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Autore: _Bri_    21/10/2018    9 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - SOSPESA]
Cosa accadrebbe se, per un piccolissimo errore, George Weasley (maestro indiscusso della finissima arte del combinare guai) costringesse se stesso ed un gruppetto variegato di studenti a rimanere chiusi nella stanza delle Necessità?
E se i ragazzi non fossero in grado di uscire da lì per un bel po'?
Questa è la storia di quei personaggi che tutti (o quasi) ignorano, degli "ultimi" che diventeranno i primi grazie a qualche pastrocchio non voluto, alla magia che certe volte fa più danni che altro e alla Stanza delle Necessità, a cui ogni studente di Hogwarts può affidarsi!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: George Weasley, Kain Montague, Lee Jordan, Maghi fanfiction interattive, Roger Davies
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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CAPITOLO VIII
Sesto giorno di reclusione – Rebus (9): MOLLamI, ciCCIO!
 
 
Morag schiuse gli occhi lentamente, cercando di mettere a fuoco per capire dove si trovasse. Era così abituata, ormai, a risvegliarsi dentro quell’amaca sbilenca che ci mise un po’ di tempo a riconoscere i contorni della tenda. Cercò di ripercorrere con rapidità i ricordi della sera precedente, dato che un lieve cerchio alla testa la stava confondendo. Ma quando si rese conto di essere stretta fra le braccia di Lee Jordan che, sereno, dormiva al suo fianco, tutto tornò rapidamente alla mente:
Quei baci che si erano susseguiti, uno dietro l’altro, con una certa impazienza.
Le risate poi, quanto avevano riso, quanto si erano presi in giro.
E poi ancora a baciarsi e ridere e parlare, approfittando di quella veritaserum che, effettivamente, aveva fatto un bel lavoro con loro due. Morag confessò a Lee che una volta aveva fatto finta di svenire durante uno dei concerti del coro del professor Vitious: aveva dimenticato le parole dell’inno scozzese che il professore le aveva chiesto di cantare (quale disonore per il suo popolo!) ed aveva pensato bene che, l’unico modo per uscire da quell’imbarazzante situazione, fosse simulare uno svenimento.
Lee la prese sufficientemente in giro, confidandole poi che esisteva una cosa chiamata ES, messa in piedi dal golden trio per sopperire all’incapacità della Umbridge di impartire loro lezioni decenti di difesa contro le arti oscure. Morag rimase a bocca aperta nel sapere che un sacco di persone che conosceva, tra cui parecchie erano con loro nella Stanza, partecipassero alle lezioni clandestine guidate da Harry Potter. Ed ora era lì con lui, abbastanza incredula, ma sufficientemente felice di guardarlo dormire per un po’, prima di concedersi di accoccolarsi di nuovo per riprendere sonno.
 
*
 
Holly si era addormentata tenendo la mano di Justin. Era una sensazione incredibile quella di potersi permettere un gesto di tale audacia, tanto che stentava a crederci. Quando si svegliò la mano di Justin era ancora allacciata alla sua; evidentemente non si erano praticamente mossi per paura di svegliare l’altro. Ah, che dolcezza. Non aveva idea di che ora fosse, ma tutti ancora dormivano ed Holly, in un gesto di estremo coraggio, decise di stringersi un po’ a Justin che, nel sonno, la accolse fra le braccia. Voleva approfittare di quel momento prima che, come di certo sarebbe accaduto, Jess cambiasse idea.
 
*
 
Katherine era stata raggiunta da Lance, che era riuscita a scovarla: la caposcuola si era nascosta in un remotissimo angolo della Stanza, accucciandosi tra un armadio sbilenco ed una pila di riviste del Settimanale della Strega. In stato di iperventilazione, agitata e sudata, aveva riflettuto a lungo su cosa fare. Chi l’aveva sentita? Sicuro quel coglione di George e quella ragazzina tutta capelli, certo; oltre che, ovviamente, Lance, che vide apparire davanti a lei con il fiatone, mentre teneva le mani a stringere il fianco
 
 
-La milza…non…ce la faccio…- boccheggiò lui nell’estremo tentativo di riprendersi da una corsa durata, si e no, 5 minuti scarsi. Katherine si calmò all’istante, puntando gli occhi scuri sull’amico che aveva di certo più bisogno di aiuto di quanto ne avesse lei
 
-Dovresti iniziare a fare un po’ di sport, sei un catorcio-
 
Ma poi aveva riso, vedendo Lance scivolare lentamente a terra, davanti a lei e sdraiarsi spalancando braccia e gambe
 
