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Autore: Nereisi    30/10/2018    1 recensioni
A Punk Hazard gli Strawhats si scontrano con le abominevoli realtà del Nuovo Mondo: innocenti vittime della crudeltà di persone potenti, traffici di Frutti del Diavolo, esperimenti umani. Nonostante la loro vittoria, vengono a conoscenza di una terribile verità: non sono riusciti a salvare tutti i bambini. Decisi a porre fine ai rapimenti, gli Strawhats si imbarcano in un viaggio che li porterà alla ricerca di un nemico nascosto in piena vista.
La chiave per la soluzione di questo mistero sembra essere una ragazza che avrebbe preferito di gran lunga rimanere nell'ombra, capitata nel posto giusto al momento sbagliato.
Tra nuove isole, combattimenti contro il più insospettabile degli avversari, aiuti inaspettati e fin troppi Coup De Burst la ciurma di Cappello di Paglia verrà coinvolta in un viaggio che potrebbe scuotere - e forse distruggere - le fondamenta del mondo e dell'ordine che lo governa.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Nuovo personaggio, Sorpresa | Coppie: Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Footprints'
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Note autrice: Chiedo scusa per l’assenza di due mesi ma sono sempre impegnatissima con mille cose e non sempre trovo il tempo o la voglia (o l’energia) di scrivere. Qualcuno di voi avrà notato che la descrizione della fic è cambiata un po’, questo perché mi era stato fatto notare che non fosse… attraente, ecco. Beh, quella persona aveva ragione! xD L’ho trovata anche io molto tediosa e con l’aiuto di un’amica ho provato a rifinirla un pochino. Spero che il risultato finale sia accettabile!
Ora che siamo finalmente al capitolo 5 posso tirare un sospiro di sollievo, perché Nird e Nafar hanno ufficialmente lasciato la Sunny! Chi mi conosce sa che io ho un piccolo problemino con i personaggi secondari/terziari: tendono a fare di testa loro. Quindi, sin dal momento in cui li ho creati temevo che si inserissero in qualche modo nella storia, sconvolgendomi la trama. Per cercare di evitarlo gli ho affibbiato dei nomi orribili (li ho creati anagrammando la marca di una gomma da cancellare che avevo sulla scrivania). Devo dire che ha funzionato!
Non è la prima volta che scrivo scene d’azione, ma mai finora ne ho scritta una così lunga e dettagliata. I personaggi da gestire sono tantissimi, spero di essere riuscita a renderli tutti bene.
Mi sono ripromessa di far uscire questo capitolo prima del Lucca Comics, spero di esserci riuscita! Buona Halloween e buona lettura!
 
 
Barefoot
- Careening -
 
 
Mana si guardò intorno, perplessa.

Erano già passate delle abbondanti manciate di secondi da quando si era trasformata e sulla Sunny regnava ancora il silenzio più totale. Si strinse le ali vicino al corpo, a disagio. Per carità, non pretendeva mica cori isterici e tappeti rossi con pioggia di petali incorporata, ma… Qualche grido, almeno. Anche solo una richiesta di spiegazioni andava bene. E a proposito di persone che di solito urlavano ma che in quel momento erano stranamente silenziose…
Mana si girò verso Luffy, steso per terra con la lingua a penzoloni e lo sguardo vacuo. Gli si avvicinò zompettando in punta di piedi e si chinò di fianco a lui. Districò a una a una le dita chiuse in una morsa e, una volta aperte le sue mani, esitò, prima di raccogliere il suo bracciale tra le punte delle dita.

“G-gnuh?” Farfugliò Luffy, tentando di alzare la testa. Mana gli rivolse un breve sorriso di scuse.
“È agalmatolite.” Disse, con le palpebre a mezz’asta per la spossatezza. Sentì le sue energie venire rapidamente prosciugate e si affrettò ad appoggiare il bracciale sul legno della coffa. Si sentì subito meglio. “Grazie per non averlo lasciato cadere, è molto importante per m-“
“MA TU HAI LE ALI!”
Mana si schiaffò una mano sull’orecchio, cercando di salvare il proprio timpano dalla perforazione. “Sì- Sì.”

Come se il grido del loro capitano li avesse riscossi dal loro stato di stupore, anche il resto della ciurma iniziò ad alzare la voce, le domande che si accavallavano una sopra l’altra chiedendo spiegazioni. Mana sentì le guance colorirsi e la spavalderia che l’aveva inebriata pochi minuti prima battere in ritirata. Era già scesa a patti con la sua decisione di restare, quindi a meno di non scivolare gradualmente nella pazzia si sarebbe dovuta mostrare a loro in ogni caso… Ma non intendeva farlo così presto. Sarebbe stato meglio rammendare i rapporti con la ciurma prima di fare la sua eclatante entrata in scena.
Mana sospirò, lanciando un’occhiata di sottecchi a Cappello di Paglia. Il ragazzo si era tirato in piedi e la guardava con un’espressione talmente brillante e entusiasta che temeva gli sarebbe venuto un infarto per la gioia. Mana si tirò su, sbattendo leggermente le ali. Da quanto tempo non le spiegava? Lo fece, stiracchiandole più che poteva e beandosi della sensazione di paradisiaca libertà.

“Ma sai anche volare?!” Chiese istericamente Luffy, saltandole intorno come una cavalletta impazzita.
“Beh… Sì.” Rispose un po’ imbarazzata Mana. 
“Fammi vedere, fammi vedere!” Strillò Luffy, emozionatissimo. Mana arrossì, cercando di nascondere un sorriso. Era la prima volta che i suoi poteri generavano una reazione di meraviglia così pura, invece che di stupore o paura. Non c’è niente di male nell’assecondarlo. Annuì, sentendo lo stomaco che gorgogliava per l’anticipazione. Si portò sul bordo del tetto, con Luffy alle calcagna che praticamente vibrava per l’emozione. Il vento le arruffò i capelli e Mana si lasciò sfuggire un lamento, immaginando già il male che le avrebbe fatto pettinarli.
Le dita dei piedi si arricciarono sul bordo. Era passato davvero molto tempo dall’ultima volta che aveva volato. Era nervosa. E se non mi ricordassi più come si fa e mi schiantass-

Una raffica di vento la colpì dritta in viso, quasi sbeffeggiandola.

Mana si tuffò.

Precipitando di testa, le ali ripiegate vicino al suo corpo, Mana trattenne a stendo una risata quando vide quasi tutto il resto della ciurma - abbarbicati su corde e scale per raggiungerli sulla coffa – guardare la sua caduta con gli occhi fuori dalle orbite e le espressioni inorridite. Si lasciò cadere per un altro paio di metri; poi, essendosi divertita abbastanza, spiegò di scatto le ali e le inclinò, schizzando verso l’alto. La sua traiettoria, una curva strettissima, la fece risalire verticalmente sino al punto da dove si era lanciata. Superò in un lampo il tetto della coffa, dove Luffy stava saltando sul posto, urlando come una scimmia infervorata.

Mana si lasciò scappare un sorriso tutto denti, levandosi su, su, sempre più su, evitando per un pelo che la bandiera le schiaffeggiasse il viso. Tirandosi su l’ingombrante gonna, si appoggiò sulla punta del pennone con un piede, dandosi un’altra spinta e saltando di nuovo in aria. Smise di opporsi al vento, lasciandosi trasportare all’indietro dalla corrente quasi fino a lasciarsi superare dalla Thousand Sunny. Delle grida oltraggiate e preoccupate la raggiunsero. Mana se ne accorse appena. Non stava nemmeno provando a nascondere l’enorme sorriso che le illuminava il viso, facendole brillare gli occhi. Chiuse semplicemente le ali, lasciandosi cadere in una mezza piroetta per riaprirle di nuovo a pochi metri dal mare, planando poco distante dalla sua superficie, affiancando la Sunny. Luffy la seguì come poteva, catapultandosi da un punto all’altro della nave grazie ai suoi arti elastici, estasiato.

