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Autore: TheSlavicShadow    14/10/2021    0 recensioni
C'era un'idea. Stark ne è informato. Si chiamava "Progetto Avengers". La nostra idea era di mettere insieme un gruppo di persone eccezionali sperando che lo diventassero ancor di più. E che lavorassero insieme quando ne avremmo avuto bisogno per combattere quelle battaglie per noi insostenibili. [Nick Fury]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Aprile 2009

 

Avrebbe passato la notte sveglia. Totalmente all’erta mentre cercava di stare dietro ai ragionamenti di Banner che erano davvero strabilianti. Doveva ammetterlo. Stare in compagnia di qualcuno con una simile intelligenza era per lei una panacea. Poteva dimenticarsi di dove fosse in quel momento, da chi era attorniata. Poteva davvero credere di essere nella propria officina, al sicuro con i propri robot e le proprie cose. 

Per qualche ora le era sembrato che fosse a casa. Che non ci fosse lo S.H.I.E.L.D. tutto attorno. Che non ci fosse neppure Steve a qualche porta di distanza. Era questo che forse le faceva più paura. Sapere di trovarsi in uno spazio così ristretto assieme a Steve e non poter essere ciò che erano stati. Era una sciocchezza. Lo sapeva benissimo che fosse una sciocchezza perché era colpa sua. Lei aveva fatto una cazzata e ne stava pagando le conseguenze. Non poteva biasimare Steve, non stavolta. Forse mai in realtà.

Per questo stare in compagnia di Banner in quel momento la stava aiutando moltissimo. Anche se era di nuovo alimentata solo dalla caffeina ed era sicura che se avesse appoggiato la testa su una qualsiasi superficie si sarebbe addormentata subito. Erano notti che non dormiva bene, o non dormiva affatto. Anche la notte prima non aveva dormito quasi per nulla. Aveva passato la notte a pensare a quello che doveva fare per lo S.H.I.E.L.D., al fatto che avrebbe dovuto incontrare di nuovo Steve. Ed era questa la cosa che l’avea tenuta sveglia. La teneva sveglia fin troppo spesso nonostante fossero passati due anni da quando tutto era finito.

Aveva bevuto un altro generoso sorso di caffè mentre osservava Banner muoversi avanti e indietro di fronte allo schermo che avevano fissato per già troppe ore. Banner continuava a parlare come se lei non ci fosse neppure. Faceva brainstorming e lei non aveva alcuna intenzione di interromperlo perché non avrebbe neppure saputo cosa dire. Era davvero il top nel suo settore. Ascoltarlo parlare dei raggi gamma da usare anche in quel preciso momento la faceva sentire come se fosse di nuovo una ragazzina seduta ad un banco di scuola.

E faceva bene. Le faceva dannatamente bene.

“Stark, cosa ne pensi?” L’uomo si era voltato verso di lei e poteva quasi essere emozionata di avere l’attenzione di qualcuno che aveva sempre ammirato.

“Che tu sei sprecato in India, o in qualunque posto ti vai a nascondere per sfuggire a questi qui.” Si era alzata dal pavimento su cui era seduta fino a quel momento. “Penso che io farò solo la parte pratica stavolta. Onestamente non sono per nulla afferrata in queste cose, per una volta. Posso capire benissimo quello che ho letto ieri notte sulla fisica termonucleare, ma non è il mio campo. Proprio no. Quindi, dottore, tu dimmi cosa ti devo costruire e io lo faccio.”

Banner le aveva fatto un sorriso timido prima di passarsi una mano tra i capelli.

“Sei diversa da quello che pensavo. Non sei un gradasso.”

“Quella è la Stark persona. Questa è Tasha. E non mi hai ancora vista al mio peggio, ma dammi un paio di giorni chiusi qui dentro e vedrai la vera Tasha Stark nel suo ambiente.” Aveva appoggiato la tazza ormai vuota sulla scrivania e aveva sgranchito il collo. Sarebbero stati giorni lunghi e frenetici. Non avevano un attimo da perdere. “Banner, quanto pensi sia davvero grave tutta questa situazione?”

“Sinceramente? Molto. Se questo Loki riesce davvero ad aprire un portale, un wormhole, o qualsiasi cosa stia cercando di fare, questo potrebbe avere un grandissimo impatto su tutto il mondo scientifico. E quello scettro poi non lo capisco.” Bruce Banner aveva guardato lo scettro di Loki che avevano posizionato sulla scrivania. Non avevano ancora avuto il coraggio di toccarlo davvero. Anche se lei voleva metterci le mani sopra. Voleva smontarlo e mettere sotto analisi quella sorta di gemma che lo illuminava. Ma Banner l’aveva fatta ragionare. Le aveva fatto notare quanto non fosse sicuro visto come era riuscito a far crollare una base dello S.H.I.E.L.D., a trasformare le persone in burattini, e così via. 

