Spazio
autore
Innanzitutto
mi scuso per non avere ancora postato l’ultimo capitolo, ma a
mia discolpa
posso affermare di aver avuto notevoli problemi tecnici.
In
secondo luogo chiedo ancora perdono a chi aveva sprecato tempo a
leggere e
recensire “Carissimi Rogia” che è stata
cancellata; ma d’altronde Erika aveva
ragione, non poteva definirsi una vera e propria storia e non aveva
ragione di
trovarsi su questo sito.
Adesso
veniamo alla presente fic: siamo giunti ormai all’ultimo
capitolo, e quello
scorso ha riservato notevoli sorprese.
Dopo
un sanguinoso scontro che si è concluso con la morte di
Shanks e Smoker e il
tradimento di Aokiji, Barbabianca ha sconfitto i nostri eroi e
catturato la
loro nave. Che ne sarà di loro? Chi riuscirà a
prendere per primo Mocha Dick?
Trionferanno i malvagi? Leggete e lo scoprirete.
Ringrazio
di cuore Mak78 e Name, che hanno messo la storia fra i preferiti, e
tutti
coloro che hanno seguito in silenzio ma con costanza.
Come
ultima cosa chiederei che almeno qualcuno avesse il coraggio e la
bontà di
recensire, perché mai ho concluso una storia senza
recensioni e sarebbe quasi
una macchia sul mio onore di scrittore.
P.S
Per un po’ non mi vedrete perché fra qualche
settimana pubblicherò su “Naruto”
una raccolta di AU che avranno come tema i mostri e il mistero, ma dopo
quella
tornerò con una storia per riempire il vuoto lasciato da
“Carissimi Rogia”.
Saluti di cuore, alla prossima!
Colpito
e affondato
Oceano Pacifico, al
largo
del Giappone, 15 gennaio 1832
Dopo
che anche l’ultimo dei miseri sopravvissuti fu trasbordato
sulla “Neptune”, la
“Swordfish” fu colata a picco fra le grida di
giubilo degli inglesi.
La
nave affondava portando con sé un carico di centinaia di
barili di olio di
balena e fanoni: la campagna era completamente rovinata, ma ora quello
era il
minore dei problemi.
I
prigionieri furono ridotti in schiavitù: era ovviamente
illegale, ma su quella
nave era Edward Newgate a dettare le leggi.
Furono
adibiti ai lavori più umili, sorvegliati a vista da
carcerieri armati che non
mancavano mai di deriderli e sottoporli ad angherie intollerabili.
Inizialmente
furono tenuti in catene perché Barbabianca temeva una
rivolta, ma poi, più che
il viaggio sulle orme di Mocha Dick proseguiva, furono liberati almeno
di quel
fardello perché si credeva che avessero perso ormai ogni
speranza di riscatto e
ribellione.
Gli
aguzzini si sarebbero pentiti di tanta negligenza, oltre che del fatto
di
lasciare che i detenuti si incontrassero fra di loro e potessero
parlare dopo i
vari turni di lavoro.
Infatti
in tali occasione i superstiti della ciurma di Garp, oltre a piangere
Shanks,
Smoker e tutti gli altri compagni che erano stati uccisi, scaricavano
tutto il
livore e la rabbia che avevano accumulato nei confronti di chi li aveva
aggiogati come bestie e cercavano una soluzione a quello stato di cose.
Il
primo provvedimento che presero fu quello di prelevare
dall’armeria, insolitamente
ben rifornita per essere quella di una semplice baleniera, pugnali,
bastoni,
pistole e accette, da brandire nel momento della riscossa, e di
nasconderli
sotto i vestiti, senza che nessuno se ne avvedesse.
Il
capo della piccola comunità era indubbiamente Law,
l’unico ufficiale
sopravvissuto, ma anche le opinioni di Ace, Zoro, Rufy e Sanji erano
sempre
ascoltate e ben accette.