Mana notò che stava avendo difficoltà a manovrare i suoi spostamenti con precisione. Gettò un veloce sguardo alle sue spalle, facendo una smorfia. Pochi istanti dopo, una coda piumata le spuntò dalla base della spina dorsale, poco sotto il tatuaggio. Mana sbatté con forza le ali, prendendo di nuovo quota con più facilità grazie alla nuova appendice. Le mani scattarono ad afferrare il bordo della gonna, tirandola su come poteva. Quando era spuntata, la coda l’aveva spinta verso il basso e rischiava di scivolarle via, e Mana non era particolarmente entusiasta all’idea di volare col sedere all’aria.

Dopo aver fatto qualche altro giro intorno alla nave, diede corda all’entusiasmo di Luffy, librandosi tra gli alberi e le vele, facendosi rincorrere dal ragazzo e ridendo fino a che le guance non le fecero male. Gli altri componenti della ciurma avevano inizialmente cercato di seguirli – tranne Robin e Zoro, che li guardavano dal ponte, impassibili – per poi arrendersi e arrampicarsi tutti sul tetto della coffa per poter vedere meglio; ed è lì che Mana, infine, atterrò. Era su di giri, le guance rosse e i capelli scarmigliati. Non si sentiva nemmeno troppo stanca dal momento che si era limitata, per la maggior parte, a sfruttare il vento e le sue correnti, senza sprecare eccessive energie. Ci si poteva ubriacare di libertà? Mana credeva di sì.

Black Leg Sanji si getto ai suoi piedi quasi in scivolata e Mana fece un passo indietro, sorpresa. “Come posso ringraziarti di averci graziato di cotanta bellezza?”
“Erm…” Lo squadrò di sbieco, a disagio. Il biondo continuò, imperterrito. “Se un angelo? Un’arpia?”
“-Un’arpia?!-” Gli fece eco, scandalizzata.
“Non ritengo sia corretto.” Disse con tono piatto Robin, che li aveva raggiunti insieme a Zoro. “Se ti stai riferendo alla donna che abbiamo affrontato a Punk Hazard, lei aveva le ali al posto delle braccia. Senza parlare delle zampe.”
“Anche se fosse non importa! La tua bellezza trascende la tua razza!” Esclamò convintissimo il cuoco. A quel punto la ragazza incrociò le braccia sul petto, decisamente seccata. “Senti un po’ biondin-“
Prima che potesse finire di parlare Luffy si catapultò a qualche passo da lei, sovrastando il cicaleccio di domande che la stava investendo con un “CHE FIGO!” Mana non poté veramente evitare di sorridere di fronte alla sua bambinesca semplicità. A dispetto di tutte le ammonizioni e gli insegnamenti che aveva ricevuto, aveva già capito che si stava affezionando al giovane. “Possiamo rifarlo?” Le chiese, entusiasta.

Nami si intromise, schiaffando una mano in faccia al moro per chinarsi prepotentemente verso di lei. “Direi che la domanda da fare qui è: come hai fatto? Hai mangiato un frutto del diavolo?” Le chiese con veemenza.
“Sì.” Ripose semplicemente Mana. Nami chiuse la bocca di scatto, come se non si fosse aspettata una risposta. Rimase un attimo in silenzio, poi tornò alla carica. “Beh? Che frutto?”
Mana ci pensò su per un attimo. Non era mai stata brava a tenere a mente nomi e categorie, ma quel mondo sembrava esserne ossessionato. “Avis… Avis-Avis.”
Robin la scrutò con uno sguardo indecifrabile – che novità! – prima di dire: “Si dice che al mondo esistano solo cinque frutti del diavolo che donino il potere del volo. Il tuo frutto è uno di quelli, a quanto pare.”
Mana inclinò la testa, stringendosi nelle spalle. “Davvero? Non lo sapevo.” Ed era la verità. Non che gliene importasse poi molto.
Chopper le trotterellò vicino ai piedi. “Quindi il tuo frutto è uno Zoan? Come il mio?” Chiese, arricciando il naso in sua direzione. Mana abbassò la testa, accennando un piccolo sorriso in sua direzione mentre annuiva.
“Ma… scusa, di che specie sarebbe?” Indagò Nami assottigliando gli occhi. L’espressione di Mana tornò neutrale. “Ippogrifo.” Rispose. Calò il silenzio.
Zoro incrociò le braccia sul petto, prima di esordire con un grugnito. “Ippo-che?”

Mana prese fiato per iniziare la sua spiegazione, ma proprio in quel momento la maglietta, stracciata dalle sue ali, le scivolò giù dalle spalle. Riuscì ad acchiappare i lembi giusto in tempo, evitando di sventagliare le proprie grazie al mondo intero. Per qualche strana ragione il cuoco della ciurma sembrò sull’orlo di una sincope e Nami gli tappò il naso con due dita, il tutto senza nemmeno girarsi a guardarlo. “Uhm…” Si nascose dietro alle proprie ali, leggermente imbarazzata.
“Penso sia meglio che ce lo mostri e basta, così da aiutarci a capire.” Le venne incontro Nico Robin. Mana era certa che l’archeologa – rinomata per la propria intelligenza e conoscenza – sapesse benissimo cosa fosse un ippogrifo. E si dava il caso che la creatura in questione non necessitasse di vestiti.
Le fece un cenno di gratitudine con la testa. “Sì. Giusto.” Si schiarì la gola, facendo qualche passo indietro. Fece per portarsi una mano al polso, ma si fermò quando si ricordò che non aveva addosso i bracciali.

Che strana sensazione.

E mentre lo pensava, sospirò e si lasciò andare ancora una volta. Mentre si mutava forma, si sorprese nel notare quanta tensione spariva dai suoi muscoli mentre permetteva che un’altra parte di lei prendesse il sopravvento. Era rimasta incatenata da troppo tempo; liberarla fu come prendere una boccata d’aria fresca.

Quando riaprì gli occhi, si ergeva su due paia di zampe diverse fra loro. Era riuscita a scivolare fuori dalla gonna mentre si trasformava: non voleva strappare anche quell’indumento – che le avevano solo prestato – e poi, sinceramente, un ippogrifo in gonnella era un’immagine grottesca e umiliante a cui non voleva nemmeno pensare. Scosse la testa, percependo le piume che le ricoprivano la totalità del viso e del corpo ondeggiare leggermente al vento. Fece un mezzo giro su se stessa con cautela, riprendendo familiarità con ogni appendice che quella forma comportava.

“Wow!” Esclamò una voce stridula. L’aveva sentita già abbastanza volte per capire immediatamente chi ne fosse il possessore. Mana girò la testa, puntando gli occhi nocciola dritti su quelli neri del giovane pirata dalla bocca larga. “Che figo! Così questo è un ippocoso?” Chiese, avvicinandosi senza preamboli e curiosando con gli occhi che scintillavano. Mana tentò di correggerlo ma, come ogni volta che un becco arcuato prendeva il posto delle sue labbra, tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un rauco stridio.
“Ippogrifo.” Lo corresse Nico Robin. “Una bestia leggendaria, incrocio tra un cavallo e un grifone. Proprio per la sua natura di leggenda non mi sarei mai aspettata di vederne uno dal vivo… Ma in fin dei conti, questa è la Rotta Maggiore. Tutto può succedere.” Sorrise.
Luffy le corse intorno come una trottola impazzita, curiosando qui e lì senza il minimo ritegno o pudore. “Ma quanto sei grossa?!” Si meravigliò, portandosi una mano alla fronte per poi cercare si avvicinarla alla sua testa, senza riuscirci. “Ma riesci a volare anche così?” Le sgattaiolò sotto il ventre, divertendosi come se Mana si fosse trasformata in un dannato parco giochi, e non in una fiera bestia mitologica. “Perché sul davanti sembri un uccello e dietro un cavallo?” Chiese, punzecchiandole gli artigli. Per levargli il proprio braccio – o meglio, la propria zampa – dalle sue grinfie Mana fu costretta a impennarsi sulle proprie zampe posteriori, pregando di non pestarsi la coda con gli zoccoli: non c’era cosa che la infastidisse di più. Purtroppo, quando assumeva forma quadrupede la coda si allungava esponenzialmente, finendo per strusciare per terra e rovinando la punta delle sue piume caudali. Era molto più gestibile nella sua forma inter-specie, dove le arrivava solamente fino alle ginocchia. Dopo aver mandato il giovane a ruzzolare qualche metro più in là, Mana atterrò pesantemente sulle zampe anteriori, graffiando il legno con gli artigli, lasciandosi andare a colorati stridii.