“Voglio smontarlo con l’intensità di mille soli.” Aveva fatto qualche passo attorno alla scrivania senza togliere gli occhi dallo scettro. “Voglio capire quel suo nucleo. Sembra quasi il mio reattore. E ora mi chiedo da cosa veramente sia nato il mio reattore. Oh, papà papà, cosa mi hai nascosto stavolta?”

“Non penso che tuo padre potesse lavorare su una cosa simile.” 

“Oh, quell’uomo era pieno di segreti. Il Tesseract era tra questi. Non mi stupirei nello scoprire che abbia nascosto qualche alieno in casa.” Aveva preso un cacciavite cercafase e aveva sfiorato lo scettro. Era pieno di energia. Sembrava proprio energia elettrica e fremeva dal metterci addosso tutto il proprio essere.

“Stark, hai dormito?”

Si era bloccata con il cacciavite a mezz’aria ed era stato il suo cervello ad andare fuori fase. Doveva utilizzarlo su di sé ora quel cercafase. 

Aveva lentamente spostato lo sguardo dallo scettro alla porta, che non aveva neppure sentito aprirsi. 

E lì c’era Steve Rogers. Fermo. Immobile. Appoggiato allo stipite della porta e con le braccia incrociate al petto. Ed era tutto un pattern così ripetitivo che voleva urlare dalla frustrazione. Anche se indossava ancora la sua nuova uniforme da Capitan America, e non sapeva se ridere o insultarlo. 

“E’ una domanda retorica, Rogers.” Con il cacciavite aveva indicato la tazza di caffè, e sapeva che Steve avrebbe capito. Infatti aveva scosso la testa e aveva sospirato. “Nemmeno Banner ha dormito. Abbiamo lavorato. Sai, quella cosa che io faccio spesso di notte perché il mio cervello non si ferma. Tu hai dormito? Dal tuo faccino rilassato direi proprio di sì. Se è davvero così portami altro caffè e qualcosa da mangiare, così continuo a lavorare e poi me ne torno a New York.”

“Vai a dormire.” Non si era mosso dalla porta, e lei aveva notato Banner grattarsi la nuca. Probabilmente era imbarazzato da quella situazione. Lo sarebbe stata forse anche lei se il suo cervello non fosse stato ancora sotto l’effetto di tutta la caffeina che aveva ingurgitato nelle ore precedenti. 

Banner aveva bevuto té verde. E sembrava rilassato. 

Lei sicuramente sembrava un criceto doppato che aveva continuato a correre sulla propria ruota fino a farsi scoppiare il cuore. 

“Forse il Capitano ha ragione, Stark. Un paio d’ore non ci faranno male e poi ritorniamo qui e continuiamo a cercare un algoritmo funzionante.”

Aveva spostato lo sguardo da Steve a Banner, e non era riuscita a trattenere una smorfia. Voleva restare lì. Voleva finire. Voleva tornare a casa e nascondersi nella propria officina. Con cibo spazzatura e alcool. Sapeva che era un meccanismo di difesa sbagliato sotto ogni punto di vista. Ma voleva scappare in un posto dove si sentisse sicura al 100%. 

Quel posto sicuro era al momento la sua torre dalla quale poteva guardare Manhattan ai suoi piedi. Non che se la godesse veramente. Passava la maggior parte delle sue ore di veglia chiusa in officina, ma le piaceva pensare alla visuale che aveva quando si svegliava. 

"Tra un paio d'ore ti faccio trovare caffè e colazione pronti." 

Aveva deglutito a vuoto. Quella frase le aveva stupidamente fatto male. Le sinapsi del suo cervello stavano continuando a lavorare in modo troppo frenetico e questo non era positivo. Non in quel momento. Non doveva pensare a nulla se non alla missione. 

Non poteva permettersi di perdersi in pensieri così distanti dal proprio lavoro. 

Ma quella frase. Quella frase aveva qualcosa di così nostalgico. Aveva risvegliato i ricordi di quello che erano stati. Quante volte l'aveva sentita pronunciare in passato? Ne aveva perso il conto. 

