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Autore: Enchalott    22/10/2018    2 recensioni
La scena più straziante e profondamente coinvolgente di "Dragon Ball Z-Kai" è quella della morte di Vegeta, che sceglie il sacrificio. In seguito, lo ritroviamo inviato a combattere contro Majin-Bu e ci appare effetivamente diverso, anche se in realtà è trascorso pochissimo tempo. Che cosa è successo al principe dei Saiyan in quelle poche ore?
"Il principe si riscosse, preda di quel commento irriverente.
“Puah! Sei forse un nemico che ho dimenticato?”
“Il peggiore, oserei dire”.
“Vaneggi. Lui è ancora là…” rispose Vegeta, indicando gli eventi riflessi in cielo.
Goku ansimava vistosamente e aveva sciolto la trasformazione, riacquistando il suo aspetto naturale. Presto, le sue ventiquattr’ore sarebbero scadute e avrebbe fatto ritorno all’altro mondo. Era al limite. Majin-Bu, che non avrebbe più incontrato ostacoli, lo osservava con crescente curiosità.
“Andiamo… Non è certo Kakarott il tuo acerrimo nemico!”
“Che cosa ne sai, tu, dannato…”
“Lo so bene. Io sono la tua nemesi, sono quello che ha colto il tuo ultimo respiro, scaraventandoti quaggiù. Io sono quello che ti ha ucciso, Vejita” lo interruppe."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Grazie davvero a chi mi ha lasciato un commento pubblicamente o in privato. Ecco il secondo capitolo di questa mini long. Un bacio a chi legge! ^^

Quel maledetto-amato orgoglio.

Il principe si sentì come in una morsa letale, ma ebbe la prontezza di ribattere.
“Impossibile!”
“Hai esaminato il mio ki, non dovresti avere dubbi. E poi sto parlando nella tua lingua madre: sei ormai l’unico a conoscerla”.
“Sei solo un’allucinazione dovuta al trapasso!”
“Se non mi credi, puoi toccare con mano” replicò l’altro, avvicinandosi.
L’aria circostante, al suo passo, beccheggiò di un impercettibile spostamento. Lo sguardo del principe si fece torvo e riottoso. Schivò le dita tese verso il suo petto.
“Non osare” sibilò.
“Sei qui per via del tuo orgoglio. Il tuo maledetto-amato orgoglio, che è diventato un tarlo, ridotto ad ambizione ed egoismo. Non sarebbe mai dovuto accadere, Vejita!”
Aveva evitato che quell’impostore lo raggiungesse fisicamente, ma lo strale fabbricato di quelle parole lo prese in pieno. La fitta lancinante che avvertì gli fece mancare la risposta al vetriolo che aveva già sulle labbra.
Spasimo inferto dalla pura verità. Se lo avesse desiderato, Vegeta avrebbe potuto espellere il Majin, schiumante di rabbia ferina ma non prevalente in lui, dal suo io profondo. Invece, aveva scelto di confondere l’insperato spiraglio di riscatto con la cieca vendetta; la fierezza con l’odio inveterato. Si era lasciato condurre da essi attraverso le onde dell’irrisolto, infestate da fantasmi sopiti, in una deriva che aveva condannato il genere umano.
Proprio lui, che aveva assistito inerme alla dissoluzione del suo pianeta, aveva accettato un impari scambio, pur di ottenere il potere che gli era necessario per pareggiare i conti con Kakarott. La futilità ambivalente di quel bisogno, che aveva auto definito indispensabile, gli era rovinata addosso poco dopo.
A malapena, anche ora, riusciva a sostenere la consapevolezza di aver lasciato deliberatamente imputridire un’antica piaga, che non era altro che dolore non condiviso. Neppure con… ah, per tutte le galassie! Il cuore perse un battito.
“Se sei me, come sostieni, non ti devo spiegazioni” rispose algido, in stoica sfida a quelle aspre considerazioni.
“Non te le ho chieste, in effetti. Mi sto solo domandando se ti sei sentito realizzato”.
Gli occhi implacabili che lo incatenavano al flash back interiore erano schegge di ossidiana, che non promettevano sconti. Gli sembrarono stranamente più vividi. Quell’inspiegabile presenza, dotata delle sue fattezze, bloccava le vie di fuga al guerriero che non aveva mai dato le spalle a un avversario.