-Mentre ridi di me…ti va di dirmi perché diavolo te la sei data a gambe? Non ti capirò mai Kitty-
 
La serenità con cui Lance, paonazzo e devastato, aveva posto la domanda, portò Katherine a pensare che, tutto sommato, non c’era stato motivo di tenersi quel segreto per cinque anni; non con lui almeno. Così parlarono un po’, vittime ancora della Veritaserum, fino ad arrivare a stilare assieme l’elenco delle dieci ragazze più sexy di Hogwarts. Alla fine si erano addormentati con Lance che le aveva dato dolcemente la buonanotte e Kat che lo aveva mandato a cagare. Tutto nella norma, quindi.
 
*
 
Savannah aveva sussultato aprendo gli occhi: seduto al suo fianco, con le gambe incrociate ed un vecchio tomo polveroso fra le mani, c’era Elliott assorto nella lettura. Se ne stava lì quasi immobile e Savannah avrebbe giurato fosse stato pietrificato, se non fosse per le ciglia che vide sbattere un paio di volte; fu inevitabile accennare una risata un po’ roca e nel percepirla Elliott raddrizzò la schiena e roteò il capo nella sua direzione. Poi sorrise, sorrise davvero: Il ragazzo incurvò quelle labbra abbondanti in un sorriso ampio, sincero e sereno; così lei, ancora raggomitolata nel sacco a pelo, scostò una ciocca di ricci scuri dalla faccia per permettersi di ricambiare appena il sorriso.
 
*
 
Erika stiracchiò braccia e gambe, anchilosata dall’assurda posizione che adottava spesso per dormire e poi rimase così, con le braccia stese sopra la testa, a guardare il soffitto della Stanza. Sentiva una fame pazzesca, lo stomaco che brontolava senza darle tregua ed un lieve russare proveniente dalla sua destra; sgranò gli occhi rimanendo però immobile per qualche secondo, prima di voltare molto lentamente il capo nella direzione del modesto russare, puntando l’attenzione su Cormac, vestito ancora con camicia elegante e kilt che, drammaticamente, si era arricciato fino a lasciare scoperti i boxer. Ma Erika non arrossì, non si agitò, non gemette d’imbarazzo. Anzi, sorrise sorniona, apprezzando di buon grado la vista di quelle gambe muscolose e ben definite e quei boxer celesti, che celavano ben di più di un paio di natiche sicuramente splendenti tanto quanto quelle di Graham Montague. Probabilmente anche migliori di quelle pensò, un po’sbarbina, un po’ sconcia.
 
*
 
Fred si era fatto perdonare. Le cose erano andate più o meno così: Alexandra l’aveva rincorso a perdifiato per un’inestimabile quantità di tempo, scagliando contro di lui qualsiasi tipo di incantesimo che le venisse in mente, davvero qualsiasi. Miracolosamente si era risparmiata le maledizioni senza perdono, anche se era talmente tanto infuriata con il mago che ad un certo punto, ad un bel crucio, ci aveva pure fatto un pensierino. Quindi avevano corso, lui le aveva lanciato contro qualsiasi cosa per farla smettere, lei gli aveva rilanciato contro gli oggetti con il legno, senza badare ai suoi versi lamentosi. Ad un certo punto, però, Fred era scomparso, era riuscito a seminarla. Così Alex aveva preso ad esaminare ogni angolo nei dintorni, gridando minacce, affermando che tanto prima o poi l’avrebbe trovato.
Proprio mentre Alex si stava chinando per vedere se Fred fosse nascosto sotto un vecchio torchio, quello la picchiettò da dietro, così che Alex si alzò di scatto e diede una bella capocciata sul torchio. Prima però che potesse fare qualsiasi cosa, Fred aveva teso nella sua direzione un sacchetto che Alex esaminò con sospetto, prima di cambiare repentinamente espressione
 
-Ma come hai fatto? È la mia preferita!-
 
Fred alzò appena le spalle –Trucchi del mestiere Lancaster; dovrò pur farmi perdonare, no? Allora che ne dici, facciamo pace?-
 
Alexandra non lo ascoltava già più, tanto era immersa nell’estasi divina del cioccolato più buono del mondo.
 
