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Autore: Ghen    22/10/2018    6 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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30. Dipendenza da lei


La giovane entrò nel locale sfoggiando un gran sorriso, guardando intorno a sé con interesse, odorando e chiudendo gli occhi, assaporando ogni cosa di cui riusciva a inebriarsi. Era così bello essere lì, in libertà, che ancora stentava a crederci. Si mise in fila verso il bancone e tirò un poco fuori dalla tasca della salopette il suo cellulare, ma non c'erano notifiche. Stiracchiò le braccia e, lanciando un'occhiata al bancone, scorse un ragazzo pagare con la carta e un codice il suo cappuccino. Riprese il cellulare, impiegando pochi click e un sospiro, fingendo disinvoltura, poi lo infilò in tasca di nuovo. Quando il ragazzo le passò vicino gli sorrise e ci inciampò addosso, chiedendogli scusa e ritornando così in fila, guardandosi intorno ancora e tirando indietro la sua treccia lunga e bionda. Arrivato il suo turno, tirò le auricolari dalle orecchie e ordinò un caffè lungo e una brioche.
«Paga adesso?».
«Sì, certo. Ho la carta».
La ragazza al bancone le diede il pos e lei passò la carta e ricopiò tranquillamente la cifra apparsa sullo schermo del suo cellulare, ringraziando. Si sedette su un tavolino vuoto e diede un morso alla brioche, chiudendo gli occhi e gustandosela appieno. Una piccola vibrazione al telefono le rovinò il momento.
Da X a Me
Ti ha scritto?
Lei sbuffò, digitando rapidamente una risposta.
Buongiorno, Indi, come stai passando la ritrovata libertà?
Grazie per avermelo chiesto, angelo custode: tutto bene. Un ragazzo gentile mi ha appena offerto la colazione.
Inviò, alzando gli occhi al soffitto.
Da X a Me
Me lo merito, sono stat* maleducat*. Come ti senti ora che sei libera? Ti stai godendo l'aria fredda del nuovo anno? E il nostro contatto ha scritto?
La giovane donna sorseggiò il suo caffè e, formando un inebriato sorriso, decise che ora si meritava una risposta:
No, Lena Luthor non ha scritto niente di nuovo, ma sono certa che lo farà presto. Se vuoi, posso trovare un modo per accelerare la nostra collaborazione con lei.
Da X a Me
No. E non usare il suo nome, nel caso qualcuno arrivi a questi messaggi. Ha provato di nuovo ad hackerarti?
Da Me a X
Nessuno arriva a questi messaggi. A meno che io non voglia. E no, non ha riprovato, deve aver capito l'antifona. Hai voluto la migliore, ricorda. Quale sarà la nostra prossima mossa?
Da X a Me
Nostra mossa? Credo ci sia un fraintendimento, Indigo. Sei solo un tramite, non un mio pari.
Lei spense il suo sorriso e finì il caffè e la brioche, cercando di calmarsi, rispondendo ancora:
Mi hai dato la libertà e te ne sarò sempre riconoscente, ma proprio perché sono la migliore, non dimenticarti di con chi stai parlando: faccio finta di non sapere chi sei, ma io arrivo ovunque. Non mancarmi di rispetto mai più.
Da X a Me
Non è mio volere mancarti di rispetto e apprezzo il tuo lavoro o non saresti là a goderti la colazione. Ma sei tu a non doverti dimenticare che, come ti ho fatto uscire dalla prigione, posso tornare sui miei passi con la stessa facilità e farti rinchiudere di nuovo. Lavori per me: restiamo su questo accordo.
Indigo fece una smorfia con la bocca e lasciò il tavolo, tirando su la chiusura del giubbino, pronta di uscire fuori dal locale al freddo. Lasciò la carta sulla sedia.
Da Me a X
E sia, angelo custode. Appena si farà viva di nuovo, sarò ponta a lavorare per te.
Inviò, rimise le auricolari nelle orecchie e lasciò il locale, salutando con un sorriso.

È facile innamorarsi. Un'operazione naturale. Non voluto, eppure piacevole cambiamento all'interno del proprio corpo, tanto che all'improvviso un semplice gesto come un sorriso, da parte della persona amata, rende il mondo più giusto. Eppure, se è tanto facile innamorarsi, tanto difficile è riuscire a costruire una relazione. La relazione è una scelta che comprende più menti, più cuori, una difficile gestione. Bella, ma non sempre destinata a riuscire.
Di relazioni, Kara ammetteva che ne sapeva poco. Se di cotte ne aveva avute parecchie tra le scuole medie e il liceo, la sola che si era trasformata in relazione seria era quella con Mike Gand. Tanto simili e tanto diversi; forse destinati fin dal principio a non funzionare.
D'altro canto, Lena aveva sempre pensato che avrebbe sposato Jack Spheer, il suo storico fidanzato. Stavano insieme da anni e anche se cercava compagnia altrove, la ragazza non credeva di avere davvero scelta fino alla morte del padre che aveva cambiato la sua prospettiva, lasciando andare quel ragazzo e se stessa, liberi da una relazione che ormai persisteva solo per inerzia. Le altre, solo relazioni di corpi e non di mente o cuore.
La cosa buffa dell'amore è la sua malleabilità: può cambiare e crescere con le persone che lo provano, ma le relazioni sono una bilancia e se il peso da una parte all'altra è diverso, allora l'amore ha il potere di sgonfiarsi, arrestare la sua crescita e cercare altrove ciò che può renderlo felice. O quasi.
La bilancia che teneva sul piatto i sentimenti di Kara e Lena aveva subito uno scossone ma era rimasta in piedi. Tra loro non era finita, lo sapevano entrambe, ma sapevano anche che qualcosa era cambiato, lì, nel profondo, e faceva male.

Il teatro si riempì a breve mentre, dietro gli spalti, gli attori finivano di prepararsi e ripassare le battute; e la crew, che correva da una parte all'altra del palco, di sistemare gli oggetti di scena con gli ultimi ritocchi. Kara inquadrò subito Lena e il cuore le saltò un battito, come volesse riuscire in qualche modo a farle sentire la sua mancanza. Lei e Bruce Wayne erano soli e si stavano sedendo ai posti davanti della platea. Era bellissima, accidenti, vestita di nero com'era solita fare, abbinata a un completo scuro di lui. Ecco, ricominciò a farle male la pancia, lo sapeva. Distolse lo sguardo dalla finestrella rotta e nascose la testa tra le braccia, aspettando l'inizio dello spettacolo.
«Non ci credo che ti abbia lasciata». Selina spezzò il silenzio, dietro di lei. Stava tirando fuori i popcorn da una busta, sistemandoli all'interno di una ciotola.
Kara la guardò solo un attimo prima di poggiare di nuovo la testa sulle braccia. Al suo fianco, Ivy scrollò le spalle e Harley, abbracciata a lei, mise su una smorfia dispiaciuta. «Tecnicamente… l'ho lasciata io», trovò la forza di sussurrare, con la voce impastata.
Si trovavano all'interno di uno dei vecchi sgabuzzini del teatro modernizzato da poco, a Gotham. Quando Selina aveva invitato Kara ad andare a vedere con loro la prima di uno spettacolo, non pensava che lo avrebbero visto da lassù, entrando sgattaiolando da un vecchio ingresso chiuso con qualche mattone rotto e due stecche di legno. Lo sgabuzzino era pieno di robaccia impolverata appartenuta a prima che il teatro fosse riaperto e ricostruito, ma la vista, da quelle finestrelle un po' rotte, permetteva di vedere ogni angolo del teatro, dalla platea ai palchi, dai palchi al palcoscenico. Ma, di certo, non si aspettava di vedere Lena entrare con Bruce Wayne.
Da quando si lasciarono aveva provato a parlare di nuovo con lei, a lasciarle dei messaggi, delle chiamate, era andata a trovarla alla Luthor Corp e le sembrava di essere diventata la sua stalker, così dopo un po' smise. Ogni volta che ci pensava, qualcosa dentro di lei iniziava a farle tanto male che sembrava volerla spezzare in due e piangeva. Era delusa, triste, anche arrabbiata. Dopo che la rabbia contro Lena era passata, aveva iniziato ad accusare se stessa per non averla lasciata parlare e ora sembrava che Lena non avesse più nulla da dirle. Ma la rabbia era un mostro, lo sapeva, non voleva alimentarlo, ma cercare un contatto con lei sembrava inutile.
«L'hai lasciata dopo che ti ha chiesto una pausa, che solitamente è l'anteprima della separazione. Hai solo anticipato i tempi, ti sei protetta, non hai sbagliato», continuò Selina, avvicinandosi a loro e porgendo i popcorn; Harley ci si tuffò a pesce.
Ivy le scoccò un'occhiata. «E da quando sei l'esperta in materia, tu? Non sei mai stata con nessuno».
«E tu cosa pensi di saperne? Ho avuto delle relazioni», sbottò di rimando.
«No, perché me ne avresti parlato, mi pare ovvio».
«Non ti racconto tutto quello che succede nella mia vita».
«Questo me l'avresti raccontato, tesoro; lo sai che amo le storie d'amore».
«Puoi amare quello che ti pare, ma non sono tenuta a dirti nien-».