Chi!”
Doveva ammetterlo. Non si era mai sentito tanto male come quando aveva accolto con raccapriccio l’essenza oscura del Majin. Essa incredibilmente gli era risultata estranea. Ovviamente, perché il crudele principe dei Saiyan che rievocava con insensata nostalgia non coincideva più con il sé attuale. Non c’era stato nessun benvenuto al demone spietato che lo aveva invaso. Era stato in quell’esatto momento che aveva realmente smesso di riconoscersi: non prima, come aveva gridato in faccia a Kakarott.
La verità era che si era perso.
In quegli anni, si era avvertito sereno come mai avrebbe creduto. Quando qualcosa di simile alla felicità lo aveva cinto, una parte di lui non era riuscita ad accettarlo. Come se non ne avesse diritto. Aveva barattato anima e corpo con il Majin per riuscire a dimenticare la sua profonda umanità, perché da solo non ci sarebbe mai riuscito. Ma ciò non era avvenuto. Si era sentito sporco e basta. Era il se stesso malvagio che non aveva più identificato, a quel punto. Quello con le mani lorde di sangue. Non era riuscito a cancellare un bel niente. Quell’atto consenziente, anzi, era imperdonabile davanti al creato intero. Ed era troppo tardi per un dietro front.
La tua espressione la racconta lunga” commentò sarcastico l’alter ego “Non riesco neanche a dirlo, sembra una tautologia. Hai calpestato il tuo orgoglio per eccesso d’orgoglio!”
Vegeta sbuffò, irato. Tutti i Majin dell’universo non lo avrebbero mai reso superiore in uno scontro. Bella scoperta, lo immaginava già in partenza in realtà. La vera forza era un’altra, quella a cui lui aveva tentato sconsideratamente di rinunciare.
Iiah…” proseguì la sua insopportabile copia “Le tue ragioni risiedono altrove. In un dove che tu detesti ammettere. In un quando che ti ha mutato. In un perché che ti atterrisce”.
“Atterrisce?!” ripeté il principe, perdendo definitivamente le staffe.
Quel maledetto lo stava leggendo senza neppure sforzarsi! Se era così, sicuramente avrebbe compreso che lui in realtà…
“Dovresti avere il fegato di ammetterlo con te stesso, Vejita…” pensò.
Con Kakarott avrebbe voluto darsi all’eccitazione della battaglia, rimanendo indenne e indifferente per eccesso di presunzione, come nel suo trascorso. Gli era risultato impossibile. Aveva anelato dimostrare di essere il numero uno, massacrando a caro prezzo qualsiasi pensiero che non fosse stato quello di strappare la vita al nemico. L’esito lo aveva semplicemente privato di tutte le scuse precipitosamente accampate.
Quello scontro, a lungo sognato in passato, non era stato che l’ultimo, occasionale pretesto per rifiutare la metanoia che aveva rivoltato il suo io. Strenua resistenza ad abbandonarsi ad un’umanità che avrebbe potuto ferirlo. Si era aggrappato a quello e aveva sbagliato alla grande.
Non intendeva rinnegare ciò che era stato. Ma non era più così da anni. Da quando era stato sconfitto dalla generosità di un altro Saiyan, che considerava inferiore. Da quando era rimasto sulla Terra. Da quando aveva sperimentato per la prima volta...
“Ancora ti rifiuti di fare pace con i tuoi sentimenti? Incomincia dalle oggettività semplici. Tu hai avuto paura. Almeno io ho il coraggio di triangolarla con il suo nome” attestò l’apparizione, mimando la figura geometrica con le dita guantate “Paura di lasciarti andare. Vuoi che continui o ti decidi ad accettarlo?”.
“Stai insinuando che sono un vigliacco!?” sbottò Vegeta, fissando lo sfidante in aperta opposizione “Mettimi alla prova e vedremo chi…”
Si interruppe, disorientato. L’essere che prima era soltanto una lieve trasparenza ora risultava perfettamente distinguibile, ma non gli stava più prestando la minima attenzione. Il suo sguardo si era agganciato al cielo e sembrava ondeggiare di malinconia. Il principe alzò il viso e subì il medesimo effetto.