"Non serve, Rogers. Abbiamo qui la macchinetta del caffè e per ora mi basta solo quello." Aveva appoggiato il cacciavite sulla scrivania, e aveva abbassato lo sguardo. Era una resa? Probabilmente in quel momento lo era. Non aveva voglia di discutere. Non aveva nemmeno voglia di parlare ulteriormente. Non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì. Operavano in settori totalmente diversi, e normalmente non avrebbero dovuto nemmeno incrociarsi per sbaglio. Anche perché controllava sempre la presenza o meno di Steve nelle varie strutture dello S.H.I.E.L.D. che doveva visitare. Spesso aveva anche lavorato direttamente dalla propria officina per non rischiare incontri spiacevoli. 

"Resta il fatto che dovresti dormire. Una prolungata privazione del sonno non ti fa bene, dovresti saperlo meglio di me." Stavolta si era mosso. Aveva fatto qualche passo all'interno del laboratorio, osservando con molta probabilità il caos che avevano creato in una notte. "Non è la tua officina questa, dovresti tenere più in ordine."

"E tu non sei mia madre per venirmi a fare prediche." Gli aveva messo una mano sul petto, come per spingerlo via, quando Steve si era avvicinato troppo a lei. Lo aveva fatto senza nemmeno pensarci. Era una cosa che facevano in passato quando Steve le faceva prediche mentre stava lavorando. Lo spingeva, muoveva qualche passo, lo mandava a quel paese, e continuavano a discutere. Andava così almeno una volta al giorno. Solo che questa volta aveva spostato la mano velocemente, come se il petto di Steve fosse bollente. "Senti, voglio solo finire il mio lavoro qui e togliermi dai piedi per il bene di tutti. Anche se non sembra, ho del lavoro da finire per le Stark Industries e per una volta sarei felice davvero di svolgere quello." 

"Ho saputo che hai reso la Stark Tower totalmente autosufficiente con l'utilizzo della tecnologia arc." Aveva ringraziato mentalmente Banner che aveva rotto quel momento di stallo tra lei e Steve. Forse l'aveva vista in difficoltà e i pettegolezzi su loro due erano giunti fino in India. 

"Quell'orrendo palazzo nel centro di Manhattan?" 

Aveva guardato malissimo Steve per quella domanda. Sia perché non poteva non sapere che le Stark Industries fossero tornate a tutti gli effetti a New York, ma soprattutto perché non accettava critiche estetiche da parte sua, fermo com'era agli anni '40.

"Quella è casa mia, grazie." Aveva la tentazione di fargli un gestaccio, ma si era trattenuta. Era una signora. E con Steve non aveva più quel grado di intimità o amicizia. Aveva sospirato e aveva ripreso in mano il cacciavite, grattandosi una tempia con la punta. C’era una cosa che le frullava per la testa da quando Coulson aveva fatto irruzione in casa sua. Aveva preso sempre più forma mentre leggeva i file delle persone coinvolte. Ed era diventata una cosa piuttosto concreta quando aveva realizzato che quello doveva essere il “progetto Avengers”. "Perché Fury ci ha radunati? Perché ora? Cosa ci stai nascondendo, Nick?"

"Credi che Fury ci nasconda qualcosa?" Steve aveva chiesto dopo qualche secondo. Come se avesse cercato di assimilare bene quella domanda. 

"Steve, non essere ingenuo. Lui è LA spia. I suoi segreti hanno segreti. È chiaro come il sole che ci nasconde le cose. Io non sapevo nemmeno dei 80 morti in due giorni. Non sapevo neppure cosa avrei dovuto fare esattamente qui. Mi è solo arrivato un fascicolo con gli appunti di Selvig e le vostre cartelle personali, trovandomi pure spaesata dal non leggere certi nomi. Quindi mi innervosisce pure non sapere ancora cosa stia succedendo qui." Aveva poi indicato Bruce con il cacciavite. "Innervosisce anche lui. Chiediglielo." 

"Non coinvolgetemi, grazie. Io voglio solo finire qui e tornare a casa, ovunque sia."

"Dottor Banner." 

Bruce Banner aveva sospirato mentre si toglieva gli occhiali, e si passava subito dopo la mano libera sugli occhi. La voce autoritaria di Steve faceva sempre questo effetto alla gente.

"La battuta che Loki ha rivolto a Fury, un fascio di luce per l'umanità, sembra rivolta a te, Stark. La tua torre è autonoma grazie alla tua energia sostenibile. Per quanto si alimenterà? Un anno? È tantissimo per essere energia pulita. Perché quindi Fury non l'ha coinvolta da subito nello studio sul Tesseract? È probabilmente l'unica che davvero potrebbe capire come usarlo. O come imbrigliarne l’energia in qualche modo."

Era incredula di fronte a quelle parole. Raramente aveva avuto dei complimenti tanto sinceri da un suo pari. Gli uomini del mondo scientifico non la calcolavano minimamente. 