*
 
Cassandra aveva titubato non poco a fermare le mani nerborute di Graham che, in definitiva, erano riuscite ad attaccarsi al collo del completo di Roger. Lei si era gustata la scena, prima di aiutare Erin ad evitare che quella serata finisse in tragedia e che Montague commettesse il primo omicidio; così dopo che la montagna aveva mollato Roger che proprio non la smetteva di ridere, nonostante la sua sopravvivenza fosse in pericolo, Cassandra aveva trascinato via Graham ed aveva iniziato ad asciugarlo con la sua bacchetta. Il ragazzo aveva bestemmiato un po’, poi le bestemmie erano mutate in borbottii sommessi, infine Cassandra giurò che Graham avesse iniziato a fare una sorta di fusa, quando lei con delicatezza aveva iniziato a passare le dita sui suoi capelli scuri per accelerare il processo di asciugatura. Infine lui pensò bene di ricambiare il gesto, rischiando quasi di ustionare la cute di Cassandra, visto l’eccessivo calore generato dalla punta della bacchetta: uomini, incapaci di trattare i capelli femminili.
Quindi dopo essersi scambiate quelle che si potrebbero definire coccole, seppur decisamente bislacche agli occhi dei più, i due avevano deciso di fregarsene e si erano addormentati vicini; Graham decise di cedere con gesto di estrema cavalleria un pezzettino dell’amato panda gigante a Cassandra, che lei colse come gesto di infinito affetto da parte del mago. E mentre si sistemava fra il braccio e la testa del panda, colta da un’ondata di stanchezza, abbandonò lo sguardo sul ragazzone sdraiato al suo fianco, che aveva rinunciato all’ultima sigaretta della serata per aspettare che Cass si addormentasse.
Adorabile.
 
*
 
Erin aveva riso come non mai, poi aveva tremato, quando Graham Montague si era avventato su Roger; poi di nuovo le risate riempirono la pancia, davanti alla sfrontatezza del capitano corvonero che, con estrema nonchalance, si era sistemato i capelli nel solito cipollotto come se nulla fosse. Senza darsi spiegazioni ulteriori, Erin si era avviata al laghetto con Roger, dove aveva preso a parlare a ruota libera riguardo alla sua paura più recondita: i temporali. Non le importò di sentirsi una pivellina che si agitava per un non nulla, perché Davies aveva questa incredibile capacità di metterla a suo agio. La grifondoro si ritrovò a pensare che quella sciocca cotta per il bellone della scuola avesse motivo di esistere, perché Roger si stava dimostrando un ragazzo educato, simpatico e alla mano, sempre pronto a farsi due risate e non giudicare l’altro. Certo, capì anche che era praticamente impossibile far perdere la testa al corvonero, perché se una cosa era sempre più scontata, data la serenità con cui ne parlò quella notte, era che Roger Davies rimaneva un latin lover, punto. Fu in quel momento quindi, prima di salutare Roger per tornare da Esme, di nuovo sola dopo che Elliott si era allontanato, che Erin capì che non le importava: avrebbe preso ciò che di buono quella stanza le stava dando senza porsi assurdi obiettivi. Se qualcosa sarebbe successo poi, meglio così.
 
*
 
Matilda schiuse un solo occhio, sbadigliò, si grattò la testa e si rigirò, sull’altro fianco, abbandonando un braccio su quello che non sembrava essere né un cuscino, tantomeno il pavimento. Mugugnò infastidita, così tornò a schiudere con estrema fatica un occhio per notare, in un misto tra orrore e stupore, che aveva la testa adagiata su un braccio di George Weasley e che lo aveva appena…abbracciato. Prima di compiere qualsiasi gesto sconclusionato cercò di ripercorrere con fatica gli eventi della sera precedente: ricordò di aver passato con George quasi tutta la sera, di aver riso come un’ebete alle sue stupide battute, di aver persino fumato quella roba che si ostinava a passarle, oltre che aver bevuto senza freno. Alla fine si erano accasciati sotto il ciliegio e, a quanto ricordava, si era addormentata di botto mentre lui raccontava qualcosa a proposito di Lee che era partito all’attacco di Morag. Evidentemente, Matilda gli era crollata addosso e George non l’aveva spostata. Molto lentamente recuperò la bacchetta e richiamò la sua borsa, nella speranza di trovare una maledetta pozione per farle passare quel terribile male alla gola; per poco la borsa non finì in faccia a George, che intanto sembrava dormirsela serenamente: rideva pure nel sonno, quel beota, pensò Matilda mentre sedeva a fatica per frugare nella sua borsa. Cercando cercando, si rese conto che qualcosa però non quadrava; era più che sicura, infatti, che l’ampollina che in quel momento teneva davanti a sé, fosse in origine piena: che cosa era successo alla Veritaserum che aveva sequestrato a suo fratello? (che tra l’altro, era sicura avrebbe avuto un infarto nel vederla in quelle condizioni, a dormire con quel traditore del proprio sangue di George Weasley) Come mai non era rimasto che un fondino striminzito della pozione? Matilda aggrottò le sopracciglia con fare molto pensieroso, mentre rigirava l’appiccicaticcia ampolla nella sinistra. Poi come d’incanto, mentre avvicinava il naso a quelle chiazze rosate e appiccicose che prese ad annusare come un cane segugio, arrivò una rivelazione lampante alla sua mente: odore di acquaviola, era inequivocabile. Gli occhi fattosi sottili scavallarono l’ampollina, i suoi capelli scarmigliati, per poi puntare al viso lentigginoso e rilassato. Tutto era chiaro come alla luce del sole.
George aveva fregato lei e, probabilmente, tutto il resto del gruppo, oltre al fatto che aveva osato mettere le mani nella sua borsa.
 