Trunks e Goten.
Gli unici Saiyan ancora esistenti si stavano allenando per imparare la danza Metamor. Nei loro occhi, ancora arrossati per l’assenza di chi avevano perduto, c’era la valorosa determinazione che li avrebbe condotti a sfidare Majin-Bu. Sapevano di essere i soli a poter vantare l’ardire di tentare l’impresa che persino a lui era risultata impossibile. Li osservò ascoltare attentamente le istruzioni di Piccolo ed eseguire infinite volte la sequenza di astruse mosse necessaria alla fusione.
Dannazione! Non sarebbe dovuta andare così! Combattere all’ultimo sangue non sarebbe dovuto diventare compito dei bambini! Tutto ciò perché lui…
Oorenai…” pronunciò a fior di labbra la creatura composta di puro ki.
Amore mio.
Un impercettibile sussurro, ma Vegeta lo udì distintamente, nello stesso istante in cui lei, provocandogli un sussulto, entrò nello spiraglio visivo coinvolto nella proiezione. Chi! Allora, quel presuntuoso non si era estraniato dal loro tête-à-tête per seguire l’addestramento dei due piccoli guerrieri! Lo aveva fatto perché il suo interesse era stato calamitato dalla comparsa di Bulma.
La collera, definizione emotiva non propriamente corretta, iniziò a montare come un gradiente di marea e fu tentato di scaricargli addosso un Gaalick Cannon alla massima potenza. Occasione perfetta per scoprire se le sue facoltà erano attive anche laggiù. Non lo fece perché, contemporaneamente, iniziò a convincersi che forse quell’essere non gli aveva raccontato delle fandonie: si identificò nell’espressione tormentata e assorta che lo ammantava in quel frangente.
Vegeta non concentrò il colpo perché sua moglie stava incitando loro figlio con un misto di orgoglio e angoscia, tormentandosi di nascosto le mani e forzando un sorriso che non era in grado di ingannarlo. La conosceva bene. Le iridi turchesi della donna che amava scintillavano di uno strazio ineffabile: erano cristallo in frantumi e guardarla mentre tentava di reagire, annientata dallo sconforto, era per lui un supplizio insostenibile.
Il principe dei Saiyan vacillò, faticando a mantenere intatta la scorza coriacea di cui aveva imparato a velarsi. Anche laggiù, si stava difendendo da ciò che provava.
Bulma, che non aveva alcun potere, era infinitamente più forte di lui. Più coraggiosa e, se possibile, più caparbia. Possedeva una grinta che la portava a non rassegnarsi mai, anche nella disperazione più buia. Nessuno meglio di lui aveva sperimentato quella tempra straordinaria. Quel dono che era lei.
 
“Goku? Non… non può essere morto…” aveva mormorato Bulma, affranta.
“Kakarott non avrebbe dovuto fare quella fine! Avrebbe dovuto sfidare me! Non morire per… dannazione! Io… io sono stato completamente sconfitto sia da lui sia da Gohan! Ho perso definitivamente! Io non sono un guerriero! Perciò… non combatterò mai più!”
Lei lo aveva fissato, incredula, trattenendo il fiato sulla sua espressione stravolta. Seduti a terra, l’uno accanto all’altra, nella penombra della Capsule Corporation.
La quiete era durata meno di uno yoctosecondo.  
“Vattene via, ingannatore da quattro soldi!” aveva esclamato lei, riguadagnando il temperamento combattivo “Ridammi subito l’uomo che amo!”
Chi!”
Vegeta si era sentito avvampare più per la dichiarazione diretta, gettata in campo senza imbarazzo, che per il rimprovero.
“Tu non hai forse fatto la stessa cosa? Quando Cell ha ucciso Mirai Trunks, ti sei gettato contro di lui senza esitare! Avresti potuto perdere la vita, ma non sei stato a pensarci due volte! Goku ha agito per le stesse ragioni, anche se a te non piace il paragone che sto intavolando! Ha salvato chi ama, donando tutto ciò che possedeva. Io sono certa che lo capisci anche tu, solo che non ti va giù il fatto che abbia preferito un’altra via! E, soprattutto, che abbia compreso anche te nel cerchio degli affetti! Ma non è un buon motivo per rinunciare! Non è da te. Non sei il principe di Saiyan? Comportati come tale, allora!”