"Dimentichi Reed Richards, Banner. Quello è stato nello spazio."

“Lui sarà stato nello spazio, ma tu hai un reattore arc nel petto che hai costruito in una caverna.”

“Quello era solo un prototipo, totalmente da migliorare.” Aveva distolto lo sguardo e aveva guardato qualsiasi cosa non fosse Banner. Non era possibile che davvero uno scienziato del suo livello facesse dei sinceri complimenti a lei, un ingegnere meccanico.

“Tasha, vivrò anche ai confini della civiltà, ma mi tengo informato. Per questo trovo strano che lo S.H.I.E.L.D. non ti abbia coinvolta da subito in qualsiasi ricerca stiano facendo sul Tesseract. Già il semplice tenere nascosta tutta l’operazione mi sembra fin troppo sospettoso."

"Vedi, Rogers? Non sono l'unica sospettosa qui dentro." Si era seduta sulla scrivania, incrociando le gambe e alzando le mani al cielo. 

"Non trattare questa situazione come se fosse un gioco." 

"In questo preciso momento lo è. Sto giocando ad indovina il complotto.” Aveva guardato Steve negli occhi e sapeva di aver smosso qualcosa anche nella sua testa. Steve era un soldato. Steve eseguiva gli ordini e li metteva in discussione solo quando gli si facevano notare alcune cose. O quando qualcosa diventava troppo personale. “Fury non ci ha fatti incontrare nemmeno una volta in questi due anni. Quando ho dovuto lavorare sul tuo scudo me l’ha spedito a casa con Coulson e sono abbastanza sicura dalla tua faccia in questo momento che nemmeno sapevi ci avevo messo di nuovo le mani sopra. Il progetto Avengers, Fury mi ha detto che non è più di mia pertinenza e non sono mai riuscita ad entrare nei file al riguardo, e sai che ci ho provato più volte. Quindi perché siamo qui davvero? Tu ed io poi, sulla stessa nave volante, dopo che siamo stati così attenti a non incrociarci neppure per sbaglio. E’ andato a recuperare Banner ai confini della civiltà. Ha chiamato anche la Romanoff che mi risulta essere troppo coinvolta emotivamente per poter essere davvero d’aiuto. Sembra essere davvero disperato se ci ha chiamati tutti a raccolta in un momento in cui io in teoria non parlo ancora né con te né con Natasha, e Banner è ricercato dal nostro governo.”

Steve aveva scosso lievemente la testa e spostato lo sguardo da lei allo scettro. Natasha sapeva di avere ragione. Era intuito, che si era affinato negli anni e quando si trattava di Fury aveva sempre avuto ragione quando si diceva che quell’uomo nascondeva ogni volta qualcosa. 

“Quindi hai dei dubbi su cosa stesse davvero facendo con il Tesseract?”

“Ho letto gli appunti di Selvig più volte, ma non è facile da capire se mancano pagine o sono state oscurate parole o frasi. Ho gli appunti, ma sono secretati. Quindi sì, i dubbi li ho e visto che penso sempre il peggio delle persone sto anche temendo il peggio a questo punto. E appena il mio piccolo aggeggio decodificherà i dati criptati e riuscirò ad entrare nel sistema, avrò tutte le risposte.” Aveva alzato le spalle e si era spostata dalla scrivania per avvicinarsi alla macchinetta del caffè. Aveva preso la tazza e premuto subito il pulsante. Non appena si era riempita a sufficienza si era voltata verso Steve e inarcando un sopracciglio aveva bevuto un sorso dopo aver zuccherato quanto bastava. 

Steve l’aveva guardata e dopo qualche secondo aveva sospirato, portandosi una mano agli occhi per massaggiarli.

“Tasha, molla quel caffè e vai a dormire almeno un paio d’ore.” 

Era riuscita a non cambiare espressione, o almeno lo sperava. Con molta probabilità, Steve non si era nemmeno reso conto che la aveva chiamata per nome. E sentirlo pronunciare nuovamente le aveva provocato una sensazione piacevole. Era sbagliato. Lo sapeva quando lo fosse. Erano entrambi impegnati con altre persone e non era affatto giusto sentire il cuore battere per un banale nome pronunciato quasi per caso, per abitudine, e nulla di più. La sua storia con Johnny Storm non era per nulla importante, lo sapevano benissimo entrambi. Erano solo uno tappabuchi con cui passare le serate di noia. Ma per Steve era diverso. Steve si impegnava seriamente in tutte le cose, soprattutto nelle relazioni. Questo probabilmente lei lo sapeva meglio di chiunque altro. 