“Dice che se la tocchi ancora in quel modo ti lancia fuori bordo.” Disse candidamente Chopper alla volta del proprio capitano. Mana lo guardò, sorpresa. Ora che ci pensava, era una renna parlante, aveva senso che riuscisse a capire gli animali. Mana abbassò il collo, mordicchiandogli leggermente il cappello per attirare l’attenzione del piccolo dottore. Quando Chopper si girò, lei lo fissò intensamente negli occhi per poi emettere una serie di bassi versi gutturali. Il suo interlocutore rimase interdetto per un momento; poi il suo musetto si illuminò di un sorriso sincero.

Facendo attenzione Mana si girà, gli zoccoli che risuonavano sul legno. Il resto della ciurma la stava squadrando da cima a piedi, tutti con varie sfumature di sorpresa impresse sul viso. Strinse le ali più vicine al corpo, tesa. Aveva preso lei quella decisione, ma questo non significava che fosse meno nervosa. Sguardi curiosi, sguardi calcolatori, guardinghi, alcuni addirittura leggermente spaventati. Era orribile. Si sentiva sotto una lente d’ingrandimento, una che ingrandiva e allungava anche il tempo, rendendo ogni secondo che passava più teso.
E poi c’era Luffy.

Il giovane capitano iniziò un nuovo assalto e Mana si ritrovò a doverlo allontanare a suon di alate, tanto era entusiasta del suo nuovo giocattolo. Non riuscì comunque a tenerlo a distanza per molto e il ragazzo le schiaffò con malagrazia entrambe le mani sui lati del suo muso, lanciandoglisi addosso sfruttando i suoi arti gommosi. “Sei fantastica!” Esclamò, pochi centimetri a dividere i loro visi. Mana trattenne il fiato, specchiandosi in quegli occhi così limpidi da essere trasparenti.

Ora capisco come sei riuscito ad ottenere il suo rispetto.

“Entra nella mia ciurma!”

E capisco anche perché ti abbia definito un malditesta su gambe.

Mana sbuffò dal naso, emettendo un gorgoglio irritato. Procedette quindi a tirare una testata dritta in fronte a Luffy, torreggiando su di lui quando finì col sedere per terra.
“Ha detto di no.”
“Lo avevamo capito, Chopper.”

Luffy si tirò su sui gomiti, lasciando scivolare indietro il cappello. “Ehi.” La apostrofò. “Com’è volare? È bello?” Le chiese, la meraviglia ancora fresca e viva che gli scintillava negli occhi.
Mana lo guardò, il cuore che le si gonfiava. Non poteva sorridere con un becco al posto della bocca, ma era abbastanza sicura che Luffy avesse capito benissimo lo stesso. È più bello di quanto tu possa mai immaginare.

Presa da un’improvvisa folgorazione, Mana afferrò con il becco un lembo della blusa di Luffy, tirandolo in piedi. Gli girò intorno, mostrandogli il fianco e alzando un’ala. Scalpitò leggermente sul posto ed emise un verso rauco. Chopper sbatté gli occhi, preso in contropiede. “Dice-“
Luffy non esitò nemmeno un momento, issandosi sulla sua schiena. Di nuovo esclamazioni sparse da parte del resto della ciurma. Seriamente, com’erano riusciti a compiere le loro leggendarie imprese se impiegavano così tanto a processare uno shock?

“Sei morbidissima!” Esclamò meravigliato la supernova, affondando le mani tra le sue folte piume grigie.
Vedi di non strapparle. Reggiti, grissino!” Lo schernì Mana.
Nel giro di due secondi, aveva spalancato le ali e si era nuovamente lanciata dal tetto della coffa, ghignando interiormente alle urla isteriche ed euforiche del ragazzo.
 
 

Quando più tardi Usopp fece ritorno sulla Sunny, scandagliò le espressioni vacue dei suoi compagni, interdetto. “Mi sono perso qualcosa?”
 
 
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Nami guardò in silenzio mentre Mana faceva sparire le sue ali per potersi infilare dei nuovi vestiti senza impicci. Certo, si era risentita della distruzione della sua maglietta, ma in fin dei conti non la usava troppo spesso. E poi, lo spettacolo a cui aveva assistito era stato un compenso più che soddisfacente per la sua perdita.

Non lo avrebbe ammesso ad alta voce ma aveva invidiato molto Luffy quando la ragazza lo aveva portato a volare nel cielo. Quando erano atterrati Mana gli aveva lasciato appena il tempo di scendere dalla sua schiena che si era già diretta verso i suoi bracciali, raccogliendoli col becco per poi catapultarsi verso la porta più vicina mentre cominciava già a tornare umana – e nuda. Ma a Luffy non era importato. Era ruzzolato malamente per terra e si era steso a stella marina sul legno, un sorriso sognante sul viso. Non aveva risposto a nessuno stimolo e non erano sicuri se fosse perché non aveva più fiato in corpo dopo aver urlato a quel modo o se aveva ancora la testa tra le nuvole. Nami arricciò il naso, pensierosa. Forse era ancora steso lì in quel momento.

Mana finì di indossare il top prestatole da Robin, mormorando qualcosa tra sé e sé. Se l’erano ritrovata davanti alla porta della loro camera, i bracciali per terra vicino ai suoi piedi e le ali di nuovo a fare da scudo alla sua figura senza veli. Aveva le guance rosse e fissava il pavimento, palesemente mortificata. L’avevano fatta entrare senza troppi preamboli, ingegnandosi nuovamente per trovare qualche vestito da prestarle.

“Scusa per la maglietta.” Sussurrò Mana, guardando vagamente in direzione di Nami. Aveva la testa alzata, ma era probabilmente ancora troppo imbarazzata per guardarla negli occhi. Nami cercò di fare un sorriso di incoraggiamento. “Tranquilla, non fa niente. Non la mettevo più in ogni caso.” Rispose. La ragazza sembrò rilassarsi un minimo, prima di scattare nuovamente quando un oggetto le venne improvvisamente presentato sotto il naso. Diavolo se ha i nervi a fior di pelle. Mana sbatté un paio di volte le palpebre alla spazzola sorretta da un braccio di Robin spuntato dal muro, prima di accettarla. La prese in mano quasi con reverenza, ringraziando Robin con un cenno della testa e un piccolo sorriso che venne ricambiato. Si avvicinò allo specchio, facendo una smorfia quando vide in che stato fossero i suoi capelli. Si sedette in maniera più composta del necessario, iniziando a spazzolarsi i capelli con decisione, fissandosi il viso nello specchio.
Nami lanciò uno sguardo incredulo verso Robin. Pensa veramente di cavarsela così? Incrociò le braccia al petto, prendendo a fissare Mana attraverso il riflesso dello specchio. L’altra ragazza divenne – se possibile – ancora più tesa, imprimendo più forza del necessario alla spazzola e fissando solo il suo riflesso. Era palese che stesse cercando di non incrociare il loro sguardo. Era davvero così restia a parlare con loro? Beh, volente o nolente non poteva svignarsela via anche quella volta. Era ora di svelare le carte in tavola.

“È stato davvero uno spettacolo magnifico.” Le assistette Robin, iniziando la discussione.
Nami si affrettò ad andarle dietro. “Già. Sbalorditivo. Oserei dire inaspettato. Ora che ci penso…” Si finse pensierosa, picchiettandosi un dito sulla guancia. “Non avevi mai accennato a qualcosa del genere in tutti questi giorni.”
La navigatrice osservò con morbosa attenzione la ragazza stringere il manico della spazzola fino a farsi sbiancare le nocche. “Beh, non me lo avete chiesto.”  Disse seccamente, riprendendo a pettinarsi con movimenti molto più meccanici di prima.
Nami incrociò le braccia al petto, lanciando una veloce occhiata d’incredulità a Robin prima di sporgersi in avanti col busto. “Beh,” la scimmiottò “Immaginavo che avresti menzionato un dettaglio così importante. Magari, che ne so, quando hai deciso di viaggiare insieme a noi?”