Ma
normalmente la loro vita era infernale: costretti a obbedire a ogni
minimo
capriccio dei vincitori, i nostri eroi erano sempre affaccendati fra le
sartie
e la stiva.
A
mensa sedevano in posti separati e
ricevevano il cibo peggiore, mentre i loro dormitori erano sprovvisti
di amache
e dovevano quindi coricarsi sul pavimento, fra umidità, topi
e scarafaggi.
Barbabianca
si rivelava sempre spietato e brutale, non esitando a caricare i poveri
malcapitati di calci e frustate e accompagnando ogni percossa con
battute
atrocemente sarcastiche; Kidd, contrariato per la morte del degno
compare
Doflamingo, si accaniva soprattutto contro Trafalgar, malmenandolo,
rovesciandogli secchiate d’acqua lurida addosso e
offendendolo nella propria
lingua madre in modo che non capisse; Barbanera, che tra
l’altro era quasi
sempre ubriaco, se la prendeva con tutti in modo imprevedibile e
perfino Kizaru,
che spesso cercava di distinguersi dal comandante, come se covasse del
rancore
nei suoi confronti, non era molto tenero.
Gli
americani (anche se in realtà gli stranieri erano molti fra
di loro, come del
resto nella ciurma di Newgate) per il momento non potevano fare altro
che
controllarsi e attendere il momento propizio, che si sarebbe verificato
quando
i nemici sarebbero stati in inferiorità numerica.
Nel
frattempo, nonostante per qualcuno sembrasse un viaggio verso
l’inferno, la
campagna di caccia degli inglesi proseguiva: non avevano certo
trascurato di
alleggerire metà del carico della
“Swordfish”, distruggendo il resto per
vendetta, e quindi potevano concentrarsi sulla ricerca di Mocha Dick.
Al
solo sentir pronunciare quel nome i balenieri rabbrividivano, ma dato
che il
loro comandante aveva deciso di catturare il mostro,
l’avrebbero preso
Un
pomeriggio di sole la vedetta avvistò qualcosa a prua;
esaminata con i
cannocchiali, la massa bianca si rivelò un enorme capodoglio
pieno di
spaventose cicatrici, con innumerevoli fiocine conficcate nelle carni e
un
aspetto davvero terribile.
“Eccolo!
Alle scialuppe! Alle scialuppe!” esclamò invasato
Barbabianca facendo mettere
in mare tutte le barche disponibili, suscitando l’apprensione
o l’eccitazione
dei suoi subordinati.
Mentre
la flottiglia si allontanava, i prigionieri realizzarono che quello era
l’attimo desiderato.
Due
guardie che si erano addormentate furono sgozzate, e da lì
partì un massacro,
un’orgia di sangue dove tutti combattevano tutti fra
bastonate, secchi colpi di
pistola e lame che balenavano.
Per
fermare la massa di nemici che li incalzava, gli yankee fecero rotolare
sul
ponte barili e palle di cannone, mandando gli assalitori a gambe
all’aria e
facendo schizzar via le spade dalle loro mani.
Ace
stese un avversario con un pugno in pieno viso e accoltellò
un altro nel
braccio, Zoro ne infilzò due sull’arpione, Sanji
distribuiva vigorose legnate a
quanti si avvicinavano e Law sparava con le pistole, fulminando gli
inglesi
come anatre in volo, e combatteva con un paio di coltellacci.
Improvvisamente
Rufy si sentì afferrare da dietro e cadde; rialzandosi vide
Aokiji che
afferrava un arpione appoggiato alla fiancata.
“Non
avresti mai dovuto salvarmi a Capo Horn” sibilò il
polinesiano, e con un paio
di mosse disarmò il ragazzo e lo colpì allo
stomaco con il
manico; stava per assestargli il colpo
di grazia quando sentì qualcuno chiamarlo e vide con orrore
gli americani che
gli puntavano contro un cannone: rimase impotente a fissare una fiocina
che volava
verso di lui, poi ne fu trafitto.