Era stato un caso, un momento di disattenzione, e quel freddo Stark con cui l’aveva chiamata in precedenza era diventato un troppo intimo Tasha. Pronunciato allo stesso modo esasperato con cui lo aveva pronunciato almeno un migliaio di volte in passato. 

“Se te lo prometto, mi lascerai fare un’ultima prova di localizzazione in pace?” Aveva nuovamente inarcato un sopracciglio e aveva sorriso. Se Steve aveva abbassato le guardie, tanto valeva giocare sporco per ottenere quello che voleva. Finire quel lavoro il prima possibile.

“Una prova. E poi ti fermi.” 

Senza aggiungere altro si era voltato ed era uscito dal laboratorio. Natasha aveva osservato la sua schiena mentre la porta si richiudeva dietro di lui. C’erano state volte in cui aveva adorato guardare le sua schiena. E c’erano altre, come in quel momento, in cui forse la mancanza di una buona notte di sonno stava facendo dei cattivi scherzi. 

“Non riesco ancora a capire a cosa ho davvero assistito.” Bruce si era rimesso gli occhiali e aveva guardato nuovamente lo schermo. 

“Ad una tipica conversazione Stark-Rogers.” Gli si era avvicinata dopo aver abbandonato la tazza di nuovo sulla scrivania. Non aveva nemmeno voglia di caffè in quel preciso istante. Voleva solo dare fastidio a Steve, come se fosse una bambina. “Anche abbastanza civile, oserei aggiungere. La conversazione più lunga che abbiamo avuto negli ultimi due anni, decisamente.”

“Si è speculato molto sul motivo della vostra rottura.”

“Non me ne parlare. Siamo stati assediati dai giornalisti appena hanno capito che non stavamo più insieme. A lui è andata meglio perché lo S.H.I.E.L.D. lo ha nascosto da qualche parte. A me non è andata affatto bene perché tutti conoscono il mio indirizzo.” Erano state delle settimane assurde quelle. Non poteva uscire di casa senza che qualcuno la abbagliasse con qualche flash. Ed aveva quindi smesso di uscire, lasciando che i gossip sulla loro rottura si gonfiassero. Non aveva mai smentito nulla di quello che avevano scritto. Li aveva lasciati fare, perché non avrebbe mai rivelato la verità alla stampa. Forse la verità la sapevano solo lei, Steve, Rhodes, Natasha e Fury. Perché era sicura che Steve lo avesse raccontato a Natasha. E Fury sapeva sempre tutto in qualche modo. 

“Johnny Storm immagino non l’hai scelto per il suo cervello.”

La risata che le era uscita, un misto tra un grugnito e un qualcosa di indefinito, probabilmente aveva dato la risposta che serviva a Banner. 

“In comune abbiamo solo la passione per le macchine sportive.”

 

✭✮✭

Quando aveva aperto gli occhi, sentiva ogni muscolo del suo corpo indolenzito. Del resto, dormire su un pavimento freddo in una posizione non propriamente consona non avrebbe fatto bene a nessuno. Figuriamoci a lei che aveva dormito forse 4 ore in 48 ore. E si era svegliata solo perché il suo programma aveva hackerato i file dello S.H.I.E.L.D.. 

La curiosità prima o poi l’avrebbe uccisa, doveva saperlo. 

“Banner. Banner! Avevo ragione!” Era scattata in piedi, quasi urlando il nome dell’altro scienziato, e questi si era svegliato di soprassalto sulla sedia su cui stava dormendo a sua volta. “Guarda, sono riuscita ad entrare in tutti i file sul Tesseract.” Gli aveva messo subito in mano il proprio tablet, senza dargli neppure il tempo di capire dove fosse o cosa stessero facendo. 

Del resto era frastornata anche lei. Aveva addirittura sognato in quelle due ore di sonno e non le era piaciuto molto quello che ne poteva ricordare. Aveva letto una volta che i sogni sono importanti perché ci mostravano dove eravamo stati feriti, e lei lo sapeva benissimo anche senza avere il bisogno di sognarlo. Quella era la ferita più recente, ma non sapeva se era lei la vittima o il carnefice.

Con molta probabilità era lei il carnefice quella volta. Anche solo moralmente, visto come si erano sviluppate le cose.

“Avevi ragione fin dall’inizio.” Banner aveva spinto gli occhiali più su sul naso mentre leggeva e scorreva i vari file. “Pensavo fossi paranoica quando la prima cosa che mi hai detto una volta rimasti soli fosse che qualcosa ti puzzava sulla questione Tesseract, ma avevi ragione.”