«Shh», le interruppe Harley, indicando la finestrella davanti a lei, rituffando la mano destra nella ciotola per pescare popcorn. «Lo spettacolo inizia».
Si zittirono e Selina guardò Kara, in silenzio e sguardo basso, che non aveva ancora neppure toccato un popcorn. Le passò davanti al naso la ciotola e, quando lei alzò gli occhi, Selina le fece l'occhiolino, invitandola a prenderne qualcuno. Obbedì e li mise in bocca, guardando attraverso la finestrella.
Le luci calarono e, anche in platea, le voci si attenuarono, aspettando l'arrivo del primo artista sul palcoscenico. Il personaggio, folta barba bianca, vestito di stracci e malaticcio, tossì con prepotenza e iniziò a raccontare al pubblico della sua giovinezza e di ciò che aveva perso. Lena ne restò incantata.
«Conosco l'attore», le fece sapere Bruce, a bassa voce. «È molto bravo, lo ha dimostrato in diversi spettacoli. Se ti interessa, dopo te lo presento».
«Perché no». Rispose senza guardarlo e così anche Bruce portò di nuovo la sua attenzione sul palco.
Il personaggio cadde a terra e tossì ancora, rumorosamente, e le luci si fecero più alte, mostrando altri lati del palco e altri personaggi, riportando in scena l'inizio della sua fine, con musica e balletti.
Lena strinse le labbra e tentò di restare concentrata. Il mostro dentro di lei, quello che era comparso dal momento che lei e Kara si erano lasciate, ricominciò a farsi sentire, raschiandole dentro, dal petto allo stomaco. Il protagonista dello spettacolo, tanto per cambiare, aveva perso il suo amore. Oh, proprio qualcosa per risollevarle il morale.
«Ci pensate?», bisbigliò Ivy. «Ora che Lena è single, magari punta al ragazzo che ti piace, Selina. Per questo sono qui insieme».
Kara la ignorò, dando più sguardi a Lena che al palco, intanto che Selina ridacchiò, mettendo in bocca due popcorn.
«Non mi piace Bruce Wayne, ma i suoi soldi».
«Sì, ma noi lo sappiamo», cantilenò Harley scambiando uno sguardo con Ivy.
Le scene rappresentate sul palco cambiarono ancora, mostrando il vecchio protagonista stanco, adagiandosi sulla panchina vuota di una piazza, in mezzo alla neve. Lena cambiò posa, portandosi una mano sul mento, sedendo meglio contro lo schienale. Guardava lo spettacolo, si sforzava per farlo, ma i suoi pensieri erano per Kara. Non riusciva a non pensare a lei. Perfino quando Bruce l'aveva invitata per la prima dello spettacolo, il suo primo pensiero era volato a lei, chiedendosi anche solo per un momento se sarebbero andate a vederlo insieme se non fosse successo ciò che era successo.
Aveva ottenuto il tempo che le serviva per pensare alla loro relazione, ma lei le mancava così disperatamente che non riusciva nel suo intento. Per come si erano lasciate, poi… Era la sua dipendenza da lei a farle male o perché l'amava davvero? Sapeva che le aveva fatto del male e Kara, lasciandola, ne aveva fatto a lei. Il fatto che avesse cercato di parlarle era la parte peggiore: ignorarla per darsi modo di capirsi era stata la cosa più difficile della sua vita. Avrebbe potuto semplicemente lasciar perdere quel guardarsi dentro, quella stupida ricerca della verità sul suo amore per lei e andare a trovarla, baciarla e rimettere le cose a posto com'erano, ma se poi si fosse resa conto che era tutta una farsa, un'amore a tempo determinato, chi ci avrebbe sofferto ancora era Kara. Doveva solo lasciar passare del tempo e capirlo.
Il protagonista ritrovò il suo amore pochi minuti prima della conclusione dello spettacolo. L'aveva ritrovata dopo troppo tempo pensando di averla persa, dopo aver passato anni a disperarsi di essersene andata da lui, scoprendo che lei ancora lo amava, ma era tardi: la malattia lo portò via da lei un'ultima volta, separandoli per sempre. Le tende calarono e le luci si spensero del tutto.
«Davvero triste», commentò Bruce quando si riaccesero le luci, scuotendo amareggiato la testa mentre si alzava in piedi per applaudire agli attori. «Il tempo è tiranno: aspettiamo qualcosa, a volte anche tutta la vita, per niente. Lui poteva andarla a cercare in qualsiasi momento», le disse scrollando le spalle, «e invece ha atteso tanto, finché infine non c'era più tempo. Queste cose mi lasciano tanto da pensare ogni volta. Un bello spettacolo».
Lena annuì brevemente, applaudendo anche lei. «Aveva avuto i suoi motivi».
«Sì», concordo lui, aggrottando un poco la fronte, «La paura di ciò che avrebbe trovato». Le sorrise e Lena ricambiò, anche se per poco.
«Commenti con tanta enfasi ogni spettacolo?».
«Oh, temo di sì», ridacchiò Bruce. «Mi appassionano. Voglio scusarmi, nel caso diventassi noioso».
Si misero in fila per allontanarsi dalla platea e si videro andare incontro dei giornalisti. Qualcuno scattò loro una foto e, con una mano di Lena tenuta al braccio di lui, si fermarono, concedendo una foto migliore.
«Bruce Wayne e Lena Luthor: nuova coppia per il nuovo anno?», domandò un giornalista puntando il microfono.
I due si scambiarono uno sguardo e si misero a ridere. «No, solo un'uscita tra due amici», rispose Bruce. «Se volete scusarci». Si diressero verso il palcoscenico, mentre, dall'alto, Kara non si perse un secondo.
Selina si era allontanata dallo sgabuzzino per andare a prendere da bere e Ivy guardava Kara imbambolata, intanto che, con la mano destra, accarezzava la testa di Harley che si era appisolata. «Fa male, non è vero?», domandò Ivy, prendendo il suo interesse.
«Un po'… Sì. Fa male», rispose lentamente, capendo subito a cosa doveva riferirsi. Riguardò per un solo attimo in basso attraverso la finestrella, a Lena e Bruce che sparivano dalla sua vista dietro le quinte.
«Lo so cosa provi», si confidò Ivy, «È qualcosa che ti mangia dentro e ti toglie il fiato». Vide Kara guardare per un attimo Harley e Ivy annuì. «Sì, lei… beh, era tornata fra le sue braccia, quella volta. Il suo ex. Sai, lei non è sempre stata così», scosse la testa, senza smettere di accarezzarla un attimo. «L'avevo inquadrata già allora, ma non ci parlavamo. Lei arrivava da una famiglia benestante e io dalla strada, era ovvio che non ci parlavamo. Studiava psichiatria, voleva aiutare gli altri, ma lui è entrato nella sua vita e… Si sono conosciuti in una comunità di recupero: lui era il ragazzo problematico, un sociopatico che amava giocare con gli altri e lei aveva tante aspettative. Lo conoscevo, anche lui veniva dalla strada. Lui l'ha cambiata», sussurrò, spalancando gli occhi verdi. «Una persona da cui starci alla larga. L'ha circuita e solo la sua bella testolina può sapere con precisione quante cose le ha fatto subire; stupri e violenze fisiche e psicologiche di ogni genere».
Kara deglutì, riguardando Harley che sonnecchiava e come Ivy, con quel solo gesto, si prendesse cura di lei. Quella ragazza aveva davvero subito tutte quelle cose? La vedeva ora e pensava che era solare e sbadata, un po' fuori di testa a onor del vero, ma di certo non poteva immaginare…
«Harley lasciò la scuola, finì per impazzire, diventò il suo giocattolo e poi lui la abbandonò una volta stufato. La presi con me ma lei era dipendente da lui e quando tornò… beh, preferì lui a me», raccontò con voce spezzata, guardando lei e poi di nuovo Kara. «Ora è in prigione», le fece sapere, «e se mai dovesse uscirne…», scrollò le spalle e la guardò dritta negli occhi, «allora lo ucciderò».
Kara non disse nulla: per qualche strano motivo non ebbe paura delle parole di Ivy, anche se sapeva che diceva il vero. Era così seria e amava così tanto Harley che avrebbe fatto di tutto per non farla tornare fra le braccia di quella persona malvagia. Per un attimo si chiese se, al suo posto, sarebbe riuscita a fare lo stesso per proteggere le persone che amava.

Nuovo anno, nuove coppie: così si intitolavano le prime pagine dei giornali di punta a Gotham dopo quella serata al teatro; naturalmente, Bruce Wayne e Lena Luthor erano la prima coppia della lista, con foto e, accanto, ogni minuzioso dettaglio su come i due sembravano aver passato la serata, com'erano andati insieme dietro le quinte per parlare con gli artisti e di come Bruce stesse facendo ambientare Lena nella sua città, non mancando di aggiungere la parola dell'esperto in linguaggi del corpo che analizzava ogni loro movimento. Dopo quello scoop, molti altri giornali fecero a gara per avere nuove foto o notizie della coppia del momento.
«Un'uscita tra amici, ci fa sapere il rampollo Bruce Wayne, ma il nostro esperto parla di un certo affiatament-», Kara si fermò, abbassando il giornale e sbuffando, sentendo chiaramente lo stomaco che brontolava, e non certo per fame.