*
 
-Non hai idea di quanto sia stato dolce…mi sento uno schifo ora-
 
Erin aveva fatto incetta di dolci e caffè, che aveva portato ad Esme, nel disperato gesto di portarle un po’ di serenità. Quella con Elliott era stata una conversazione chiarificatrice e docile, sebbene amara; il ragazzo espresse con tatto, ma con chiarezza, ciò che pensava di tutta quella situazione. Aveva quindi detto ad Esme che probabilmente il suo subbuglio emotivo era dovuto alla vicinanza eccessiva ed all’obbligato contatto portati dalla Stanza, facendole inoltre notare che, fuori da lì, non solo era sempre stato ignorato da lei, inoltre era sicuro di non essere proprio il tipo di persona adatta a frequentarla. Così Esme, in un turbinio d’imbarazzo e mortificazione, era stata zitta ad ascoltarlo, per poi ammettere che, probabilmente, avesse ragione lui
 
-Insomma è chiaro che un secchione strambo come lui non sappia che farsene, di una come me; evidentemente preferisce una che sia al suo livello di follia- concluse inacidita Esme, alludendo a Savannah, ancora infagottata nel sacco a pelo, accanto al ragazzo che sembrava studiare con solerzia. Erin provò a controbattere, dicendo che niente era impossibile, ma Esme ignorò i tentativi dell’amica e si limitò a zittirla con un vago gesto della mano
 
-Ma Esme, per una volta potresti…-
 
Ma la conversazione fra le due fu bruscamente interrotta da un acuto urlo di paura proveniente dal laghetto. Le due grifondoro si guardarono terrorizzate, prima di scattare in piedi e correre a soccorrere la donzella in difficoltà.
 