Mana si bloccò. Abbassò il braccio, appoggiando la spazzola sul tavolino con un grosso sospiro. “Sentite, mi dispiace.” Disse, girando appena la testa verso di loro. “Non voglio sembrare ingrata per la vostra fiducia e ospitalità – anche se sono sicura di dare quest’impressione - ma sono abituata a custodire gelosamente i miei segreti. E continuerò a farlo. Gioverà sia a me che a voi, credetemi.”
“Mi permetto di dissentire.” La contestò Nami senza la minima esitazione. Dal riflesso dello specchio potevano vedere che Mana si stava trattenendo fisicamente dallo sputare un’imprecazione tra i denti.

“D’ora in poi mi aspetto che informazioni di tale importanza ci vengano subito riferite.” Continuò Nami imperterrita. “Questa sono la mia nave e i miei compagni. Se pensi che me ne starò zitta a lasciare che una sconosciuta scorrazzi allegramente tra di noi ti sbagli di grosso.”
“Posso assicurarti che se evitaste di impicciarvi nei miei affari sarebbe meglio per tutti, soprattutto per voi.” Rispose seccamente Mana, girandosi del tutto sulla sedia. “Mi avete voluto voi su questa nave. Mi sono unita a voi perché abbiamo un obiettivo in comune e voi avete informazioni che mi servono.” Robin poté quasi vedere il muro che Luffy aveva sgretolato qualche minuto prima ricostruirsi, veloce come un lampo. Aggrottò impercettibilmente la fronte, scontenta dell’improvvisa animosità nell’aria.

“Se mi ritenete un pericolo basta che mi diate le coordinate attuali e volerò via verso la prima isola disponibile.” Continuò Mana.” “So arrangiarmi; se si presenta la necessità tornerò a stare da sola.” Disse, stringendo il bordo della sedia. Nami chiuse la bocca, percependo una nota di amarezza nella voce della ragazza. Improvvisamente si pentì di come aveva affrontato il discorso.
Sapeva di avere cognizione di causa… Ma, in qualche modo, quella ragazza le parve infinitamente triste, nonostante le sue parole caparbie. Io e la mia testa calda!
Mana interpretò il suo silenzio nel modo sbagliato, iniziando ad alzarsi. Nami boccheggiò, arrovellandosi il cervello per trovare qualcosa da dire che la fermasse, che non la facesse andare via.

“I tuoi tatuaggi sono molto interessanti.” Nami voltò di scatto la testa verso Robin. Saggia, furba Robin che sapeva sempre cosa dire e quando dirlo. Si dovette trattenere fisicamente dall’abbracciarla, ma avrebbe sicuramente recuperato più tardi.
Mana si bloccò in piedi dov’era, sorpresa dalle parole dell’archeologa. “Uh…”
“Non ho potuto fare a meno di notarli. Chi ti ha tatuato?” Mana assottigliò gli occhi. Nami trattenne il fiato. Probabilmente la loro interlocutrice aveva capito benissimo che quello era solo un misero tentativo di cambiare il discorso e, allo stesso tempo, ottenere qualche altro tipo di informazione. Ogni parola ha un secondo fine quando si tratta di Nico Robin.
“Due vecchi.” Rispose cautamente. “Perché?”
“Come saprai sono un’archeologa. Al di fuori della storia non ci sono molte cose che suscitano il mio interesse. Non posso dire di essere un’intenditrice, ma quei tatuaggi sono delle vere e proprie opere d’arte.” Nami studiò il viso di Mana. Le parole appena pronunciate da Robin erano più che sincere e la ragazza sembrò capirlo, perché qualcosa di caldo scintillò nei suoi occhi. La giovane tornò a sedersi, visibilmente più rilassata. Mana si portò una mano alla spalla, un’espressione calma che le addolciva il viso. “Lo sono.”

Nami riconobbe quell’espressione. Ripensò a sé stessa due anni prima, a Cocoyashi, quando era uscita dall’infermeria del dottor Nako con un mandarino e una girandola freschi di inchiostro impressi sulla sua spalla. Non si ricordava se le doleva più la pelle sotto la fasciatura oppure le orecchie per le urla scandalizzate di Genzo. Un sorriso nostalgico le sbocciò sulle labbra.
 “Posso chiederti che cosa rappresentano?” La interrogò nuovamente Robin. “Mi affascinano moltissimo.”

Mana fissò il pavimento, ma non lo stava guardando davvero. La sua mente era altrove, persa nei ricordi. “Uno l’ho fatto per dare fastidio ad una persona.” Disse, un mezzo sorriso sulle labbra. Nami sbatté le palpebre. Chi si sarebbe fatto un tatuaggio del genere solo per infastidire qualcuno? Avrebbe avuto molto più senso dire che se l’era fatto per coprire quelle orrende cicatrici. Che fosse una bugia per sviare il discorso da esse? “Questo, invece,” Continuò Mana sfiorandosi la gamba con una mano, “È un… ricordo. Di casa.”

Calò un breve silenzio mentre le due donne processavano le nuove informazioni. La navigatrice sbirciò la giovane da sotto le ciglia. Voleva assolutamente continuare la conversazione, ora che finalmente sembrava aver abbassato un minimo le difese. Era molto curiosa riguardo la sua schiena, ma… Al diavolo, non aveva voglia di affrontare quel discorso con una persona elusiva come lei.

“La tua isola natia?” Chiese, scegliendo un argomento che potenzialmente poteva fornire loro diverse informazioni sull’oscuro passato della giovane. Mana annuì. “Com’è?” La navigatrice cercò di non mostrarsi troppo speranzosa mentre azzardava quella domanda.
Mana la puntò con i suoi occhi nocciola brillanti e intelligenti. Nami si preparò mentalmente a ricevere un due di picche; ma rimase sorpresa quando la ragazza le rispose, senza toglierle gli occhi di dosso. “Bellissima.” Disse, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Ma penso che chiunque penserebbe che casa propria sia meravigliosa. È casa, dopotutto.”
“Come si chiama la tua isola?” Le chiese Robin. “Zaratan.” Mana fece un gesto vago con la mano. “Ma è impossibile che voi la conosciate. Si trova in una delle fasce di bonaccia del Nuovo Mondo. Quasi nessuno è mai arrivato sulle nostre sponde in centinaia di anni; per questo motivo non compare sulle mappe.” L’archeologa rimase in silenzio, archiviando accuratamente quell’informazione nella sua memoria. Mana lasciò cadere le mani sulle cosce. “In realtà non c’era molto da fare, a parte tentare di sopravvivere. Che fosse sulla terraferma o in mare, dovevamo combattere con enormi bestie in continuazione. Potevamo nuotare e pescare solo molto vicini alla riva, altrimenti potevamo essere attaccati anche dai Re Del Mare… e contro di loro non c’è scampo.” Abbassò lo sguardo sulle sue mani. “Però… è la mia casa.” Concluse. Si mise a giocare con i bordi degli shorts, gentile prestito di Nami.

“E come hai fatto a superare quel tratto di mare viva?” Le chiese la rossa, che aveva già qualche ipotesi in mente.
“Di tanto in tanto venivano ritrovate piccolissime quantità di una pietra speciale che nasconde le barche alla vista dei Re Del Mare. Quando sono arrivata a Namea ho scoperto che si chiama agalmatolite.” Rispose Mana, confermando i suoi sospetti. “Sulla mia isola è molto rara e preziosa, per questo la mia gente la considerava un dono di un dio. Quale, non saprei. Non sono mai stata una persona molto religiosa.” Sbuffò, allungando mollemente il braccio per prendere di nuovo la spazzola. “In ogni caso, dal momento che ce n’era così poca la utilizzavamo in modo molto parsimonioso. Bastava a malapena per nascondere la presenza di qualche piccola barca da pesca. Quando sono partita dalla mia isola ne ho presa una.” Ricominciò a spazzolarsi, facendo una smorfia quando dovette affrontare un nodo particolarmente ostico. “Non so dove sia ora, dal momento che sono stata catturata appena dopo essere sbarcata. Mi chiedo che fine abbia fatto… È passato tanto tempo ormai.” Concluse a mezza voce.