«E cosa ti aspettavi?», esclamò aspramente Siobhan, seduta vicino a lei, davanti alla sua scrivania. «Non avrai davvero pensato che tra te e Lena Luthor avrebbe potuto funzionare?! Il mio unico rimpianto è non aver potuto sbattere la vostra relazione sui giornali quando ne avevo avuto l'occasione…», disse guardandosi le unghie, con nonchalance. «Che spreco…», bofonchiò ancora e continuò fino a quando l'assistente di Cat Grant non chiamò Kara di seguirla e quest'ultima ringraziò il cielo.
Se non altro, i giornali avrebbero avuto dell'altro di cui parlare, dopo gli ultimi scandali che avevano toccato la famiglia Gand. Durante quelle due settimane da quando avevano installato la microspia in quella casa, le ragazze erano riuscite ad ascoltare interessanti conversazioni, e non solo i chiacchiericci da vecchia comare: Rhea Gand amava maltrattare la loro domestica e farla piangere, Mike Gand si vedeva con delle ragazze di nascosto ai genitori e Kara si era rifiutata di ascoltare, il senatore Gand mangiava una coppa di gelato ogni notte, organizzava partite di poker con colleghi di lavoro ogni venerdì sera e, soprattutto, ricattava e offriva beni e servizi in cambio di voti e consensi. Fu quest'ultima informazione, ascoltando alcune sue telefonate, a interessare Alex e Maggie: ne parlarono con Lena e con Kara in diverse occasioni e si erano dette d'accordo per sfruttarla, contattando Leslie Willis che provocò alcune persone che avevano lavorato e avuto a che fare con il senatore nell'ultimo anno. Non tutti avevano voluto parlare, ma Leslie sapeva dove scavare e aveva trovato materiale per un buon articolo. La vicenda era rimbalzata ovunque e i giornali ne parlavano ancora, con aggiornamenti e parole del senatore che si dichiarava estraneo ai fatti.
«Lo punzecchiamo», si era decisa Alex.
«Ascoltiamo e selezioniamo ciò che ci torna utile», aveva aggiunto Maggie, «A costo di distruggere la sua carriera».
«Muoviamo le acque e vediamo cosa va a galla», aveva concluso Alex.
Nelle loro conversazioni dopo che il primo articolo era uscito su CatCo Magazine, Rhea Gand era andata su tutte le furie e aveva interrogato il marito come un bambino per sapere con chi aveva parlato, redarguendolo che non capitasse più. Ma loro erano convinte che quello sarebbe stato solo l'inizio.
Kara prese un bel respiro e aprì la porta per l'ufficio di Cat Grant, fregandosi le mani mentre si avvicinava alla scrivania. «Voleva vedermi, signora Grant?».
«Oh sì, eccoti, Keira», alzò gli occhi dalla scrivania e abbassò gli occhiali.
Kara gonfiò le guance ma non provò a correggerla.
«Ho un compito tutto speciale per te: sei tu quella con la madre che si sposerà con la ex signora Luthor, dico bene?». A un suo breve cenno, la donna ricominciò subito a parlare: «Perfetto. Sfruttiamo questa cosa: devi andare dalla tua nuova e cara sorella a chiederle un'intervista. Naturalmente non gliela farai tu, sei… parente, si può dire, incaricherò qualcuno non appena avrò il via libera».
«Lena?».
Lei spalancò gli occhi e gesticolò con gli occhiali in una mano, sventolandoli. «Hai altre sorellastre di cui dovrei essere a conoscenza?».
«N-No, signora Grant», arrossì, imbarazzata.
«Un'intervista… sulla sua nuova relazione con l'erede dei Wayne», borbottò, scrivendo alcune cose su un'agenda, troppo occupata per rendersi conto dell'impaccio dell'altra.
Kara si toccò lo stomaco, sentendo ancora dolore. Faticò a tenersi concentrata. «Beh, m-ma… Lena non si vede con Bruce Wayne».
«Ne sei certa?».
Deglutì. No. Affatto. «Sì», annuì e Cat Grant scrollò le spalle.
«Bene, meglio ancora: con l'intervista smonteremo questo assurdo pettegolezzo e avremo l'esclusiva. Ora vai, vai. Vai e fissami quell'intervista».
«No…», si diede forza, stringendo un pugno, guardando l'espressione di Cat Grant cambiare esterrefatta.
«No?».
«No», avanzò un passo, «N-Non posso farlo… Lena ed io abbiamo dei problemi ultimamente-».
«Stop, stop, stop», la donna alzò entrambe le mani, bloccandola. «Keira. Lasciami dire una cosa: i tuoi problemi personali, qui, con questo lavoro, non c'entrano niente. Vorrei che ci pensassi davvero attentamente nel rifiutare una richiesta. A questo proposito, pensavo di incaricarti presto di un articolo, ma la cosa potrebbe andar male…». Kara deglutì. «Dopo questo rifiuto, comincio a pensare che potresti non essere adatta a questo lavoro, dopotutto».
«I-Io sono adatta a questo lavoro, signora Grant, ma-».
«Non c'è nessun ma», si alzò, raggiungendola svelta dall'altra parte della scrivania. «O ne sei in grado o no. Ho convinto Katie Holmes a lasciarmi un'intervista per parlare del suo ex marito due giorni dopo che era diventato ex: pensi di essere migliore di Katie Holmes?».
«Beh, no… no-non proprio, signora Grant».
La donna la fulminò con lo sguardo e Kara impallidì. «Allora cosa ci fai ancora qui? Ripensa a Katie Holmes e procurami quell'intervista. Chop chop».
Quando uscì da quell'ufficio era più confusa di prima e non aveva idea di come risolvere la situazione. Poteva andare da Lena, con cui non parlava da due settimane, a dirle di dover fissare un appuntamento per un'intervista per la sua finta relazione con Bruce Wayne? Perché era finta, naturalmente. O almeno lo sperava. Il cellulare vibrò e scese al pian terreno per rispondere, non distante dalle macchinette dove alcuni dipendenti si ritrovavano a bere caffè e chiacchierare. Era Alex, certo: la chiamava spesso dopo ciò che era successo all'ultima partita di lacrosse a cui aveva assistito. Sapeva che voleva assicurarsi che stesse bene, ma iniziava a diventare pesante.
«Come ti senti, sorellina?», le chiese e Kara prese un bel respiro.
«Bene», rispose duramente. «Anzi, per niente. La signora Grant vuole che le rimedi un'intervista con Lena per questa storia con Bruce Wayne ma io ho rifiutato e non l'ha presa bene, così ha cominciato a parlarmi di Katie Holmes e a chiedermi se mi sentissi meglio di lei, ma al momento non so nemmeno come parlare con Lena e questo-questo non ha a che fare con il sentirmi migliore di Katie Holmes», ingigantì gli occhi.
«Perdonami, mi sfugge il passaggio su Katie Holmes».
«Lascia perdere», si portò una mano sulla fronte. «Il punto è-è che non posso chiedere quell'intervista a Lena, è questione di coscienza», concluse, camminando in tondo con sguardo basso. «Ma, se non lo faccio, ho come l'impressione di dover dire addio alla mia carriera. Più che a diventare reporter, vuole spingermi a diventare senza cuore. C-Come Siobhan o, che so, Leslie Willis».
«Ehi», la voce di Leslie tuonò per il piano e Kara si voltò, vedendola alzare un braccio e con l'altra tenere un bicchierino di caffè. «Posso sentirti da qui, Madre Teresa».
Kara strinse i denti e si scusò con un gesto, allontanandosi. «Capisci? Non so cosa fare», bofonchiò, scuotendo la testa. Sapeva che poteva chiedere ad Alex di rimediare quell'intervista per lei, si sentiva con Lena, era chiaro, ma non ci riusciva. Forse, una parte di lei era convinta che quella sarebbe stata la giusta scusa per rivedersi e, magari, chiarirsi e parlare.
Dopotutto, Alex non provò a proporglielo. «Non posso sapere cosa frulla per la testa di quella donna, ma sono certa che stia tentando di spingerti a dare il meglio di te. O di Katie Holmes», aggiunse rapidamente. «Saprai fare la scelta giusta».
Kara annuì e riattaccò la chiamata. Alex, dall'altra parte, fece lo stesso. Alzò lo sguardo e incrociò quello di Lena, seduta sul suo divano in soggiorno. Era strano vederla così, invece della sua solita faccia da poker: si sforzava di tenere un comportamento serio ma Alex lo notava, notava eccome il luccichio triste nei suoi occhi di un verde acquoso, grandi. La irritava che fosse triste. Kara era andata da lei in lacrime quando era successo e non avrebbe mai perdonato Lena per quello, anche se, in fondo da qualche parte, se lo aspettava e, forse, si era sentita un po' egoisticamente sollevata: più la loro relazione andava avanti, più sarebbe stato difficile separarsi e, accidenti, odiava ammettere che era sempre stata convinta che si sarebbero lasciate. Non metteva in dubbio che si amassero, ma odiava pensare che erano troppo diverse per stare insieme. Per il resto, non sapeva se essere più arrabbiata con Lena per averla fatta soffrire o più triste per Kara. Una cosa però la sapeva: la loro operazione doveva andare avanti.