*
 
Lance rischiò di cadere nel lago e di essere divorato da uno squalo di modeste dimensioni che agitava le fauci nel tentativo di azzannare una sua gamba più che succulenta. Era successo che il tassorosso, annichilito dal post sbronza, aveva abbandonato Kat (che russava come un camionista russo affetto da sinusite) al sonno profondo e si era avviato, barcollante e con le mani a reggersi la testa pesante, verso il lago. Sperava che qualcuno di buon cuore avrebbe provato pietà per lui offrendosi poi di portargli un caffè, magari accompagnato da un’abbondante colazione ed una qualche pozione per porre fine a quell’atroce mal di testa. Che cazzo, aveva bevuto tanto, troppo, per l’ennesima volta. Che cosa avrebbe detto la sua adorata Isabelle nel vederlo conciato in quella maniera? Lei era stata così tanto brava, con Lance: era riuscita, con la sua delicatezza da soave fatina, a tenere il ragazzo lontano dalla pietosa tentazione dell’alcool, il più delle volte sostituendo i suoi peccaminosi pensieri a base di vodka con un candido decolté a cui Lance, era ovvio, non sapeva resistere mai. Il suo cinguettio melodioso associato alla maestria di quelle manine delicate avevano sempre fruttato bene ad Isabelle, che era riuscita a mantenere pulito il suo regale Nat per un lungo anno.
Ed ora quella maledetta stanza aveva mandato tutto a puttane. La Stanza si, con l’aiuto di Graham e Katherine; ma se con quest’ultima non poteva prendersela più di tanto, visto lo stato delicato in cui verteva in quel momento la caposcuola Tassorosso, Lance avrebbe scagliato la sua claudicante ira su Graham Montague appena ne avrebbe avuto occasione; il tutto, ovviamente, si traduceva in un bislacco ammonimento verbale del tipo “sei stato davvero poco accorto nei miei confronti, non credo tu mi voglia bene”. Quelle parole risuonavano nella mente di Lance minacciose e taglienti, poi che alle orecchie di un qualsiasi altro essere umano risultassero come una ninnananna per allocchi, il prefetto non ne era affatto conscio.
Vabbè, stava divagando con la mente. Alla fine tra pensieri peccaminosi in cui la sua bellissima ed angelica Isabelle si mostrava a lui, vestita solo di rade e afrodisiache foglie d’acanto e lo richiamava a sé, come la più diabolica delle sirene, Lance finì per accasciarsi ai piedi del laghetto, cospargendo la bionda chioma sul brecciolino umido; sentendo poi tirare una ciocca che, sbadatamente, era finita in acqua, il prefetto smosse la testa cercando di salvaguardare i capelli dall’attacco delle carpe del laghetto (che poi, qualcuno dava mai da mangiare a quei pesci? Perché non erano ancora schiattati?). Così, con gli occhi a mezz’asta, la testa che ballava a ritmo caraibico e la bocca schiusa e umida, il ragazzo mosse le pupille sullo specchio d’acqua, sul quale esitò un po’. Un paio di battiti di palpebre lo divisero da quello che aveva l’aspetto di un muso lungo e liscio, su cui scintillanti denti acuminati riverberavano candidi.
Denti acuminati.
Che strane, queste carpe, pensò. Doveva ancora essere ubriaco, altrimenti come era possibile che un innocuo pesciolino giapponese gli apparisse come uno…
 
-S-S-S-SQU-SQUALOOOOO?! AAAAAAAAHHHHHHH!!!!!!-
 
*
 
Savannah nel sentire l’urlo di Lance, uscì frettolosamente dal sacco a pelo nel quale era ancora chiusa come un bruchetto nel bozzolo. Elliott sobbalzò appena sul posto e, chiuso il libro con un unico e secco movimento, seguì Savannah che, con la bacchetta sfoderata, si avvicinava guardinga e felpata alle sponde del lago da cui aveva sentito provenire le grida del Tassorosso
 
-Eccoti qui, disgraziata figlia degenere!-
 
Savannah si irrigidì. Non era possibile che quella fosse la sua voce. Che cavolo ci faceva, sua madre, nella Stanza delle Necessità? Così piano piano, molto piano, Savannah piroettò su se stessa, fino a scontrarsi con un paio d’occhi identici ai suoi che la fissavano gelidi ed indagatori
 
-Ma…ma-mamma? C-co-cosa ci f-fai qui?- balbettò la serpeverde, mentre abbassava la mano tremante che teneva stretta la bacchetta
 
-Cosa ci faccio?! Sono venuta a dirti che disastro sei, Savannah Alina Miller! Come è possibile che tu abbia perso tua sorella, eh?! Mi ero raccomandata con te, ma era ovvio che non potessi fidarmi della tua parola!-
 
La donna, furiosa più che mai, indicò Elliott con un gesto del braccio –e non solo te ne freghi di tua sorella, ti diverti anche con questa gentaglia!-
 
Savannah stava per replicare adirata quando Cassandra quasi non le piombò addosso
 
-Che è successo?! Chi ha urlato?!- così la ragazza guardò la madre di Savannah con un sopracciglio molto inarcato. Evidentemente stava ancora dormendo profondamente, altrimenti come era possibile che la madre della sua compagna stesse nella Stanza? La strega però sembrò non prestare attenzione a lei, continuando invece ad inveire contro Savannah che, sempre più rammaricata, indietreggiava inorridita dalle accuse della madre, fino a ridursi in lacrime e scappare via gridando di essere dispiaciuta. Elliott seguì Savannah senza indugiare su quella strana donna che si era palesata di punto in bianco nella Stanza la quale, una volta che Savannah era scomparsa alla sua vista, si voltò sorridente verso Cassandra. Le due si guardarono lungamente, prima che la signora Miller, sorridente, iniziasse ad indietreggiare verso le sponde del laghetto, allargare le braccia e gettarsi all’indietro nelle acque chiare
 
-Ecco da chi ha preso, quella rintronata…signora Miller! Che accidenti combina?!-
 