“Ti manca?” Le chiese gentilmente Nami.
Mana sbatté le palpebre, il suo riflesso nello specchio che aggrottava la fronte. “La barca?”
Le due donne si lasciarono scappare una risata. “Ah! Stavate parlando di- Uhm. Sì.” Farfugliò Mana, imbarazzata. “Beh, è ovvio che mi manca. È pur sempre casa mia.” Disse, abbassando lo sguardo. La spazzola si era fermata.

E Nami sapeva, sapeva che avrebbe dovuto tenere la sua facciata fredda dopo aver visto una parte dei segreti che quella ragazza portava con sé, sapeva che avrebbe dovuto essere ancora più cauta perché ancora non sapevano abbastanza su di lei e una sconosciuta a bordo poteva essere molto pericoloso per lei e i suoi compagni… Ma non riusciva proprio a fare finta che non le piacesse almeno un po’ dopo tutto quello a cui aveva assistito. Con un sospiro, si alzò dal letto sotto lo sguardo sornione di Robin – che molte volte l’aveva presa in giro per questo suo lato tenero, sepolto sotto una dura ma fragile corazza – e si portò alle spalle di Mana, prendendole la spazzola dalle dita e iniziando a pettinarle cautamente i capelli. Due occhi sgranati per la sorpresa la fissarono dallo specchio e Nami ricambiò lo sguardo con un piccolo sorriso. Dopo qualche secondo, la tensione scivolò via dalle spalle magre della giovane che si rilassò nuovamente sulla sedia.

“D’ora in poi sappi che pretendo di sapere tutto quello che ti frulla in testa, capito? Non importa quanto oscuro possa essere.” Mormorò.
“Mh-mh.”
Nami quasi alzò gli occhi al cielo. Ci sto credendo. “Non ne hai la minima intenzione, vero?”
Mana non rispose, limitandosi a stirare le labbra in un sorriso abbozzato. Nami sospirò, rassegnata.

I minuti scivolarono via uno dopo l’altro, senza che nessuno nella stanza li contasse più.
 
 
 
 
 
“A proposito… quanti anni hai?”
“Ventuno.”
Quasi le scappò la spazzola dalle dita. “Sei più grande di me?!”
 
 
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Mana cercò di trattenersi dall’irrigidire ulteriormente le spalle, guardandosi intorno con crescente ansia. Si diede della stupida per l’ennesima volta per aver pensato che per una volta le cose sarebbero potute andare lisce semplicemente perché non era più sola. Che avrebbe potuto preoccuparsi di meno, avendo le spalle coperte.

Era tutto il contrario.

Fece saettare gli occhi da un lato all’altro. La ciurma aveva preso la decisione giusta lasciando Franky, Brook e Chopper sulla nave: avrebbero attirato troppo l’attenzione dato il loro aspetto. Ma nonostante quello, il resto di loro era comunque troppo riconoscibile. Tra capelli dalle tinte improponibili, sopraccigli particolari e iconici cappelli di paglia Mana si sentiva come se stesse camminando assieme ad un branco di bersagli fluorescenti su gambe. A poco sarebbero serviti cappucci e mantelli con loro. Non solo doveva preoccuparsi per sé stessa ma anche delle azioni di quella banda di scalmanati attaccabrighe; uno fra tutti il loro capitano.

Usopp stava sudando sette camicie, riuscendo con enorme fatica a gestire i suoi compagni. Sarebbe bastato un nonnulla per attirare attenzioni indesiderate; le tre donne glielo avevano fatto ben presente. Come gli avevano fatto presente che l’avrebbero lasciato al suo destino nell’eventualità di uno scontro. Il cecchino aveva afferrato perfettamente il concetto, e con rinnovata forza d’animo – e una buona dose di pepe al culo – si era imbarcato nell’impresa di disciplinare i suoi amici.

(Mana aveva il sottilissimo sospetto che la navigatrice avesse palesemente esagerato con le sue minacce e che, nell’eventualità di un reale pericolo, la Gatta Ladra si sarebbe gettata con i denti e con le unghie anche in una battaglia persa pur di difendere i suoi compagni. Ma non volendo intromettersi nella discussione, si era tenuta per sé quel pensiero.)

Nonostante lei e le ragazze si fossero preventivamente distaccate dal resto del gruppo per evitare di venire coinvolte in eventuali – e probabili – disastri, Mana non poteva fare a meno di girarsi ad ogni piè sospinto per controllare da sopra la spalla che non ci fosse un Buster Call in arrivo.
“Zoro! Zoro! Stai fermo, dove vai?!” Berciò Usopp come un indemoniato, strattonando lo spadaccino per la maglia per impedire che se ne andasse da qualche parte per conto suo.

“Lasciali perdere.” Borbottò Nami, che sembrava presissima a far finta di non conoscerli. “Concentriamoci su quello che dobbiamo fare.”
Mana deglutì e portò lo sguardo avanti. Continuò a far saettare gli occhi in cerca di qualche movimento ostile, ma per il momento non vedeva nulla.
“Le persone con cui abbiamo parlato finora non mi sono sembrate sospette.” Osservò a bassa voce Robin. “Al contrario di Namea quest’isola è molto più conosciuta. È talmente grande da ospitare anche una base della Marina. Non credo che abbiano avuto la libertà di creare lo stesso giro che c’era a Namea.”
Mana si mordicchiò le labbra. “Mi pare strano che un posto del genere non sia tappezzato di volantini e taglie.” E che non ci abbiano riconosciuti subito. Travestimenti o meno.
“L’hai notato anche tu?” Nami si sistemò il foulard che le celava il viso. “Sembra tutto troppo tranquillo. Sono paranoica io?” Robin si strinse nelle spalle senza dire niente.

Mana incrociò le dita nelle tasche della giacca. Chopper le aveva dato il via libera per bendarsi le gambe, concordando che i suoi tatuaggi erano la sua caratteristica più riconoscibile. Per passare inosservata Nami le aveva prestato anche una giacca di jeans, che unita al top di Robin – ricucito e aggiustato per accomodare le sue esigenze e misure – e a dei pantaloncini corti le fornivano un look passabile. Sembrava quasi che stesse cercando di far colpo, piuttosto che nascondersi.

Per questo quando un ragazzo le si avvicinò non ci diede inizialmente peso. Salvo, poi, notare che qualcosa non andava. Non aveva una divisa, ma tutto in lui era prettamente militare. Il taglio di capelli corto, la camminata decisa che sembrava quasi una marcia. Mana si irrigidì involontariamente. Nami e Robin rallentarono il passo, fingendo di interessarsi alle bancarelle al lato della strada.

“Buongiorno.” Esordì il ragazzo, fermandosi poco distante da lei. Aveva l’aria cordiale, ma non per questo meno seria. Mana rispose al saluto, sforzandosi di sorridere. “Non l’ho mai vista in giro prima d’ora.” Continuò, squadrandola apertamente.
Mana si costrinse a rilassare il viso nonostante nella sua testa stesse suonando l’allarme rosso. Cosa faccio? Cosa faccio?! “Nemmeno io l’ho mai vista in giro.” Sparò senza riflettere. Il ragazzo sbatté le palpebre, preso in contropiede. Ecco, ecco: sorprendilo! Con quanta più nonchalance possibile, Mana fece scivolare la giacca giù da una spalla, scoprendo la pelle nuda sottostante. “Che peccato.” Disse, fissandolo da sotto le folte ciglia.
Il marine sembrò rimanere senza parole e inclinò leggermente la testa. Mana gli sorrise e gioì interiormente quando vide lo sguardo del suo interlocutore diventare meno affilato Una delle sue trecce bianche le scivolò lungo la gola, andandosi a fermare sull’orlo del top e calamitando lo sguardo del ragazzo sulla generosa quantità di pelle esposta. Gli si avvicinò impercettibilmente, cercando di catturare tutta la sua attenzione per sviarla dalle altre. Non erano delle stupide, probabilmente avevano già iniziato a mischiarsi tra la folla per non essere riconosciute.