«Kara sta bene?».
Alex non le rispose, poggiando il suo cellulare sul tavolo. Un'altra cosa, per lei, era certa: non si dispiaceva affatto di averla spinta contro il muro dopo averla fatta entrare in casa sua. Le aveva solo stretto una spalla, non le avrebbe fatto del male, ma… «Allora. Hai novità?», si appoggiò contro il tavolo, incrociando le braccia al petto.
Non rispose alla sua domanda, ma in fondo Lena se lo aspettava. Abbassò un poco gli occhi e dopo la guardò, con decisione. «Mi sono sentita con Bruce Wayne, di recente».
«Oh, sì. È su tutti i giornali».
«Quello che non è scritto sui giornali», prese fiato, «è che sospetta che i soci maggioritari della Wayne Enterprises stiano agendo alle sue spalle per un qualche progetto segreto». Vide Alex aggrottare la fronte e proseguì: «Da quando è andata male la vendita del terreno delle case popolari sono sospetti».
«E questo cosa ha a che fare con te?».
«Ha sentito uno di loro discutere al telefono di National City. Non sa con chi, ma mi vuole tenere informata».
Alex scosse un poco la testa e abbozzò un sorriso. «Sì, ci credo».
Lena strinse un pugno e così deglutì, lasciando perdere. «Parlane con Kara. E con Maggie, certo. Se sono casi collegati, lo verremo a sapere». Si alzò dal divano e Alex annuì, incantandosi poi a vedere un punto distante. «Lo so cosa stai pensando».
«No», ridacchiò Alex, «Non lo sai proprio».
«Se non avessi rovinato tutto con Kara, ne staremo parlando tutte insieme, adesso».
Alex si portò le mani sui fianchi, scrutandola con sguardo duro. «Sì, ma questa è solamente la punta dell'iceberg. Non avresti dovuto-», la indicò, cercando di trattenere la rabbia, «Non avresti dovuto provarci con mia sorella. Accidenti, io ti ho difesa quando Kara voleva farti i dispetti e ti ho difesa quando mi diceva che stavi flirtando con lei; le dicevo che scherzavi, ma tu facevi sul serio», la guardò truce. «E come si è arrivati a tutto questo? Le nostri madri si sposeranno tra due mesi e dovrai ricominciare a parlare con lei per forza; lo capisci, questo?».
Sembrò iniziare a sfogarsi. «Non ho scelto ciò che è successo».
«Cazzate! È sempre una scelta». Si scambiarono uno sguardo duro e Alex riprese a pieni polmoni: «Provavi attrazione per lei? Bene, la tenevi per te», fece lapidale. «Se non altro l'hai lasciata prima del matrimonio o ci sarebbe stato un qualche imbarazzo», si mantenne la fronte, «Avete ancora tempo per ricucire un rapporto».
«Parlerò con lei».
«Sarebbe il caso», sbottò, «Ha provato a cercarti e tu-».
«Non ero pronta». Alex guardò in aria e Lena strinse i pugni. «Non ho lasciato Kara perché mi sono stufata di lei. Perché lo so che è questo che pensi».
Alex sogghignò. «Credi di sapere tutto quello che penso?».
«So di aver perso punti con te e che mi sopporti solo per il nostro piano contro i Gand, non sono stupida», strinse un poco gli occhi. «E so che pensi che ora mi veda con Bruce Wayne: ma non è così».
«Non è così?».
«No». Lena le andò vicina, guardandola dritta negli occhi. Alex deglutì. «Non volevo lasciare Kara, avevo solo pensato di allontanarci proprio per capire dove questa relazione ci avrebbe portato», si portò una mano sulla fronte. «Ho avuto relazioni molto diverse prima di lei e non volevo farla soffrire».
«Troppo tardi per questo, eh?».
Lena non rispose, socchiudendo un poco gli occhi. «Non volevo che si arrivasse fino a questo punto, credimi».
«Va bene», annuì alla fine, convinta che stesse dicendo il vero. «Spiegale questo, allora. Aggiusta qualcosa. Kara ti ascolterà».
Lo avrebbe fatto, o se non altro ci avrebbe provato. Se ne andò dalla casa della sua sorellastra in auto; guidava lei, non voleva seccature. Una volta in macchina, prese il cellulare e trovò il numero di Kara. Pensò di premerlo ma lasciò il pollice a mezz'aria, indecisa, troppo indecisa. Kara sarebbe stata ancora arrabbiata? Ciò che aveva visto alla sua ultima partita di lacrosse… accidenti, non pensava che l'avrebbe rovinata fino a quel punto.
Non si era seduta sugli spalti come sempre, aveva cercato di non farsi vedere. Era rimasta in piedi, vicino alle persone che esultavano; aveva intravisto Alex sugli spalti, era da sola, e poi Kara che, palla nella racchetta, stava già correndo per il campo. Avevano provato a fermarla ma era inarrestabile.
«Allora? Sei arrivata?», la voce di Lex al telefono l'aveva spaventata.
«Sì, sì. Kara è in possesso della palla. Dovrei aspettare la fine della partita e provare a parlarle, ma non so se è il caso…», aveva scosso la testa, senza perderla d'occhio un momento.
«Devi essere pronta. Per il resto, sono certo che le farà piacere saperti lì a fare il tifo per lei».
Una ragazza della squadra avversaria era riuscita a farla cadere, l'arbitro aveva fischiato e Kara si era tolta il casco, guardando la sua rivale con sfida. La ragazza doveva averle detto qualcosa che non le era piaciuta, non aveva idea di cosa fosse successo all'improvviso, ma Kara l'aveva spinta, la ragazza aveva provato a colpirla e così lei l'aveva gettata a terra per bloccarla. Di lì a poco la squadra di National City si era gettata contro le altre giocatrici. L'arbitro aveva fermato la rissa e Kara si era tirata indietro confusa. Lena aveva riconosciuto Megan andarle vicino e parlarle e dopo l'arbitro, facendole cenno di uscire dal campo. Era stata sospesa e, a giudicare dall'accesa chiacchierata tra lei e il signor Jonzz, doveva essere stata esclusa almeno dalla prossima partita.
Lena era tornata sui suoi passi, dando le spalle al campo. «No. Kara è stata appena sospesa ed è colpa mia. Non me la sento di vederla, adesso».
«Non può essere colpa tua, Lena».
«Lo è».
Aveva sentito Lex sospirare, dall'altra parte della chiamata, e così se n'era andata.
Lena si passò una mano sulla fronte e lasciò il telefono, decidendo di rimandare.
Chiusa la porta di casa dietro Lena, Alex si preparò in fretta con il primo abito trovato nell'armadio, pronta per la sua uscita con Maxwell Lord. Era arrivato il momento di pagare il suo debito e non ne era affatto entusiasta. Maggie lavorava e le aveva detto di tenerla informata su qualsiasi intenzioni avesse l'uomo, ma l'unica paura di Alex, a quel punto, era quella di annoiarsi. Per non rivelargli dove abitava, si fece trovare pronta sotto la stazione dell'autobus e lui passò a prenderla con una lussuosa macchina guidata da un'autista. Uscì dalla vettura e le aprì lo sportello, ma invece di ringraziarlo, Alex ci tenne a fargli sapere che aveva le mani anche lei.
«È sempre così indisposta con chi cerca di essere carino nei suoi riguardi, signorina Danvers?».
Lei assottigliò i suoi occhi. «Di solito lo sono con chi punta imperterrito a una relazione con me dopo aver ricevuto un no».
Alex si aspettava un ristorante di lusso, ma ammetteva di non essere mai stata da quelle parti di National City e che il locale era davvero molto elegante e raffinato, situato intorno a un parco completamente illuminato da cordoni di luci dorate sulle siepi. Era spazioso, non c'era brusio nonostante fosse pieno di coppie, e il servizio era veloce e impeccabile. Ordinarono il primo e una bottiglia di vino e, inaspettatamente, quando il sommelier si rivolse ad Alex con la sua signora, Maxwell lo corresse dicendo che non erano una coppia. Alex lo apprezzò.
«Mi parli della sua compagna, se le va», le sorrise, versandole altro vino.
«È una poliziotta».
«Ma non mi dica».
Alex non si perse nei dettagli in nessun argomento affrontato, ma si sorprese di quanto il giovane uomo avesse voglia di ascoltare. Lo credeva pronto a parlare del suo lavoro, delle sue noiose giornate, ma forse lo aveva dipinto molto più egocentrico di com'era in realtà.
«Lo ammetto: la facevo molto più… come dire», strinse le labbra, «pesante come persona, signor Lord».
«La prego, mi chiami Maxwell».
«Maxwell», ripeté lei.
«O Max, se le fa piacere», ridacchiò, ingoiando un boccone.
Alex scosse la testa ma un sorriso era fermo sulle sue labbra rosse. Così abbassò la testa e si mise a giocare con un fazzoletto, facendosi soprappensiero. «Scusa se mi permetto, Max», disse il suo nome alzando le sopracciglia, «Ma mi chiedo come mai un uomo intelligente, di buon portamento, ricco… perda tempo a rincorrere una ragazza dichiaratamente gay. Non hai mai avuto una compagna? Una moglie?».
