrervi all’inizio, ma non le piaceva essere lasciata all’oscuro.

“Heinrich Schäfer. Hanno aperto il suo caveau e preso l’iridio che conteneva.”

“Iridio?”

“Produce antiprotoni.” Bruce Banner l’aveva guardata e improvvisamente aveva avuto un’idea. Probabilmente l’aveva avuta anche Banner. “Stanno costruendo un altro portale. Per questo ha preso Selvig.”

“L’iridio è un agente stabilizzante. Il portale non imploderà come è successo a quello dello S.H.I.E.L.D., ma anzi resterà aperto per tutto il tempo che Loki lo desidera, o che gli sarà necessario.” Si era avvicinata a Banner che continuava a guardarla. “Tutte le altre materie prime, Barton o chi per lui, le recupererà facilmente. Ora gli manca una componente ad alta densità energetica. Qualcosa per dare impulso al cubo.”

“Da quando è diventata un’esperta di astrofisica termonucleare?” Maria Hill la guardava come se stesse dicendo un mucchio di fesserie.

“Ieri sera. Mi avete consegnato gli appunti di Selvig, sai Hill? Le carte con la teoria dell’estrazione? Vuoi dire che sono l’unica che li ha letti?”

Non voleva essere lì. E nessuno voleva che lei fosse lì. Hill la guardava come se fosse uno scarafaggio che infestava la sua bella nave volante e non vedeva l’ora di liberarsene. Non era mai andata molto d’accordo con quella donna.

Aveva guardato distrattamente le persone che stavano di fronte a lei. Steve non le toglieva gli occhi di dosso. Poteva sentire il suo sguardo su di sé ogni volta che muoveva un muscolo. E questo la metteva in ansia. La faceva sentire come se fosse stata messa sotto ad un microscopio e Steve la stesse studiando.

Banner. Doveva concentrarsi su Banner. Lui era la sua speranza per distrarre il cervello e non pensare che Steve fosse lì, che Steve le avesse rivolto la parola. Che Steve la stesse ancora guardando.

“A Loki serve una particolare fonte di energia?” Steve le aveva parlato guardandola direttamente gli occhi. Steve sapeva che aveva studiato prima di arrivare sul Helicarrier. Steve la conosceva fin troppo bene.

“Dovrebbe riscaldare il tubo fino a 120 milioni di Kelvin solo per aprire un varco nella barriera di Kuron.” Aveva risposto Banner al posto suo e mentalmente lo aveva ringraziato. Non sapeva quanto effettivamente potesse essere in grado di rispondergli senza iniziare a punzecchiarlo in qualche modo solo per ottenere una reazione da parte sua.

“Sempre se Selvig non abbia trovato un modo per stabilizzare il tunnel quantistico.”

“Se ci riuscisse potrebbe ottenere la fusione di ioni presenti in qualunque reattore del pianeta.”

“Finalmente qualcuno che parla la mia lingua!” Si era avvicinata ancora di più a Banner e aveva invaso il suo spazio personale.

“Perché? Noi cosa parliamo?” Steve si era voltato e l’aveva guardata. E lei non era riuscita a trattenersi. Non questa volta. Non con Steve che la guardava come se non fosse mai successo nulla e loro erano nella sua officina, con lei che parlava a voce alta di quello a cui stava lavorando e Steve la osservava dal divano.

“Steve, stai zitto. Tu non parli la lingua della scienza. Il dottor Banner sì. Parliamo lo stesso linguaggio e tu sai quanto volevo conoscerlo dal vivo.” Si era aggrappata alla manica della giacca di Bruce Banner e Steve aveva inarcato un sopracciglio. Stava per dirle ancora qualcosa, ma Fury lo aveva preceduto.

“Stark, lascia in pace Banner. E’ qui solo per rintracciare il Cubo. Speravo che tu potessi aiutarlo, per quello saresti qui.”

Le toglieva sempre tutto il divertimento. Stuzzicare Steve era sempre un divertimento, anche ora che non si parlavano più.

“Lo scettro di Loki sembra funzionare come un’arma dell’Hydra.” Finalmente Steve aveva smesso di guardarla e lei aveva lasciato andare la giacca di Banner.

“Questo non lo so, ma sembra alimentato dal Cubo e vorrei capire come Loki abbia potuto trasformare due uomini così scaltri in sue personali scimmie volanti.”