“Come si chiama?” Chiese infine il soldato, riscuotendosi e cercando palesemente di ridarsi un contegno.
Mana si morse le labbra. “E me lo chiede senza prima essersi presentato?” Tentò. L’altro assottigliò gli occhi, riprendendo compostezza e raddrizzandosi. “Sarei fuori servizio, ma le voglio dare il beneficio del dubbio dato che non riconosco il suo viso.” Mana trattenne il fiato. “È consapevole di stare camminando in compagnia di pericolosi ricercat-“
Il marine non face in tempo a finire di parlare che un bastone si materializzò dal nulla e lo colpì seccamente sulla nuca. Prima che potesse rendersi conto di cosa fosse successo, si ritrovò in ginocchio davanti a Mana, gli occhi sbarrati di chi ha capito qualcosa troppo tardi. Mana gli chiese scusa con lo sguardo prima che Nami lo mandasse a nanna con un altro colpo. Il ragazzo perse i sensi, e cadde di faccia sul ciottolato con un tonfo. Ouch.

I presenti si resero conto con qualche istante di ritardo di cosa fosse successo. Iniziarono a levarsi le prime urla di allarme e, come se stessero aspettando solo quello, un’orda di marines si riversò nella strada. Tutte e tre fecero dietro front, iniziando a correre.
“Che diavolo era quello?!” Le soffiò istericamente Nami.
“Non lo so!” Rispose Mana, difensiva. “Stavo cercando di sviare la sua attenzione!”
La Gatta Ladra la guardò come se si fosse bevuta il cervello. “Siamo abituati a finire in situazioni del genere, non abbiamo bisogno che tu ti esponga in quel modo! Perché non l’hai attaccato subito?!”
“Speravo non fosse necessario!” Si spazientì Mana. “Stava solo facendo il suo lavoro.”
“Poteva catturarti!”

“Nel caso te lo fossi dimenticato io posso volarmene via. A tal proposito…” Mana si tolse del tutto la giacca. La porse alla navigatrice, che dopo un istante di confusione se la strinse in vita. “Non vorrei stracciarti anche questa.” Borbottò.
A Robin scappò una risata. “Direi che è l’ultima cosa di cui dovresti preoccuparti ora.” Disse, mentre si ricongiungevano con i loro compagni.
“Ehiii! Che succede di bello?” Le salutò Luffy, caricato sulla spalla di Zoro come un sacco di patate. Mana sbatté le palpebre e decise di non fare domande a riguardo.
“Chi si dovrebbe preoccupare di cosa?” Chiese Usopp, titubante. Incrociò lo sguardo di Nami in cerca di approvazione. “Guarda che noi non abbiamo fatto ni- AH!” Strillò Usopp, vedendo in lontananza lo squadrone incombente.
“Ma siamo appena arrivati!” Piagnucolò Sanji. Ronoroa alzò gli occhi al cielo e sbuffò, prima di girarsi e iniziare a correre, portando via anche il suo capitano.
“Ma che ti importa, razza di mentecatto che non sei altro?!” Esclamò Usopp piantando i piedi per terra e spingendogli le mani sulla schiena con tutta la forza che aveva in corpo. “Se non ti dai una mossa ci resteremo per sempre qui, ma dentro una cella!” A quanto pare il timore di un combattimento metteva in secondo piano la soggezione nei confronti del cuoco. Black Leg si mise a trotterellare a malincuore, aumentando il passo quando venne superato da Robin e le altre ragazze.

Le urla sembrarono svanire in lontananza. Mana lanciò uno sguardo sopra la spalla e constatò che erano riusciti a distanziare i loro inseguitori, ma non di molto. Accelerò, raggiungendo il resto del gruppo nella loro fuga. Continuarono a correre, percorrendo a ritroso la via per la quale erano arrivati, schivando persone e bancarelle che andavano scemando più si allontanavano dal centro abitato. Una volta fuori dalla città, i marines arrischiarono qualche colpo di fucile – Mana non riuscì a determinare se di avvertimento o se tentarono seriamente di colpirli: erano troppo lontani. Sentirono solamente il rumore degli spari ma nessun proiettile li raggiunse. Fu comunque abbastanza per far strillare Usopp come se avesse Akainu in persona alle calcagna.
“Guardate, siamo quasi arrivati al promontorio!” Esclamò Nami, ansimando per lo sforzo.

Quando erano arrivati avevano trovato un arcipelago di scogli intorno all’isola, e dopo aver ancorato la nave dietro uno di essi Franky li aveva scortati sulla terraferma con un’adorabile barca a vapore, per poi tornarsene indietro. Non avevano previso di essere scoperti così presto e mancavano ancora svariate ore all’appuntamento con il carpentiere. Al momento erano appiedati.
“Dovremo arrangiarci per tornare alla Sunny.” Osservò Zoro, imperturbabile.
“Come facciamo?!” Si disperò Usopp. Senza perdere un secondo, Mana si sfilò i bracciali, attaccandoli al gancio che le pendeva dai passanti dei pantaloncini. Devo ricordarmi di ringraziare Chopper per questi, più tardi. Lasciò che le sue ali si manifestassero quasi subito. Ormai si era abituata talmente tanto a quella sensazione di libertà che mantenere il controllo senza l’ausilio dei braccali era una vera e propria tortura.

“Cosa pensi di fare? Ti ci vorrebbero comunque troppi viaggi per portarci tutti quanti!”
Mana lanciò un’occhiata irritata alla navigatrice. “Hai un’idea migliore? Se vuoi possiamo starcene qui buoni buoni ad aspettare che te ne venga una, e nel frattempo lottare per le nostre vite.” Nami strinse le labbra e assottigliò gli occhi. Mana alzò i propri al cielo.
“Nami-swan, non ti preoccupare! Con il mio Sky Walk ti porterò sana e salva dovunque tu voglia!”
Robin fece un passo avanti. “Potrei provare una cosa su cui stavo lavorando da un po’. Non posso garantire che funzionerà, ma posso provare.”

“Oh! Oh! Oh! Voliamo ancora?” Saltellò Luffy, impaziente. Mana annuì. “Stavolta dovremo essere più veloci per cui dovrò portarti in questa forma.” Disse, sottolineando il concetto sbattendo leggermente le ali. “Fortuna che sei uno stecchino, non dovrei fare nessuna fatica a portarti.” Scherzò. Il ragazzo le sparò un sorriso a trentadue denti. Era palese che non gli importasse il come, gli bastava tornare di nuovo in cielo. Mana gli sorrise di rimando.
“Non avrei mai pensato di vedere qualcosa che Luffy preferisse ai combattimenti. Sono sconvolta.” Borbottò Nami sottovoce.
“Eh?”
“Niente, niente.”

“Sanji, sii gentile, porta tu Zoro.” Disse calma Robin, avvicinandosi a Nami e Usopp.
“Cosa?!”
“Che dovrebbe fare ‘sto damerino?!”
L’archeologa respinse le proteste dei due uomini, scuotendo la testa. “Io non sono in grado di portarlo, e credo che sia troppo pesante anche per Mana.” Il biondo girò la testa verso di lei, combattuto. La diretta interessata si strinse nelle spalle in segno di scusa.
“Tutti quei muscoli e alla fine sono solo un peso.” Ringhiò a bassa voce il biondo.
“Che hai detto?!” Lo fronteggiò prontamente lo spadaccino. “Io non ho problemi a farmela a nuoto!”
“Non essere stupido.” Lo zittì Nami. “Se ti sparano addosso mentre nuoti saresti senza difese. Mettete da parte il vostro stupido orgoglio macho per una volta, avanti!” I due si squadrarono con evidente reticenza.