«Ah…», strinse le labbra e annuì pensieroso, abbassando gli occhi solo un momento prima di concentrarsi di nuovo su di lei. «No. Mai avuto una moglie. Una compagna nemmeno, anche se sono umano e ho avuto anch'io delle cotte e delle relazioni. Ovviamente», rise, scrollando le spalle e scuotendo un poco la testa. «Ma credo sia a causa del mio spirito romantico se non ho ancora avuto una signora Lord: per me una relazione con qualcuno deve essere totale. Due corpi, un'anima. Ammetto che non è facile trovare qualcuna che ricalchi questa mia idea della vita di coppia. Per altri versi, forse l'amore è troppo complicato per me. Con l'amore di mezzo, tutto è in discussione, non è facile», rise di nuovo e Alex portò le braccia a conserte.
Ora ne era certa: se non avesse mai capito di essere gay, se non fosse stata già fidanzata o se fosse stata una ragazza etero, avrebbe ceduto alle sue lusinghe, prima o poi. Quell'uomo riusciva a catturare il suo interesse e il fatto che in sua compagnia, alla fine, non si fosse annoiata, era di sicuro un punto a favore. Ed era comunque meglio di molti ragazzi con cui era uscita.
Fecero un breve giro nel parco in attesa che arrivasse l'auto per portarli via e Maxwell ringraziò Alex per aver accettato il pranzo. Lei si trattenne dal dire di non aver avuto molta scelta.
«A breve sarò molto occupato per via di un affare che si concluderà presto, però mi piacerebbe rivederti e parlare di nuovo con te, Alex». Si affrettò ad aggiungere, quando la vide accigliarsi: «Come amici, si intende. Spero di non innervosirti, ma oltre all'interesse che provo per te, mi piace stare in tua compagnia».
Lei sorrise, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di dirgli che, in fondo, era stato lo stesso.

E così passò altro tempo fatto di incertezze, paure e risentimenti. Lena andò a stare da suo fratello a Metropolis, tenendosi in contatto con Alex a National City e Bruce Wayne a Gotham. Kara e una Megan molto curiosa tennero la ricetrasmittente della microspia per una settimana e mezzo; ridendo per le lunghe telefonate di Rhea Gand con le amiche del croquet e le recensioni dei libri quando aveva ospitato nel suo salone il club del libro. Aveva orgogliosamente mostrato il caro e vecchio quadretto a tutte le sue ospiti a turno e Megan e Kara avevano passato una notte a parlarne, ridacchiando sulla sua ingenuità. Allo stesso tempo, avevano avuto i brividi per ciò che doveva sopportare la sua povera domestica, Joyce. Quella ragazza correva da una parte all'altra della casa a uno schiocco di dita, non poteva concludere una frase che mancasse del signora Gand o signor Gand, doveva ricordare a memoria la disposizione delle spezie sullo scaffale poiché Rhea la interrogava e, sentivano, doveva schivare gli oggetti che lei le lanciava.
«Non capisco», alzò le spalle Megan, un pomeriggio dopo l'ennesima sfuriata di Rhea Gand. «Perché non se ne va? Meglio conservare la propria dignità che avere a che fare con quella donna. È malvagia».
«Non può andarsene», le rispose Kara affranta, prendendo appunti su un blocnotes sugli spostamenti della signora Gand. «Mike mi aveva raccontato che è qui con visto scaduto e che sua madre la tiene con pugno duro per questo. Minaccia di chiamare la polizia per qualunque cosa. Joyce non è neanche il suo vero nome: glielo ha dato Mike perché non riusciva a ricordarsi il suo e hanno iniziato a chiamarla così».
Lei aggrottò la fronte. «Ma questo è atroce. È schiavitù. Sarebbe buon materiale per un articolo».
Kara mantenne la testa con una mano e il gomito poggiato sul materasso, voltandosi verso la sua compagna di stanza. «Metteremmo Joyce nei guai…», scosse un poco la testa e infine prese respiro, prima di continuare. «Ho provato a parlare con lei ma non vuole: questo lavoro l'aiuta a inviare i soldi dalla sua famiglia. E ho provato anche a parlarne con Mike, ma… lui è convinto che lei stia bene con loro, che altrimenti se ne sarebbe andata. Dice che sua madre si prende cura di lei».
«Mike è stupido», sentenziò Megan senza giri di parole.
Kara sbuffò, iniziando a fare cerchietti in un angolo del foglio, senza motivo. «Joyce non parlava, lui mi ha convinta a lasciar perdere e… le cose sono rimaste così».
La relazione con Mike era stata importante per lei; credeva davvero che fosse l'amore della sua vita, quello giusto, il principe che le raccontavano le favole, ma si era rivelato un abbaglio. Erano così abituati a stare insieme e Kara così assuefatta da lui, da non vedere tutto il resto. E forse, immaginava, per Mike era ancora tutto fermo a quel punto, intrappolato in una relazione ormai inesistente.
«No… pensavo a Kara». Era il giorno dopo e Kara aspettava l'arrivo di Alex per passarle la ricetrasmittente che spettava a Lena, che sentì la voce di Mike diventare via via più chiara; sembrava stesse parlando al telefono. Lo sentiva camminare. «Non capisci, amico: ci siamo allontanati ma il suo cuore mi appartiene. Lo capirà e farà come dico, così torneremo insieme e si aggiusterà tutto! Non sono disperato», sbottò poi per difendersi, con tono infastidito. «Tu non conosci Kara: non può stare lontano da me. Sì, ho provato a dirle di restare solo amici ma non sta funzionando… Comunque no, vedrai che è come dico: questo qualcuno con cui sta ora non esiste. Sì, comincio a esserne sicuro: se esistesse, perché allora non farmelo conoscere? Sta solo facendo la preziosa e», lo udì ridacchiare, «lo sai cosa succede quando fanno le preziose. Anche se lei è diversa, voglio dire, Kara è… la donna della mia vita».
Kara sbuffò, controllando l'orologio: sua sorella sarebbe passata presto.
«Cosa fai qui? Non devi uscire?».
La ragazza diede di nuovo attenzione alla ricetrasmittente, ascoltando la voce del senatore Gand.
«Sì, sto per uscire… E non urlare, sono al telefono».
«Vai e chiudi la porta. Ora che tua madre non è in casa e tu che stai per uscire, posso dedicarmi bene ad alcuni documenti da revisionare».
Kara udì la porta chiudersi e i pesanti passi del senatore allontanarsi, sicuramente verso la scrivania. Si sarebbe occupato di buon materiale da dare in pasto al CatCo Magazine? Oppure qualcosa che riguardava la morte dei suoi genitori? Kara non poteva vedere, ma le telefonate dell'uomo finora non le avevano deluse. Sentì cassetti aprirsi e chiudersi, la grande sedia strisciare, altre cose che venivano mosse. Talmente concentrata a non perdersi un attimo che, quando bussarono alla porta, si spaventò. Megan era fuori, doveva per forza essere Alex.
«Ehi, Kara», Maggie l'abbracciò e poi entrò, estraendo un grosso sorriso. «Alex è stata incastrata con l'università, così ha mandato me a prendere la ricetrasmittente. Ah, sei ancora in ascolto», la guardò e poi indicò l'attrezzo, avvicinandosi.
Kara chiuse la porta e la seguì, senza trattenere uno sbadiglio. «Sì, ora il senatore è da solo alla sua scrivania, pensavo potesse scappargli qualcosa di importante». Si torturò le mani e la guardò appena, mentre tendeva le orecchie e alzava il volume per non perdersi nulla. «Q-Quindi Alex è all'università, bene», annuì, «Tutti sono… dove devono stare, certo».
Maggie le sorrise e si riavvicinò. «Lena è a Metropolis, nella loro casa lì. Potevi chiedermelo, Kara».
A Metropolis. Oh, era andata a trovare Lex o era un modo per stare lontana da lei? «Bene… Certo, s-sarà andata a trovare il fratello, non si vedono spesso da quando si è trasferito e… va bene. Allora come farà a…?», indicò l'apparecchio e Maggie le sorrise, inclinando un poco la testa.
«Verrà a prenderla da Alex. Domani, credo».
«Prenderla da Alex, certo. Certo», annuì e abbassò lo sguardo.
«Hai provato a…?».
«Chiamarla? No. Non voglio insistere, avrà visto che ci ho provato, quindi se vorrà…», prese fiato, «se vorrà parlarmi, mi chiamerà lei». Maggie annuì di nuovo, era comprensiva, ma continuava a fissarla con quello sguardo che a Kara sembrava tra il rassegnato e il commiserevole. Basta, pensò, era arrivato il momento di lasciar perdere quella discussione: doveva spegnere la ricetrasmittente in modo che la portasse via, il resto poteva aspettare. «Ti preparo…?».
«Sì. Va bene».
Kara allungò una mano per spegnerla quando la voce del senatore Gand mise entrambe sull'attenti, fissando l'apparecchio con attenzione.
«Stavo pensando proprio a te, lo sai?», lo sentirono ridere e le due si scambiarono un'occhiata. «Finalmente… Sì, va bene, allora ti aspetto. Sono solo e lo sarò per tutta la sera. Oh, lo sai che mi eccita. Ti aspetto».