Lo aveva scrollato con impeto, serrandogli le dita sulla maglietta. In Vegeta era si era ricamato un lampo veemente, ma non si era ribellato. Lei lo aveva preso di petto, chinandosi su di lui e lasciandolo a bocca aperta.
“Gohan avrà bisogno di te! Trunks avrà bisogno di te! Sai bene cosa significa sentire scorrere nelle vene il vostro sangue! Io ho bisogno di te! Non permetterò che tu soffochi te stesso! Mi hai fatto costruire quella dannata gravity room! Giurò che ti ci trascinerò per i capelli, se fosse il caso!”
Lui aveva sollevato il viso, avvolgendola nel nero feroce dei suoi occhi. La tazza che stava reggendo tra le dita era esplosa in frammenti. Ma lei non si era certo lasciata intimorire dal suo atteggiamento minaccioso.
“Non hai capito? In piedi, Saiyan!!”.
Vegeta l’aveva afferrata, facendole perdere l’equilibrio e lei gli era scivolata tra le braccia, sorpresa.
“Hai finito?” le aveva domandato con un sogghigno compiaciuto.
“Sì”.
“Allora, non mi dare ordini”.
“Ti sanguina la mano”.
“Sposami”.
“C-che cosa…?”
“Domani…”.
 
Si riebbe dalla reminiscenza, ritrovandosi a scrutare il se stesso antagonista, che esibiva un’espressione acuta e beffarda.
Lo rammento come se non fossero già passati cinque anni” sospirò con un sorriso pungente “L’effetto che ti ha fatto il suo “sì”. Continui a parlare di temerarietà, ma sai bene che questa definizione è uno schermo. E’ il senhal con cui pensi erroneamente di salvare l’immagine che offri di te”.
“Io sono così come mi vedi. Non celo nulla di me. Se sei intuitivo come vanti, sai bene che non mi interessa simulare e che il giudizio altrui non mi scalfisce. Hai dichiarato che siamo un unico essere, ma da come congetturi non si direbbe. Tu mi fai pena.” sentenziò sdegnoso Vegeta.
I colori quasi realistici della mordace controparte lo colsero di sorpresa. Fu come guardarsi allo specchio. La sua risata gli esplose nelle orecchie, spietata e schietta.
“Hah! Sei un vero Saiyan! Se non c’è difesa, attacca! Complimenti, hai appreso prontamente le basi!” sghignazzò sagace “Ma con me non hai gioco. La parola che eludi e ti fa paura è “amore”. Come se provarlo fosse un difetto inaccettabile e non forza assoluta. Che è quella che ti ha portato qui, peraltro. No, Vejita… nel tuo ultimo Final Flash non hai dato fondo al tuo coraggio o semplicemente al tuo ki. Hai usato tutto l’amore che avevi in te! Smettila di nasconderti!”.
Il principe boccheggiò, svuotato di ogni arma confutativa, tentando vanamente di artigliarsi ad una freddezza che non percepiva. Mai si era riconosciuto tanto indifeso, tanto scandagliato, tanto… umano. I dubbi si volatilizzarono. Quella che gli si ergeva contro era veramente una razione di sé, che era sfuggita al suo controllo per qualche recondito motivo e aveva acquisito forma per renderlo imputato della propria psiche.
 
Le immagini sopra di loro sparirono repentinamente e lo sprazzo di cielo che rifletteva la Terra si fece livido e confuso, restituendo un nulla agghiacciante.
Gli Oni si arrestarono, allarmati, per poi tornare ad assolvere mestamente il loro compito con un’inquietudine aggiuntiva.
Forse, il male aveva vinto. Forse, l’universo era perduto ad aeternum.
Vegeta ansava come se avesse combattuto allo stremo e, probabilmente, stava continuando a misurarsi. Era talmente preso da quel duello intrinseco, da non aver notato di essere giunto ai piedi della postazione di Enma.
   
 
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