Mana spostò il peso da un piede all’altro, a disagio mentre i secondi passavano e i marines si facevano sempre più vicini. “Sentite, se è un problema lo posso portare io e Luffy va con-“
“Nooo!” Si lagnò Luffy, accozzandosi alla sua gamba.
“Il capitano ha parlato. Direi che è meglio muoversi.” Disse Robin, formando una X con le braccia. Mana guardò a bocca aperta mente decine di braccia le spuntavano dalla schiena, raggruppandosi e formando quelle che sembravano ali. La donna le sorrise, muovendole scherzosamente in sua direzione. Lei sorrise, incantata, e rispose sbattendo leggermente le sue in risposta.

“R-ragazzi…?” Si intromise Usopp, titubante. “Non vorrei disturbarvi, ma… io cosa dovrei fare?”
L’archeologa gli rivolse un sorriso particolarmente serafico. E, per questo, sinistro. “Tu sarai la mia cavia.”
“… E-eh?” Balbettò il cecchino, impallidendo.
Invece di rispondere, la donna si limitò a cambiare la posizione delle mani, mantenendole ben aperte e lasciando che i suoi pollici si toccassero. Si concentrò, aggrottando la fronte. “Wing fleur, ausilia!” Esclamò e, tra le esclamazioni di sorpresa generali, decine di braccia sbocciarono dalla schiena di Usopp, andando a creare un altro paio di ali.
Il ragazzo spalancò la bocca, ammirato. “Wow Robin, sei sempre piena di sorprese! Quindi volerò anche io?”
“Teoricamente sì.”
“… Teoricamente?

Non ci fu altro tempo per discutere. Un sparo particolarmente vicino spedì un proiettile a conficcarsi nel legno di un albero poco distante da loro. Un secondo proiettile si affossò nella schiena di Luffy, per poi venir rispedito al mittente grazie al corpo gommoso del ragazzo. Un urlo di dolore si levò qualche metro più indietro, mischiandosi alle sempre più vicine urla dello squadrone al loro inseguimento.
“Via, via, via!” Berciò Nami, saltando in braccio a Usopp e aggrappandoglisi addosso. Robin emise un grugnito – che molto poco le si addiceva – e arricciò le punte delle dita. Un istante più tardi, lei e Usopp si librarono in aria. Erano lenti; era palese che quella tecnica – non ancora perfezionata, oltretutto, richiedesse un gravoso dispendio di energie per l’archeologa.

Mana acchiappò febbrilmente Luffy per le ascelle, tirandolo su di peso e stringendolo a sé prima di spalancare le proprie ali. Corse verso il bordo del promontorio, pronta a spiccare il volo; salvo poi girarsi, attirata dal rumore di ferro contro ferro. Sanji e Zoro avevano ingaggiato battaglia con i marines, rallentandoli e riuscendo a tenere testa all’intero squadrone da soli.
Un improvviso lampo di luce la abbagliò, costringendola a distogliere momentaneamente lo sguardo. Luffy si divincolò dalla sua stretta, facendo saettare un pugno verso un soldato che stava puntando il fucile contro il suo vicecapitano.
 
Usopp si girò, evidentemente preoccupato. Quei due erano una forza della natura, ma potevano fare poco da soli contro decine di fucili puntati su di loro. Un proiettile fischiò pericolosamente vicino ai suoi capelli ricci e sia lui che Nami si lasciarono scappare un urletto terrorizzato. “Nami! Passami Kabuto e i proiettili neri che stanno nella mia tasca dietro!”
La ragazza che teneva in braccio si dimenò il meno possibile mentre eseguiva quanto richiesto. “Ce la fai a tenerti da sola per qualche momento?” Le chiese, cercando di farsi coraggio per entrambi. Lei annuì, rigirandosi nella sua presa per aggrapparglisi come un koala al petto. “Sbrigati!” Usopp si abbassò il mirino sugli occhi. “Ok, adesso stai ferma.” Il fu Sogeking si girò, caricando la sua arma. In ogni caso non aveva nessun controllo sulle ali, avrebbero dovuto affidarsi totalmente a Robin. “Feeerma…” Mormorò, tirando indietro l’elastico della fionda. Usopp strinse i denti e lasciò la presa. Il proiettile si frantumò precisamente sulla fronte di un marine che aveva ingaggiato battaglia con Sanji, sprigionando una coltre di fumo nera che si espanse rapidamente per tutto lo spazio circostante. Il cuoco esitò, sorpreso, prima di stendere altri tre avversari con una rapida sequenza di calci.

“Dannazione, persino il nasone si sente in dovere di aiutare.” Masticò tra i denti. Sputò per terra la sigaretta e scattò in direzione dello spadaccino. Gli diede appena il tempo di finire un soldato prima di placcarlo e caricarselo addosso, correndo verso il precipizio.
“Io ti affetto, razza di pinguino mal vestito!”

Mana tirò un sospiro di sollievo vedendo anche gli ultimi due componenti della ciurma riuscire a filarsela. Si girò anche lei verso il mare e Luffy avvolse immediatamente le braccia alle sue, avendo già capito cosa stesse per succedere. La ragazza non perse tempo e saltò, gustandosi ancora una volta la risata cristallina di Luffy.

Mentre la supernova si divertiva a fluttuare in aria a penzoloni, Mana alzò la testa e capì subito che qualcosa non andava. Tralasciando l’ilare spettacolo di Sanji che portava in braccio uno Zoro parecchio recalcitrante, Robin era palesemente stanca. Mana piegò le ali e le volò a fianco. La sua fronte era imperlata di sudore, anche se riuscì comunque a indirizzarle un sorriso stanco. Aggrottò la fronte, per poi portarsi in testa al gruppo, raggiungendo per prima lo scoglio dove avevano ancorato la nave.
Appena ci girò intorno, però, si accorse che il ponte era già affollato. Franky, Brook e Chopper si stavano affaccendando a tirare su l’ancora e tirarono un sospiro di sollievo quando li videro arrivare.

“Cosa succede?” Chiese Luffy, lasciandosi cadere per raggiungerli.
“Succede che ci hanno beccati, frate’!” Esclamò Franky, allungando una delle sue enormi braccia meccaniche per indicare un altro gruppo di enormi scogli qualche centinaio di metri più avanti. Una grossa nave militare stava facendo capolino da dietro le rocce, e con lei i fischi delle prime palle di cannone dirette a loro.
“La base militare situata in quest’isola deve essere molto efficiente, se non fosse stato per la mia passeggiata acquatica dopo il tè non l’avrei mai notata!”
Passeggiata acquatica?! Mana scosse la testa. Non era il momento.
Anche Sanji atterrò assieme al suo corpulento carico, assorbendo il contraccolpo con le sue poderose gambe. “Direi di andarcene alla svelta. Vado a soccorrere le nostre graziose dame, mi sono sembrate in difficoltà.” Disse, lasciando cadere Zoro senza troppe cerimonie. Ignorò le imprecazioni del compagno in favore di spiccare nuovamente il volo, calciando velocemente l’aria per ricongiungersi con Nami e Robin. Mana lo seguì a ruota e, insieme, riportarono il resto della ciurma a bordo.

“Qualcuno è ferito?” Chiese preoccupato Chopper. Nami fece segno di no con la testa, prima di rivolgersi a Franky. “Non possiamo fare un Coup De Burst?”
“Aw!” Esclamò il cyborg. “In mezzo a questi scogli sarebbe un suicidio, la Sunny verrebbe aperta come una scatoletta. Dobbiamo aspettare di allontanarci ulteriormente dalla costa.”
La navigatrice annuì. “Cosa stiamo aspettando, allora? Muoviamoci!”

La Sunny, con una lentezza esasperante, iniziò a muoversi. E Mana sapeva, sapeva che fisicamente le navi avevano bisogno di tempo per acquistare velocità; ma l’ansia la portava continuamente a lanciare sguardi carici di tensione verso la nave molto più grande al loro inseguimento. Lei di velocità ne aveva già tanta, e continuava ad accelerare.