Kara e Maggie spalancarono gli occhi, decidendo di aspettare a staccare e ascoltare cosa sarebbe successo. Dopotutto, non dovettero attendere a lungo: a un certo punto sentirono il campanello, il senatore muovere la sedia, i suoi passi, la porta aprirsi e, dopo poco, la porta richiudersi, qualcosa sbattere, più passi movimentati e di nuovo la sedia della scrivania, insieme a una voce mai sentita prima che rideva e sospirava rumorosamente.
«Sulla scrivania? Oh, mi piace», disse il senatore con una risata: non lo avevano mai sentito così allegro.
«Non ci posso credere: lei dev'essere uno di quei documenti da revisionare di cui parlava», borbottò Kara.
«Sei proprio un grand'uomo, Lar».
«Aspetta, Gilda, ho ancora i pantaloni».
Entrambe spalancarono la bocca, sorprese e terrorizzate allo stesso tempo. «Okay…», Kara la guardò schifata, «Sento che questo mi bloccherà la crescita».
Decisero di registrare ma di smettere di seguire in diretta ciò che stava succedendo. Ciò che avevano ascoltato fino a quel punto, in ogni caso, era sufficiente per affidare a Leslie Willis un nuovo incarico: scoprire chi era questa Gilda e farsi dare qualche dettaglio da sbattere sul giornale. Maggie le disse che ci avrebbe pensato Lena e se ne andò portando via la ricetrasmittente, mentre Kara, sdraiata sul letto, continuava a pensare a lei. E al grand'uomo. Oh, era terribile: doveva cancellare quell'immagine dalla sua testa.
Cat Grant le aveva dato una proroga per quanto riguardava l'intervista, ma sapeva di non dover abusare a lungo della sua pazienza. Sbuffò, prendendo il cellulare. Deglutì. Selezionò il numero e restò a fissarlo, con il cuore che batteva impazzito. Andava bene; andava tutto bene. Ritrovò il suo coraggio e alla fine cliccò, ma sospirò di sollievo quando l'attesa finì, che le stava facendo salire tanto ansia da non sentire più il sangue circolare nelle vene, per sentire la segreteria telefonica. «… Lena. Sì, s-sono io. Non ti chiamo per… Non lo so, comunque ti chiamo per lavoro: emh, la signora Grant mi ha convinta a chiederti la disponibilità di un'intervista che non- no, non ti farò io, sulla tua-», si fermò poiché per un attimo si rese conto che non sapeva come dirlo ma che lo stava facendo davvero e che era troppo tardi per tornare indietro. Solo che, accidenti, non si aspettava che Lena stesse ascoltando in quel momento e che, inaspettatamente, decise di rispondere:
«Kara?». Lei si immobilizzò. «Per lavoro, hai detto? Un'intervista?».
Tre settimane e mezzo di silenzio e ora aveva deciso di risponderle solo per lavoro? Kara si grattò la fronte e decise di tenere il tono più composto che riusciva. «Szì- emh», che cos'era quel verso?, «Sì, vo-voglio dire… Mi ha chiesto di chiederti se sei sì, se sei tu disponibile».
«Sì, va bene. Ma su cosa?».
Kara si inumidì le labbra, cercando di tenersi concentrata, capendo che poteva farcela. «Su-Sulla tua relazione… con Bruce Wayne». Non la sentì rispondere subito, ebbe come un momento per pensare a cosa dire, a cosa fare.
«Va bene. Dille di farmi sapere per quando sarà pronta».
Kara strinse il telefono, sforzandosi per non esplodere lì, su due piedi. «Bene… A-Allora ti farò invierò un messaggio».
«Kara?». La sentì sospirare. «Dobbiamo parlare. Dobbiamo vederci. Presto».
Le relazioni sono composte da dialoghi: se il dialogo manca, un pilastro della bilancia può rompersi e sgretolarsi fino a compromettere la stabilità della stessa. I segreti, le menzogne, una relazione che si intreccia all'altra sono scelte consapevoli che minano ciò che si è costruito fino a quel momento. Lo avrebbero scoperto presto i coniugi Gand: Leslie Willis era riuscita a trovare la famosa Gilda, che non era altri che la sua segretaria, un classico. Aveva sopportato appena qualche minuto di domande e supposizioni che aveva raccontato della sua relazione con il senatore senza battere ciglio; Leslie aveva buttato giù una bozza entro giornata e l'aveva mostrata a Cat Grant che, seppur con qualche riserva, le aveva dato il permesso di andare avanti.
«Posso chiederti come mai questa tua assurda passione per il senatore Gand, ultimamente?», le chiese poggiando i gomiti sulla scrivania, osservandola con attenzione. «Pare che tu stia cercando di provocargli un danno, lavorativo e di immagine».
Leslie alzò le spalle, sorridendo con gusto. «Quell'uomo puzza da capo a piedi e penso che mostrare la sua vera faccia al grande pubblico sia un favore verso National City e gli USA! Ma se ti può consolare, farei la stessa cosa con chiunque, non è un accanimento personale».
Non per lei. E se l'era cavata così, almeno per ora. Per fine gennaio, l'articolo che inchiodava il senatore Gand e la segretaria Gilda era prima online e poi cartaceo, nello stesso numero dell'intervista a Lena. Per rispondere alle domande si era presentata alla CatCo e Kara, appena l'aveva vista, si era nascosta nei bagni e in magazzino. Che assurdità comportarsi in quel modo, eppure in quel momento le era sembrata l'unica cosa possibile perché il suo corpo tremava e sentiva lo stomaco svuotarsi.
«Lena Luthor e Bruce Wayne: solo amicizia», Kara sorrise nel leggere anche solo il titolo e Siobhan, dandole uno sguardo, roteò gli occhi, mentre per sé leggeva l'articolo sul senatore.
A casa Gand, intanto, Rhea faceva lo stesso e andava su tutte le furie, strappando la pagina del magazine e lanciandola in aria, verso un marito che non riconosceva più. «È vera, questa roba è vera?! Tu mi hai tradito?».
«Tesoro…», mormorò senza voce e scosse un poco la testa con affranto.
«Non osare chiamarmi in quel modo, sudicio-», si fermò, andandogli incontro con un dito puntato sul suo torace. A pochi metri da loro, Mike era certo che sua madre stesse cambiando colore. «Abbiamo fatto dei voti, abbiamo giurato», urlò, «davanti a Dio che saremmo stati per sempre e tu hai tradito me e il nostro matrimonio».
«Rhea, per favore».
«Non toccarmi», Lena l'aveva sentita urlare di nuovo, dalla ricetrasmittente. «Non pensare neppure di sfiorarmi. Sei immondo! Come hai potuto farlo?».
«No», disse la ragazza al telefono, «Rhea Gand non aveva davvero idea che suo marito la tradisse: sto registrando tutto». Alex le disse di stare attenta a non perdersi dettagli importanti e lei annuì di istinto, per poi ansimare. «Senti, posso… posso chiederti quando… potrei vedere Kara, secondo te? Quando sono andata alla CatCo, lei… non c'era», sospirò di nuovo, fregandosi due dita in mezzo agli occhi, «e non saprei come chiederglielo per telefono».
Anche Alex sospirò e aspettò qualche secondo prima di rispondere: «Puoi provare alla festa di Martedì Grasso, magari… Saremo in giro a National City per guardare i carri del carnevale, ti farei sapere la nostra posizione per messaggio».
«Grazie».
«Non ringraziarmi… Spera di aggiustare qualcosa, piuttosto».
Lena chiuse la chiamata e si mantenne la fronte per il mal di testa crescente, ascoltando che a casa Gand la situazione stava degenerando e Mike sembrava essere intervenuto per fermare sua madre che stava aggredendo suo padre. Avrebbe voluto dire che rendere pubblica quella relazione era stato probabilmente un colpo basso, eppure non riusciva a dispiacersi per nulla. Alzò lo sguardo e notò di aver lasciato il portatile aperto, sulla scrivania. Il pezzo di nastro adesivo nero che aveva messo sulla videocamera frontale si stava staccando e le sembrava come di essere osservata. Accidenti. Si alzò e lo riappiccicò meglio, tappandola.

Una mascherina per gli occhi, sul rosso. Un antico abito stile veneziano, anche quello sul rosso. Del rossetto rosso e cerone bianco in faccia, per renderla più pallida. I capelli raccolti indietro, in un alto chignon. Eliza le fece i complimenti, quando la vide scendere dalle scale del salone in villa.
«Vai con Kara e Alex alla festa? Più tardi andremo anche io e Lillian, ma non ci tratterremo a lungo».
Lena e sua madre si erano scambiate uno sguardo freddo: doveva sapere che non stavano più insieme, naturalmente anche Eliza si era accorta che passavano molto meno tempo assieme rispetto a prima.
«Nemmeno io mi tratterrò a lungo, ho del lavoro da sbrigare».
«Oh, oggi è festa, Lena. Niente lavoro. Vai e divertiti». Scambiò con lei un caldo abbraccio e la lasciò andare. Era come se avesse voluto incoraggiarla e, anche se probabilmente non sapeva per cosa si era sentita in dovere di farlo, la ringraziò ugualmente, solo col pensiero.