I
prigionieri, finalmente liberi, ammainarono la bandiera britannica e
issarono
tutte le vele: vedendo il vascello che si allontanava, gli uomini sulle
barche
cominciarono a preoccuparsi.
“Vi
scongiuro signore, torniamo indietro” mugolò
Kizaru trattenendo per un braccio
Barbabianca, al che il comandante semplicemente lo afferrò
per il collo e
glielo torse, dicendo: “Va’ in pasto agli squali
idiota, la tua vigliaccheria
mi dà la nausea” mentre il corpo del danese
affondava.
Improvvisamente
la balena comparve in superficie ruggendo, e il capo gridò:
“Sei mio
finalmente!” e scagliò l’arpione, che il
cetaceo evitò abilmente; al secondo
tentativo esso fu trafitto
nel
fianco e cominciò a trainare la scialuppa.
“Non
me lo farò scappare!!!” sbraitò Newgate
vedendo che la sagola era prossima a
rompersi e afferrandola quindi con le mani; dopo poco i palmi
cominciarono a
sanguinargli e all’improvviso Mocha Dick si
arrestò, catapultandolo sott’acqua
e facendo sbattere l’imbarcazione contro il proprio fianco in
modo violento.
Teach,
che in quei pochi istanti era passato da secondo ufficiale a primo e da
primo
ufficiale a capitano, come contagiato dalla pazzia di Barbabianca si
gettò in
mare e nuotando giunse fino al capodoglio; si inerpicò sul
suo dorso cercando
di non scivolare e si appoggiò a un vecchio arpione.
Estraendo
l’arma dal corpo del mostro la sollevò strillando:
“Ho vinto!!!Sono il
baleniere più forte del mondo!!!Muhahahahaha!!!!”,
prima che l’animale si
dibattesse facendogli perdere l’equilibrio.
Barbanera
sparì nelle profondità marine con un tonfo,
quindi la bestia si rivolse verso
le altre barche e balzò in aria leggiadra come una farfalla.
I
marinai cercavano disperatamente di sfuggire a
quell’apparizione mostruosa vogando
a più non posso, ma furono investiti dalla balena che
ripiombava giù e colati a
picco.
Kidd
riemerse fra relitti e cacciatori che annaspavano, e con grande orrore
si
accorse di essere inseguito da Mocha Dick con le fauci spalancate e si
mise a
nuotare come un forsennato per raggiungere l’ultima scialuppa
ancora intatta.
All’improvviso
il portoghese e il capodoglio scomparvero nei flutti turbinanti e si
udì uno
schioccare di mascelle, poi il mostro addentò la lancia
scaraventando
nell’oceano gli occupanti.
Non
ancora sazia di sangue, la balena si scagliò veloce come un
siluro contro la
nave, e fu solo troppo tardi che gli yankee si accorsero della sagoma
bianca,
coperta di cicatrici e imponente come un banco di ghiaccio, che
urtò contro lo
scafo, provocando una falla di prodigiosa grandezza.
I
nostro eroi riuscirono a scappare a stento, mentre la
“Neptune si spezzava in
due, gli alberi crollavano in mare e Mocha Dick sfiatava per
l’ultima volta,
sparendo poi negli abissi.
I
sopravvissuti furono solo nove, e cioè Rufy, Ace, Zoro,
Sanji, Law, un gallese,
due greci e uno spagnolo: dovettero accontentarsi di un’unica
scialuppa
sovraffollata.
I
loro patimenti furono indescrivibili: il sole li martellava
continuamente,
l’oceano gelido e infido incombeva sotto di loro, avevano a
disposizione solo
due barili d’acqua e i pescecani giravano funebri intorno
alla barca, per
tacere del capodoglio che poteva ancora essere in agguato.
Fortunatamente
furono salvati da un veliero americano, e la prima cosa che Rufy ed Ace
dissero
appena a bordo fu: “Siamo l’equipaggio del
comandante Garp, vittime di Mocha
Dick e Barbabianca”.