“Dopo l’Afghanistan sono super paranoica e a quanto pare faccio bene.” Aveva distrattamente battuto un dito sul reattore arc e doveva immaginare che il Tesseract non fosse qualcosa che volevano usare a fin di bene. Il reattore arc prendeva la sua energia da quello, ormai ne era più che sicura. E vedere gli utilizzi che voleva farne lo S.H.I.E.L.D. non la tranquillizzava affatto. E con molta probabilità, indirettamente li aveva anche aiutati ad imbrigliarne il potere in contenitori minuscoli. 

“Sembrano armi potenti. Molto potenti. Ma non avevi davvero idea di questi esperimenti?” 

“Ma ti pare? Mi sarei opposta con tutta me stessa. Quando ho detto che smettevo di produrre armi per il governo ero molto seria. Non ho più prodotto nulla da 0, al massimo ho fatto degli aggiornamenti su cose che già avevo creato e non potevo riavere indietro.” Si era sbattuta entrambe le mani in faccia per soffocare un verso di frustrazione che le nasceva dal profondo. Sapeva benissimo che al mondo ci fossero altri armaioli. Ne conosceva a pacchi e sapeva che il governo aveva un nuovo fornitore. Che per fortuna non era più Hammer. 

Ma sapere, avere la quasi totale certezza che li aveva aiutati nell’usare il Tesseract come arma , questo non le stava piacendo affatto. Si sentiva usata e tradita, e avrebbe anche dovuto esserci abituata. Lo S.H.I.E.L.D. poi era spietato quando si trattava del bene superiore. Doveva saperlo bene, invece si era lasciata abbindolare dalle belle parole di Fury e si sentiva oltremodo stupida.

“Stark, mi hanno riferito che c’è una violazione del protocollo di sicurezza.”

Con lentezza si era voltata verso la porta appena aperta per vedere Fury e la Romanoff. Il direttore dello S.H.I.E.L.D. se ne stava con braccia conserte e la osservava.

“Puoi giurarci, Nick. Cos’è questo?” Si era avvicinata ad un monitor più grande, su cui aveva spostato il risultato delle sue ricerche. “Non penso proprio che l’idea di Howard fosse questa quando te l’ha lasciato in custodia.”

“Perché questa sì?” 

Steve Rogers era comparso dietro Fury in tutta la sua gloriosa immagine da Capitan America, con in mano quello che sembrava un fucile uscito direttamente da un film sci-fi. 

“Wow. Non avevo ancora letto che dalla teoria siete già arrivata alla pratica. Magnifico.” Si era avvicinata subito a Steve, che nel frattempo era entrato nel laboratorio e aveva appoggiato il fucile su una delle scrivanie. C’era un lato del suo cervello, doveva essere sincera con sé stessa, che ne era assolutamente affascinato. Era magnifico quel fucile. Chissà che potenza poteva avere con un potere simile a quello del suo reattore. Ma sapere che li aveva aiutati non le stava bene. 

“Stark, tu hai costruito un’armatura che è un’arma a tutti gli effetti.” La voce melliflua della Vedova Nera era arrivata subito alle sue orecchie, e si era solo girata lentamente.

“Tu non sai di cosa stai parlando, e faresti meglio a tacere. Ho letto il tuo fascicolo su di me in modo molto approfondito e poi l’ho usato per alimentare il camino in salotto. Ma qui non stiamo parlando di me e della mia armatura. Stiamo parlando di armi prodotte usando il Tesseract.” 

“Signorina Romanoff, lei mi aveva assicurato che fosse solo un lavoro di ricerca il vostro. Non che fosse un lavoro simile. Concordo con Stark che saremmo dovuti essere messi al corrente per poter decidere se accettare o meno.”

“Dottor Banner.” Fury aveva preso parola, mettendo una mano avanti, quasi volesse cercare di ammansire una bestia feroce. “Proprio perché siete voi abbiamo deciso di omettere alcuni particolari. Avevamo bisogno del vostro aiuto.”

“Oh, mi sento quasi lusingata, Nick.” Natasha si era portata una mano al petto in modo teatrale. “Ma sono armi. Armi prodotte con la tecnologia del Tesseract e del reattore arc, e me l’hai tenuto nascosto fino ad ora.”

“Sono una precauzione a causa sua.” Fury aveva indicato il dio del tuono che si era appena unito a loro e li aveva guardati in modo spaesato.

“Cosa avrei fatto adesso?”

“Quando siamo entrati in contatto con il tuo mondo ci siamo resi conto che non avevamo nessuna arma utilizzabile nel caso di un attacco alieno. Siamo totalmente vulnerabili e impreparati ad una guerra simile. Avete raso al suolo una cittadina e noi non siamo riusciti a muovere un dito per prevenire la catastrofe.”