Ferdinand l'autista la lasciò in una strada già affollata e così si mise in marcia, tra la gente in festa che saltellava, la musica alta e le risate, le bombolette spray e i coriandoli che volavano col vento. Seguì le indicazioni che le inviò Alex per messaggio e sorpassò diverse persone vestite nei modi più disparati, come serial killer con accette e puffi, fermandosi solo qualche istante per vedere qualche carro che passava in mezzo alla strada, possente e con animazioni, circondato da pagliacci. Così riguardò il messaggio: se riconosceva il punto in cui si trovava, doveva esserci quasi. Il carro le passò davanti, incantata a guardarlo, che dall'altro lato della strada mise a fuoco lo sguardo di Kara con pochi secondi di ritardo, mentre lei sembrava aver fatto lo stesso, spegnendo il sorriso. Neanche l'eccitazione della piccola Jamie che le tirava la gonna del suo vestito rosso e a pois neri da coccinella sembrava poter far tornare Kara in sé. Alex e Maggie inquadrarono Lena e la sorella le parlò all'orecchio, così presero la bambina e la lasciarono.
«Ho provato a cercarti», quasi urlò Kara, per farsi sentire, «Tante volte, veramente».
Si erano dirette all'interno di una via meno trafficata, camminando distanti, con i loro cuori che battevano all'unisono forse più forti della musica.
Lena si fermò e a stento riuscì a guardarla negli occhi, sfilandosi la mascherina e lasciandola sul davanzale di una finestra. «Lo so… Avevo bisogno di tempo».
Abbozzò un sorriso, scuotendo la testa e alzando un poco le braccia. «L'hai trovato».
Lena deglutì e si accorse di non sapere cosa dirle. Aveva tante idee per la testa, tante cose che fino a poco prima scalciavano tra i suoi pensieri per venire a galla, e ora che si trovava lì, immobile davanti a lei, non aveva più parole. Kara la guardava e aspettava qualcosa; più stava zitta e più cresceva la sua ansia, più quegli occhi azzurri la ferivano.
«A-Avrei dovuto lasciarti parlare, quando… beh, sì, quando…», infine, trovò Kara il coraggio di parlare per prima ancora una volta.
«No, io… ho capito come ti sentissi e mi sono resa conto di essermi comportata da stupida», la fissò. «Oh, Kara, volevo solo del tempo per pensare, non volevo lasciarti».
«Solo perché non ne trovavi il coraggio».
«No», aggrottò la fronte, sentendosi colpita. «Ti prego, ci ho pensato, sì, ma non ho mai voluto lasciarti davvero. Anche se…», sospirò, prendendo tempo per cercare le parole più giuste, «Temevo di essere dipendente da te».
«Cosa intendi?», si portò le braccia a conserte.
«Temevo di scambiare questo per amore». Vide il suo sguardo incrinarsi e la bloccò prima che potesse dire qualcosa: «Lo so che ho detto che ti amo. Perché è la verità, ma… accidenti, è più complicato di così e non so come spiegarmi».
Kara diede solo uno sguardo alla strada principale dove intravedeva bambini correre e lanciarsi stelle filanti, rincorrendo i carri che si allontanavano con la musica, così si appoggiò al muro e diede di nuovo la sua piena attenzione a lei. «Non vado da nessuna parte. Sono qui, parlami».
Lena si avvicinò, deglutendo. «C'è stato un periodo, quando stavo con Jack, che mi sono chiesta più volte se ci fosse qualcosa di sbagliato in me. Le cose tra noi non erano più come un tempo e… lui si è allontanato», cominciarono a luccicarle gli occhi, «io mi sono sentita persa. Ero ancora una ragazzina ma, sai, ero davvero convinta di amarlo. A livello mentale, eravamo connessi in un modo che non mi sarei mai aspettata mi succedesse con nessuno, anche se a livello fisico… Lui mi faceva sentire bene, ma non era abbastanza». Kara non la perdeva d'occhio un momento, in silenzio. «Senza di lui ho cominciato ad avere altre relazioni e se da un lato mi sentivo finalmente bene, dall'altro mi sentivo sporca perché, anche se sapevo che anche Jack stava con altre donne, era sempre un tradimento».
«Stavi con Roulette», mormorò Kara e l'altra annuì.
«Con lei. Con altre», rispose, inumidendosi le labbra. «Non sono mai state delle vere e proprie relazioni, era solo sesso, ma facevo questo a lui e allo stesso tempo non volevo staccarmi da lui, ne ero dipendente. Sapevo che se lo avessi lasciato… mi sarei sentita male».
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?», si accigliò un poco.
«La morte di mio padre. Lui insisteva che io fossi felice e sapeva, anche se non ne abbiamo mai parlato apertamente, che con lui non lo ero più. La sua morte mi aveva fatto capire che era arrivato il momento di lasciarlo andare e lasciar andare me stessa perché… perché stavo sprecando il mio tempo. Un tempo che non è infinito. E poi sei arrivata tu e hai illuminato tutto. Non riuscirei mai a farti capire cosa sei stata per me fin dallo yogurt». La fece sorridere e così sorrise anche lei, anche se entrambe con una punta di amarezza. «E ho avuto paura, Kara, una paura matta di innamorarmi di te ma è successo e non l'ho fermato. Ho capito tardi che avrei dovuto farlo».
«Hai paura che mi ferirai com'è successo con Jack?», le chiese, stringendo le labbra.
Lena abbassò i suoi occhi solo un attimo, cercando le parole: «Kara, dipendenza e amore non sono sinonimi. Voglio solo capire se ciò che provo per te è giusto. E sarai la mia sorellastra e se… se ciò che proviamo l'una per l'altra dovesse sparire, dovesse restare solo questa dipendenza che a lungo andare ci renderà infelici, allora sarà impossibile per noi prendere due strade distanti. Non voglio rovinarti, Kara…».
«Rovinarmi? Mi stai idealizzando, Lena. Sai della mia espulsione, vero?», si accigliò, facendo due passi in avanti. «Ciò che faccio o non faccio non dipende da te. È chiaro, questo?», strinse un pugno. «Chi ti mette in testa queste sciocchezze?».
Lena tornò indietro di un passo e scosse la testa, stringendo le labbra. «Non cerco di idealizzarti, ma se non sono capace-».
«Di amare?», spalancò gli occhi. «Vuoi proteggermi da te o qualcosa del genere? Beh, se vuoi il mio parere resta una sciocchezza!», alzò la voce, cominciando ad arrabbiarsi. «Fino a una settimana prima avevamo deciso di dirlo in famiglia e quello che dici ora non ha senso».
«Non ha senso?», tornò indietro ancora.
«N-Non in quel senso… Cioè, non ha senso- Oh, hai capito. Voglio dire che prima eri sicura e adesso temi di proteggermi da chissà quale mostro ti rivelerai essere e voglio sapere perché», si fermò e Lena deglutì, non fu capace di rispondere. «Hai detto che non sapevi cosa ci fosse di sbagliato in te? Niente. Sei una persona, Lena, e sei capace di amare come tutti! Me lo hai dimostrato. Hai paura, sì, ma sai di cosa? Di fare sul serio. E non perché tu e Jack vi siete allontanati o perché avevi delle relazioni di sesso con chissà chi, ma perché temi di non farcela e a-allora ti inventi delle giustificazioni. Sei dipendente da me? Siamo dipendenti entrambe? Non ci dai il tempo di scoprirlo. È-È come se ti stessi punendo per qualcosa e avrei voluto che me ne parlassi ma è evidente che non lo vuoi fare», puntò un dito, gesticolando. «Siamo sorellastre ma questo lo sapevi fin dall'inizio, Lena. Lo sapevi prima di me, sul treno. Quindi cos'è cambiato?». Si prese una pausa e la guardò duramente, mentre Lena tremava.
«Ho sbagliato».
«No! Se tu hai sbagliato, allora abbiamo sbagliato tutte e due. Proprio non lo capisci, Lena? Anch'io mi sono innamorata di te e sapevo le stesse cose che sai tu».
Lei prese fiato e si morse un labbro. No, aveva sbagliato davvero. Ora più che mai capiva di aver sbagliato a tenerle tutto nascosto sul coinvolgimento dei Luthor sull'omicidio dei suoi genitori. Che quel segreto l'aveva infettata dall'interno come un virus. Che aveva permesso a Lillian di insinuarle dei dubbi. Che aveva permesso alle sue relazioni passate di essere usate come scusa alla sua codardia. Era dipendente da Kara? Non era più la domanda giusta perché la sua relazione con lei non era affatto come quella con Jack. Stava perdendo Kara perché non era riuscita a dirle la verità; verità che non era riuscita a dirle per paura di perderla. E sapeva anche che ora era troppo tardi; che dirglielo ora, già arrabbiata, avrebbe rovinato anche l'unico rapporto che sperava sarebbe rimasto intatto, quello familiare. «So… So solo», riprese, a voce bassa per quanto la musica permettesse, «Che dovremo pensare alla famiglia», rialzò gli occhi lucidi.