Non era esattamente il risveglio che si aspettava quello lì. Abbandonare l’abbraccio di Graham era stato quasi doloroso, ma non aveva saputo resistere a correre in direzione delle urla; inutile dire che avesse anche tentato di svegliare la montagna, prima con colpetti dolci, poi con scossoni più decisi. Di contro, Graham, non aveva battuto ciglio, aveva avvolto il panda gigante nell’abbraccio che fino a poco prima era pieno diritto di Cassandra e si era riaddormentato profondamente. Cassandra lo aveva pure minacciato, ma poco dopo lo aveva mandato al diavolo ed era corsa via. Ora guardava il punto del laghetto dove onde concentriche si spandevano fino a dissolversi, indicando dove la strega si era gettata. Raggiunta poi da Erin ed Esme, che le chiesero che cosa fosse successo, Cassandra fece cenno alle due di fare silenzio e, con passi incerti, si avviò alla sponda del laghetto, sulla quale si chinò e, con voce tremante, richiamò la donna
 
-S-signora Miller, esca di lì, la prego!-
 
Gli occhi azzurri si allargarono prima stupiti, poi terrorizzati quando, dall’acqua, spuntò la testa di un orribile Avvincino che cominciò a soffiare nella sua direzione.
L’urlo di Cassandra raggiunse ogni angolo della Stanza.
 
*
 
George schiuse gli occhi, un tantino rintronato. Le pupille contornate di caldo nocciola ci misero un po’ a visualizzare quel visino avvolto da una nuvola di capelli chiari, chinato su di lui, che lo fissava. Sorrise sornione e Matilda ricambiò, anche se George trovò quel sorriso abbastanza inquietante
 
-Buongiorno Lemonsoda…- biascicò lui, stiracchiandosi. Con la voce acuta, Matilda cinguettò il suo buongiorno, avvicinando ancor più il viso a quello di lui. George si beò di quel profumo delicato di violette che i capelli della serpe, giunti a solleticargli il viso, emanavano. Il primo istinto fu quello di avvicinarsi ancor più, per annullare quella ridicola distanza che lo divideva da quelle labbra piene e rosse, ma Matilda si fece appena indietro, rivelando ciò che nascondeva dietro la schiena
 
-Ti ho portato la colazione; caffè e brioche al cioccolato, può andar bene?- pigolò allegra
 
-Dio, Matt…cos’è questo, un sogno?- George sedette fra uno sbadiglio e l’altro ed accolse fra le mani quel piccolo vassoio. Ingurgitò il caffè ancora caldo ed affondò i denti nella brioche, mentre Matilda, seduta ora compostamente davanti a lui, lo fissava con le mani congiunte sulle ginocchia.
Masticava e la fissava.
Lei sorrideva e quasi non batteva ciglia.
Decisamente inquietante
 
-Ci siamo divertiti ieri, non trovi? Abbiamo scoperto un sacco di cose…certo che l’alcool talvolta è meglio della Veritaserum, vero?-
 
George quasi si strozzò con l’ultimo boccone di brioche, che alla fine riuscì a mandare giù, con l’aiuto di Matilda che, serena, aveva preso a dargli dei lievi colpetti sulla schiena
 
-G-già…ehehehe- George era imbarazzato e preso alla sprovvista. Frugò nella mente ancora parzialmente addormentata e proprio quando stava per rispondere, delle urla poco distanti allarmarono entrambi. Matilda distolse lo sguardo dal confuso grifondoro per puntare l’attenzione su Lance che, trafelato, sfrecciò davanti ai suoi occhi gridando “Squalo! Squalo!”. Certo che quella Stanza li stava facendo impazzire davvero.
 
*
 
Alex uscì dalla doccia piuttosto allegra. Aveva deciso di mettere da parte l’astio nei confronti di Fred, dato che quello aveva avuto la bella pensata di coccolarla e viziarla con cioccolato e stuzzichevoli allusioni alla sua persona. L’amico era una delle poche persone che aveva realmente sempre attratto la sua attenzione, dato che i punti in comune fra i due erano talmente tanti da renderli quasi gemelli d’intelletto. Certo, il pensiero dei fratelli la fece rabbrividire un po’: cosa avrebbero fatto, Cole e Shane, se avessero visto Fred Weasley flirtare così apertamente con lei? Probabilmente avrebbero tentato di rimetterlo al proprio posto rifilandogli un paio di bruschi incantesimi (od un paio di destri su quel naso affilato), specialmente dopo aver scoperto che il rosso si era preso gioco della loro sorellina rifilandole della Veritaserum a sua insaputa. Quando incontrò Holly, uscita anche lei dalla doccia, Alex si avvicinò all’altra, in piedi davanti allo specchio intenta ad asciugare i suoi capelli. Il sorriso raggiante della ragazza la diceva lunga sulla serata appena trascorsa ed Alexandra, curiosa più che mai, si affiancò a quella ed attaccò bottone mentre pettinava la lunga chioma corvina
 