“Il mio popolo vuole la pace. Non vogliamo conquistarvi.” Thor lo aveva interrotto subito, probabilmente punto sul vivo.

“Ma il tuo non è l'unico popolo lassù. Hai confermato tu stesso che ce ne sono a migliaia e non tutti hanno intenzioni pacifiche. Anche questo mondo si sta popolando di persone che non possiamo controllare.” Natasha aveva sentito gli occhi di Fury su di sé mentre parlava, ma non aveva avuto il tempo di ribattere che Steve aveva preso la parola.

“Come avete controllato il Cubo?” Avrebbe voluto baciarlo in quell’istante per averle tolto le parole di bocca e per aver spostato l’attenzione di Fury.

“Voi avete attirato qui Loki e i suoi alleati. I vostri esperimenti sul Tesseract adesso vi rendono pronti per una nuova forma di guerra più evoluta.” Natasha aveva guardato il dio del tuono e non le erano piaciute le parole che aveva pronunciato. Non ne avevano abbastanza di guerre sul loro misero piccolo pianeta per andare a cercarsene anche altre con mondi totalmente sconosciuti?

“Questo è un deterrente nucleare.” Aveva attirato l’attenzione di tutti su di sé in un solo istante, ma non era riuscita a frenare la bocca. “Quello è sempre la soluzione a tutto.”

“Mi ricordi come hai creato la tua fortuna?” Fury l’aveva guardata e squadrata come se potesse incenerirla con lo sguardo. 

“Se fabbricasse ancora armi, Stark non sarebbe di certo qui adesso.”

Non se lo aspettava. Non si aspettava che Steve prendesse la parola e quasi la difendesse.

“Grazie, Rogers, ma non ho bisogno di un avvocato per portare avanti le mie battaglie.” Lo aveva guardato ed era infinitamente grata che qualunque entità superiore esistesse avesse deciso di far intervenire Thor.

“Credevo che voi umani foste migliorati.”

“Scusami? Noi non siamo venuti da voi e non abbiamo ingaggiato dei combattimenti ferendo e uccidendo le persone.” Fury aveva fronteggiato Thor senza il minimo segno di timore, nonostante fosse sicuramente conscio di non avere assolutamente modo di batterlo se si fosse passato alle mani. Non doveva trovarlo divertente, ma lo era oltremodo vedere qualcuno sfidare Fury così.

“Tratti i tuoi campioni con immensa sfiducia.”

“Tu non sei un mio campione.”

“Ragazzi, siete veramente ingenui. Lo S.H.I.E.L.D. controlla le potenziali minacce.” Natasha Romanoff aveva preso parola nuovamente. 

“Lei controlla le potenziali minacce?” Banner aveva guardato scettico la Romanoff.

“Tutti noi lo facciamo.”

“Oh, hai fatto un ottimo lavoro controllando me, devo dire. Un ottimo, magnifico lavoro.”Non era riuscita a stare zitta ancora una volta. Era più forte di lei, come se qualcosa la costringesse a ribattere. Era sempre così, era famosa per la sua linguaccia. Ma stavolta voleva solo andarsene da lì il prima possibile e non rivedere più quelle persone.

“Stark, un’altra battutaccia e giuro che ti faccio stare zitta.” 

“Oh, Cap, ma questa è violenza verbale e non è da te.”

Qualcosa non andava davvero. Certo, erano tutti nervosi per quella situazione, ma Steve non le aveva mai parlato così. Neppure nei momenti peggiori le aveva detto seriamente una cosa simile. E adesso sembrava serio. Tremendamente serio.

“Signori, calmiamoci tutti quanti.” Fury si era messo in mezzo alla stanza, cercando di guardare tutti i presenti. “Stiamo cercando di trovare delle soluzione per proteggere la Terra.”

“Nick, tu parli di soluzioni, ma io vedo solo caos.” 

“E’ il suo modus operandi. Vi credevate per caso una squadra? Perché io vedo solo una mistura chimica che è sul punto di esplodere. Siamo il Caos.” Banner aveva preso la parola, interrompendo quello poteva essere uno scontro verbale tra Fury e Thor, e se ne era stupita. Sembrava così risoluto in quel momento. Per nulla titubante.

“Banner, lei dovrebbe allontanarsi da qui. Dovrebbe riposare un po’.”

“Dove? La mia cella l’avete affittata a Loki.”

“E lascialo scaricare un po’. Del resto ci stiamo sfogando tutti, no?”