«Abbiamo deciso entrambe di andare avanti, non era una tua responsabilità o che altro e voglio che tu lo capisca», aggiunse, più calma ma continuando a scuotere la testa. «Ma è chiaro che c'è qualcosa che ti blocca, Lena. E-E forse è tua madre, non hai un buon rapporto con lei, o forse è tuo padre, non lo so… Ma risolvilo. E e-ecco, come hai detto prima: il tempo non è infinito, va bene? Quindi non sprecarlo perché», deglutì, accigliandosi ancora, «meritiamo di essere felici. Entrambe».
Lena alzò una mano e con indecisione tentò di avvicinargliela al viso. Kara sapeva che quello era il suo maldestro tentativo per dirle che le dispiaceva. La ragazza aveva gli occhi talmente lucidi che a ogni battito di ciglia rischiava di perdere una lacrima che sembrava cercasse di mantenere con la forza; e comunque le avrebbero rovinato il trucco. Le labbra erano tirate, secche nonostante il rossetto. Vedeva che tremava. Vedeva la paura che provava. Vedeva il suo cuore spezzato.
Kara si avvicinò e la mano in aria di Lena incontrò il suo viso; la accarezzò solo un attimo che lei si avvicinò ancora e l'abbracciò, così Lena poté ricambiare. Non aveva bisogno di parole per dirle che, in caso di bisogno, ci sarebbe stata. Che ci sarebbe sempre stata. Lena aveva bisogno di tempo per risolvere qualunque cosa la fermasse e Kara glielo doveva concedere; e dopo era sicura, era sicura che si sarebbero ritrovate.
Lena strinse gli occhi e pianse, solcando il cerone bianco di lacrime. Kara la strinse più forte e la baciò, non poté trattenersi. Si separarono minuti, ore, o forse mesi più tardi, perdendosi a guardarsi negli occhi. Dei ragazzini corsero alle loro spalle e urlarono qualcosa, ma non ci diedero peso e si baciarono sotto la pioggia di coriandoli che lanciarono. Era un bacio dolce e aspro allo stesso tempo, che sapeva di amore e di addio.
«… Piangi?», le domandò Lena vedendola sofferente. Credeva di essere l'unica ad essere ceduta alle lacrime.
«F-Forse, ma… mi è finito un coriandolo in un occhio».
Lena sorrise. «Lascia, ti aiuto io».


***


Le relazioni sono scelte; scelte che non possono, per ovvie ragioni, coinvolgere una persona sola. E così, mentre Lena e Kara si erano ritrovate e lasciate in un giorno di festa, due giorni dopo, intervistati in uno show televisivo e insieme come solo una famiglia forte come la loro poteva dimostrare, i coniugi Gand avevano rilasciato una dichiarazione in cui denunciavano apertamente Leslie Willis e la CatCo per le ingiurie contro di lui dai recenti articoli che lo vedevano protagonista.
Per mano a sua moglie, il senatore guardò la telecamera con sguardo duro: «Sono diventato bersaglio di questa giornalista, che per inciso in passato ha avuto problemi di droga. Mi accusa di favoritismi, costringe una povera donna, la mia segretaria, grande persona, che dopo questo evento ha deciso di prendersi una vacanza dal mio studio», disse più velocemente rivolto alla presentatrice e poi guardando di nuovo la telecamera, «la costringe a dire il falso pur di scrivere un articolo che mi metta in cattiva luce. E questo è-».
«Assurdo. Noi siamo senza parole», rispose Rhea per lui, dando una pacca sulla spalla del marito.
La presentatrice annuì e, dopo gli applausi del pubblico, domandò: «Senatore, cosa può dire riguardo l'accusa di estorsione che la giornalista della CatCo, Leslie Willis, le ha mosso contro? È stato denunciato?».
Lar Gand si guardò intorno e lo stesso fece Rhea, così alzò le spalle e si sforzò per non sorridere e rimanere serio. «Vede la polizia intorno alla mia persona? No, non sono stato denunciato né sono indagato. Sono innocente fino a prova contraria, perché la signorina Willis è capace di manipolare le persone che hanno lavorato con me in questi anni ma è la loro parola contro la mia. Tutto qui», scrollò ancora le spalle. «Non essendo riuscita ad intaccare la mia carriera, ha pensato bene di tentare di distruggere il mio matrimonio». Lui e sua moglie si sorrisero davanti alla telecamera. «Ma come vedete tutti… non può farlo», si scambiarono un casto bacio a stampo e il pubblico applaudì estasiato, mentre la conduttrice sorrideva.
Indigo rise e, scuotendo la testa, spense la televisione sul mobiletto antico e rovinato di quella camera di motel. Si girò verso il portatile aperto che stava sul letto e si sdraiò, ammirando i gattini sullo schermo di sfondo. Poi prese il cellulare con scatto veloce non appena sentì un minimo di vibrazione.
Da X a Me
Non sei uscita a divertirti l'ultimo giorno di carnevale?
Ridacchiò e allungò gli occhi al soffitto con finto entusiasmo, prima di rispondere:
Sono lusingata che tu me lo abbia chiesto, ma no, odio gli spazi troppo affollati. Ehi, angelo custode, ti sei mai innamorat*?
Da X a Me
L'amore è un rischio e non sempre vale la pena rischiare. Notizie dal nostro contatto?
La ragazza sbuffò, scrivendo subito la risposta:
Sei una noia, per questo sei single. No, nessun nuovo messaggio o ti avrei contattato io come sempre. Sei impaziente e questo è un rischio! Il suo lavoro contro i Gand, piuttosto, non sta andando troppo bene: li ho visti ora in tv.
Da X a Me
Il suo lavoro contro i Gand sta andando più che bene: sono ancora in piedi, ma sono feriti. Sono curios* su fin dove voglia spingersi, ma in fondo non è affar mio. E neanche tuo. Da oggi, sarà meglio che acceda alla chat anch'io.
Indigo grugnì contrariata e così non rispose. Riaprì una finestra del suo portatile e si accorse con dispiacere che lo schermo era ancora completamente nero.
«Mi tagli fuori, Lena… Potrei restarci male. Non sai che se voglio, io arrivo ovunque».

























***

Anf, anf, capitolo lungo lungo sul tema dell'amore e delle relazioni. Avrei voluto fare a meno della “voce narrante”, spero non vi abbia disturbato, ma non ho potuto evitarla XD All'inizio quelle parti erano scritte anche loro al passato, ma non mi piacevano.
Ebbene, il capitolo vi è piaciuto? Lo so cosa state probabilmente pensando: Kara e Lena hanno parlato, e si sono pure baciate, ma non sono tornate insieme. Qualcosa blocca Lena, e sappiamo tutti cos'è, a parte Kara, e quindi temo dovremo avere pazienza e vedere come la cosa tra loro andrà avanti :) Se non altro, nonostante la discussione, non sono in crisi e non si odiano! Qualcosa dovrà pur valere :P
Per il resto, abbiamo avuto un'interessante onda d'urto che coinvolge il signore e la signora Gand. Le ragazze hanno sguinzagliato Leslie Willis in più occasioni per parlare del senatore sul CatCo Magazine, ma ciò che sembra aver fatto più male è la relazione clandestina del… grand'uomo e Gilda, la sua segretaria. Lui e Rhea hanno avuto una pesante lite, eppure sono andati in televisione a mostrarsi più uniti che mai, denunciando Leslie e la CatCo. O-Ops. Cosa accadrà adesso?
Abbiamo assistito all'uscita tra Alex e Maxwell Lord. I due hanno avuto modo di conoscersi un po' meglio e Alex, inaspettatamente, non si è annoiata; al contrario, pensa davvero che in altre circostanze con lui ci sarebbe stata. Ma ehi, sono proprio altre circostanze!
In tutto questo, abbiamo assistito all'entrata in scena di un nuovo personaggio e del ritorno di altri personaggi. Per prima cosa, ecco che sbucano di nuovo gli amici di Gotham: Bruce si vede e sente con Lena, e Kara resta in contatto con Selina, Ivy e Harley. Si è parlato di relazioni a teatro e poi Ivy ha avuto un curioso racconto da condividere con Kara sulla dipendenza di Harley per il suo ex che l'ha distrutta. Ah, e non dimentichiamo che Bruce è convinto che alla Wayne Enterprises stiano agendo per qualcosa alle sue spalle. Il nuovo personaggio invece è Indigo! Forse ve la ricordate, nella prima stagione di Supergirl, un po' più blu (ho preferito che mantenesse i capelli biondi della sua versione umana, piuttosto di quelli arancio plastificati della sua forma aliena) XD Ci sa fare coi computer! A quanto pare, c'è lei dietro al profilo di X, anche se il vero X è un altro.

Cosa ne pensate della trama? Questo capitolo, per via della lunghezza, è stato pesante? Vi ha annoiato? Spero di no XD Cosa pensate che accadrà adesso?
Fatemi sapere un po' e… acc, mi spiace dovervi dare una piccola brutta notizia: il prossimo lunedì non ci sarà un nuovo capitolo, il tutto salterà di una settimana per impegni. Quasi mi spiace dirvi, a questo punto, che il prossimo capitolo è pure uno stand alone D: Ma ehi, sarà uno stand alone solo per metà e parlerà di un rapporto in particolare… Dunque, il prossimo capitolo si intitola Sorelle e sarà pubblicato qui lunedì 5 novembre! Il tempo volerà :)


   
 
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