-Tutto bene, Coleridge?-
 
La tassorosso arrossì appena, non smettendo di sorridere
 
-Tutto bene, si…ho dormito davvero bene!-
 
-E come mai, se posso chiederlo?-
 
Holly lanciò una veloce occhiata ad Alex, che sorrideva malandrina, prima di tornare a fissare lo specchio e sistemare la sua frangia con attenzione
 
-Beh, ecco, niente di che…-
 
Ma la confessione di Holly non arrivò mai, perché delle grida lontane le distrassero. Si guardarono decisamente interdette e, mezze svestite, corsero fuori dai bagni.
 
*
 
-Buongiorno scozzesina, dormito bene in campeggio?-
 
Lee aveva reso il risveglio di Morag davvero molto, molto piacevole. Quella luce rossastra creata dal tessuto della tenda aveva già contribuito a creare un’atmosfera perfetta, come se si trovassero davvero fuori da quella Stanza; aggiungendo anche gli occhi vispi di Lee, il suo sorriso candido che riempiva buona parte del viso e la sua ironia calibrata, Morag si sentiva al settimo cielo
 
-Mmm…bene si, devo dire che il tuo braccio è particolarmente comodo- mugugnò lei avvicinandosi ancora un po’ a lui, per richiedere il bacio del buongiorno. Lee le tirò dietro l’orecchio una ciocca di capelli biondi –Non ne dubito…ma ho perso la sensibilità un paio di ore fa, credo dovranno amputarmelo-
 
-Oh no, che peccato! Dovrai imparare ad usare la bacchetta con l’altra mano, quindi-
 
Lee ridacchio a fior di labbra, prima di lasciare un morbido bacio sulla bocca di Morag, ancora lievemente gonfia per via del sonno. Non era affatto una buona cosa essere chiusi da quasi una settimana in quel luogo assurdo, ma dato che la clausura aveva portato a quell’affare lì (un affare davvero molto piacevole, di nome Lee Jordan), Morag non aveva di che lamentarsi. Purtroppo il piacevole incanto si infranse nel momento in cui, seppur lontano, un urlo arrivò ad invadere il silenzio della tenda. Morag e Lee si distanziarono ed in contemporanea puntarono lo sguardo verso l’uscita della tenda
 
-Credo sia meglio andare-
 
Lee sbuffò, ma poi seguì Morag fuori dalla tenda: avrebbero ripreso più tardi quel piacevole discorso, era solo questione di tempo.
 
 
Nell’affrettarsi a raggiungere la zona centrale della Stanza, dove i suoi compagni erano concentrati, Morag impattò con l’esile figura di Erika, seguita da Cormac che sbuffava risentito
 
-L’avete sentito anche voi?- chiese la prefetto corvonero ai due amici. Erika annuì, Cormac roteò gli occhi al cielo e si affiancò a Lee bisbigliando qualcosa che fece molto ridere il cronista. Morag lanciò un’occhiata ai due alle sue spalle mentre continuava a marciare con Erika a fianco, alla quale poi si rivolse
 
-Perché è così risentito?-
 
Erika, rigida più del solito, guardava davanti a sé e rispose con un tono di voce talmente tanto basso che Morag fece sincera fatica a capirla
 
-Stava per fare una cosa…ma ti spiego dopo…ehi, guarda!-
 
La scena che si ritrovarono davanti era decisamente surreale: in un angolo Savannah piangeva a dirotto mentre Elliott tentava di consolarla, nel lato opposto Lance grattava la parete gridando a squarciagola, mentre Kat al suo fianco tentava di capire che cavolo gli fosse successo. Cassandra correva verso di loro con le braccia gettate in aria, gridando qualcosa in merito agli Avvincini nel lago, Alex ed Holly, raggiunte da Fred e Justin, si divisero quasi nell’immediato per cercare di capire la situazione. Esme strattonava Erin lontano dal lago, nonostante quest’ultima sembrava restia (buon sangue grifondoro non mente!).
A quel punto Erika, dopo essersi guardata intorno con rapidità, allungò il passo verso il laghetto
 