“Sai benissimo perché non può, Stark. Metterebbe in pericolo tutti noi.” Steve le aveva girato attorno, osservandola e facendola sentire minuscola per la prima volta. “Fai tanto il gradasso in continuazione, ma senza la tua armatura non sei nulla, Tasha.”

“Sono un genio, filantropa, femme fatale, miliardaria.” Lo aveva guardato sorridendo, anche se le sue parole l’avevano ferita più di quando non volesse ammettere. Sentire certe parole pronunciate dalla voce di Steve avevano fatto molto più male di quello che credeva possibile. 

“Conosco persone modeste che valgono 10 volte te. Non capisco nemmeno per quale motivo tu sia qui visto che non è una cosa che ti coinvolge personalmente. Sappiamo tutti che Iron Woman combatte solo per sé stessa. Forse non sei una minaccia, ma dovresti smettere di giocare a fare l’eroe.”

“Un eroe? Come te? Sei una cavia da laboratorio, nulla di più. Tutto quello quello che hai di speciale, Rogers, viene da una ampolla. Senza quella saresti finito sotto terra per un misero malanno di stagione.” Non era da lei. Non era assolutamente da lei usare quelle parole per descrivere Steve Rogers. Non lo aveva mai fatto neppure nei momenti peggiori della loro storia, come del resto nemmeno Steve aveva mai usato certe parole con lei. Avevano litigato. Avevano litigato e urlato fino a farsi scoppiare i polmoni nel punto più basso della loro relazione, ma non avevano mai usato certe parole. Perché Steve non era così, e rendeva lei una persona migliore.

“Metti l’armatura, Stark. Ora.” Suonava come una minaccia e nel suo cervello qualcosa stava per scattare e voleva davvero chiudersi nell’armatura. 

“Siete davvero ridicoli. E voi dovreste essere i combattenti migliori che la Terra ha da offrire. Sembrate dei bambini piagnucolosi.” Mentalmente aveva ringraziato Thor per quel momento le aveva dato modo di distogliere gli occhi da quelli di Steve ed interrompere così un contatto visivo che non le piaceva. 

Quello che poteva vedere negli occhi di Steve Rogers era odio.

“Sì, siamo decisamente una vera squadra.” 

“Agente Romanoff, puoi scortare il dottor Banner fuori da qui?”

“Per rinchiudermi dove, Fury? Se avevate paura di me potevate lasciarmi dov’ero, non portarmi qui e farmi pure vedere la cella dove volevate rinchiudermi.”

“La cella era solo nel caso…”

“Nel caso in cui avreste voluto uccidermi?” Banner aveva interrotto Fury per l’ennesima volta, e c’era qualcosa che davvero non andava. In tutta la stanza c’era qualcosa che non andava. “Beh, mi dispiace deludervi ma non potete. Perché ci ho provato. Ho preso una pistola e mi sono sparato in bocca. E l’altro ha sputato il proiettile. Quindi, no. Non ci sono modi per far fuori l’altro. E se era questa la vostra paura potevate lasciarmi dov’ero perché ero riuscito a continuare una vita pacifica fino al vostro arrivo.”

Aveva deglutito. Fury e la Romanoff avevano portato le mani alle pistole che tenevano alla coscia. Steve aveva stranamente mosso un passo di fronte a lei, nonostante le parole che le aveva rivolto poco prima.

“Dottor Banner.” La voce di Steve era calma, ma decisa. Era la voce da militare che gli aveva sentito qualche volta. “Metta giù lo scettro, per favore.”

Bruce Banner aveva abbassato lo sguardo sullo scettro che stringeva in mano e la cui pietra sembrava ancora più luminosa di quando l’avevano analizzata. 

“Signorina Stark, abbiamo localizzato il Tesseract, sembrerebbe.” La voce della sua intelligenza artificiale aveva rotto il silenzio che si era creato in quel momento all’interno della stanza e in cui tutti erano concentrati su Banner e la sua successiva mossa. Si era mossa in un secondo, anche solo per allontanarsi da Steve. Sullo schermo vedeva un punto. Un punto rosso e pulsante, solo che non aveva senso assolutamente. 

Quella era la loro esatta posizione, e il Tesseract non poteva assolutamente trovarsi lì.

Stava per aprire bocca per renderlo noto a tutti quando qualcosa era esploso ed era finita a terra. Gli allarmi di tutto l’Hellicarrier sembravano impazziti. 

“Stai bene?” Steve Rogers la stava aiutando a mettersi seduta. Sembrava improvvisamente quello di sempre, come se non le avesse mai detto quelle parole. “Stavolta metti l’armatura sul serio, ok?”

 
   
 
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