“Scimmie volanti? A me sembrano ancora umani. Non capisco.” Thor aveva parlato e sembrava così perso che Natasha doveva trattenersi dal ridere. Vedere un armadio a sei ante con quella espressione persa era sempre impagabile. E credeva che non l’avrebbe mai vista su nessuno oltre a Steve.

“Io sì! Il Meraviglioso Mago di Oz!”

Si era voltato lentamente. L’aveva fatto per abitudine, per cercare la sua approvazione quando indovinava qualche riferimento ad un film. Lo aveva fatto tantissime volte in passato.

“Steve, faresti una più bella figura stando zitto.” Stave per cercare di risponderle di nuovo, ma non ci era riuscito. Lo aveva preceduto lei stessa. “Dottor Banner, vogliamo andare? Sono proprio curiosa di poter lavorare con lei su questo progetto.”

“Romanoff, accompagnali al laboratorio, per favore. Stark, ricordati che qui non sei a casa tua. Cerca di non far esplodere nulla.”

“Non posso promettere nulla.” Lo aveva salutato con la mano e si era subito affiancata a Natasha Romanoff. Aveva tagliato i capelli, aveva notato solo allora. Sembravano anche più ramati. E sembrava molto più preoccupata di quanto l’avesse mai vista. Era sicuramente per Barton. Aveva letto il file. Sapeva che avevano spesso lavorato insieme e che Barton l’aveva portata allo S.H.I.E.L.D..

“Steve ti voleva al sicuro. Quando ha saputo che Loki aveva preso Selvig è andato nel panico. Ha chiesto a Fury di portarti in qualche sede dello S.H.I.E.L.D. e chiuderti in qualche cella per super criminali fino a quando la situazione non si fosse calmata.”

“Per questo sul quinjet era incazzato? Non ero chiusa in gabbia, ma ero lì di fronte a lui con la mia bella armatura scintillante?”

La Vedova Nera le aveva sorriso prima di aprire la porta del laboratorio. Se si fossero conosciute sotto altre circostanze probabilmente sarebbero potute andare molto d’accordo. Ma non si fidava di lei. Lo aveva stupidamente fatto una volta, e ora non avrebbe più fatto lo stesso errore. La Romanoff poteva essere amichevole quanto volesse, ma non sarebbero più tornate al falso rapporto che avevano avuto quando questa la spiava per conto dello S.H.I.E.L.D. con l’aiuto di Steve.

“Questo è il laboratorio allestito da Fury per voi. Se vi viene in mente qualcos’altro che vi serve, non esitate a chiederlo.”

“Reed Richards ci servirebbe.” Era entrata nel laboratorio e con la coda dell’occhio aveva notato Banner annuire. Perché Fury non aveva coinvolto anche Reed? Erano sulla Terra. Sapeva per certo che erano alla Baxter Building, perché Johnny Storm le aveva scritto e mandato una foto per dirle quanto si stava annoiando.

Cosa stava nascondendo Fury da non voler coinvolgere Reed? Qualcosa non le tornava. Era sicura di aver letto anche il nome di Reed Richards nella cartella per il progetto Avengers che Fury le aveva tolto di mano. Era forse risultato anche lui inadatto come lei? E gli altri Fantastici 4? Sue Storm non aveva nulla da invidiare al compagno in quanto ad intelligenza. Perché non c’era almeno lei? Erano stati nello spazio. Forse potevano dargli almeno una dritta su cosa cercare. Su come posizionare i satelliti. Forse avevano anche un’idea su come scrivere l’algoritmo di localizzazione che gli serviva per ritrovare il Tesseract.

Si era voltata verso la spia e anche Natasha sembrava pensierosa al riguardo. Ma non avrebbe parlato, lo sapeva già. Era una spia. Se aveva informazioni non le avrebbe rivelate facilmente.

“Dimmi, Romanoff. Mi sembra che tu abbia preso questa missione molto sul personale. Relazione amorosa con Barton?” Si era avvicinata allo scettro Loki e la prima cosa che aveva notato era il colore. Lo stesso azzurro del suo reattore arc.

“Prima di preoccuparti della mia vita privata, pensa alla tua, Stark. Johnny Storm? Sul serio? Credi che non abbia capito cosa stai facendo?”