Una palla di cannone sfiorò la polena. La seconda si affossò dentro il corpo gonfiato di Luffy. Usopp si precipitò sul fianco della nave, pronto a dare il suo sostegno rispondendo al fuoco nemico. “Cos’è quello?” Chiese dopo i primi due colpi.
“Quello cosa?”
Il cecchino puntò il dito verso la prua della nave nemica. Quello che sembrava un enorme arpione su un’impalcatura di legno era puntato verso di loro. “Non lo so ma non mi piace.” Affermò Luffy con una smorfia.
“Mh?” Nami si intromise nella discussione, seguendo con lo sguardo la direzione indicata da Usopp. La rossa ebbe un sussulto. “Dannazione, ci vogliono arpionare!” Urlò. “Girate la nave, giratela! Se ci catturano con quello è finita, non potremo più andarcene con il Coup De Burst!” Tutta la ciurma, eccezion fatta per Luffy e Usopp, si gettarono anima e corpo nell’incarico, rispondendo celermente alle indicazioni della navigatrice. Mana rimase in un angolo, cercando di non intralciare.

Col cuore in gola contò i metri che mancavano al superamento dell’ultimo scoglio. La Sunny iniziò a prendere velocità, uscendo dal bacino protetto dalle formazioni rocciose e inserendosi nelle correnti del mare aperto.

La nave venne scossa da un tremendo boato, e la sua corsa subì un brusco arresto. Mana barcollò, cercando di mantenere l’equilibrio. Robin cadde sul pavimento, riuscendo a tenersi sollevata con le mani. “Temo che quella tecnica sia più tassativa di quello che pensavo.” Scherzò stancamente quando Nami corse al suo fianco. La navigatrice la squadrò, preoccupata. “Stai qui e riposati. Noi ce la caviamo.” La rassicurò, aiutandola a mettersi seduta.

Dalla poppa della nave si levò l’urlo straziante di Franky. Il sangue le si ghiacciò nelle vene. Insieme ad altri, Mana si precipitò a vedere cosa fosse successo, anche se aveva un terribile presentimento nel cuore; e una volta arrivati sul retro della nave le sue paure vennero confermate.
Franky era inginocchiato vicino al parapetto della poppa. L’enorme arpione aveva perforato tutti gli strati del legno, spaccandolo e agganciandosi a esso. Schegge di legno ricoprivano qualsiasi cosa. Il carpentiere piangeva come se gli avessero mutilato un figlio.
“Maledetti!” Ululò, saltando in piedi e si aprì una moltitudine di punti del corpo, svelando un tale armamentario che per un momento Mana si chiese se ci fosse posto per gli organi nel suo corpo. Con un grido di vendetta, il cyborg rilasciò tutto il suo arsenale missilistico contro la nave nemica, seguito a ruota da Usopp e i suoi proiettili bislacchi. Entrambi esultarono quando l’albero di trinchetto della nave nemica si spezzò con uno schianto, cadendo di traverso sulla nave.

Non gioirono per molto, però: sfruttando la catena che collegava la loro nave alla Sunny come ponte, centinaia di soldati corsero verso di loro, le spade levate e pronte alla battaglia. Nami assemblò velocemente il suo Clima Tact, iniziando a creare una nuvola proprio sopra alla catena. Luffy si lanciò anch’egli su di essa, andando incontro al nemico seguito da Sanji e costringendo Franky a passare all’artiglieria leggera per il rischio di colpirli.
“Zoro, tu no!” Lo chiamò la navigatrice. “Devi tagliare questa maledetta catena, altrimenti non ce ne andremo mai!”
Lo spadaccino si fermò, squadrando la catena con occhio critico. In tutto ce n’erano tre, avvolte fra di loro. Ogni anello era spesso come entrambe le braccia di Franky, ed era interamente d’acciaio. Mana lo osservò mentre sfoderava anche la sua terza spada, stringendola fra i denti. Indossò la sua famosa bandana, per poi restare fermo a fissare la catena come se la stesse studiando centimetro per centimetro. Che stesse cercando un punto debole?

Avendo probabilmente formulato il suo stesso pensiero, Chopper si parò davanti a Zoro, lasciandolo libero di concentrarsi mentre i soldati si riversarono sulla nave. La piccola renna si trasformò in una forma che non aveva mai visto, più tozza ma infinitamente più agile, affrontando i suoi nemici con quella che aveva tutta l’aria di essere un qualche tipo di arte marziale.
Con la coda dell’occhio, Mana vide lo scheletro gigante correre allegramente sull’acqua, utilizzando un’inquietante tecnica per congelare l’acqua intorno alla nave nemica, tentando di rallentarla. Che intendesse quello per passeggiata?

Mana decise di librarsi nuovamente in aria. Non poteva mutare nella forma completa, aveva troppo poco spazio di manovra per rendersi utile. Sbatté ali con più forza, alzandosi di quota. Dopo un secondo di esitazione fece spuntare anche la coda e iniziò a circolare qualche decina di metri più in alto della battaglia.
Con un ringhio, Zoro calò le sue spade su una delle catene, riuscendo a tagliarla di netto. Essa cadde in mare, portando con sé i marine che ci stavano ancora sopra. Ne rimanevano altre due.

I soldati che erano riusciti a passare erano comunque tanti. Nami ghignò, preparandosi a friggere chiunque avesse avuto la malaugurata idea di sostare sotto la sua nuvola. Mana notò un movimento con la coda dell’occhio, ma non fece in tempo ad avvertirla. Nami alzò il suo Clima Tact. “Thunderbolt T-“

Un forte spostamento d’aria la fece barcollare, e disperse la nuvola che aveva creato. Una grassa risata si levò dalle fila nemiche. Il proprietario della voce era un imponente marine dalle braccia nerborute che roteava un enorme mazzafrusto. “Cosa credevi di fare con quella scorreggina, pirata?” La schernì.
Nami si lasciò scappare un grido quando l’uomo avanzò, roteando la sua gigantesca arma. Indietreggiò, ma inciampò sulla gamba di un soldato incosciente e cadde.
“Nami!” Urlò Chopper.

Mana, dalla sua posizione, vide l’esatto momento in cui Luffy e Sanji registrarono l’imminente pericolo.

Luffy era più vicino.

Ricoprendo il suo braccio di Haki, il capitano scattò verso l’energumeno, correndo lungo una delle due catene restanti. In un battito di ciglia, si palesò davanti a Nami, parando il colpo della palla ferrata con il proprio braccio.
Il marine ghignò. “Sapevo che l’avresti fatto.” Mana vide la confusione registrarsi negli occhi di Luffy e una debolezza improvvisa gli pesò sul corpo, facendolo afflosciare su sé stesso. Una debolezza che Mana conosceva fin troppo bene. “Sono uno specialista nel catturare pirati con poteri, Cappello Di Paglia!” Rise l’energumeno. “Non te la prendere. Non sei il primo che ci casca.”

Approfittando della debolezza del suo avversario, il soldato fece roteare nuovamente il mazzafrusto di agalmatolite. Inorridita, Mana vide quasi al rallentatore il colpo che raggiungeva la supernova. Anche Luffy lo vide arrivare, lo vide benissimo; ma il suo corpo così inaspettatamente indebolito non riuscì a muoversi come voleva.

Luffy fu colpito in pieno e scaraventato violentemente fuori bordo. Mana quasi si dimenticò come volare mentre guardava il capitano degli Straw Hats cadere in mare e venire inghiottito dalle onde.

“Luffy!” Nami lanciò un urlo acuto, rimettendosi in piedi e cercando di farsi strada a suon di bastonate ma ritrovandosi sopraffatta.
“Maledizione!” Black Leg fu al suo fianco in meno di un istante, abbattendo diversi nemici con un singolo calcio fiammante.

Con il cuore in gola, Mana fece saettare gli occhi dappertutto; ma per quanto volenterosi e disperati nessuno aveva la libertà di andare a salvare il proprio capitano. Tutti erano impegnati in un feroce combattimento, tutti stavano difendendo la propria vita o quella di un compagno.

Tutti.

Tranne lei.

Mana ansimò pesantemente, lo stress che la sommergeva come un’onda. Come le onde che avevano inghiottito Luffy. Strinse i pugni.
Aspettò uno, due, cinque secondi.
Nessuno si tuffò.

Mana chiuse le ali lungo i fianchi e si gettò in picchiata verso il mare.
 
 


  
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