-Saki aspetta! Che cavolo fai?!-
 
Cormac superò Morag evitando per un pelo Cassandra che continuava a gridare agitando le braccia come uno di quei gonfiabili usati ai rivenditori d’auto dei babbani e che, isterica, correva da una parte all’altra avvisando tutti di tenersi lontani dal laghetto. Erika si fermò di botto, frenata dalle mani di Cormac che le avevano avvolto le spalle, costringendola poi a voltarsi verso di lui. Si guardarono a lungo, così Erika allungò una mano al viso un po’ sbigottito di Cormac
 
-Devo andare e capire cosa succede, so che capirai e accetterai la mia decisione-
 
-Ma potrebbe essere pericoloso! Ti prego, non andare Saki, fallo per me!-
 
Erika allontanò lentamente la mano dalla guancia di lui, stringendola poi a pugno sul proprio cuore
 
-Non tentare di fermarmi e rimani qui-
 
Erika si avviò con passo militare al lago, davanti ai volti sconvolti di Morag e Lee che avevano appena assistito a quella scena assurdamente teatrale.
Lady Sasaki, maestosa e regale, si fermò davanti alle sponde del lago. Intorno a lei solo urla, tormenti e disperazione. Davanti a lei il limpido specchio d’acqua. Dentro il suo cuore un rinnovato coraggio che non credeva di possedere. Le iridi scure come il pozzo più profondo erano fisse sull’acqua, in attesa che qualcosa si rivelasse a lei.
Ma aveva errato; colei che nasce codarda, muore codarda.
Gli occhi sgranarono colmi d’orrore quando una massa di ricci capelli dorati, chiusi in due code infiocchettate, sbucò dal lago.
Erika portò una mano a serrare la bocca mentre sentiva il cuore accelerare nei battiti.
Due enormi occhi azzurri, luccicanti di stelline e cuoricini.
Un minuscolo naso a “v”.
Una linea sottile e satinata a solcare il viso, increspandosi in un sorriso diabolico.
No, Erika non era pronta a tutto quello. Non era pronta a vederla avvicinarsi a lei, gocciolante d’acqua, chiusa nel suo vestitino da infermiera e parlare con una fastidiosissima voce lamentosa
 
-Ciao Erika, sono contenta di conoscerti- disse Candy Candy, mentre allargava le braccia nella direzione della corvonero.
 
 
***
 
Buonasera buonaseeeera! Premetto che per me, in questo periodo, è davvero difficile stare dietro alla scrittura; ho il tempo più che contato e fatico moltissimo a trovare dei momenti da dedicarvi, considerando anche che ho in ballo una raccolta di os legate alla mia long che vorrei iniziare a pubblicare. Ma sono qui e niente, ho dato vita ad un altro capitolo demenziale, sebbene sarà pieno di strafalcioni dato che non ho avuto tempo di risistemarlo, ma non volevo farvi attendere oltre! Chiedo venia. Come avrete intuito anche questa giornata verrà divisa in due parti!
Allora che ne dite? Avete trovato la soluzione al difficilissimo rebus nascosto nel titolo?
Si. LO SO. Sono una cretina, ma non ci posso fare niente, mi diverto con molto poco.
Volevo aggiornarvi sull’esito del voto legato allo scorso capitolo: George è il candidato per beccarsi una bella punizione, anche se ovviamente in questo capitolo non è ancora stato punito, ma ho gettato le basi (secondo voi perché Matilda ha portato la colazione a George? Grandi misteri sono nascosti in questa interattiva di spessore!). Quindi insomma non vi preoccupate, la sua punizione arriverà presto.
 
Intanto vi chiedo di darmi un’altra risposta: scaldiamo un po’ l’atmosfera! Tramite messaggio privato vi chiedo di fornirmi il nominativo di una coppia, che sia già formata o che sia in potenziale, o che semplicemente vorreste vedere in azione, che avrà il proprio spazio nel prossimo capitolo. Al solito vi chiedo di sbizzarrirvi! Che ne so, vi piacerebbe vedere sviluppi fra Tizio e Caio? Vorreste sapere cosa accade nella tenda del peccato della Leerag? Vorreste capire come risolveranno il loro triangolo Cass, Graham ed il panda? Ditelo! Gridatelo! Ovviamente vi prego di non votare i vostri oc.
 
E niente, questo per ora direi che è già abbastanza. A presto cari miei.
 
Bri
   
 
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