“Non so di cosa tu stia parlando e non credo che questi gossip interessino il dottor Banner.”

“Io voglio solo finire qui e tornare a terra.”

Banner le aveva però sorriso in modo titubante e lei era sempre più curiosa. Doveva contenersi o lo avrebbe spaventato sul serio, ma voleva fargli almeno un milione di domande. Come faceva a trasformarsi? Come esattamente era stato modificato il suo DNA? Aveva cercato dati, informazioni, qualsiasi cosa, ma avevano criptato tutto in modo tale che neppure lei era riuscita a trovare quello che cercava. Ci aveva provato seriamente qualche anno prima, quando il suo vecchio reattore arc aveva smesso di funzionare e cercava delle soluzioni.

“Tutti vogliamo finire ed andarcene. Io soprattutto. Sono abbastanza sicura che Sharon vorrà la mia testolina su un piatto d’argento se solo mi avvicino di nuovo a Rogers.” Aveva sfiorato la punta dello scettro. Nei file era scritto che Loki aveva puntato quella contro il cuore di Barton, Selvig e gli altri uomini che aveva portato via con sé.

“Prima l’ho sentito parlare al telefono e sembrava infastidito.” Si era voltata verso l’altra donna e questa stava facendo finta di guardarsi le unghie. “L’ho sentito dire che stava lavorando e che non ammetteva certe distrazioni.”

“Non riuscirò mai a capire da che parte stai davvero, credimi. Questo doppio gioco è troppo anche per me.”

“Sono stato ingannato anch’io dal suo bel faccino.” Aveva sentito Banner mormorare accanto a lei e non aveva trattenuto un sorriso. Sarebbe stato divertente lavorare accanto a quell’uomo. Ne era sicura. Non le capitava spesso di fare lavori di gruppo. Non era brava affatto a stare in gruppo. C’era sempre qualcosa che stonava, la maggior parte delle volte era lei stessa a stonare.

“Dottor Banner, secondo lei da che parte si potrebbe iniziare? Io faccio solo finta di sapere di cosa sto parlando questa volta. Non sono affatto un’esperta in raggi gamma come vorrei far credere.”

“No, ma ha miniaturizzato e potenziato il reattore arc. Oltre ad aver sintetizzato un nuovo elemento. Non mi guardi così. Anche se sono mi sono nascosto al mondo, non ho smesso di informarmi su ciò che succedeva.” Banner l’aveva guardata e aveva sorriso di nuovo. “Gossip compresi.”

“Stark, dottor Banner, vi lascio lavorare. Per qualsiasi cosa potete chiamare me o Coulson.”

Si era voltata di nuovo verso la Vedova Nera e questa le sorrideva lievemente. Avrebbero davvero potuto essere amiche se si fossero conosciute in altre circostanze. Lo credeva sul serio.

La spia gli aveva dato le spalle ed era uscita dal loro laboratorio provvisorio. Aveva sospirato e si era passata una mano sugli occhi non appena la porta si era chiusa silenziosamente. Era strano. In tre anni in cui aveva collaborato con lo S.H.I.E.L.D. come consulente non si era mai trovata a dover davvero lavorare per loro. Erano ritocchi su qualche quinjet, miglioramenti su qualche arma che aveva progettato in passato. Erano pochi lavori che la maggior parte delle volte poteva fare comodamente seduta nella propria officina.

E le mancava J.A.R.V.I.S.. Era abituata ad avere sempre la voce della sua intelligenza artificiale nelle orecchie mentre lavorava. Le parlava, la consigliava, la sgridava. In presenza di Steve si alleava con lui. E ora le mancava.

Si era voltata lentamente verso Banner, che si era già messo all’opera e stava analizzando dei dati. Erano quelli del primo attacco di Loki. Stava sicuramente cercando una traccia, una scia lasciata dal potere dello scettro per poter capire di che tipo di raggi si trattasse esattamente.

Con la coda dell’occhio aveva notato Steve passare davanti alla porta del laboratorio. Aveva voltato la testa nello stesso momento in cui lo aveva fatto anche lui e per un istante i loro sguardi si erano incrociati. Prima che Steve decidesse di interrompere subito il contatto visivo e procedere lungo il corridoio.

 
   
 
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